Il ricorso incidentale: un complesso percorso giurisprudenziale
Sommario: 1. Il ricorso incidentale nel processo amministrativo: dalla L. 7 marzo 1907, n. 92 al Codice del processo amministrativo, D.lgs. 2 luglio 2010, n.104 – 1.1. Il dibattito dottrinario sulla natura giuridica del ricorso incidentale – 2. Il rapporto tra ricorso principale ed incidentale: gli approdi giurisprudenziali – 2.1. Le “oscillazioni” giurisprudenziali dall’Adunanza Plenaria n. 11/2008 alla sentenza CGUE Puligienica – 2.2. La latitudine applicativa dei principi della sentenza Puligienica e il doppio orientamento del Consiglio di Stato – 3. La sentenza della Corte di Giustizia 5 settembre 2019, (causa C-333/18) mette la parola fine al ricorso incidentale “paralizzante”
1. Il ricorso incidentale nel processo amministrativo: dalla L. 7 marzo 1907, n. 92 al Codice del processo amministrativo, D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104
Il ricorso incidentale ha fatto il suo ingresso nel processo amministrativo con l’art. 5 della L. 7 marzo 1907 n. 62[1], con il quale si disponeva che “nel termine di trenta giorni successi a quello assegnato per il deposito del ricorso l’autorità e le parti, alle quali il ricorso fosse stato notificato, possono presentare memorie, fare istanze, produrre documenti e anche un ricorso incidentale con le stesse forme prescritte per il ricorso”.
Il Legislatore dell’epoca equiparava il ricorso incidentale alle memorie, anche se soggetto al rispetto delle forme prescritte per il gravame principale e come quest’ultimo soggiaceva a termini perentori.
Formulazione non diversa è stata prevista nell’art. 37 del t.u. 26 giugno 1924 n. 1054., che prevedeva la possibilità di presentare, “nel termine di trenta giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso”, oltre a memorie, istanze e documenti, anche un ricorso incidentale, nelle forme prescritte per il gravame principale.
Successivamente, con l’art. 22 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, si conferiva al rimedio una posizione “sintatticamente” autonoma, superando la tradizionale giustapposizione del ricorso incidentale alle memorie. L’articolo distingueva in due alinee diverse, seppure dello stesso comma, le memorie dal ricorso incidentale, novellando il testo nella forma seguente: “Può essere anche proposto ricorso incidentale…”.
Tutte le disposizioni richiamate stabilivano solamente i termini ed alcune modalità procedimentali per la proposizione del ricorso incidentale, precisando che non è “efficace” se successivo alla rinuncia del ricorso principale o se quest’ultimo è dichiarato inammissibile in quanto tardivo. Tuttavia, rimanevano carenti non prevedendo dirette ed esaurienti indicazioni circa i soggetti legittimati, l’oggetto, il contenuto, la funzione del ricorso incidentale, e nulla si diceva in ordine ai suoi riflessi sul giudizio e sulla formazione della decisione finale.
La disciplina del ricorso incidentale trova oggi collocazione all’interno nell’art. 42 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, “Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale a mezzo di ricorso incidentale”.
L’ordinamento processuale riconosce, ad un soggetto diverso dal ricorrente principale, nell’ambito di un giudizio pendente, la facoltà di difendere la propria situazione soggettiva, mediante l’impugnazione del provvedimento già oggetto di contestazione, nel momento procedurale immediatamente successivo alla costituzione delle parti.
Il ricorso incidentale va notificato al ricorrente principale e alle altre parti del giudizio, nel termine perentorio di sessanta giorni, decorrenti dalla notifica del ricorso principale[2] e depositato nella segreteria del giudice adito, con la prova delle avvenute notificazioni, nei trenta giorni successivi[3].
In applicazione del principio di concentrazione delle domande, la cognizione del ricorso incidentale è attribuita al giudice competente per quello principale[4]. Tuttavia, questa regola generale subisce un’eccezione nell’eventualità che la domanda introdotta con il ricorso incidentale sia devoluta alla competenza del T.A.R. Lazio, sede di Roma, ovvero alla competenza funzionale di un Tribunale Amministrativo Regionale, nei casi di competenza funzionale inderogabile.
1.1. Il dibattito dottrinario sulla natura giuridica del ricorso incidentale
Sebbene il Codice abbia delineato gli aspetti essenziali dell’istituto, rimane irrisolta la qualificazione della natura giuridica del ricorso incidentale.
La formulazione impiegata dal Legislatore, nella sua sinteticità, lascia aperto il dibattito dottrinario sull’inquadramento giuridico dell’istituto, tra chi lo configura come eccezione e chi, invece, ne rivendica la natura di domanda riconvenzionale.
Secondo l’opinione prevalente, il ricorso incidentale è qualificabile come un’eccezione in senso tecnico[5], in quanto “è preordinato a paralizzare la possibilità di accoglimento del ricorso principale, introducendo una ragione ostativa all’accoglimento delle censure con esso dedotte e, quindi, funziona come un’eccezione nel senso che, pur costituendo
formalmente un’autonoma azione di impugnazione, da un punto di vista sostanziale, per lo meno in primo grado, consiste in una eccezione in senso tecnico”[6].
Infatti, la fondatezza della domanda riconvenzionale non porterebbe mai all’annullamento del provvedimento originariamente censurato, ma piuttosto alla sua conservazione e ciò non precluderebbe alla parte pubblica di avvalersi del rimedio.
Diversamente, se il ricorrente incidentale, oltre all’accertamento dell’inammissibilità della domanda principale chiedesse anche l’annullamento di parti diverse del provvedimento oggetto del ricorso principale, saremmo di fronte ad un’eccezione in senso sostanziale. Chi aderisce a questa prospettiva ritiene che gli interessi di eventuali soggetti terzi controinteressati non vengano danneggiati dall’accoglimento del ricorso incidentale, in quanto, trattandosi di un’eccezione, i vizi dedotti in via incidentale non verrebbero riconosciuti dal giudice ai fini di una pronuncia di annullamento, ma al solo scopo di rivalutare, mediante una “prova di resistenza”, l’interesse processuale del ricorrente principale.
Un tipico esempio sarebbe quello del soggetto vincitore di un concorso, che a seguito del ricorso principale del secondo classificato, decida di presentare ricorso incidentale lamentando la mancata valutazione di un titolo in suo favore. L’aggiudicatario del concorso fa valere una situazione che astrattamente avrebbe potuto e dovuto far valere in via principale. In realtà è proprio la presentazione del ricorso principale a far sorgere l’interesse a far valere la mancata valutazione del titolo, in modo da mantenere ferma la posizione da vincitore. In tal modo si concretizzerebbe un’eccezione sostanziale, azionata nelle forme del ricorso incidentale.
Questa impostazione sembra porsi in contraddizione con la primaria esigenza di certezza dei rapporti giuridici, ma anche con il dato letterale dell’art. 42 c.p.a., che fa rinvio alla disciplina del ricorso ordinario sia per i termini sia per le modalità di notifica del ricorso incidentale, con un espresso richiamo all’art. 41 c.p.a., che prevede la perentorietà del termine di notifica[7].
Secondo un’altra corrente dottrinale lo strumento processuale in esame andrebbe assimilato alla domanda riconvenzionale, in quanto il controinteressato promuove un’azione contrapposta all’azione del ricorrente principale e preordinata ad introdurre nel giudizio un thema decidendum nuovo, che va oltre la declaratoria di inammissibilità, il cui accertamento è idoneo a neutralizzare gli effetti negativi derivanti dall’eventuale accoglimento del ricorso ex adverso proposto.
Questo indirizzo interpretativo richiama il tradizionale orientamento della dottrina processualistica che, in applicazione del disposto di cui all’art. 36 c.p.c., assegna all’iniziativa del convenuto una funzione difensiva ed una posizione accessoria rispetto all’azione dell’attore.
Gli orientamenti esposti fanno sorgere delle implicazioni sul piano applicativo di notevole importanza.
Se si volesse accogliere la tesi dell’eccezione, la fondatezza del ricorso incidentale non comporterebbe una pronuncia costitutiva ma solo una dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale, anche se l’oggetto del primo è un provvedimento diverso da quello impugnato in via principale[8].
Diversamente, se si ragiona in termini di domanda riconvenzionale, ossia di un’azione che tende ad una pronuncia costitutiva, la sentenza di accoglimento del ricorso incidentale avrà esiti differenti a seconda degli obiettivi perseguiti dal ricorrente incidentale, in quanto potrebbe o migliorare la propria posizione o peggiorare quella della controparte.
La giurisprudenza ha un orientamento eclettico sulla questione, in quanto sostiene sia la tesi dell’eccezione quando l’oggetto dell’impugnativa incidentale è lo stesso provvedimento impugnato con ricorso principale; sia l’impostazione interpretativa della domanda riconvenzionale nel caso in cui vengano proposte, mediante il ricorso incidentale, doglianze nei confronti di un atto diverso.
2. Il rapporto tra ricorso principale ed incidentale: gli approdi giurisprudenziali
La questione della natura giuridica è strettamente connessa con quella del rapporto intercorrente tra il ricorso principale e quello incidentale c.d. escludente.
L’impostazione tradizionale afferma la natura accessoria del ricorso incidentale, confermata anche dal tenore letterale dell’art.42 c.p.a., “l’interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale”, il suo esame dovrebbe essere subordinato ovvero successivo all’esame del ricorso principale, potendo quest’ultimo essere dichiarato inammissibile o infondato.
Tuttavia, soprattutto nelle procedure concorsuali, allorquando si ricada nella fattispecie del ricorso incidentale c.d. escludente, tendente alla declaratoria d’inammissibilità o di improcedibilità del ricorso principale, la giurisprudenza non è sempre stata univoca sul loro ordine di esame: da un lato la “sua funzione” imporrebbe l’esame prioritario del ricorso incidentale “escludente”; dall’altro la sua natura accessoria ne comporterebbe l’esame successivamente al ricorso principale ove quest’ultimo risulti fondato.
La tematica in esame è stata oggetto di un lungo dibattuto giurisprudenziale che ha preso piede già dagli anni ’90.
In tale senso, infatti, l’autorevole consesso all’epoca riteneva “doverosa l’inversione logica e cronologica della disamina dal parte del giudice dei due rimedi impugnatori, allorché un eventuale accoglimento del ricorso incidentale risulti pregiudizialmente ostativo (per profili di rito o di merito) ad un eventuale accoglimento del ricorso principale”. Qualora “il ricorrente principale contesti l’aggiudicazione in favore del controinteressato e quest’ultimo faccia valere in via incidentale una clausola di esclusione a carico dello stesso ricorrente principale. La ritenuta fondatezza del gravame incidentale precluderebbe automaticamente e definitivamente la possibilità per l’impresa ricorrente di vedere valutata la propria offerta in comparazione con quelle concorrenti, e quindi in definitiva di conseguire il bene della vita rappresentato dall’aggiudicazione dell’appalto, sì da legittimare una pregiudiziale declaratoria in rito di improcedibilità sopravvenuta (e non già di inammissibilità originaria) del ricorso per carenza di interesse”[9].
A metà degli anni 2000, su tale filone interpretativo si innestava un altro orientamento riguardante la questione dell’ordine di esame dei ricorsi principale ed incidentale nel caso di gara di appalto con due soli concorrenti utilmente classificati, ossia l’attore e il convenuto. In tal senso rileva la pronuncia della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, la quale affermava che “a fronte del ricorso proposto dal secondo classificato, diretto a contestare l’ammissione alla gara del vincitore, questi potrebbe a sua volta contestare l’ammissione alla selezione del ricorrente. In tale eventualità, in caso di fondatezza di entrambi i ricorsi, potrebbe apparire più congrua una decisione che, disponendo l’annullamento degli atti contestati, determini il rinnovo delle operazioni concorsuali. Il ricorrente incidentale, attraverso l’accoglimento della propria domanda otterrebbe comunque un risultato utile, consistente nella possibilità di partecipare al procedimento rinnovato dall’amministrazione”[10].
In questa fase, precedente al Codice del processo amministrativo e alla pronuncia dell’Adunanza Plenaria[11], si cristallizza un orientamento maggioritario, che afferma il prioritario esame del ricorso incidentale c.d. “paralizzante”.
Tuttavia, questa impostazione viene disconosciuta da alcune pronunce del Consiglio di Stato[12], sostenendo che lo scrutinio del ricorso incidentale può avere luogo solo dopo che sia stata deliberata la fondatezza del ricorso principale perché è questa a far nascere l’interesse a ricorrere in via incidentale. “Il diritto alla tutela giurisdizionale postula infatti, quale suo indefettibile corollario, anche quello alla perfetta parità della posizione delle parti in causa e questa non si realizza se si riconnette efficacia c.d. paralizzante alla controimpugnazione del controinteressato: questa imposizione, all’evidenza, finisce con l’assegnare all’aggiudicatario un’iperprotezione che non si rinviene nel sistema, anche costituzionale, di riferimento”.
2.1. Le “oscillazioni” giurisprudenziali dall’Adunanza Plenaria 11/2008 alla sentenza CGUE Puligienica
Il perdurante contrasto giurisprudenziale sull’ordine di trattazione tra il ricorso principale e quello incidentale ha reso necessario rimettere la questione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
Infatti, con la pronuncia n. 11 del 2008 ha limitato l’effetto paralizzante del ricorso incidentale su quello principale, affermando che l’esame della trattazione di un ricorso, tanto principale quanto incidentale, non può precludere la fondatezza dell’altro, poiché entrambe le parti sono titolari dell’interesse minore e strumentale[13] all’indizione di un ulteriore gara.
Tale impostazione si giustifica nel fatto che il ricorrente principale, pur non potendo ottenere l’aggiudicazione della gara, in base al principio secondo cui “il più contiene il meno”, conserva l’interesse minore e strumentale a vedere esaminate le sue censure avverso l’aggiudicazione per ottenere l’annullamento e l’indizione di una nuova gara. In questo modo l’attore e il convenuto, che sono in posizioni perfettamente simmetriche e speculari, ottengono un risultato utile consistente nella ripetizione della gara. Parimenti non può ritenersi corretta la soluzione per la quale l’accoglimento del ricorso principale renderebbe improcedibile il ricorso incidentale.
È importante sottolineare come questa sentenza, pur richiamando in capo al giudice l’applicazione del principio dell’economia del processo, implicitamente rafforza la tesi della priorità del ricorso principale, in quanto “sterilizza” l’efficacia del ricorso
escludente, nel senso che l’esclusione del ricorrente principale non priva di efficacia la sua domanda[14].
La seconda tappa di questo tortuoso percorso giurisprudenziale è stata segnata dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 7 aprile 2011, n. 4 con la quale non si condivide l’impianto motivazionale dell’Adunanza Plenaria n. 11/2008, secondo la quale andrebbe comunque esaminato nel merito il ricorso principale, nonostante l’accertata fondatezza del ricorso incidentale “escludente”, in considerazione dell’utilità pratica derivante, per il ricorrente stesso, dalla caducazione dell’intero procedimento.
Infatti, “l’eventuale “interesse pratico” alla rinnovazione della gara, allegato dalla parte ricorrente; non dimostra, da solo, la titolarità di una posizione giuridica fondante la legittimazione al ricorso. Tale aspettativa non si distingue da quella che potrebbe vantare qualsiasi operatore del settore, che aspiri a partecipare a una futura selezione”. Non appare sufficiente l’interesse alla ripetizione della gara per fondare la legittimazione del ricorrente principale, trattandosi di un’utilità meramente ipotetica posto che la stazione appaltante, all’esito di un annullamento della gara, non è obbligata a ripeterla e può decidere di ricorrere ad altri strumenti per acquisire l’utilità legata al contratto pubblico in discussione. Pertanto, l’indizione di una nuova gara si qualifica come mera possibilità di ricavare dalla decisione di accoglimento una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale, che dimostra la sussistenza della posizione legittimante[15].
Solo il ricorrente che ha partecipato legittimamente alla gara può far valere sia un interesse “finale” al conseguimento dell’appalto sia, in via alternativa e subordinata, l’interesse “strumentale” alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione. La legittima partecipazione alla gara costituisce condizione necessaria per acquisire la legittimazione al ricorso, così come, la definitiva esclusione e l’accertamento giudiziale della illegittimità della partecipazione alla gara, non permettono di assegnare la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva.
“Ne consegue che il ricorso incidentale, diretto a contrastare la legittimazione del ricorrente principale mediante la censura della sua ammissione alla procedura di gara, deve essere sempre esaminato prioritariamente a prescindere dal numero di concorrenti che abbiano preso parte alla gara, e anche nel caso in cui il ricorrente principale abbia avanzato censure di portata demolitoria, cioè suscettibili, ove accolte, di determinare la caducazione dell’intera procedura di gara”.
Il ricorso incidentale “escludente” ha la finalità di contestare la legittimazione al ricorso principale e il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale. Pertanto, la sua accertata fondatezza preclude al giudice l’esame del merito delle domande proposte dal ricorrente.
Questa costruzione giurisprudenziale è stata messa in crisi dalla sentenza Fastweb del 4 luglio 2013, della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità dei principi di parità delle parti, non discriminazione e tutela della concorrenza nei pubblici appalti.
Con la pronuncia la Corte ha statuito che, quando le imprese ammesse alla procedura siano soltanto due, “il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell’ipotesi in cui la legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell’ambito del medesimo procedimento e per motivi identici. In una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a costatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare”.
Pertanto, l’esame di entrami i ricorsi è limitato ai casi in cui si verte nella medesima fase del procedimento e i vizi lamentati dalle parti sono gli stessi.
Il principio enunciato dal giudice europeo è stato recepito nell’ordinamento italiano con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2014, la quale ha chiarito come la sentenza Fastweb abbia introdotto “una eccezione all’interno del quadro laboriosamente ricostruito dalla giurisprudenza (nazionale e comunitaria)”.
“È indubbio che, se entrambe le offerte sono inficiate dal medesimo vizio che le rende inammissibili, apparirebbe prima facie contrario all’uguaglianza concorrenziale escludere solo l’offerta del ricorrente principale, dichiarandone inammissibile il ricorso, e conformare invece l’offerta dell’aggiudicatario ricorrente incidentale, benché suscettibile di esclusione per la medesima ragione. Ma in realtà ciò non avviene perché, essendo il vizio fatto valere da entrambi i contendenti il medesimo, in concreto neppure si pone un problema di esame prioritario del ricorso incidentale rispetto al ricorso principale: prioritario, in questo peculiare caso, è l’esame del vizio; se questo sussiste, entrambi i ricorsi devono essere accolti, se non sussiste entrambi devono essere disattesi e l’aggiudicazione sarà confermata”.
Secondo l’Adunanza Plenaria la ratio della decisione della Sentenza Fastweb si fonda sul principio di “parità delle armi”. Nel caso in cui il ricorrente incidentale deduca il medesimo motivo escludente dedotto dal ricorrente principale, viene meno “l’asimmetria di origine processuale” tra la legittimazione a resistere dell’aggiudicatario e la legittimazione a ricorrere del concorrente pretermesso dall’aggiudicazione.
La pronuncia ha richiamato quanto statuito dal giudice europeo precisando che l’obbligo di procedere all’esame contestuale delle censure prospettate in entrambi i ricorsi reciprocamente escludenti resta circoscritto alle sole ipotesi in cui:
– i vizi che affliggono le rispettive offerte attengono alla “medesima fase procedimentale” (“simmetria escludente”);
– gli operatori rimasti in gara siano solo due e abbiano proposto ricorsi escludenti nei confronti degli altri.
Nelle altre ipotesi, caratterizzate dalla diversità dei vizi escludenti dedotti rispettivamente dal ricorrente principale e da quello incidentale, la caducazione dell’interesse al ricorso in capo al primo rende irrilevante e privo di interesse lo scrutinio sulla conformità a legge dell’aggiudicazione intervenuta.
Solo nel caso di una “simmetria escludente” si ravvisa un interesse strumentale alla rinnovazione della gara in capo al ricorrente principale. In tal senso, la pronuncia fa chiarezza sul corretto ordine di esame dei ricorsi: lo scrutinio del ricorso incidentale escludente deve precedere il vaglio del ricorso principale perché riguarda la legittimazione e l’interesse del ricorrente principale
Sfortunatamente, l’impianto motivazionale dell’Adunanza Plenaria, che sembrava aver assunto il criterio della stabilità, è stato rivisto e modificato dalla sentenza 5 aprile 2016 (causa C-689-13), c.d. Puligienica, che ha ampliato il principio di diritto affermato con la sentenza Fastweb, ritenendo che in presenza di una censura incidentale “escludente”, non viene mai meno la legittimazione del ricorrente principale che abbia proposto anch’egli censure “escludenti”.
La regola iuris introdotta dalla Corte di Giustizia Europea comporta un’applicazione del principio della sentenza Fastweb in termini assoluti, risultando irrilevante: l’eventuale divergenza di oggetto o di contenuto dei motivi dedotti rispettivamente con il ricorso principale e con quello incidentale; il numero dei partecipanti che abbiamo presentato ricorso (principale o incidentale) e la circostanza che i concorrenti rimasti in gara siano stati tutti evocati in giudizio.
In tal senso, i ricorrenti vanterebbero, in ogni caso, una astratta chance di ripetizione della gara, in quanto l’Amministrazione potrebbe decidere comunque di non procedere allo scorrimento della graduatoria; si potrebbe appurare l’illegittimità dell’offerta del terzo; o quest’ultimo potrebbe non essere più interessato all’aggiudicazione.
Il giudice europeo estende l’applicazione del principio al fine di massimizzare la tutela dell’interesse strumentale dell’operatore economico e di proteggere, in prospettiva più generale, la legalità delle procedure di affidamento degli appalti pubblici.
2.2. La latitudine applicativa dei principi della sentenza Puligienica e il doppio orientamento del Consiglio di Stato
La sentenza Puligienica, nella sua portata dirompente, impone sempre l’esame di entrambi i ricorsi reciprocamente escludenti, indipendentemente dalla natura, dalla identità dei vizi denunciati e dalla fase a cui si riferiscono e lo scrutinio simultaneo dei ricorsi, anche quando non sono state dedotte censure avverso l’ammissione di tutti i concorrenti “rimasti in gara” e questi ultimi non siano stati evocati in giudizio.
Il primo principio riguardante l’irrilevanza della “simmetria” tra i vizi fatti valere con il ricorso principale e incidentale è senz’altro rivoluzionario ma non ha posto dubbi interpretativi. Tale regola ha comportato una semplificazione applicativa non di poco conto[16].
Diversamente, rimane problematica l’applicazione della regola riguardante l’asserita indifferenza del numero dei partecipanti alla procedura selettiva in contestazione e la loro presenza o assenza in giudizio. È indubbio che l’applicazione della regola iuris della pronuncia troverà la sua sede soprattutto nei casi in cui gli operatori rimasti in gara siano in numero maggiore di due, ma unicamente i primi due classificati facciano valere in giudizio censure reciprocamente escludenti.
In tale ambito, l’aspetto più delicato consiste nel definire l’assetto di interessi scaturito dall’accertata illegittimità dell’ammissione in gara dei due concorrenti che hanno presentato i ricorsi simmetrici escludenti, considerando che, sullo sfondo della vicenda, si colloca la posizione del concorrente “terzo”, la cui ammissione in gara non risulta contestata dalle parti del giudizio. L’applicazione del principio del giudice europeo diventa problematica nel caso in cui gli altri partecipanti, estranei al giudizio, abbiano presentato una offerta che potrebbe essere di per sé valida, o che comunque presenti – in via ipotetica – alcuni vizi difformi da quelli lamentati dal ricorrente principale[17].
Proprio rispetto alla latitudine applicativa dei principi della sentenza Puligienica, l’ordinamento italiano ha elaborato due diverse impostazioni interpretative.
L’indirizzo, espresso dalla terza sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 26 agosto 2016, n. 3708, è più “restrittivo” ritenendo che “Una interpretazione che ammettesse sempre l’obbligo dell’esame del ricorso principale, a prescindere da qualsivoglia scrutinio in concreto della sussistenza di un interesse (anche strumentale) alla sua
decisione, dev’essere, in particolare, rifiutata perché si rivelerebbe del tutto incoerente sia con il richiamo, ivi operato, all’art. 1 della direttiva n. 89/665 CEE, quale norma che resterebbe violata da una regola che preludesse l’esame del ricorso principale, sia con il rispetto del principio generale, di ordine processuale, codificato dall’art. 100 c.p.c. (e da intendersi richiamato nel processo amministrativo dall’art. 39, comma 1, c.p.a.)”.
Pertanto, sebbene la sentenza europea estenda l’accezione dell’interesse strumentale, “non può certo essere decifrata come produttiva dell’effetto di scardinare” il principio generale secondo cui “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse” art. 100 c.p.c, nella misura in cui risulta espressivo di una regola generale valida, per la sua intuitiva valenza logica e sistematica, in ogni ordinamento processuale.
In quest’ottica, il Consiglio di Stato afferma che in applicazione della regola della sentenza Puligienica, “l’esame del ricorso principale (a fronte della proposizione di un ricorso incidentale “escludente”) è doverosa, a prescindere dal numero delle imprese che hanno partecipato alla gara, quando l’accoglimento dello stesso produce, come effetto conformativo, un vantaggio, anche mediato e strumentale, per il ricorrente principale, tale dovendosi intendere anche quello al successivo riesame, in via di autotutela, delle offerte affette dal medesimo vizio riscontrato con la sentenza di accoglimento, mentre resta compatibile con il diritto europeo sull’effettività della tutela in subiecta materia una regola nazionale che impedisce l’esame del ricorso principale nelle ipotesi in cui dal suo accoglimento il ricorrente principale non ricavi, con assoluta certezza, alcuna utilità (neanche in via mediata e strumentale)”.
Secondo questa impostazione, l’esame del ricorso principale subisce una limitazione quando vi sono più di due partecipanti alla gara e il vizio contestato dal ricorrente principale (secondo classificato) avverso l’aggiudicazione non può essere esteso anche agli altri concorrenti.
In questa ipotesi, trova naturale applicazione il principio secondo cui la fondatezza del ricorso incidentale escludente comporta il venir meno dell’interesse allo scrutinio del ricorso principale, dovendo ancorare l’analisi del ricorso principale ad un qualche utilità anche se mediata e strumentale, la quale potrà essere unicamente la ripetizione della procedura, essendo l’aggiudicazione del contratto definitivamente preclusa dall’accoglimento dell’impugnazione incidentale.
Contrariamente, la Quinta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza del 20 luglio 2017, n. 3593, elabora un orientamento più “garantista”, con il quale applica il principio Puligienica tout court.
In applicazione dei rilievi del giudice europeo “il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non deve risultare preclusivo nei confronti del ricorrente principale che a sua volta contesti l’altrui offerta, «in quanto in una situazione del genere ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare». Al riguardo la Corte di giustizia ha in particolare sottolineato che in questo contesto l’accertamento di vizi parimenti inficianti le offerte in contestazione potrebbe indurre l’amministrazione, che riscontri analoghi vizi anche nelle offerte non oggetto di giudizio, ad esercitare il proprio potere di annullamento in autotutela della gara”.
La Sezione è ben consapevole che una simile applicazione del concetto di ricorso “efficace” come quella propugnata dalla Corte di giustizia comporta una dilatazione dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.
Secondo la terza Sezione del Consiglio di Stato la condizione dell’azione è intesa come possibilità di conseguire in via diretta ed immediata un vantaggio giuridicamente apprezzabile, e non già un vantaggio ipotetico ed eventuale.
Diversamente, secondo la tesi della Corte di giustizia il bene della vita dell’aggiudicazione sarebbe invece rimesso a successive e solo possibili valutazioni dell’amministrazione in via di autotutela. Pertanto, non si può che prendere atto del dictum del giudice europeo e della prevalenza che ad esso deve essere attribuita, nell’ambito di un rapporto in cui il principio di autonomia dell’ordinamento processuale del Paese membro è destinato a recedere rispetto alle esigenze di effettività della tutela giurisdizionale perseguite a livello sovranazionale.
La Quinta Sezione, applicando il principio Puligienica tout court, ritiene che il giudice debba sempre esaminare tutti i motivi di ricorso, principale e incidentale, senza considerare il numero delle imprese partecipanti e il fatto che alcune sono rimaste fuori dal giudizio. In quanto, indipendentemente dall’accertamento della fondatezza del ricorso principale, la stazione appaltante potrebbe sempre ritenere opportuno riesaminare in autotutela gli atti di ammissione delle altre imprese, che non hanno partecipato al giudizio, per verificare se il vizio accertato sia loro comune, così da procedere alla ripetizione della gara.
I due orientamenti del Consiglio di Stato divergono sull’estensione della nozione di “interesse a ricorrere”, con particolare riferimento al soggetto cui compete valutare, all’esito del giudizio, la “medesimezza del vizio” in ordine alle altre imprese concorrenti: la stazione appaltante secondo la Quinta sezione; il giudice secondo l’orientamento della terza.
La problematica sembrava essersi risolta con la previsione di cui al comma 6 bis, dell’art. 120 c.p.a, secondo cui tutte le controversie relative non solo alle esclusioni ma anche alle ammissioni delle offerte dovevano essere proposte, e decise, prima dell’esame delle offerte medesime in modo tale da evitare che avverso l’aggiudicazione potessero farsi valere vizi derivanti dalla illegittima ammissione dell’aggiudicatario.
Tuttavia, sebbene questa soluzione avesse trovato la conferma di legittimità in sede comunitaria, è stata abrogata dall’art.1, comma 4, lett. a) del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, conv. in l. 14 giungo 2019, n. 55 (c.d. “sbloccacantieri”).
Pertanto, la problematica torna nella responsabilità della giurisprudenza.
3. La Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, 5 settembre 2019 (causa C-333/18) mette la parola fine al ricorso incidentale “paralizzante”
In ragione del contrasto giurisprudenziale esaminato, l’Adunanza Plenaria ha chiesto alla Corte di Giustizia «se l’articolo 1, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989 possa essere interpretato nel senso che esso consente che allorché alla gara abbiano partecipato più imprese e le stesse non siano state evocate in giudizio (e comunque avverso le offerte di talune di queste non sia stata proposta impugnazione) sia rimessa al Giudice, in virtù dell’autonomia processuale riconosciuta agli Stati membri, la valutazione della concretezza dell’interesse dedotto con il ricorso principale da parte del concorrente destinatario di un ricorso incidentale escludente reputato fondato, utilizzando gli strumenti processuali posti a disposizione dell’ordinamento, e rendendo così armonica la tutela di detta posizione soggettiva rispetto ai consolidati principi nazionali in punto di domanda di parte (art. 112 c.p.c.), prova dell’interesse affermato (art. 2697 cc), limiti soggettivi del giudicato che si forma soltanto tra le parti processuali e non può riguardare la posizione dei soggetti estranei alla lite (art. 2909 cc)».
La Corte di Giustizia, con la decisione del 5 settembre 2019, ha statuito che la “direttiva ricorsi” deve essere interpretata nel senso che “essa osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto ed inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi”.
Ad avviso della Corte, quindi, “gli interessi perseguiti nell’ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono considerati in linea di principio equivalenti, si traduce, per i giudici investiti di tali ricorsi, nell’obbligo di non dichiarare irricevibile il ricorso per esclusione principale in applicazione delle norme procedurali nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale proposto da un altro offerente”.
Tale statuizione non subisce eccezioni neanche qualora, nell’ambito della medesima procedura di gara, vi siano altri offerenti non coinvolti dai ricorsi reciprocamente escludenti.
La circostanza che i motivi di ricorso riguardino o non riguardino anche le altre offerte, infatti, sarebbe irrilevante, dal momento che, nel caso in cui entrambi i ricorsi siano dichiarati fondati, “l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe prendere la decisione di annullare la procedura e di avviare una nuova procedura di affidamento a motivo del fatto che le restanti offerte regolari non corrispondono sufficientemente alle attese dell’amministrazione stessa”.
In ciò si radicherebbe, quindi, l’interesse del ricorrente principale all’esame del proprio ricorso.
Il ricorso principale, dunque, andrà in ogni caso scrutinato dal Giudice, non potendo il suo esame nel merito essere subordinato alla previa constatazione che tutte le offerte classificate alle spalle di quella del ricorrente principale siano irregolari.
“La ricevibilità del ricorso principale non può – a pena di pregiudicare l’effetto utile della direttiva 89/665 – essere subordinata alla previa constatazione che tutte le offerte classificate alle spalle di quella dell’offerente autore di detto ricorso sono anch’esse irregolari. Tale ricevibilità non può neppure essere subordinata alla condizione che il suddetto offerente fornisca la prova del fatto che l’amministrazione aggiudicatrice sarà indotta a ripetere la procedura di affidamento di appalto pubblico. L’esistenza di una possibilità siffatta deve essere considerata in proposito sufficiente”.
È irrilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario, la circostanza che non siano intervenuti in giudizio gli offerenti che si sono classificati nella graduatoria di gara, in posizione deteriore rispetto al ricorrente principale poiché “il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi, come pure il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi nonché la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, non sono rilevanti ai fini dell’applicazione del principio giurisprudenziale”.
In conclusione, la Corte di Giustizia si può dire che abbia messo la parola fine al ricorso incidentale paralizzante, con una pronuncia che non lascia all’ordinamento interno la possibilità di poter recuperare il rimedio in esame secondo un’interpretazione più “restrittiva” del principio europeo, anzi sarà tenuto ad accogliere l’impostazione “garantista” della Quinta sezione del Consiglio di Stato.
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Bibliografia
BENETAZZO C., L’ordine di esame del ricorso principale e del ricorso incidentale tra “oscillazioni” giurisprudenziali e questioni irrisolte, in www.federalismi.it, n. 10/2013;
BERTI SUMAN A., Ancora dubbi sul rapporto tra ricorso principale e incidentale: il problema dei concorrenti “terzi”, in www.giustizia-amministrativa.it, 18 luglio 2018;
D’ORSOGNA M., Figorilli F., Lo svolgimento del processo di primo grado, Sezione prima: La fase introduttiva, in F.G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Giappichelli editore, Torino, 2017;
DE ZOTTI A., Evoluzione, requiem ed epitaffio del ricorso incidentale escludente dopo la sentenza della Corte di Giustizia 5 settembre 2019, n. C-133/18, in www.ildirittoamministrativo.it, 5 settembre 2019.
Giurisprudenza
Cons. Stato, Sez. V, 24 novembre 1997 n. 1367; Cons. Stato, Sez. V, 25 marzo 2002, n. 1695; Cons. Stato, Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2468; Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 2007, n. 5811; Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 11/2008;
Cons. Stato, Sez.V, 8 settembre 2010, n. 6510
Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 4/2011; Sentenza CGUE, 4 luglio 2013 (causa C-100-12); Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2014; Sentenza CGUE, 5 aprile 2016 (causa C-689/13); Cons. Stato, Sez. III, 26 agosto 2016, n. 3708; Cons. Stato, Sez. IV, 20 luglio 2017, n. 3593; Sentenza CGUE, 5 settembre 2019 (causa C-333/18)
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[1] Si tratta dell’articolo che ha modificato il testo originario dell’art. 31, r.d. 1889 n. 6166
[2] Art. 42, comma 2, c.p.a.
[3] Art. 45, c.p.a.
[4] Art. 42, comma 4, c.p.a.
[5] In tal senso D’Orsogna M., Figorilli F., Lo svolgimento del processo di primo grado, Sezione prima: La fase introduttiva, in F.G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Giappichelli editore, Torino, 2017
[6] Cons. Stato, Sez.V, 8 settembre 2010, n. 6510
[7] Benetazzo C., L’ordine di esame del ricorso principale e del ricorso incidentale tra “oscillazioni” giurisprudenziali e questioni irrisolte, in www.federalismi.it, n. 10/2013
[8] È il caso in cui il ricorrente impugna la graduatoria di un concorso che lo ha visto classificarsi in posizione deteriore, lamentando la cattiva valutazione dei propri titoli; in tal caso, il controinteressato può impugnare il medesimo provvedimento, censurando l’errata valutazione dei suoi titoli, cosicché, ove questa fosse stata correttamente effettuata, avrebbe individuato un punteggio tale per cui l’eventuale accoglimento del ricorso principale non sarebbe in grado di determinare un mutamento della graduatoria
[9] Cons. Stato, Sez. V, 24 novembre 1997 n. 1367; Id. Sez. V, 25 marzo 2002, n. 1695
[10] Cons. Stato, Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2468
[11] Si fa riferimento all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 11/2008
[12] In particolare, si fa riferimento alla sentenza del Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 2007, n. 5811
[13] Per interesse c.d. “strumentale” si intende il perseguimento dell’utilità connessa alla ripetizione della gara al fine di conseguire una rinnovata chance di aggiudicazione
[14] De Zotti A., Evoluzione, requiem ed epitaffio del ricorso incidentale escludente dopo la sentenza della Corte di Giustizia 5 settembre 2019, n. C-133/18, in www.ildirittoamministrativo.it, 5 settembre 2019
[15] Idem
[16] Ha permesso di poter superare le numerose incertezze riguardanti la corretta qualificazione dei vizi escludenti prospettati dai due ricorsi incrociati e il riferimento alla “medesima” fase procedimentale, come osservato da Adele Berti Suman, Ancora dubbi sul rapporto tra ricorso principale e incidentale: il problema dei concorrenti “terzi”, in www.giustizia-amministrativa.it, 18 luglio 2018
[17] Adele Berti Suman, Ancora dubbi sul rapporto tra ricorso principale e incidentale: il problema dei concorrenti “terzi”, in www.giustizia-amministrativa.it, 18 luglio 2018
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Il rapporto tra il ricorso principale ed il ricorso incidentale cd. “escludente”. Intervento della Corte di Giustizia | Salvis Juribus
Il ricorso incidentale e l’interesse ad agire di Adele Berti Suman (italiappalti.it)
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Dott. ssa Emily Pantalone
Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Diritto Amministrativo e Scienza dell'amministrazione presso l'Università degli Studi di Teramo.
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