Il ricorso per Cassazione deve essere sempre sottoscritto dall’avvocato cassazionista
Commento alla sentenza della Cassazione penale a Sezioni Unite n. 8914 del 23.02.2018
Premessa
La recentissima sentenza della Suprema Corte n. 8914/2018 è intervenuta per dirimere il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare in materia di legittimazione a proporre e quindi sottoscrivere personalmente il ricorso per cassazione in materia penale.
La legge 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. “riforma Orlando”) ha novellato gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale escludendo la possibilità per l’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione, ma in giurisprudenza alcune sentenze, tendevano a scindere concettualmente tra ricorsi proposti in materia cautelare e ricorsi avverso sentenze o provvedimenti con efficacia definitoria di procedimenti penali autonomi.
Per i primi la tendenza era quella di consentire all’interessato di proporre personalmente tale ricorso senza l’assistenza del difensore patrocinante in Cassazione, in virtù delle disposizioni degli artt. 311 e 571 c.p.p..
Tale assunto sarebbe giustificato dalla peculiarità del procedimento cautelare, destinato a concludersi in un breve arco temporale, ma anche dai conseguenti oneri legati allo studio e predisposizione del ricorso da parte dell’avvocato cassazionista, che rischierebbe di diventare ostacolo all’effettivo esercizio del diritto di difesa costituzionalmente tutelato.
A ciò però va aggiunto che in ogni caso la difesa tecnica sarebbe garantita dal punto di vista economico dalla possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato in presenza dei requisiti di legge.
Diametralmente opposte sono le considerazione di altra parte della giurisprudenza che invece afferma la necessità di assistenza da parte di un difensore iscritto nell’Albo speciale al fine di garantire adeguata ed effettiva tutela giurisdizionale all’imputato, vista l’oggettiva difficoltà a suo carico a proporre e predisporre un ricorso che possa superare il vaglio di ammissibilità da parte della Corte.
Inoltre occorre prendere in considerazione la ratio della riforma Orlando, che a quanto parte, oltre a voler garantire maggior tutela all’imputato, vuole eliminare quella prassi elusiva posta in essere da alcuni difensori non iscritti all’Albo dei cassazionisti, di predisporre il ricorso e successivamente farlo sottoscrivere personalmente dall’assistito.
La questione di diritto rimessa alle SS. UU.
Il contrasto giurisprudenziale è stato rimesso all’attenzione delle Sezioni Unite con ordinanza del 2 novembre 2017 dalla V sezione penale della Cassazione che ha prospettato in sintesi la seguente questione di diritto: “Se, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen., con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione, permanga la legittimazione di questi a proporre personalmente ricorso in materia di misure cautelari personali, ai sensi dell’art. 311 cod. proc. pen.”.
La decisione delle Sezioni Unite
Osservano le Sezioni Unite che le argomentazioni proposte nell’ordinanza di rimessione non possono essere condivise nella parte in cui si attribuisce all’art. 571 c.p.p. natura di norma generale e circoscrivendo l’operatività dell’art. 613 c.p.p. al solo ricorso “ordinario”.
Tale distinzione contrasterebbe con le disposizioni contenute nel Titolo III del Libro IX del codice di procedura penale, e quindi anche il novellato l’art. 613 c.p.p., che fissano le regole generali idonee a disciplinare ogni ipotesi di ricorso per cassazione, senza distinzione alcuna.
Di conseguenza la Corte distingue tra titolarità del diritto ad impugnare (che si traduce nella legittimazione ad esercitare un atto di impulso da cui scaturisce una determinata sequenza di atti procedimentali), dallo jus postulandi che invece attiene alla rappresentanza tecnica, ovvero alla capacità di stare in giudizio, compiere attività processuale e potere di sollecitare il giudice ad emettere un provvedimento.
Orbene, tale attività processuale ai sensi del novellato art. 613 c.p.p. spetta esclusivamente al difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.
Infatti è il difensore a rappresentare la parte e comparire dinanzi al Giudice di legittimità (art. 614, co. 2, c.p.p.).
La disposizione in realtà disciplina esclusivamente le forme e le modalità soggettive di proposizione del ricorso e non la legittimazione all’impugnazione, imponendo al difensore cassazionista di sottoscrivere l’atto introduttivo, le memorie e i motivi nuovi.
Tale ricostruzione fa discendere pertanto due conseguenze: da un lato l’art. 571 c.p.p. esclude attraverso il richiamo all’art. 613 c.p.p. che l’imputato possa proporre personalmente il ricorso per cassazione, dall’altro l’art. 613 c.p.p. disciplina le modalità e i requisiti soggettivi per la redazione e la sottoscrizione del ricorso, ferma restando l’autonoma legittimazione alla proposizione dell’impugnazione da parte del difensore che continua a trovare la propria fonte nell’art. 571, co. 3 c.p.p..
In conclusione le Sezioni unite della Corte di cassazione, hanno affermato che, a seguito della modifica apportata dalla l. 23 giugno 2017, n.103, agli artt.571 e 613 cod.proc.pen., :il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento non può essere proposto personalmente dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di Cassazione.”
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Avv. Marco La Grotta
Laurea Magistrale in Giurisprudenza, conseguita presso Università degli Studi di Bari "Aldo Moro". Pratica forense svolta in ambito civile, penale ed amministrativo presso lo studio legale dell'Avv. Prof. Giuseppe Chiarelli del Foro di Taranto. Attestato di frequenza della Scuola Forense-Taranto. Attestato di partecipazione al corso biennale per difensore d'ufficio.
Attualmente iscritto presso l'Albo degli Avvocati di Taranto ed esercita la professione forense prevalentemente nell'ambito penale e della consulenza a società.
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