Il risarcimento dei danni non patrimoniali, orientamenti nazionali e internazionali
Il danno non patrimoniale è la lesione di un interesse inerente alla sfera personale del singolo individuo, che non è suscettibile di valutazione economica.
Ai sensi dell’art.2059 c.c., il danno non patrimoniale è risarcibile soltanto nei casi previsti specificatamente dalla legge: quando è dovuto ad un illecito penale, difatti ai sensi dell’art.185 c.p., colui che in conseguenza di un reato ha cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, è obbligato a risarcire il danno alla vittima della sua azione delittuosa; in altre specifiche ipotesi che sono previste in maniera diretta dalla legge, come ad esempio, a causa dell’irragionevole durata del processo oppure alla violazione del diritto di autore.
In particolare, nel 2003 sia la Corte Costituzionale che la Corte di Cassazione, hanno stabilito che il risarcimento del danno non patrimoniale non è concesso soltanto nelle ipotesi prevista dall’art.185 c.p., bensì in tutte quelle ipotesi in cui vengono lesi dei diritti che riguardano la sfera personale dell’individuo di importanza costituzionale.
Con la sentenza n.26972 del 2008, la Corte di Cassazione ha affermato che per la ottenibilità del risarcimento del danno non patrimoniale, quest’ultimo deve essere particolarmente grave, difatti il risarcimento è dovuto solo nei casi in cui sia stato superato il livello di tollerabilità, di cui ogni cittadino deve necessariamente dotarsi, in base al dovere di solidarietà stabilito dall’art.2 Cost., e soltanto nell’ipotesi in cui venga oltrepassato il limite della normale sopportazione, il danno non patrimoniale può essere risarcito. Quindi, ad esempio il fastidio derivante da immissioni acustiche protrattesi per un periodo di tempo molto breve ovviamente non impone l’obbligo del risarcimento.
Il danno non patrimoniale comprende varie forme di danno: il danno biologico, che sussiste quando vi è stata una lesione temporanea o permanente dello stato psichico-fisico dell’individuo, che ne ha alterato le normali attività quotidiane; il danno morale, invece si realizza quando vi è stata una continua sofferenza nell’animo inferta alla persona; il danno da perdita parentale, viene inteso come privazione del rapporto affettivo con il congiunto; il danno esistenziale invece consiste nell’alterare le abitudini di vita della persona, comportando un notevole stress e malessere per l’individuo.
Per quanto concerne le modalità di risarcimento di un danno patrimoniale, che non è suscettibile di valutazione economica, esso avviene secondo il concetto di reintegrazione del danno per equivalente.
Innanzitutto, è opportuno specificare che incombe sul danneggiato l’onere di provare l’esistenza del danno patrimoniale, il nesso di causalità tra la condotta illecita e il danno subito; il giudice dovrà valutare gli elementi probatori forniti, e in caso positivo stabilire il quantum del danno. Nella sua attività giurisdizionale, che in questo caso consiste nel quantificare il danno non patrimoniale subito dalla vittima dell’illecito, il giudice deve attenersi ad un criterio generale che è quello dell’equità, stabilito dall’art.1226 c.c.: “Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa.”
Pertanto, il giudice nell’individuare la cifra del danno, dovrà attenersi a dei criteri generali, che sono quelli appunto dell’adeguatezza, della proporzione e della prudenza. In particolare con la sentenza n.12408 del 2011, la Suprema Corte ha individuato nelle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, un generale parametro per poter valutare ed individuare nel migliore dei modi la cifra che potrebbe corrispondere al danno non patrimoniale subito.
Il risarcimento del danno non patrimoniale è stato affermato nella giurisprudenza europea anche dalla CEDU.
Con ricorso n.63106/2012, un cittadino armeno che è stato detenuto illegalmente per 18 mesi all’interno delle carceri del proprio paese, è riuscito ad ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti in seguito alla detenzione illegale, dopo aver tentato invano di richiederlo ai tribunali della propria nazione. Difatti, il diritto interno armeno, non contempla il risarcimento del danno non patrimoniale, di conseguenza il cittadino si è rivolto alla CEDU, la quale in base all’art.5 comma 5 della Convenzione Europea dei Diritti Dell’Uomo, ha condannato lo Stato Armeno a risarcire il cittadino che è stato privato della propria libertà in maniera del tutto illegale.
Un secondo esempio significativo, che dimostra il consolidamento del danno non patrimoniale e del suo risarcimento a livello europeo, è la sentenza emanata dalla CEDU nel 11.12.2003, con la quale la Corte Europea ha condannato lo Stato italiano a risarcire i danni non patrimoniali subiti da un cittadino il cui diritto di proprietà è stato violato da parte di un soggetto pubblico, subendo quindi un notevole danno morale per il cittadino stesso.
In conclusione, possiamo affermare che sia l’orientamento nazionale che quello europeo, hanno rafforzato attraverso la propria giurisprudenza, la necessità di comprendere nell’idea di danno anche quello non patrimoniale, considerando l’esigenza di risarcire economicamente anche danni che non sono suscettibili di valutazione finanziaria.
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Dott. Marco De Chiara
Laureato in Giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli, nel 2019.
Praticante Avvocato Abilitato, presso lo studio civile-penale di Napoli, iscritto all'albo dei praticanti avvocati del Tribunale di Napoli dal 2020.
Diploma di Scuola di specializzazione per le professsioni legali.
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