Il rispetto dell’orario di lavoro del personale sanitario ai tempi del coronavirus
I principi e le norme che regolamentano, nel mondo medico, la materia dell’orario massimo di lavoro, dei turni di pronta disponibilità, dei riposi, delle pause e delle ferie, sono da sempre oggetto di grande dibattito ed ancor più oggi, in un contesto emergenziale come quello che stiamo vivendo, ove il personale sanitario si trova ad sostenere turni di lavoro massacranti.
Nell’attuale contesto sanitario, la corretta applicazione della disciplina sull’orario di lavoro risulta quasi impossibile e potrebbe comportare problematiche non indifferenti, aumentando i rischi di c.d. errore clinico ai danni dei pazienti.
Ricordiamo a tal proposito che la Legge 30 ottobre 2014, n. 161, con l’art. 14, ha riallineato anche per i medici ed il personale sanitario, la disciplina in materia di orario di lavoro e durata dei riposi agli altri paesi della CE. In particolare, la legge prevede come minimo 11 ore consecutive di riposo giornaliero, massimo 48 ore di lavoro settimanale, compreso lo straordinario, 24 ore di riposo settimanale e almeno 4 settimane di riposo annuale.
Rimangono però alcune criticità, dovute per la maggior parte alla cronica carenza di personale sanitario, che potrebbero mandare in tilt il sistema come, ad esempio, la pronta disponibilità, soprattutto se si è costretti a doverla convertire in lavoro operativo (c.d. pronta disponibilità attiva). Come può essere applicata la “norma delle 11 ore” se il riposo è interrotto da uno o più periodi di lavoro che costringono il sanitario al rientro in Ospedale durante la notte?
Proprio questo istituto, spesso utilizzato in modo inappropriato per la sciagurata falcidia delle dotazioni organiche perpetrata dalle aziende sanitarie in questi anni di riduzione del finanziamento del S.S.N., ha creato i maggiori problemi per la applicazione della “norma sulle 11 ore” di riposo continuativo.
Il servizio di pronta disponibilità è caratterizzato dalla immediata reperibilità del medico e dall’obbligo per lo stesso di raggiungere la struttura sanitaria nel più breve tempo possibile dalla chiamata.
L’istituto c.d. reperibilità o pronta disponibilità medica, può essere utilizzato solo per coprire turninotturni o festivi. Opzioni diverse, pur se notoriamente diffuse, quali la pronta disponibilità pomeridiana dalle 16 alle 20, costituiscono una violazione della legge;
– la regola è che i turni di pronta disponibilità coperti dal singolo dirigente medico non siano più di dieci al mese. In tale ambito, tuttavia, le eccezioni sono diventate la regola;
– la previsione di due o più turni consecutivi di pronta disponibilità di 12ore è illegittima;
– a fronte di un turno di guardia notturna deve essere lasciato libero il giorno prima ed il giorno dopo di guardia stesso. Opzioni diverse sono contrarie al dettato normativo;
– non si può affidare un turno di pronta disponibilità che va dalle 20 alle 8 del mattino al dirigente medico che sia stato in servizio dalle 14 alle 20 del giorno precedente;
– a fronte di un turno notturno di pronta disponibilità deve essere lasciato libero il pomeriggio precedente ed il mattino successivo. Si profilerebbe in caso contrario una turnazione “massacrante”.
La Corte di Cassazione, più volte chiamata ad interpretare le disposizioni contrattuali volte a disciplinare il servizio di pronta disponibilità nell’area sanitaria, ha sempre escluso che dalla cosiddetta reperibilità passiva possa derivare, quale effetto automatico, il diritto del dipendente a fruire del riposo compensativo, rimesso, invece, alla sua scelta discrezionale.
Ove, invece, la prestazione venga effettivamente resa in regime di cd. reperibilità attiva, la stessa non può non essere computata nel numero di ore complessivamente lavorate dal dirigente e deve anche essere considerata quale impeditiva del necessario riposo settimanale, sicché, in caso di chiamata effettiva del dipendente, ed a prescindere da una sua richiesta, andrà comunque riconosciuto il diritto alla fruizione del riposo compensativo, nel rispetto dell’art. 36 Cost. e dell’art. 5 della Direttiva n. 2003/88/CE, trattandosi di diritto indisponibile.
La Suprema Corte ha quindi chiarito che in tal caso la mancata fruizione del riposo compensativo è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto, perché “l’interesse del lavoratore leso dall’inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell’art. 36 Cost., sicchè la lesione dell’interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno….” (cfr. Cass. 1.12.2016 n. 24563; Cass. 16.8.2015 n. 16665; Cass. 25.10.2013 n. 24180; Cass. S.U. 7.1.2013 n. 142).
Si tratta di una fattispecie di illecito che genera un pregiudizio da ritenersi presunto, giacché è indubbio che dalla mancata fruizione dei riposi sia derivata una maggiore gravosità della prestazione lavorativa fonte di danno per i sanitari, non potendo costoro beneficiare del tempo necessario per ricostituire le risorse psico-fisiche assorbite dall’impegno lavorativo pregresso.
Inoltre, per quanto attiene al riposo giornaliero, la misura considerata “minima” della Direttiva Europea Direttiva n. 104/1993/CE è quella di 11 ore consecutive nell’arco di 24 ore, partendo dall’inizio dell’attività. Il riposo va calcolato in modo “frazionato”, sommando le ore precedenti alla chiamata a quelle successive alla fine della prestazione lavorativa nell’arco delle 24 ore;
Pertanto la giurisprudenza ha chiarito che spetta il risarcimento del danno, commisurato alle ore riposo compensativo non godute tra la fine di un turno e l’inizio del successivo (minimo 11 ore consecutive).
Trattandosi di somme riconosciute a titolo risarcitorio, per un arco temporale di dieci anni antecedenti alla domanda, gli importi sono molto cospicui ed al netto al netto delle trattenute fiscali.
Tanti sanitari, in tale gravosa condizione di lavoro, sono legittimati ad avanzare domanda di risarcimento danni nei confronti della propria ASL, con la conseguenza che potrebbe trattarsi di un vero salasso per le casse della stessa.
A questo proposito il Tribunale di Lanciano-Sez. Lavoro ha di recente riconosciuto il diritto del medico ad un sostanzioso risarcimento, per la mancata fruizione dei riposi compensativi dovuti a seguito dell’espletamento dei turni di pronta disponibilità attiva non seguiti da riposo compensativo e per il mancato rispetto del limite minimo di 11 ore continuative di riposo nell’arco giornaliero da parte della ASL.
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Avv. Luca Damiano
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