Il ruolo del “Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme” nel congresso di Vienna (1814 – 1815).
Sommario: 1. Introduzione – 2. Le Istruzioni luogotenenziali per il “Congresso di pace a Vienna” – 3. L’epilogo della missione diplomatica giovannita
1. Introduzione
Dal 1803 l’Ordine di San Giovanni Gerosolimitano trovava sede a Catania in quanto Napoleone nel 1798 si era impossessato dell’isola di Malta, sulla quale i cavalieri governavano dal 1530 come feudatari per concessione del Re di Sicilia[1]. Dalla città alle pendici dell’Etna, il Luogotenente di Gran Maestro fra’ Innigo Maria Guevara Suardo aveva nominato, sin dal 5 febbraio 1814 i ministri plenipotenziari dell’Ordine da inviare al Congresso nella capitale austriaca.
La designazione luogotenenziale ricadde sul balì fra’ Girolamo Laparelli e sul commendatore fra’ Antonio Miari; il primo era Gran Priore d’Inghilterra e per tale ragione la sua scelta non fu casuale ma bensì dettata da un tentativo di maggiore incisività sulla potenza britannica che lo stesso poteva addurre alla causa dell’Ordine, di vedersi restituita Malta o assegnato un “nuovo lembo di terra” dove poter riacquisire le prerogative Sovrane di possesso territoriale[2]. Ma i piani di Guevara Suardo, sulla nomina di Laparelli, vennero sconvolti dall’insorgere di un improvvisa quanto decisiva malattia agli occhi che non permise al balì di prendere parte alla missione. Con la morte del Luogotenente napoletano e la conseguente nomina del messinese commendatore fra’ Andrea di Giovanni y Centelles al suo posto, la scelta per sostituire l’infermo Laparelli ricadde sul commendatore fra’ Daniello Berlinghieri[3].
Il conte fra’ Antonio Miari, il secondo componente della missione diplomatica dell’Ordine che era stato scelto da Guevara Suardo, era di origini bellunesi e in seguito al trattato di Campoformio divenuto suddito dell’Imperatore d’Austria; tale circostanza era ritenuta di buon auspicio e fu presa in ragione di una possibile protezione che Francesco I d’Asburgo poteva fornire in favore dell’Ordine durante il Convegno[4].
Il patrizio Berlinghieri, ricopriva il ruolo di magnifico rettore dell’Università di Siena sin dal 1807 e godeva di una riconosciuta abilità diplomatica, comprovata dal fatto che quasi un decennio dopo venne nominato ambasciatore del Granduca di Toscana presso le corti di Francia e Belgio.
2. Le istruzioni luogotenenziali per il “Congresso di pace a Vienna”
Le istruzioni fornite dal Luogotenente ai due plenipotenziari su come orientare le loro azioni durante il “Congresso di pace a Vienna”, erano di porsi sotto l’ala protettiva di papa Pio VII; appariva naturale la scelta dell’Ordine Gerosolimitano di instaurare con la missione diplomatica dello Stato Pontificio un’alleanza tale da poter consentire maggior peso per avvalorare le proprie richieste in seno al consesso[5].
Seppur formalmente il fine della missione dei due confratelli era, rebus sic stantibus, il ritorno della piena sovranità dell’Ordine sull’Isola di Malta a discapito del Regno Unito, ipotesi che apparì fin da subito di difficile realizzazione[6]. Le istruzioni luogotenenziali avevano già previsto questa evenienza, prevedendo un piano alternativo per poter entrare in possesso di un territorio che fosse in grado di soddisfare parimenti le aspirazioni di sovranità territoriale e indipendenza che i cavalieri gerosolimitani nutrivano. La ricostituzione di uno Stato monastico era da individuare, secondo quanto esplicitato dalle istruzioni, all’interno del Mediterraneo ribadendo la propria vocazione marittima; inoltre la potenza a cui sarebbe andato l’intero arcipelago di Malta doveva indennizzare l’Ordine per la perdita subita.
Venne stabilito che lo stesso una volta ricostituitosi nel pieno della sovranità, dovesse continuare a godere di una propria Costituzione e fosse in grado di permettere l’esercizio delle prerogative che lo stesso aveva avuto per oltre sette secoli. All’apertura delle discussioni del consesso plenario nella capitale dell’Impero asburgico, emersero tutte le preoccupazioni della vigilia che il Luogotenente e i plenipotenziari gerosolimitani avevano previsto, tali avvenimenti spinsero quest’ultimi a scrivere una serie di missive rivolte a di Giovanni y Centelles così che si potesse concordare una linea diplomatica da perseguire nei salotti viennesi; la problematica principale verteva circa l’individuazione del nuovo territorio in cui dovesse ricadere la scelta ove ricostituire la sovranità.
Tale punto non era stato chiarito nelle istruzioni e pertanto si iniziò la formulazione di diverse ipotesi, come quella del balì Flachslanden che propose un’unione con gli altri ordini teutonici protestanti e la stabilizzazione del “nuovo” Stato gerosolimitano presso le coste della Crimea così da porsi sotto l’egida dell’Impero Russo[7]. Abbandonata ben presto l’ipotesi di una ricollocazione dell’Ordine lontano dal Mediterraneo, i plenipotenziari giovanniti cominciarono a perorare la loro causa stilando una serie di caratteristiche che il luogo deputato ad ospitarli dovesse avere: non lontano dal centro del mare nostrum, possedere un porto sufficientemente grande e sicuro per consentire le attività militari e mercantili, possedere spazio a sufficienza per costruirvi un arsenale, un ospedale con un lazzaretto, una chiesa e vari edifici governativi[8].
Durante il Congresso non si fece più alcuna menzione del rapporto di carattere feudale, puramente formale, che aveva legato per secoli i cavalieri gerosolimitani con il Regno di Sicilia in quanto l’abolizione del feudalesimo avvenuta nell’Isola due anni prima rendeva impossibile una sua riproposizione[9]; inoltre era volontà dell’Ordine di non porsi più sotto la potestas di qualsivoglia altro monarca, così da garantirsi una piena autonomia. Una criticità agli occhi delle potenze europee, rimaneva la difficoltà dello Stato giovannita nell’eleggere un nuovo Gran Maestro che potesse con più vigore reclamare le legittime aspirazioni statuali gerosolimitane durante le plenarie congressuali. L’Ordine stanziatosi provvisoriamente a Catania, non soddisfaceva i requisiti legali e i presupposti affinché si potesse eleggere secundum legem il nuovo Principe sovrano e pertanto si propose un intervento papale, del tutto eccezionale, per cercare di dirimere la questione[10]; tale auspicato intervento del pontefice non avvenne poiché, di concerto con il cardinal Consalvi, Pio VII non voleva esporsi eleggendo un nuovo Gran Maestro che non “regnasse su un capoluogo definito”.
Le corti sia asburgiche quanto borboniche e più in generale tutte le potenze cattoliche si dimostrarono tiepidamente favorevoli per dirimere la questione che affliggeva i cavalieri gerosolimitani, così da ristabilire le loro prerogative sovrane e territoriali; i ministri plenipotenziari furono ricevuti anche dalle missioni diplomatiche presenti a Vienna di monarchie protestanti come la Danimarca, il Baden e la Prussia. Trascorsero diversi mesi dall’apertura del Congresso e le richieste dell’Ordine non avevano visto ancora una trattazione ufficiale ma solamente ufficiosa, con le azioni dei plenipotenziari che nonostante fossero incisive non erano riuscite nell’intento di aprire formalmente la discussione riguardante le loro sorti.
Nel tentativo di sbloccare questa situazione di stallo venutasi a creare, la missione diplomatica giovannita inviò formale missiva al ministro austriaco, principe Matternich, affinché perorasse la loro causa “richiamando l’attenzione del Congresso, nel momento ritenuto più opportuno, sulla questione della conservazione dell’Ordine […] e dello stabilimento che questo dimanda nell’isola di Malta o in altro luogo”. L’apertura di discussione formale della questione, venne fortemente ritardata dal Regno Unito il quale adduceva una serie di motivazioni che non permettevano la riproposizione dello status quo ante che aveva visto l’Ordine governare sull’arcipelago maltese[11]; tale posizione inglese era da ricercare non solo nella strategica posizione di quest’ultimo ma anche in motivazioni che furono ben spiegate dall’ammiraglio Sidney Smith che evidenziava diverse problematiche di carattere amministrativo esistenti all’interno dell’Ordine e di come questo avesse esaurito la propria storica funzione di “sentinella cristiana” a presidio del Mediterraneo in funzione anti – barbaresca.
I plenipotenziari vistosi anche ufficialmente rifiutata l’ipotesi della restituzione dell’antico dominio sulla “loro” isola avanzarono dunque la proposta, come visto già ampiamente concordata, di ottenere un nuovo “lembo di terra” per la loro missione cristiana. I due diplomatici gerosolimitani fecero leva sull’importanza del carattere nobiliare che l’ordine seppe conservare, descrivendo come lo stesso non fosse altro che una congregazione “internazionale aristocratica” sintesi di tutti gli stati d’Europa che erano rappresentati in seno ad esso per mezzo dei loro uomini più valenti; era evidente che si utilizzò un richiamo ad un origine europea e cristiana dell’Ordine come estremo strumento di sollecitazione affinché le potenze europee perorassero la causa, spinte da un comune sentire spirituale.
Miari e Berlinghieri dovettero però assistere ancora una volta ad un tiepido riscontro dopo questo accorato appello ai sovrani europei, i quali difficilmente avrebbero assunto una posizione contrapposta a quella britannica; per tale ragione i due cavalieri giovanniti, passarono al piano alternativo giocandosi la carta di Corfù. L’Isola del mar Ionio, era considerata assolutamente in linea con le esigenze dello Stato giovannita sia per dimensioni quanto per posizione geografica, inoltre possedeva già delle fortificazioni ed un porto edificati per opera della Serenissima durante il lungo dominio che la stessa aveva esercitato per secoli sull’arcipelago settinsulare. Questa proposta dei due plenipotenziari non fu inizialmente osteggiata dalle potenze cattoliche, l’isola sino al 1814 era rimasta in mano francese, che vedevano idoneo per la compensazione in favore dell’Ordine la possibile assegnazione del luogo da loro proposto dove poter esercitare finalmente le proprie prerogative sovrane; i problemi sorsero laddove lo Zar Alessandro I per mezzo dell’influente ed abile ministro degli affari esteri, di origine corfiota, Capodistria si oppose fortemente all’ipotesi che un’isola da sempre storicamente ortodossa, nonostante il lungo dominio veneziano, potesse essere governata nuovamente da uno stato cattolico[12]. Ulteriore beffa per i cavalieri venne rappresentata dal fatto che alla fine del Congresso nel 1815, l’arcipelago settinsulare divenne un protettorato del Regno Unito che vi instaurò quello che è da considerarsi come il primo governo “greco” della storia moderna. L’operazione diplomatica passerà alla storia come gli Stati Uniti delle Isole Ionie, entità statale esistita sotto controllo inglese sino al 1864 anno in cui le isole ionie verranno riunite al Regno ellenico compiutamente indipendente.
3. L’epilogo della missione diplomatica giovannita
Il rifiuto opposto all’Ordine durante le fasi congressuali di poter ottenere Corfù, gettò nello sconforto le speranze e le aspirazioni gerosolimitane che rivolsero come ultimo ed estremo tentativo la possibilità di ottenere il possesso di un’isola adriatica della regione della Dalmazia, la cui sovranità a Vienna era stata assegnata all’Austria; anche quest’ipotesi non trovò una concreta realizzazione in quanto non si pervenne alla scelta di una delle isole dalmate che potevano essere utili affinché si attuasse la restaurazione del principato giovannita.
Un’ultima flebile fiamma di speranza, venne rappresentata all’indomani della disfatta di Waterloo a danno di Napoleone, che essendo stato posto prima di tali eventi come principe sovrano dell’Isola d’Elba aveva di conseguenza perso quest’ultima ed esiliato nel remoto possedimento atlantico insulare britannico di Sant’Elena. La vacatio di una titolarità e sovranità sull’arcipelago toscano, provocò l’idea in Miari e Berlinghieri di poter ottenere per l’Ordine l’assegnazione dello stesso e riuscire così nella missione di riottenere della “terra” dove poter continuare le proprie prerogative statuali. Anche in quest’ipotesi le legittime aspirazioni giovannite dovettero scontrarsi con il volere del Granduca di Toscana il quale non vedeva di buon occhio l’instaurazione dello Stato cavalleresco dinnanzi le proprie coste e soprattutto di fronte l’importante porto di Livorno, fortemente interconnesso commercialmente con l’arcipelago.
Sfumato del tutto la possibilità durante il Congresso di Vienna di poter avere ottenere un altro “lembo di terra”, l’Ordine non riuscì più ad imporre sul piano internazionale le proprie pretese e aspirazioni; vani furono i tentativi durante i Congressi di Lubiana (1821) e Verona (1822) dove tanto si insistette per la cessione ai cavalieri giovanniti di un’isola del Quarnaro. Nonostante fosse ridotto senza un territorio e privato pertanto di un reale popolo, entrambi elementi caratterizzanti secondo il diritto internazionale la definizione di Stato compiutamente indipendente, le principali monarchie cattoliche ed alcune cristiane, continuarono ad attribuire all’Ordine il caratteristico status di Ente sovrano.
Ad oggi tale modello di persona mixta riconosciuto diplomaticamente da più di 80 paesi al mondo come tale, tanto da consentirgli di avere un seggio di osservatore permanente all’ONU, fa dello S.M.O.M. un vero ed autentico unicum; le motivazioni di questa particolare situazione di cui lo stesso gode sono da attribuire alle sue complesse quanto affascinanti vicissitudini, da ricercare sul piano della storia del diritto che questo quasi millenario Ordine ancora oggi custodisce.
[1] 1 Il Gran Maestro fra’ Ferdinand von Hompesch zu Bolheim il 12 giugno 1798 aveva firmato un trattato con la controparte francese con il quale l’Ordine cedeva la propria sovranità sull’arcipelago maltese a Napoleone. Tale evento suscitò non poche perplessità, in quanto, i cavalieri gerosolimitani erano in “possessio” delle isole in mezzo al mediterraneo tramite concessione feudale del regno di Sicilia, a cui de jure apparteneva la sovranità sulle stesse
[2] Agli occhi del Luogotenente Guevara Suardo i legami e le conoscenze del ministro gerosolimitano, residente a Catania, nella patria di Lord Castlereagh avrebbero giocato un ruolo di primo piano nella missione diplomatica che doveva adempiere. U. CASTAGNINO BERLINGHIERI, Congresso di Vienna e principio di legittimità. La questione del Sovrano Militare Ordine di San Giovanni Gerosolimitano, detto di Malta, Milano, 2007.
[3] Berlinghieri era un patrizio con origini senesi da parte di padre e irlandesi da parte di madre, i legami familiari con la Gran Bretagna influenzarono la scelta di nominarlo plenipotenziario durante il Congresso.
[4] Il conte bellunese aveva assistito alla presa napoleonica di Malta ed era stato tra coloro che nel 1798 avevano accompagnato il Gran Maestro fra’ Ferdinand von Hompesch zu Bolheim nel suo esilio a Trieste. U. CASTAGNINO BERLINGHIERI, op. cit.
[5] La diplomazia pontificia era rappresentata a Vienna dal cardinale Consalvi e dal nunzio apostolico presso l’Impero austriaco monsignor Severoli.
[6] Appariva profondamente difficile il ritorno dell’arcipelago maltese in quanto il Regno Unito perseguiva una precisa politica tramite le British islands mediterranee che fu anche al centro del laboratorio costituzionale liberale di matrice propriamente anglosassone. Per approfondire quest’ultimo tema si veda C.R. RICOTTI, Il costituzionalismo britannico nel Mediterraneo (1794-1818). Roma, 1995.
[7] La proposta del balì Flachslanden giunse al principe Matternich, assoluto protagonista del Convegno, il quale non accolse l’ipotesi di un Ordine “russofono” e rifiutava una lontananza spirituale dal cattolicesimo in favore dell’ortodossia.
[8] U. CASTAGNINO BERLINGHIERI, op. cit.
[9] F. SAN MARTINO DE SPUCHES, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari diSicilia, Palermo, 1925.
[10] L’Ordine non ammetteva ingerenze esterne nei propri affari di governo, l’unicum qui rappresentato trovava la sua ratio di eleggere un Gran Maestro in maniera legale e nel più breve tempo possibile così da potersi assicurare una posizione di forza nel perorare le proprie cause in seno al Congresso. U. CASTAGNINO BERLINGHIERI, op. cit.
[11] Il Regno Unito individuava principalmente il decadentismo del governo dell’Ordine nel corso della seconda metà del ‘700 durante il quale lo stesso si trovava in grandi difficoltà economiche e amministrative, adducendo un mal governo diffuso nell’arcipelago maltese per mano dei cavalieri.
[12] Per sfortuna dei cavalieri giovanniti Capodistria era la persona meno adatta a trattare la possibile sovranità dell’Ordine sull’Isola ionia, sia per le sue origini sia per la strategia posizione di Corfù. U. CASTAGNINO BERLINGHIERI, op. cit.
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Agostino Zito
Dopo aver conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza, marzo 2019, presso l'Università degli studi di Enna "Kore" ha condotto studi approfonditi sulla storia del diritto medioevale e moderna ed in particolar modo sul periodo costituzionale e rivoluzionario della Sicilia nell'ottocento, ulteriori temi di ricerca sono stati lo ius feudale siculo e il diritto nobiliare.
Da gennaio 2020 è assistente presso l'Università degli studi di Messina in Storia del diritto, da Ottobre 2022 è dottore di ricerca con borsa presso il dipartimento di Scienze Politiche, cattedra di Storia delle Istituzioni sempre all'interno dell'ateneo peloritano.
Dalla primavera del 2019 ricopre il ruolo di consulente legale presso la Società agricola Zito, storica azienda agricola di famiglia.
Post laurea ha seguito un master in english for business a Cambridge (UK), giugno - luglio 2019; un master part - time sul diritto agroalimentare presso la business school del Sole 24 ore sede di Milano, ottobre - dicembre 2019; ed un E- Course in agribusiness erogato dalla University of Adelaide (Australia), marzo 2021.
Da settembre 2021 è autore di contributi scientifici con la rivista Salvis Juribus.
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