Il ruolo della giurisprudenza nel bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca

Il ruolo della giurisprudenza nel bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca

Sommario: 1. Premessa – 2. Il diritto all’oblio – 3. La contrapposizione tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca – 4. La giurisprudenza europea sul diritto all’oblio – 5. Conclusioni

 

1. Premessa

La tematica del diritto all’oblio si inserisce nel quadro dei diritti della personalità, ovvero quei diritti soggettivi assoluti che spettano all’essere persona in quanto tale e funzionalmente diretti a garantire esigenze di carattere esistenziale.  Per i valori costituzionali difesi, essi sono inalienabili, intrasmissibili ed imprescrittibili.

Negli ultimi anni, accanto ai diritti di personalità classici come il diritto alla vita, alla salute, all’integrità fisica, si sono affermati altri diritti detti di nuova generazione, frutto dell’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale. Tra questi vi è il diritto all’oblio che trova il suo fondamento nell’art. 2 della Costituzione.

2. Il diritto all’oblio

Il diritto all’oblio rappresenta il diritto dell’individuo ad essere dimenticato e mira a salvaguardare il riserbo imposto dal tempo ad una notizia già resa di dominio pubblico.

Occorre rilevare che esistono almeno tre significati differenti del diritto all’oblio. Il primo è stato elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, prima dell’avvento di Internet e fa riferimento al diritto di un soggetto di non vedere pubblicate alcune notizie relative a vicende, già legittimamente pubblicate, rispetto all’accadimento delle quali è trascorso un notevole lasso di tempo.

Con l’avvento di internet il significato del diritto all’oblio è cambiato atteso che in rete un’informazione resta per un tempo illimitato e può essere condivisa rapidamente da migliaia di persone. E’ fondamentale, quindi, comprendere la portata di un’informazione e fare in modo che l’identità del soggetto non venga falsata o snaturata. Così il diritto all’oblio assume il significato di diritto alla contestualizzazione dell’informazione che consiste nel collocare la pubblicazione dei fatti avvenuti molti anni prima nel contesto attuale.

Infine vi è un terzo significato, affermato prima dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea e poi dal Regolamento europeo per la protezione dei dati personali n. 2016/679 all’art. 17 che fa riferimento al diritto all’oblio come diritto alla cancellazione dei dati.

3. La contrapposizione tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca

Il diritto all’oblio nasce storicamente in rapporto al diritto di cronaca. Quest’ultimo è un diritto soggettivo fondato sulla previsione dell’art. 21 della Costituzione che sancisce il principio della libera manifestazione del pensiero e della libertà di stampa. Tale diritto ha però dei limiti. Invero, la giurisprudenza ha da tempo evidenziato che la sussistenza di tale diritto presuppone tre condizioni: l’utilità sociale dell’informazione, la verità oggettiva dei fatti, l’esposizione dei fatti in una forma rispettosa della dignità altrui.

Occorre rilevare che la contrapposizione tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca può sorgere quando vicende relative ad una persona, in passato legittimamente diffuse, vengono ripubblicate dopo che sia trascorso un certo lasso di tempo.

La giurisprudenza di legittimità ha cercato di individuare le condizioni in presenza delle quali il diritto all’oblio può subire una compressione a favore del diritto di cronaca. Tali condizioni sono: 1) l’esistenza di un interesse pubblico effettivo e attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia; 2) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato per la peculiare posizione nella vita pubblica del paese; 3) l’utilizzo di modalità di divulgazione che assicurino che le informazioni siano scevre da insinuazioni personali; 4) la garanzia all’interessato del diritto di replica prima della divulgazione al pubblico.

In particolare, la Corte di Cassazione nel 2017[1] con riguardo alla pubblicazione di fatti di cronaca avvenuti in passato e che avevano riguardato Vittorio Emanuele II di Casa Savoia, ha affermato la prevalenza del diritto di cronaca sul diritto all’oblio ritenendo sussistente l’interesse pubblico della collettività a conoscere i fatti in considerazione della notorietà e del ruolo pubblico rivestito dal soggetto a cui si riferivano i fatti ripubblicati a distanza di tempo.

Nel 2019, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione [2], sono intervenute per definire i principi che devono presiedere al bilanciamento di questi contrapposti diritti di rilevanza costituzionale. La pronuncia ha riguardato il caso di un soggetto che affermava di essere stato leso a seguito della pubblicazione su un quotidiano di un episodio di cronaca nera, avvenuto molto tempo prima e in relazione al quale aveva scontato anche la pena per cui era stato condannato.

La Corte di Cassazione ha precisato che quando un giornalista pubblica di nuovo, a distanza di un lungo periodo di tempo, una notizia già pubblicata che all’epoca aveva un interesse pubblico, egli non sta esercitando il diritto di cronaca bensì il diritto di rievocazione storica di quei fatti.

La Corte precisa che quest’ultimo, pur trovando fondamento nell’art. 21 Cost., non gode della medesima copertura costituzionale del diritto di cronaca. Pertanto, nel bilanciamento tra i due diritti, spetterà al giudice valutare la sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla ripubblicazione dei fatti e dei dati identificativi dei soggetti che ne furono protagonisti.

Tale divulgazione, a distanza di tempo, può ritenersi lecita solo nell’ipotesi in cui si riferisce a soggetti che destano nel momento in cui avviene la ripubblicazione l’interesse per la collettività, sia per le ragioni di notorietà che per il ruolo rivestito; viceversa, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto a fatti del passato su cui si è ormai spenta la memoria collettiva.

Con riguardo alla tutela in caso di violazione del diritto all’oblio, è prevista una tutela sia in forma specifica consistente nella rimozione delle informazioni sia per equivalente attraverso il risarcimento ex 2043 c.c. di tutti i danni patiti dal soggetto (patrimoniali e non).

Nel caso di pubblicazioni di natura online il soggetto leso avrà diritto alla cosiddetta deindicizzazione, ossia la rimozione dal motore di ricerca dell’indirizzo web del link che conduce allo spazio in cui è pubblicata la notizia che ha violato il diritto all’oblio.

4. La giurisprudenza europea sul diritto all’oblio

La possibilità del soggetto leso di ottenere la cancellazione dei dati è stata affermata espressamente dalla Corte di Giustizia europea nel 2014[3]. Infatti, la Corte ha stabilito che l’attività svolta dai motori di ricerca come GOOGLE costituisce una vera e propria attività di trattamento dei dati personali. Pertanto, il soggetto gestore deve osservare le prescrizioni della direttiva comunitaria n. 95/46.

Qualora si accerti la sussistenza del diritto all’oblio, secondo la Corte di Giustizia, il gestore del motore di ricerca ha l’obbligo di cancellare tutte le informazioni relative alla persona lesa anche se acquisite lecitamente.

Pertanto, il soggetto che ritiene di essere stato leso potrà rivolgersi direttamente al gestore del motore di ricerca per ottenere la rimozione delle notizie su cui si è formato l’oblio; con la conseguenza che solo in caso di esito negativo della richiesta egli potrà rivolgersi all’Autorità Giudiziaria.

Dopo questa pronuncia, il Regolamento europeo per la protezione dei dati personali ha introdotto all’art. 17 il diritto all’oblio come diritto alla cancellazione dei dati.

Il predetto regolamento prevede, altresì, che il titolare del trattamento deve procedere all’adozione di misure che consentano di far conoscere a coloro che stanno trattando i dati del soggetto interessato, la volontà di quest’ultimo di procedere alla cancellazione dei dati riconducibili alla persona.

Occorre precisare però che il diritto dell’Unione europea non prevede attualmente strumenti e meccanismi di cooperazione per quanto riguarda la portata dell’obbligo di deindicizzazione al di fuori dell’Unione europea. Sulla scorta di tale considerazione la Corte di Giustizia (C-507/17) ha precisato che il diritto all’oblio può comportare l’obbligo per un motore di ricerca di deindicizzare in tutti gli Stati dell’Unione europea; tuttavia, tale obbligo non si estende  agli Stati extraeuropei.

Con riguardo al trattamento dei dati sensibili, la Corte di Giustizia (C-136/17) ha precisato che il gestore di un motore di ricerca, in quanto titolare del trattamento, quando riceve una richiesta di deindicizzazione riguardante un link verso una pagina Internet dove sono pubblicati dati sensibili, deve verificare se l’inserimento del link nell’indice sia assolutamente necessario per la promozione della libertà di informazione e, in caso contrario, tenuto conto di tutti gli aspetti del caso, in particolare il tempo trascorso rimuovere il link.

5. Conclusioni

Occorre rilevare che il Regolamento comunitario n. 2016/679, pur intervenendo per garantire il diritto all’oblio, non disciplina il suo rapporto con il diritto di cronaca. Tale disciplina non si rinviene neppure nella legislazione interna. Pertanto, in tale contesto normativo, la giurisprudenza svolge un ruolo fondamentale nella ricerca del giusto equilibrio fra il diritto di essere dimenticati e il diritto di informare e di essere informati che sebbene talvolta sembra compromettere i diritti individuali, rimane un pilastro essenziale per una società democratica, fondata sulla garanzia del pluralismo delle informazioni e della conoscenza critica.

 

 

 

 

 


Bibliografia
Alpa G.- Resta G., Le persone e la famiglia. Vol. 1: Le persone fisiche e i diritti della personalità, 2019;
Pizzetti F., Protezione dei dati personali in Italia tra GDPR e codice novellato, 2021;
Sirotti Gaudenzi A, Diritto all’oblio: responsabilità e risarcimento del danno, 2017.

[1] Cass. Pen. , sez. V, sentenza del 03/08/2017 n. 38747
[2] Cass. S.U., sentenza del 22 luglio 2019, n. 19681
[3] Corte di Giustizia, C-131/12, 13 maggio 2014

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