Il ruolo della nudge theory nella governance pubblica: regolare senza imporre

Il ruolo della nudge theory nella governance pubblica: regolare senza imporre

Elaborata da Richard Thaler e Cass Sunstein, la nudge theory si basa sul concetto di orientare il processo decisionale degli individui. La traduzione letterale del termine “nudge”, infatti, è “spinta gentile”, che, nel suo significato più ampio, si riferisce alle tecniche indirizzate a influenzare il comportamento delle persone che devono adottare una decisione, senza imporre una determinata regola di condotta.

Più nel particolare, l’utilizzo di tali tecniche fa in modo che le persone possano essere libere di scegliere tra le diverse alternative, senza ricorrere a misure coercitive o restrittive. Allo stesso tempo, le “spinte gentili” aumentano la probabilità che si possa ottenere l’alternativa migliore. Tale teoria si fonda sul presupposto che ogni decisione umana avviene in un contesto di riferimento.

Per di più, durante il processo decisionale, si incorre in bias cognitivi: errori caratterizzanti il pensiero umano che incidono sul modo in cui gli individui scelgono un’opzione piuttosto che un’altra, poiché da loro ritenuta la più vantaggiosa. Le distorsioni cognitive derivano dalle euristiche di ragionamento, “scorciatoie” che la nostra mente adotta per semplificare il meccanismo di decisione, nel momento in cui si trova di fronte ad una determinata situazione.

Le scienze comportamentali si sono occupate di tipizzare gli errori di giudizio, individuando, in particolare, i fattori dai quali essi scaturiscono. Tra questi, osserviamo il c.d. “effetto feedback”, secondo cui ad ogni decisione si associano degli effetti; più nello specifico, ciò che condiziona realmente l’adozione di una decisione è l’immediatezza degli effetti della decisione stessa[1].

Alla luce di quanto finora esposto, è possibile affermare che il fondamento che si trova alla base della nudge theory è il comportamento umano. Alcuni studiosi definiscono tale teoria come una tecnica di manipolazione delle coscienze: il soggetto sarebbe portato ad adottare una determinata decisione mediante lo sfruttamento delle naturali vulnerabilità del processo decisionale umano.

Secondo Cserne, noto per le sue pubblicazioni su tematiche legate al diritto e al comportamento umano, la norma deve essere fondata, ed è necessario che vi siano sempre una ragione e una motivazione dietro l’emanazione della stessa. Tuttavia, si può osservare come nella nudge theory non vi sia una norma, bensì un contesto decisionale predisposto dal nudger, il c.d. “architetto del contesto”, che organizza l’ambito nel quale gli individui adottano le decisioni.

A titolo di esempio, basti pensare all’ordine in cui possono essere presentati i cibi in una mensa: all’inizio si predispongono quelli salutari, di modo che il soggetto possa essere orientato alla scelta di questi ultimi piuttosto che di quelli alla fine, considerati, invece, non salutari. Notiamo, dunque, che l’intento del nudger è quello di creare un contesto decisionale sano in cui il bias cognitivo si identifica proprio nel fatto che l’individuo viene “spinto gentilmente” a scegliere soltanto tra i cibi iniziali.

Per questo motivo, la nudge theory viene definita come una teoria paternalista, in grado di guidare le scelte degli individui e rendendo desiderabili alcune opzioni piuttosto che altre.

 

 

 

 

 

[1] ZITO A., La nudge regulation nella teoria giuridica dell’agire amministrativo, Editoriale Scientifica, Napoli, 2021

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