Il silenzio assenso e la sua evoluzione giurisprudenziale: aspetti amministrativi, ambientali ed edili
Definizione del silenzio assenso.
L’istituto del silenzio assenso ricorre nei casi in cui il legislatore attribuisce all’inerzia dell’amministrazione il valore di provvedimento di accoglimento dell’istanza presentata dal privato.
Per quest’ultimo, dunque, il silenzio assenso rappresenta un rimedio all’inerzia dell’amministrazione che si risolve in un risultato direttamente favorevole sul piano sostanziale, mentre negli altri casi di silenzio il vantaggio è unicamente quello di poter adire il giudice amministrativo.
La figura del silenzio assenso è, oggi, la più rilevante tra le ipotesi di silenzio significativo, in considerazione dell’ampia previsione di carattere generale contenuta nell’attuale testo dell’art. 20 della legge 241/90 (come modificato dall’art. 3, comma 6 ter, del decreto legge, n. 35/2005, convertito nella legge n. 80/2005). La norma stabilisce che, “Fatta salva l’applicazione dell’articolo 19 [che attiene alla dichiarazione di inizio attività], nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.”
Alla luce del tenore letterale della norma, dunque, nei procedimenti ad istanza di parte il silenzio assenso rappresenta istituto di carattere generale, nel senso che esso opera senza necessità di una espressa previsione.
La regola del silenzio assenso, tuttavia, non trova applicazione in due importanti situazioni: in primo luogo, nei casi soggetti alla disciplina relativa alla dichiarazione di inizio attività; in secondo luogo, nelle ipotesi eccezionali previste dal comma 4 dello stesso art. 20.
Data la eterogeneità delle fattispecie che derogano al regime generale del silenzio assenso, è opportuno analizzarne partitamente le caratteristiche.
Una ricognizione dell’istituto.
Si ricorda che l’istituto rappresenta uno strumento efficace di semplificazione dell’’attività amministrativa, in quanto la logica che lo presiede è quella di fornire un rimedio al comportamento inerte della pubblica amministrazione. Esso, pertanto, costituisce un vantaggio per il privato, il quale ottiene implicitamente l’autorizzazione allo svolgimento della sua attività senza subire i ritardi della azione amministrativa.
Il silenzio assenso è configurato all’art. 20, L. n. 241/1990 come istituto generale, applicabile cioè non più ad una tassativa elencazione di procedimenti, bensì a tutti i procedimenti ad istanza di parte, (esclusi quelli disciplinati dall’art. 19 “Segnalazione certificata di inizio attività”), finalizzati al rilascio di provvedimenti amministrativi. Per questi casi «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all’interessato, nel termine indicato dall’art. 2, commi 2 e 3, il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indice una conferenza di servizi.
Sono previsti casi di esclusione. Il silenzio assenso non opera per gli atti e i procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, a quelli rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, alla salute e alla pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa europea impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con appositi D.P.C.M. adottati su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i ministri competenti. In ogni caso l’art. 20, comma 3, prevede che l’amministrazione possa, in via di autotutela, annullare o revocare l’atto implicito di assenso (art. 21-quinquies e 21-nonies).
Rispetto all’ipotesi di silenzio assenso appena descritta la particolarità della neo introdotta fattispecie di silenzio assenso prevista dall’art. 3, L. n. 124/2015 è data dalla presenza dei seguenti elementi:
essa opera non nel rapporto tra amministrazione pubblica e privati, ma tra diverse amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici;
il silenzio corrisponde ad un atto interno ad un procedimento (invece che a un provvedimento definitivo). Il nuovo articolo 17-bis, infatti, trova applicazione nelle ipotesi in cui per l’adozione di provvedimenti sia normativi (generalmente regolamenti o statuti) sia amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di competenza di altre amministrazioni pubbliche o di gestori di beni e servizi pubblici In tali casi, questi sono tenuti a comunicare le rispettive decisioni all’amministrazione proponente entro il termine di 30 giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, che deve essere corredato dalla relativa documentazione (comma 1).
Il termine può essere interrotto qualora l’amministrazione che deve rendere il proprio assenso:
faccia presenti esigenze istruttorie;
presenti richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale entro il termine stesso.
In tal caso, l’assenso è reso nei successivi 30 giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento. Non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.
La formazione del silenzio-assenso è prevista nel successivo comma 2, ai sensi del quale, decorsi inutilmente i termini stabiliti dal comma 1, l’assenso, il concerto o il nulla osta s’intende acquisito.
In caso di mancato accordo tra le amministrazioni coinvolte, il Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento
La richiamata norma della legge di riforma al comma 3, esplicita che la regola si applica anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche.
In tali casi, si prevede unicamente un termine più ampio per l’espressione dell’assenso, concerto o nulla osta, che è di 90 giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
Si fa presente, sul punto, che la norma non fa invece riferimento alle amministrazioni preposte alla tutela della pubblica incolumità, che l’ordinamento vigente generalmente equipara a quelle richiamate, in considerazione della particolare rilevanza degli interessi di cui sono portatrici. Il comma 4 esclude, infine, l’applicabilità dell’istituto del silenzio assenso previsto dall’articolo in esame, nei casi in cui disposizioni del diritto dell’’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi.
Il silenzio assenso e la motivazione del ritardo.
Le amministrazioni pubbliche e i gestori di servizi pubblici devono rendere il loro assenso, nulla osta o atto di concerto entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento su cui debbono esprimersi, ma possono interrompere i termini solo esplicitando in dettaglio le loro esigenze istruttorie.
Il nuovo articolo 17-bis della legge n. 241/1990 (introdotto dall’articolo 3 della legge 124/2015) non consente più ai soggetti pubblici ai quali è richiesta l’espressione di un consenso su un atto amministrativo di dilatare i tempi di risposta, obbligandoli a specificare le ragioni che richiedono un approfondimento istruttorio. La disposizione disciplina la gestione nell’ambito del procedimento dei nulla osta, degli assensi e degli atti di concerto, distinguendola chiaramente da quella dei pareri e da quella delle valutazioni tecniche (regolate rispettivamente dagli articoli 16 e 17 della legge 241/1990).
Le amministrazioni pubbliche (in particolare gli enti locali) devono quindi adeguare le loro eventuali disposizioni regolamentari alla nuova previsione e, in caso di confliggenza, disapplicare la norma regolamentare, se essa determina minori garanzie rispetto a quanto stabilito dall’articolo 17-bis, vigente dal 28 agosto.
Per evitare equivoci è necessario che le amministrazioni rilevino all’interno dei procedimenti le tipologie di nulla osta, nonché di atti di assenso e di concerto che devono essere rilasciati da altre amministrazioni o da soggetti gestori di servizi pubblici sulla base di disposizioni di legge o regolamentari, al fine di evitare confusione con i pareri e con le valutazioni tecniche, ma anche per analizzare compiutamente i passaggi sub-procedimentali che possono permettere l’utilizzo del silenzio-assenso (una volta scaduto il termine di trenta giorni).
Qualora l’amministrazione pubblica o il soggetto gestore di servizi pubblici chiamati a rilasciare il nulla osta o gli atti similari rappresentino esigenze istruttorie o richieste di modifica, le devono motivare e formulare in modo puntuale entro lo stesso termine di trenta giorni.
La disposizione prevede in questo caso l’interruzione del termine e pertanto l’amministrazione procedente deve elaborare tempestivamente gli elementi istruttori richiesti e il nuovo schema di provvedimento, poiché dal ricevimento di questi da parte dell’amministrazione o del soggetto gestore che deve rendere il nulla osta o atto similare decorrono nuovamente i trenta giorni.
In tal caso, l’assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini. Il silenzio assenso (previsto dal comma 2 dell’articolo 17-bis) si applica sia in caso di decorso del termine ordinario sia in caso di decorso del termine ricalcolato dopo l’interruzione per approfondimenti istruttori.
I termini sono modulati in novanta giorni (salvo che disposizioni di legge specifiche non stabiliscano tempistiche diverse) quando i nulla osta nonché gli atti di assenso o di concerto devono essere resi da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche: se tali termini decorrono senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
Anche in tal caso gli enti responsabili dei procedimenti devono ricomporre dettagliatamente il quadro normativo, in modo tale da rilevare l’effettivo collegamento tra l’atto di assenso e uno dei particolari interessi pubblici preminenti.
Le previsioni dell’articolo 17-bis non si applicano invece quando normative comunitarie richiedano l’adozione di provvedimenti espressi.
Il silenzio assenso e l’autotutela.
Il silenzio assenso è un’ipotesi di silenzio significativo con valenza provvedimentale della PA che si forma a seguito di un procedimento che ha origine con l’istanza di parte e del decorso del termine previsto dall’art. 2 della L. n. 241 del 1990 per l’adozione di un provvedimento espresso, in tutti i casi in cui non si applichi il diverso modulo procedimentale della DIA disciplinato dal precedente art. 19 in chiave generale, nonchè dagli artt. 22 e ss del DPR n 368 del 2001 nel campo dei titoli abilitativi edilizi.
Il modulo procedimentale del silenzio assenso ha portata applicativa generalizzata; il suo campo di applicazione riguarda, infatti, tutti i procedimenti ad istanza di parte, con esclusione degli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza , l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ed esclusi, altresì , i casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali e quelli in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza.
Ulteriori ipotesi di esclusione del silenzio assenso possono, poi, essere individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.
La PA mantiene il potere, entro il termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, di promuovere una conferenza di servizi che impedisce la formazione del silenzio assenso.
La PA conserva, altresì, il potere di assumere determinazioni in autotutela e, cioè, provvedimenti di annullamento d’ufficio ex art. 21 nonies L. n. 241 del 1990 o provvedimenti di revoca ex art. 21 quinquies.
Il decorso del termine di cui all’art. 2 in difetto di provvedimenti espressi d’accoglimento o diniego dell’istanza consuma, però, il potere primario talchè un eventuale diniego tardivo sarebbe senz’altro illegittimo dovendo, ricorrendone i presupposti legittimanti, la PA necessariamente agire in autotutela.
La giurisprudenza amministrativa aveva già affermato che, nelle ipotesi procedimentali caratterizzate dalla possibile formazione del provvedimento d’accoglimento tacito, l’istante dovesse ricevere i preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis della L. n. 241 del 1990. Oggi tale onere procedimentale è stato positivizzato nell’ultimo comma dell’art. 20 della Legge n 241 del 1990.
Le differenze con il modulo procedimentale della DIA che riguarda le concessioni non costitutive, le autorizzazioni, i permessi e i nulla osta nonchè le istanze per iscrizioni in albi elenchi per l’esercizio di attività non contingentate è divenuta più sfumata a seguito dell’introduzione, anche per la DIA, della facoltà di assumere determinazioni in autotutela da parte della PA; tale previsione, infatti, ha dato ragione della tesi che vedeva la DIA come un provvedimento tacito e non come una liberalizzazione dell’attività privata.
Peraltro la DIA ha un campo di applicazione più limitato, prevede termini più brevi, non contempla l’obbligo del preavviso di rigetto, si conclude alternativamente con la comunicazione del divieto di prosecuzione dell’attività o di rimozione degli effetti mentre il silenzio assenso può anche essere sostituito da un provvedimento espresso di accoglimento o di diniego.
Il silenzio assenso nei rapporti con l’edilizia.
All’articolo 30, il c.d. Decreto del Fare (DL 69/2013) ha introdotto il silenzio assenso in edilizia. In concreto: la mancata risposta del dirigente entro e non oltre i 30 giorni dalla proposta dello sportello unico è da intendere come risposta di accoglimento dell’istanza. Si può quindi iniziare l’attività edilizia.
Il vicino che si vuole oppure all’altro vicino che ha iniziato i lavori grazie a un silenzio assenso deve impugnare il provvedimento entro 60 giorni dall’inizio dei lavori.
Specificatamente, in presenza di vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, il provvedimento necessario a iniziare i lavori deve essere scritto ed emesso dall’organo competente. Se siamo in presenza di un diniego dell’autorità che gestisce il vincolo, il silenzio del Comune per 30 giorni dopo la presentazione dell’istanza, è da intendere come un rigetto dell’istanza. L’esito negativo dell’istanza deve essere comunicato dal Comune al privato al massimo dopo 5 giorni, in modo che il privato possa fare ricorso al Tar, entro 60 giorni.
Se è il Comune a esprimere un parere negativo (e l’autorità che gestisce il vincolo è invece favorevole), il Comune stesso deve esprimere formalmente il dissenso, motivandolo.
Intervento dello sportello unico delle attività produttive.
La richiesta dei pareri e dei nulla osta può essere affidata allo SUAP che, per così dire, può percorrere una corsia preferenziale ottenendo le risposte al massimo entro 60 giorni. Superato tale termine, infatti, viene convocata una Conferenza di servizi con le autorità alle quali è stato richiesto un parere.
Per la SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività), che si può applicare per manutenzioni e ristrutturazioni (ma non ristrutturazioni nei centri storici), nel caso in cui sono stati ottenuti tutti i nulla osta necessari.
La lettera b, comma 1, articolo 30 del Dl 69/2013 (Decreto del Fare) introduce tali novità in materia di silenzio assenso in edilizia.
Il silenzio assenso: il rapporto tra i professionisti ed il concetto di agibilità.
Nessun dubbio sulla possibilità di rilasciare certificati di agibilità parziali. Inoltre i professionisti abilitati potranno autocertificare i requisiti di agibilità. Il decreto “del fare” ha introdotto rilevanti novità anche in materia di agibilità.
Il legislatore ha sancito la possibilità di rilascio dell’agibilità parziale delle costruzioni. L’istituto, in realtà, era già in uso nella prassi anche a seguito di alcuni interventi interpretativi resi da parte della giurisprudenza amministrativa (Tar Lombardia – Milano, Sezione II, sentenza n. 332/2010).
Ma in assenza di un dato normativo esplicito, alcune amministrazioni comunali hanno, tuttavia, continuato a negare la possibilità di certificazione parziale. Il decreto “del fare” fuga ora ogni dubbio in merito, subordinando però l’agibilità parziale a puntuali condizioni.
In forza delle nuove disposizioni (articolo 30 del Dl 69/2013), il certificato di agibilità potrà essere richiesto anche per singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi.
La richiesta risulterà accoglibile se sono state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e sono state completate le parti comuni relative al singolo edificio o alla singola porzione della costruzione.
L’istanza può anche avere ad oggetto singole unità immobiliari, purché siano state completate le opere strutturali, gli impianti e le parti comuni e a condizione che le opere di urbanizzazione primaria siano state ultimate o dichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto di agibilità parziale.
Il decreto, nondimeno, prevede che il rilascio delle agibilità parziali incida direttamente sulla durata dei titoli edilizi: nei casi di rilascio di agibilità parziale, prima della scadenza del termine di fine lavori dettato dal titolo, il termine stesso è infatti prorogato per una sola volta per tre anni.
Inoltre, la precedente formulazione del Testo unico in materia edilizia (Dpr 380/2001) prevedeva che l’agibilità degli edifici potesse essere acquisita esclusivamente attraverso il rilascio espresso del certificato da parte dell’amministrazione ovvero mediante silenzio-assenso. L’autocertificazione circa l’agibilità dell’edificio da parte di un professionista abilitato era, infatti, contemplata esclusivamente riguardo alle attività produttive (Dpr 7 settembre 2010, n. 160) e da parte di alcune specifiche normative regionali (ad esempio articolo 86, legge regionale Toscana n. 1/2005).
Ebbene, il decreto, modificando l’articolo 25 del Testo unico, estende ora questa facoltà a tutte le costruzioni. L’interessato, in luogo dell’ordinaria domanda di rilascio del certificato di agibilità, potrà presentare una dichiarazione del direttore dei lavori o, qualora questi non sia stato nominato, di un professionista abilitato, con la quale si attesti l’agibilità dell’opera e la sua conformità al progetto.
L’autodichiarazione, salvo diversa indicazione da parte delle Regioni – che dovranno anche prevedere norme attuative e per l’effettuazione dei controlli – non potrà però essere utilizzata riguardo alle agibilità parziali.
Il silenzio assenso e la sua giurisprudenza.
Il silenzio assenso è un provvedimento implicito d’accoglimento dell’istanza del privato, riguarda, in via generalizzata i procdimenti ad istanza di parte, è previsto e disciplinato dall’art. 20 della L. n. 241 del 1990 (sui suoi tratti essenziali si veda ).
Abbiamo, di seguito, alla norma individuato la giurisprudenza significativa più rilevante con riferimento all’istituto del silenzio assenso.
Art. 20 della L. n. 241 del 1990
Fatta salva l’applicazione dell’articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.
L’amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.
Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza , llimmigrazione, llasilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.
Si applicano gli articoli 2, comma 7, e 10-bis (4).
Autorità: T.A.R. Catania Sicilia sez. II
Data: 26 ottobre 2009
Numero: n. 1716
Ai sensi dell’art. 20, l. n. 241 del 1990, come riformato dalla l. n. 80 del 2005, è ormai prevista la formazione del silenzio assenso in via generalizzata sulle domande dei privati tendenti ad ottenere il rilascio di autorizzazioni al compimento di attività private, tra cui è da ricomprendere l’esercizio dell’attività di vendita e somministrazione di alimenti e bevande.
Autorità: T.A.R. Venezia Veneto sez. II
Data: 27 maggio 2009
Numero: n. 1629
Il provvedimento di annullamento del silenzio – assenso in cui si afferma che l’interesse pubblico è in re ipsa, è illegittimo per violazione dell’art. 21 nonies, l. n. 241 del 1990, data la insufficienza, quale presupposto dell’annullamento in autotutela, della mera legalità violata e della connessa esigenza di ripristino della stessa (fattispecie in materia di autorizzazioni all’installazione di stazioni radio – base, ove la P.A. aveva sostenuto che l’atto di assenso si sarebbe formato sulla base di una non adeguata rappresentazione della situazione dei manufatti pertinenziali che faceva presumere la legittimità degli stessi).
Autorità: T.A.R. Roma Lazio sez. II
Data: 06 marzo 2009
Numero: n. 2365
La norma di rango secondario contenuta nel d.P.R. n. 384 del 1994 deve essere interpretata, pena la sua illegittimità e conseguente disapplicazione, alla luce di quanto previsto dall’allora vigente art. 20, l. n. 241 del 1990, secondo cui – per evitare la formazione del silenzio – assenso – il provvedimento negativo deve essere anche comunicato all’interessato entro il termine fissato per la conclusione del relativo procedimento. In altre parole, nei casi in cui risulti applicabile l’istituto del silenzio – assenso , fino a quando non sia stato comunicato all’interessato il provvedimento esplicito sfavorevole, non si interrompono i termini per la formazione dell’atto tacito che prevale su quello esplicito nel caso in cui quest’ultimo non sia portato a conoscenza dell’istante entro il termine di conclusione del procedimento. Da ciò deriva che l’atto tacito prevale su quello esplicito sfavorevole all’interessato e quest’ultimo deve essere ritenuto invalido in quanto il potere dell’Amministrazione, proprio perché comunicato oltre i termini di conclusione del procedimento, è stato esercitato in contrasto con l’art. 20, l. n. 241 del 1990 e quindi in maniera illegittima.
Autorità: T.A.R. Venezia Veneto sez. III
Data: 18 giugno 2008
Numero: n. 1799
L’art. 20, comma 4, della l. n. 241 del 1990 stabilisce che la disciplina sul silenzio – assenso non si applica agli atti e ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i ministri competenti. I procedimenti che riguardano le autorizzazioni all’insediamento di pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande non rientrano in nessuna delle materie appena indicate. Neppure risulta che il Presidente del Consiglio dei ministri, con uno o più decreti, abbia stabilito che ai procedimenti suddetti non si applicano le disposizioni del citato art. 20. Il fatto che nel caso in esame si faccia questione di provvedimenti assoggettati a “contingentamento” o a “parametri numerici” o a “criteri di programmazione” non preclude certo l’applicazione della disciplina relativa al silenzio – assenso : sul piano letterale, perché l’art. 20 si riferisce ai “procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi; con un richiamo quindi alla macro categoria dei provvedimenti amministrativi che appare comprensivo di tutti gli atti di natura autorizzatoria (ad eccezione delle materie di cui all’art. 20, comma 4, e fatto salvo, ovviamente, il campo d’intervento dell’art. 19 sulla attività private sottoposte a regime di liberalizzazione); sul piano logico, perché non si spiegherebbe come mai l’art. 19 della l. n. 241 del 1990 consideri anche casi nei quali per il rilascio di un atto ampliativo della sfera giuridica del privato sono previsti limiti o contingenti complessivi, o specifici strumenti di programmazione settoriale, allo scopo di escludere esplicitamente detti casi dall’ambito di applicazione della disciplina in tema di d.i.a., e viceversa all’art. 20 il legislatore, ove intenzionato, a negare l’applicazione dell’istituto del silenzio assenso ai procedimenti soggetti a contingentamento, non abbia ritenuto di introdurre una previsione analoga menzionandola: il fatto è che se si raffrontano le formulazioni degli art. 19 e 20 della l. n. 241 del 1990, su questo aspetto specifico, non sembrano esservi ragioni per concludere che ai casi soggetti a contingentamento non si applica non solo la d.i.a. ma neppure il silenzio – assenso .
Autorità: T.A.R. Cagliari Sardegna sez. II
Data: 12 maggio 2008
Numero: n. 943
Formatosi il silenzio assenso su una richiesta di autorizzazione per la realizzazione di una costruzione edilizia (assentibile con mera autorizzazione, o con d.i.a.), il competente ufficio comunale può pronunciarsi sulla domanda solo previo annullamento in sede di autotutela del silenzio assenso così formatosi, cui può ricorrere solo ove sussista un prevalente interesse pubblico alla rimozione dell’ assenso implicito (non identificabile con il mero ripristino della legalità violata) e con il rispetto delle garanzie procedimentali previste dalla l. n. 241 del 7 agosto 1990.
PORTATA DEL SILENZIO ASSENSO
Autorità: Consiglio Stato sez. VI
Data: 15 aprile 2008
Numero: n. 1751
La disposizione di cui all’art. 20 della l. n. 241 del 1990 si riferisce a provvedimenti di natura autorizzatoria, con cui la pubblica amministrazione conferisce al destinatario la facoltà di esercitare un diritto o un potere che preesiste all’autorizzazione stessa, pur avendo carattere solo potenziale e restando la relativa espansione impedita fino a quando l’autorità competente accerti che sussistano le condizioni per il suo esercizio o, quantomeno, l’assenza di ragioni a ciò contrarie.
Autorità: Consiglio Stato sez. IV
Data: 31 dicembre 2007
Numero: n. 6814
L’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 20, l. 7 agosto 1990 n. 241 non è applicabile nei procedimenti preordinati al reclutamento del personale militare, atteso che in questi casi non risulta coinvolta l’iniziativa economica privata, gli atti dell’amministrazione militare sono espressivi di ampia discrezionalità tecnica a fronte della quale non sono configurabili posizioni di diritto soggettivo e in ogni caso lo stesso art. 20 comma 4, l. n. 241 del 1990 cit. espressamente esclude l’applicabilità del suddetto istituto agli atti e ai provvedimenti riguardanti la difesa militare.
SILENZIO ASSENSO E CADUCAZIONE IN AUTOTUTELA
Autorità: Consiglio Stato sez. V
Data: 20 marzo 2007
Numero: n. 1339
Ai sensi dell’art. 20 comma 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, come riformulato dall’art. 3 comma 6 ter, d.l. 14 marzo 2005 n. 35, convertito con modificazioni nella l. 14 maggio 2005 n. 80, il silenzio assenso , formatosi per decorso del tempo prescritto dall’inoltro dell’istanza, non può essere considerato dall’amministrazione tamquam non esset ma, prima dell’adozione del provvedimento negativo espresso, deve formare oggetto di provvedimenti caducatori nella via dell’autotutela.
Autorità: Consiglio Stato sez. V
Data: 22 giugno 2004
Numero: n. 4355
Nel caso in cui si sia formato il silenzio assenso rispetto ad una domanda di autorizzazione per la somministrazione di alimenti e bevande, l’autorità comunale può procedere, ai sensi dell’art. 20 comma 2 l. 7 agosto 1990 n. 241, all’annullamento dell’autorizzazione assentita sussistendo i presupposti per emettere un atto di autotutela, ma non emettere un diniego espresso[1].
[1] Per approfondire:
http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-07-01/sullagibilita-spazio-professionisti-064632.shtml;
http://www.ediltecnico.it/20177/decreto-del-fare-tutti-i-dettagli-del-silenzio-assenso-in-edilizia/;
http://www.this.it/pratiche/agibilita.html;
http://ildirittoamministrativo.net/giurisprudenza-in-materia-di-silenzio-assenso.htm;
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/100-parole/Diritto/S/Silenzio-assenso.shtml;
http://www.dirittoegiustizia.it/news/16/0000075211/In_vigore_il_nuovo_istituto_del_silenzio_assenso_introdotto_dalla_riforma_Madia.html;
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Luigi Piero Martina (Lecce, 1992).
Laureato con 110 e lode in Giurisprudenza (con qualifica Summa cum Laude) presso la Pontificia Università Lateranense, con pubblicazione scientifica di Tesi di Laurea a carattere sperimentale.
Laureato con il massimo dei voti in Operatore Giuridico di Impresa, del Lavoro e delle Pubbliche Amministrazioni, con pubblicazione scientifica di Tesi di Laurea in materia di contrattualistica pubblica.
Laureando in materie economiche e Avvocato Comunitario.
Dipendente del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Ex Segretario e Tesoriere dell’Associazione Internazionale Lateranense della Pontificia Università Lateranense ed ex Consulente Professionale presso la Fondazione “Civitas Lateranensis” .
Ex Consulente Professionale presso la Cattedra di Filosofia e Storia delle Istituzioni Europee della Pontificia Università Lateranense.
Autore scientifico ed ex Tutor Accademico presso la succitata università.
Componente dell'Osservatorio di Studi sulla Dualità di Genere della Pontificia Università Lateranense.
Membro del Gruppo Interdisciplinare di Ricerca in Neurobietica dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Responsabile Qualità Accademica della Scuola di Alta Formazione e Studi Specializzati per Professionisti.
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