Il silenzio assenso in materia ambientale e le novità introdotte dalla Riforma Madia

Il silenzio assenso in materia ambientale e le novità introdotte dalla Riforma Madia

Il meccanismo del silenzio assenso è previsto dall’articolo 20 della Legge 241/90, il quale recita che: “Fatta salva l’applicazione dell’articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato.”

La norma, nella sua originaria formulazione, disciplinava il silenzio assenso quale modello eccezionale di gestione dell’interesse pubblico. Essendo il procedimento amministrativo sede di equo contemperamento di interessi opposti (pubblici e privati), lo si reputava ottimale solo se concluso con l’emanazione di un provvedimento espresso e motivato. Tuttavia, in seguito all’entrata in vigore dei decreti 35/2005, 70/2011 e 138/2011, si assiste ad un mutamento di prospettiva. Si inizia a comprendere che, in un contesto caratterizzato da un’eccessiva burocratizzazione e procedimentalizzazione, non tutte le istanze di parte potevano ottenere risposta;  non era possibile pretendere, in ogni occasione, un provvedimento espresso e motivato, soprattutto nei casi in cui l’Amministrazione fosse priva di discrezionalità. Si arriva dunque a considerare il precedente modello di procedimento ottimale esclusivamente in astratto. Oggi, nel nostro ordinamento, il silenzio assenso costituisce la regola con riferimento ai procedimenti ad istanza di parte.

All’inerzia è collegata la produzione degli effetti corrispondenti a quelli del provvedimento richiesto dalla parte; l’Amministrazione ha il dovere di provvedere in modo espresso solo nel caso in cui intenda rifiutare il provvedimento richiesto dal privato. L’inerzia, in base ad una fictio iuris, viene trasformata in un provvedimento tacito di assenso; si assiste ad una deregolamentazione dal solo punto di vista provvedimentale, ma non istruttorio.Non si tratta né di un rito dimezzato a cognizione ridotta, rispetto al rito ordinario a cognizione completa, né di un controllo di mera legittimità come nella s.c.i.a.; l’Amministrazione opera, infatti, nel pieno dell’ esercizio della propria discrezionalità.

È prevista, tuttavia, una serie di deroghe tassative ed espresse alla generalità del silenzio assenso, riconducibili a quattro categorie. Una prima serie di eccezioni è prevista dal comma 4 dell’articolo 20 e si riferisce alle materie cosiddette sensibili (l’ambiente, la difesa nazionale, la salute, la pubblica incolumità ecc…); una seconda serie di eccezioni è prevista con riferimento ai procedimenti e agli atti individuati dal presidente del Consiglio dei Ministri con uno o più decreti; la terza ipotesi di eccezioni riguarda i casi in cui il diritto comunitario impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali; l’ultima deroga concerne i casi in cui al silenzio viene attribuito dal legislatore il valore di atto di rigetto.

Conclusa la necessaria e generica premessa sull’istituto, è opportuno soffermarsi sulla nuova disciplina del silenzio assenso in materia ambientale. La legge 124/2015, cosiddetta Riforma Madia, ha introdotto nella legge 241/90 il nuovo articolo 17bis. Tale norma estende il regime del silenzio assenso ai procedimenti che vedono coinvolte più pubbliche amministrazioni, anche se preposte alla tutela di interessi sensibili (come l’ambiente).

Nonostante la nuova norma sia stata accolta da molti con favore per la sua tendenza a contrastare la prassi dei veti interposti dalle amministrazioni e per la capacità di consentire conclusioni più rapide dei procedimenti, non sono mancate valutazioni critiche.

La prima critica si fonda, innanzitutto, sul palese contrasto tra l’articolo 17bis e il comma 4 dell’articolo 20, che non prevede l’applicazione del regime del silenzio assenso agli atti e ai procedimenti concernenti interessi sensibili. Viceversa, nel nuovo articolo 17bis si prevede che, in tutti i casi in cui è richiesta l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi, tali atti si intendono acquisiti ove le amministrazioni che debbono renderli non provvedano nel termine di trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento. Qualora le pubbliche amministrazioni siano preposte a settori sensibili il termine è allungato a 90 giorni. Si assiste, dunque, ad una parificazione sempre più palese degli interessi sensibili a quelli ordinari; l’unica differenziazione si rintraccia nel diverso termine previsto per la formazione del silenzio assenso. Tuttavia, il fatto che il silenzio assenso sia ammesso qualora l’amministrazione preposta alla tutela ambientale debba intervenire nel procedimento di altra amministrazione, e sia, invece, escluso quando l’amministrazione preposta alla tutela ambientale sia anche l’amministrazione procedente, appare singolare e di difficile comprensione.

La seconda criticità concerne il contrasto tra l’articolo 17bis e il diritto comunitario. La Corte di Giustizia ha in più occasioni asserito che, nei casi in cui le amministrazioni sono preposte alla tutela ambientale, è necessario palesare l’attività istruttoria svolta e concludere il procedimento con un provvedimento espresso e motivato; diverse sono le pronunce con le quali la Corte ha palesato tale suo orientamento. Va menzionata la sentenza 28 febbraio 1991 con la quale viene dichiarata illegittima una norma nazionale italiana che consentiva la formazione del silenzio assenso per l’autorizzazione provvisoria agli scarichi. Con la sentenza 10 giugno 2004 la Corte, contrariamente a quanto asserito dall’Italia, in relazione alla possibilità di far ricorso al regime del silenzio assenso nelle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA, ha affermato che, in nessun caso, alle autorità competenti sia consentito di mantenere il silenzio, anche se la valutazione non sia necessaria. Le coordinate ermeneutiche poste dalla Corte di Giustizia sono state avallate dalla Corte Costituzionale con una serie di sentenze. Nello specifico, con la sentenza 1 luglio 1992 la Corte ha escluso la possibilità di ricorrere al silenzio assenso in tema di smaltimento dei rifiuti e, con la pronuncia 209/2014, in materia di scarichi in fognatura.

Anche i giudici amministrativi di primo grado e il Consiglio di Stato affermano lo stesso principio.

L’ultima valutazione estremamente critica della norma pone l’accento sulla inopportunità di disseminare il nostro ordinamento di ipotesi di silenzio assenso; si evidenzia come, piuttosto, sarebbe più proficuo procedere ad una riorganizzazione della pubblica amministrazione, consentendo alle pubbliche amministrazioni di operare meglio attraverso una valutazione in concreto del carico di lavoro in ciascun settore specifico e un’opera di ricollocazione del personale.


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Jessica Guadagni

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli. Tirocinante presso la Procura della Repubblica di Nola (NA).

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