Il silenzio assenso tra Pubbliche Amministrazioni in materia di autorizzazione paesaggistica tra funzione endoprocedimentale e codecisoria

Il silenzio assenso tra Pubbliche Amministrazioni in materia di autorizzazione paesaggistica tra funzione endoprocedimentale e codecisoria

Sommario: 1. Il silenzio assenso tra Pubbliche Amministrazioni quale strumento di semplificazione orizzontale di seconda generazione – 2. Il parere del Consiglio di Stato del 2016 – 3. Il provvedimento di autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 D.Lgs. n. 42/04: la questione concernente l’operatività del silenzio assenso ex art. 17-bis L. n. 241/90 – 4. L’orientamento di segno negativo del Consiglio di Stato del 2021 – 5. La recente apertura del Consiglio di Stato verso l’applicabilità del silenzio assenso orizzontale ex art. 17-bis L. n. 241/90 nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica

 

1. Il silenzio assenso tra Pubbliche Amministrazioni quale strumento di semplificazione orizzontale di seconda generazione

Il silenzio assenso orizzontale tra Pubbliche amministrazioni di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90[1] risponde ad un’esigenza di semplificazione, avvertita in modo sempre più pressante dal Legislatore, il cui obiettivo è quello di ovviare al rischio che l’eccessiva procedimentalizzazione possa paralizzare l’attività amministrativa.

Tale necessità si è posta, nel dettaglio, a fronte del proliferare delle decisioni pluristrutturate e delle conseguenze patologiche che, in tale contesto, potrebbe determinare l’inerzia o la mancanza di una conforme volontà unanime di tutte le Amministrazioni codecidenti, in quanto contitolari di interessi pubblici rilevanti e correlati.

La suddetta disposizione, pertanto, prevede che, in siffatte ipotesi, la Pubblica Amministrazione procedente trasmetta uno schema di provvedimento e la relativa documentazione a quella codecidente, la quale deve pronunciarsi entro il termine di trenta giorni, decorsi i quali, nel caso di inerzia, si intende acquisito l’assenso, il consenso o il nulla osta necessario ai fini dell’adozione congiunta del provvedimento.

Pertanto, una volta formatosi il silenzio-assenso, il potere della P.A. codecidente di assentire o di dissentire è ormai consumato, e quest’ultima può emanare un successivo diniego solamente all’esito della caducazione in autotutela dell’assenso tacito.

Se, al contrario, la P.A. emanasse un provvedimento di diniego diretto senza la previa autotutela, dopo la formazione del proprio silenzio-assenso orizzontale e, dunque, successivamente alla scadenza del termine perentorio ed al conseguente esaurimento del potere, l’atto sarebbe da ritenersi radicalmente inefficace ex art. 2, co. 8-bis, L. n. 241/90.

Tale meccanismo di semplificazione opera anche nel caso in cui le amministrazioni coinvolte siano titolari di interessi pubblici sensibili (si pensi, ad esempio, alla materia ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni culturali), con l’unico accorgimento che, in siffatte ipotesi, il termine concesso all’Amministrazione codecidente per esprimersi sullo schema di provvedimento, e oltre il quale, nel caso di inerzia, si forma il silenzio-assenso è dilatato a novanta giorni.

Ciò a differenza di quanto accade nei casi di silenzio assenso verticale tra privato e Pubblica Amministrazione ex art. 20 L. n. 241/90, e di silenzio assenso orizzontale di prima generazione su pareri e valutazioni tecniche, previsti rispettivamente dagli artt. 16 e 17 L. n. 241/90, nel cui contesto la presenza di interessi sensibili rappresenta un invalicabile ostacolo alla formazione del silenzio-assenso.

La ratio sottesa al tessuto normativo in esame fonda la propria essenza nella circostanza che nel contesto dell’istituto di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90 – al contrario di quanto accade nelle altre ipotesi sopra citate – l’interesse sensibile riceve una tutela congrua, nonostante l’inerzia di una Amministrazione.

Ciò in ragione della presenza di un filtro rappresentato dalla Pubblica Amministrazione procedente, la quale, nel predisporre lo schema del provvedimento, tutela adeguatamente l’interesse pubblico sensibile di (con)titolarità dell’Amministrazione inerte, nel bilanciamento con gli altri interessi pubblici e con gli interessi privati.

Ebbene, il Legislatore con il D.L. semplificazioni del 2021 ha ampliato l’ambito operativo del silenzio assenso di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90, estendendolo anche alle fattispecie in cui si ravvisi una scissione tra il potere di iniziativa e quello decisionale, ossia ai casi in cui un determinato provvedimento debba essere adottato non solo con l’assenso successivo, ma anche previa proposta preventiva di un’altra Pubblica Amministrazione.

Più nel dettaglio, si prevede che, ove la P.A. competente a decidere chieda che venga emanato l’atto di impulso dall’altra P.A. proponente, così da potere adottare il provvedimento, e quest’ultima non formuli la proposta entro il termine di trenta giorni, la prima può predisporre uno schema di provvedimento, corredato dalla relativa documentazione, trasmettendolo alla seconda per acquisirne l’assenso.

Se quest’ultima non si pronuncia entro i successivi trenta giorni dalla ricezione della bozza provvedimentale, allora la decisione viene sottoposta al meccanismo del silenzio-assenso di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90, sicché la P.A. competente può comunque emanare il provvedimento.

Tuttavia, in siffatta ipotesi, si ravvisa “un’eccezione dell’eccezione”, poiché, analogamente a quanto accade per il silenzio-assenso verticale ed orizzontale di prima generazione e, a differenza di quanto previsto per quello orizzontale di seconda generazione, sussiste il limite invalicabile degli interessi pubblici sensibili.

Il medesimo è giustificato dal fatto che il Legislatore ritiene più delicata tale degradazione del potere di preventiva proposta a successivo potere successivo assenso superabile, nel caso di ulteriore inerzia oltre il suddetto termine di trenta giorni, attraverso il meccanismo del silenzio assenso ex art. 17-bis L. n. 241/90.

2. Il parere del Consiglio di Stato del 2016[2]

Il Consiglio di Stato, con il parere n. 1640/2016, ha affermato che l’istituto del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90 non può operare nei casi in cui il privato presenti un’istanza ad una P.A. nella funzione di “sportello unico per le attività produttive”.

Ciò in quanto, in questo caso, l’Amministrazione ricevente non possiede alcun potere codecisorio, limitandosi ad agevolare il privato nell’individuazione della Pubblica Amministrazione competente, ed a trasmetterle l’istanza, affinché provveda con una decisione monostrutturata.

In questa specifica fattispecie è evidente che, pur sussistendo un tratto orizzontale, il rapporto è del tutto verticale tra il privato ed un’unica Pubblica Amministrazione decidente e, pertanto, vige non già il meccanismo del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90, bensì quello del silenzio-assenso verticale ex art. 20 L. n. 241/90, con conseguente operatività del limite degli interessi pubblici sensibili.

Occorre sin d’ora porre in risalto che l’interpretazione di tale parere, come verrà di seguito chiarito, ha innervato un animato dibattito ermeneutico sull’ammissibilità dell’istituto del silenzio-assenso di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90 in materia di autorizzazione paesaggistica.

3. Il provvedimento di autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 D.Lgs. n. 42/04: la questione concernente l’operatività del silenzio assenso ex art. 17-bis L. n. 241/90

Analizzando proprio la disciplina della succitata autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, giova evidenziare che tale provvedimento è richiesto nel caso in cui il proprietario, possessore o detentore di immobili o di aree di interesse paesaggistico (ossia che per l’intervento dell’uomo, della natura o della loro interazione esprimono l’identità e il patrimonio culturale di un territorio) intendano effettuare degli interventi di qualsiasi tipo sui medesimi.

In siffatte ipotesi il privato deve presentare un’istanza alla Regione, corredata da un progetto e dalla documentazione, in relazione ai quali occorre valutare la compatibilità dell’intervento con l’interesse tutelato.

Entro i successivi quaranta giorni, la Regione – o l’ente locale sub-delegato – istruisce la pratica e trasmette l’istanza del privato e la propria proposta di provvedimento (id est: di autorizzazione paesaggistica) di segno positivo o negativo all’organo statale, ossia alla Soprintendenza, facente capo al Ministero della Cultura (c.d. “MiC”).

Quest’ultima, a sua volta, si pronuncia entro il termine di quarantacinque giorni, dalla ricezione degli atti sulla compatibilità del progettato intervento nel suo complesso con le disposizioni contenute nel piano paesaggistico, ovvero con la specifica disciplina di cui all’art. 140, co. 2, D.Lgs. n. 42/04.

Tale atto costituisce un parere vincolante che non può essere disatteso e che, dunque, ha natura decisoria, come comprovato dal fatto che, nel caso in cui il medesimo sia di segno negativo, l’Amministrazione deve trasmettere al privato istante il preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis L. n. 241/90.

Laddove decorrano inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’Amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione.

Tanto premesso, si rende necessario acclarare se possa ritenersi formato il silenzio-assenso tra Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90 nel caso in cui la Soprintendenza resti inerte, non emanando alcun parere vincolante.

4. L’orientamento di segno negativo del Consiglio di Stato del 2021

Il Consiglio di Stato, nel 2021[3], ha negato l’operatività dell’istituto del silenzio assenso orizzontale tra Pubbliche Amministrazioni con riferimento a tale fattispecie.

A fondamento dell’assunto si osserva che difetterebbe il presupposto indefettibile di operatività del suddetto istituto, rappresentato dal carattere pluristrutturato della decisione da assumere.

Ciò in quanto, secondo tale impostazione ermeneutica, la decisione sarebbe monostrutturata e spetterebbe esclusivamente alla Regione, laddove l’interazione con la Soprintendenza verrebbe in rilievo non già a valle, nella fase decisoria, bensì, a monte, in quella precedente dell’istruttoria.

Ne conseguirebbe che il procedimento di rilascio della autorizzazione paesaggistica costituirebbe un sub procedimento, di competenza della Regione o dell’ente locale da essa delegato, che si inserirebbe nel procedimento “principale”, avente ad oggetto l’autorizzazione paesaggistica di un’opera o di un progetto.

Quest’ultima, dunque, rappresenterebbe un atto autonomo che non potrebbe formarsi per silentium, atteso che la predetta autorità competente – Regione o ente territoriale delegato – dovrebbe necessariamente esprimersi con un provvedimento espresso, rispetto al quale il parere della Soprintendenza potrebbe assumere carattere vincolante o meramente obbligatorio, a seconda che sia reso o meno nel rispetto del termine decadenziale.

Più nel dettaglio, la Soprintendenza non sarebbe titolare di un potere di codecisione, essendo semplicemente tenuta alla gestione congiunta dell’istruttoria, sicché il silenzio della medesima avrebbe una mera natura endoprocedimentale-devolutiva.

Con la conseguenza che, nel caso in cui la Soprintendenza non esprima il parere vincolante entro il suddetto termine di quarantacinque giorni, la Regione, in quanto unica titolare del potere decisionale monostrutturato, potrebbe ugualmente adottare il provvedimento di autorizzazione paesaggistica, purché effettui tutte le valutazioni istruttorie di impatto paesaggistico che avrebbe dovuto compiere l’Autorità rimasta inerte.

A sostegno dell’assunto si aggiunge anche che la Soprintendenza sarebbe legittimata ad esprimere il proprio parere anche oltre il termine di quarantacinque giorni, con l’unico effetto che tale parere da vincolante sarebbe degradato ad obbligatorio e, pertanto, la Regione potrebbe discostarvisi, a condizione che lo faccia motivatamente.

Al contrario, si evidenzia che, come evidenziato in premessa, se nella specie venisse in rilievo un silenzio-assenso orizzontale ex art. 17-bis L. n. 241/90, tale possibilità di esprimere il parere, anche sfavorevole, dopo il decorso del termine sarebbe preclusa, se non previa autotutela sull’assenso tacito, pena la radicale inefficacia ex art. 2, co. 8-bis, L. n. 241/90.

Da ultimo, si aggiunge che il parere del Consiglio di Stato del 2016 contemplerebbe un invalicabile limite all’operatività del silenzio assenso di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90 ogni qualvolta il procedimento sia ad istanza di parte.

Secondo tale interpretazione, infatti, il suddetto parere riterrebbe che, in tale ipotesi, l’istanza del privato introdurrebbe nella vicenda un segmento verticale che sarebbe, per ciò solo, radicalmente ostativo alla possibilità di qualificare la decisione come pluristrutturata, così impedendo l’operatività del silenzio assenso orizzontale di seconda generazione.

Nella specie, al più, potrebbe trovare astrattamente applicazione il solo silenzio assenso verticale di cui all’art. 20 L. n. 241/90, che, tuttavia, non può concretamente operare, giacché, come visto, a differenza del silenzio assenso orizzontale ex art. 17-bis L. n. 241/90, incontra limite invalicabile della tutela degli interessi pubblici sensibili, tra i quali rientrano l’ambiente e il paesaggio.

5. La recente apertura del Consiglio di Stato verso l’applicabilità del silenzio assenso orizzontale ex art. 17-bis L. n. 241/90 nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica

Sulla scia di una pronuncia del T.A.R. Campania del 2021[4], un successivo orientamento del Consiglio di Stato del 2022[5] ha audacemente sconfessato l’impostazione ermeneutica che riteneva inapplicabile l’istituto del silenzio assenso, disciplinato dall’art. 17-bis L. n. 241/90, ai procedimenti di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.

Sul punto si evidenzia che non sussiste alcuna ragione dogmaticamente ostativa all’applicazione del suddetto istituto, essendo il provvedimento adottato all’esito di una decisione pluristrutturata.

Il carattere pluristrutturato della decisione ricorre ogni qualvolta una Pubblica Amministrazione debba acquisire da un’altra amministrazione un atto che, nella sostanza, presenti una valenza codecisoria, irrilevante essendo il nomen iuris.

In effetti, l’autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo rilasciato all’esito di un procedimento che si inserisce in quello, avviato su istanza del privato, finalizzato al rilascio ad un atto di rilevanza urbanistico-edilizia.

Nondimeno, v’è certamente una condivisione del potere decisorio, atteso che, nella specie, presentano una valenza pienamente decisoria non solo la proposta della Regione (circostanza, questa, mai messa in dubbio neanche dal contrapposto orientamento), ma anche il parere della Soprintendenza.

La natura decisoria di quest’ultimo, deliberatamente trascurata dal contrapposto orientamento giurisprudenziale, si evince dal suo carattere vincolante, e, dunque, dal fatto che, nel caso in cui il medesimo sia di segno negativo, la sua emanazione deve essere preceduta dalla comunicazione all’istante del preavviso di rigetto ex art. 10-bis L. n. 241/90, impedendo, ove confermato, l’adozione del provvedimento finale.

Conseguentemente, l’ordito normativo scandagliato non lascia alcuno spiraglio a soluzioni divergenti, atteso che quelli in esame rappresentano due atti codecisori di una decisione pluristrutturata, finalizzata alla cogestione attiva del vincolo paesaggistico, nel cui in contesto viene in rilievo un rapporto orizzontale tra due Pubbliche Amministrazioni codecidenti, l’una proponente e l’altra deliberante.

Così stando le cose, è palese che la condivisione del potere decisorio tra la Regione e la Soprintendenza costituisca un tratto essenziale dei procedimenti nell’ambito dei quali può formarsi il silenzio assenso disciplinato dall’art. 17-bis L. n. 241/90.

Appare, inoltre, particolarmente significativa la presenza di un Regolamento, adottato con D.P.R. n. 31/17, il quale contempla un procedimento semplificato nel caso in cui vengano in rilievo degli interessi paesaggistici minori.

Tale norma, nel dettaglio, ammette l’operatività dell’istituto del silenzio assenso orizzontale di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90 ogni qualvolta la Soprintendenza non renda il parere vincolante entro il termine di 45 giorni.

Pertanto, delle due l’una: o tale Regolamento deve essere disapplicato in quanto illegittimo, non potendo derogare alla legge ed ammettere il silenzio assenso orizzontale nel caso di decisione monostrutturata con struttura verticale; oppure, se il medesimo è legittimo, allora rappresenta un riconoscimento normativo del carattere pluristrutturato della decisione assunta dalla Regione e dalla Soprintendenza, e della conseguente applicabilità dell’art. 17-bis L. n. 241/90 non solo nelle ipotesi di procedimento semplificato, ma anche a quelle di procedimento ordinario, presentando entrambi una identica struttura di base.

Da ultimo, si evidenzia che il succitato parere del Consiglio di Stato n. 1640/2016, nella sua corretta interpretazione, ha una portata dogmaticamente assai differente rispetto a quanto affermato dal precedente e contrapposto orientamento.

Quest’ultimo, invero, con il pretesto argomentativo volto a negare la formazione del silenzio assenso orizzontale in materia di autorizzazione paesaggistica, finisce per obnubilare il dettato normativo in materia di semplificazione.

A ben vedere, tale parere non nega affatto l’operatività dell’istituto del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17-bis L. n. 241/90 nei procedimenti ad istanza di parte, onde la presenza di un qualsivoglia segmento verticale nella vicenda orizzontale tra le Pubbliche Amministrazioni non è di per sé ostativa.

Il medesimo, al contrario, precisa che il meccanismo di semplificazione in esame opera solamente nel caso in cui vi sia una effettiva condivisione del potere decisorio da parte di entrambe le Pubbliche Amministrazioni.

Pertanto, si limita ad escludere l’applicabilità del medesimo nella sola ipotesi in cui un’Amministrazione – quale lo sportello unico per le attività produttive – svolga una mera funzione servente, di ricezione e di trasmissione degli atti all’Autorità competente ai fini della decisione monostrutturata di quest’ultima.

Al contrario, il silenzio-assenso orizzontale ex art. 17-bis L. n. 241/90 trova applicazione laddove, come accade nella specie, il privato presenti un’istanza, ma, pur in presenza di questo segmento verticale, da ultimo la decisione pluristrutturata venga assunta congiuntamente da più Pubbliche Amministrazioni co-decidenti.

Pertanto, nella materia in esame, non opera l’istituto del silenzio-assenso verticale di cui all’art. 20 L. n. 241/90, che, peraltro, sconta il limite degli interessi sensibili, tra i quali è annoverato il paesaggio.

Ed infatti, la presenza del segmento verticale rappresentato dall’istanza del privato non è un fattore ostativo all’applicazione dell’istituto del silenzio-assenso orizzontale ex art. 17-bis L. n. 241/90 – istituto che, come visto, opera anche ove vengano in rilievo degli interessi pubblici sensibili – atteso il carattere pluristrutturato della decisione, derivazione della natura decisoria sia della proposta della Regione, sia del parere vincolante della Soprintendenza.

Quindi, alla luce di tutto quanto sopra esposto, se all’esito della trasmissione dell’istanza e della proposta da parte della Regione, la Soprintendenza resta inerte, non trasmettendo il proprio parere vincolante entro il termine di quarantacinque giorni, si forma il silenzio assenso orizzontale ex art. 17-bis L. n. 241/90.

Andando oltre, l’eventuale atto di dissenso, sub specie di parere negativo successivo, essendo emanato dopo l’esaurimento del potere per la vana decorrenza del termine perentorio e, dunque, dopo la formazione del provvedimento amministrativo tacito favorevole, se non preceduto dall’autotutela, sarebbe radicalmente inefficace ex art. 2, co. 8, L. n. 241/90, in piena aderenza con quanto previsto dal c.d. Decreto semplificazioni del 2021.

Ciò basta a diradare la coltre di quella presunta e solo apparente contraddizione tra l’art. 146 D.Lgs. n. 42/04, che prevede che la Regione provveda comunque senza specificare la necessaria conformità con la proposta inviata alla Soprintendenza.

I principi generali, infatti, impediscono di adottare un provvedimento non conforme all’iniziale proposta, senza formulare una nuova proposta.

Quindi, in sostanza, è lo stesso 146 D.Lgs. n. 142/04, congiuntamente al carattere pluristrutturato della suddetta decisione, a prevedere una forma di silenzio assenso, corroborato dall’art. 17-bis L. n. 241/90.

È stata così scardinata quell’architrave interpretativa monolitica insostenibile, che deponeva nel senso del carattere monostrutturato di tale decisione, e della generalizzata inapplicabilità dell’art. 17-bis L. n. 241/90 a tutti i procedimenti ad istanza di parte, in ragione della mera presenza di un tratto verticale nella vicenda provvedimentale.


Note
[1] Introdotto dalla legge 7 agosto 2015, n. 124.
[2] Cons. St., parere 13 luglio 2016, n. 1640
[3] Cons. St., Sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2640.
[4] T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 23 giugno 2021, n. 1542.
[5] Cons. St., Sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4098.

Sitografia
Avv. Michela Pignatelli, in Il silenzio tra pubbliche amministrazioni | Salvis Juribus

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