Il sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica
L’agire della Pubblica Amministrazione é discrezionale e non vincolato quando il contenuto del provvedimento amministrativo finale non é predeterminato dalla legge attributiva del relativo potere, bensì frutto del contemperamento tra i vari interessi pubblici e privati in gioco nel caso specifico.
Tali interessi, unitamente ai fatti pertinenti e rilevanti ai fini del decidere, vengono acquisiti nella fase istruttoria dal responsabile del procedimento ex art. 6 l. 241/’90, dopodiché messi a confronto e, in forza del principio di proporzionalità o del “minimo mezzo utile” di derivazione eurounitaria, il provvedimento di cui sopra deve realizzare l’interesse pubblico primario, affidato alle specifiche cure della P.A. procedente, con il minor sacrificio possibile per i contrapposti interessi secondari.
Fanno eccezioni i casi nei quali la legge impone la massimizzazione dell’interesse pubblico primario, come ad esempio avverrebbe con l’emanazione di un’ordinanza extra ordinem volta a salvaguardare la salute quale interesse della collettività da una parte e diritto fondamentale della persona dall’altra.
La discrezionalità testé illustrata é “complessa”, a dispetto di quella “semplice” o “negativa” che ricorre, qualora il soggetto pubblico agente sia chiamato ad accertare unicamente la sussistenza o meno di ostacoli al rilascio di un provvedimento favorevole al privato che lo ha richiesto, come può avvenire in materia di licenze commerciali.
In definitiva, la ponderazione tra molteplici interessi é il fulcro della discrezionalità in senso proprio, meglio nota come pura o amministrativa.
Il concetto di discrezionalità tecnica, in verità, nulla ha a che vedere con quello di discrezionalità amministrativa, atteso che la prima si concretizza in mere valutazioni tecniche di fatti complessi, basate su scienze inesatte ed opinabili : pertanto, le predette valutazioni impegnano il solo giudizio e non anche la volontà della P.A. in una prospettiva comparativa di interessi differenti.
Ciò non toglie comunque che anche la discrezionalità tecnica sia sindacabile dal G.A., non potendo configurarsi alcuna “zona franca” o riserva di amministrazione, in virtù degli artt. 24, co. 1 e 113, co. 1 Cost.
Il Consiglio di Stato con la celebre sentenza n. 601/1999 – nello stesso anno in cui le SS. UU. riconoscevano a mente del 2043 c.c. il risarcimento del danno ingiusto quale conseguenza della lesione dolosa o colposa di interessi legittimi oppositivi e pretensivi – sancì la sindacabilità della discrezionalità tecnica in sede giurisdizionale, ma si trattava pur sempre di un sindacato meramente estrinseco, circoscritto alla logicità della motivazione del provvedimento, nonché dell’iter procedimentale nel suo complesso.
Solo nel 2010, con l’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, avvenne sul piano normativo il passaggio dal sindacato estrinseco a quello intrinseco in forza dell’art. 67 del suddetto codice, avente ad oggetto la consulenza tecnica d’ufficio, mutuata dal processo civile.
Tale istituto per la prima volta consentì al G.A. di vagliare i fatti controversi a lui sottoposti con gli occhi dell’esperto e non più del profano, sindacando la correttezza o meno delle soluzioni tecniche adottate dalla P.A. convenuta in giudizio dal ricorrente.
D’altra parte, per un primo orientamento che ancora oggi propugna il sindacato intrinseco “debole”, il G.A., vista la relazione del CTU, ha il potere di annullare un atto o provvedimento amministrativo, ma non anche di sostituire la propria volontà a quella della P.A. che può solo essere condannata alla riedizione del potere, quindi a svolgere un nuovo iter procedimentale con effetto conformativo del dictum giudiziale.
La suddetta teoria é stata accolta dalle SS.UU. del 2014, come pure dal decisore politico attraverso il D.lgs. 3/2017 in materia di concorrenza ed infine dalla giurisprudenza amministrativa in taluni ambiti quali, ad esempio, i concorsi pubblici e le procedure ad evidenza pubblica.
Decisamente minoritaria, quindi, é l’altra teoria del sindacato intrinseco “forte” secondo cui il Giudice amministrativo può pienamente sostituire la propria determinazione a quella della P.A.
In verità, quest’ultimo scenario é ipotizzabile solo quando la giurisdizione del G.A. é estesa anche al merito ai sensi dell’art. 134 c.p.a., nonché quando la specifica controversia ha ad oggetto sanzioni formalmente amministrative per il diritto interno, ma penali nella sostanza, dunque con carattere afflittivo e finalità repressiva alla luce dei c.d. criteri Engel elaborati dalla Corte di Strasburgo o Corte EDU nel 1979.
Sennonché, la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha inteso andare oltre l’ormai vetusta dicotomia tra sindacato intrinseco “debole” e “forte”.
Terreno fertile per questa svolta pretoria sono state le determinazioni delle Autorità amministrative indipendenti le quali, esercitando le rispettive funzioni, non fanno altro che applicare concetti giuridici indeterminati e regole tecnico – scientifiche, quindi esercitare giustappunto una discrezionalità di natura tecnica.
Orbene, con particolare riferimento all’Antitrust o Autorità garante della concorrenza e del mercato istituita con la l. 287/’90, sono due le fattispecie da considerare.
La prima é quella in cui il ricorrente impugna dinanzi al T.A.R. una determinazione non sanzionatoria ed in tal caso é improprio parlare di un sindacato “pieno” giacché il giudice, con l’ausilio del CTU, é chiamato più precisamente all’esercizio del “sindacato di maggiore attendibilità”, accertando caso per caso se l’Authority abbia o meno abusato della discrezionalità tecnica, vale a dire ecceduto o meno i limiti della proporzionalità, ragionevolezza e attendibilità del suo giudizio tecnico.
Al contrario, nella seconda fattispecie, impugnato dal ricorrente un provvedimento di carattere sanzionatorio, viene in rilievo la recentissima sentenza n. 4990/2019 con la quale il C.d.S., allineatosi ad un’ormai consolidata giurisprudenza della CGUE, ha abbracciato la tesi della “full jurisdiction” o “giurisdizione piena” che consente al G.A., di volta in volta, di rimodulare all’occorrenza e nel contenuto le sanzioni inflitte dall’Antitrust.
In conclusione, andando oltre la summa divisio tra sindacato intrinseco “forte” e “debole”, il C.d.S. ha riconosciuto in via di principio al Giudice amministrativo un sindacato pieno su qualunque sanzione inflitta dalle Authorities, al di là delle ristrette maglie applicative dell’art. 134 c.p.a. e dei criteri Engel, ergo un sindacato di matrice europea, unitaria ed uniforme, finalizzato a garantire la legalità sostanziale dell’azione amministrativa.
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Jacopo Bracciale
Dopo aver conseguito la maturità classica con una votazione finale di 100/100, mi sono laureato cum laude in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Teramo con una tesi in Teoria generale del diritto dal titolo "Il problema dei principi generali del diritto nella filosofia giuridica italiana". In seguito, ho svolto con esito positivo presso il Tribunale di Teramo il tirocinio formativo teorico - pratico di 18 mesi ex art. 73 D.L. 69/2013 : per un anno nella Sezione Penale e, nei restanti sei mesi, in quella Civile. Parallelamente ho frequentato e, ancora oggi, frequento il corso di Rocco Galli per la preparazione al concorso in magistratura. Dal mese di novembre del 2020 collaboro con la rivista scientifica Salvis Juribus come autore di articoli di diritto civile, penale ed amministrativo.