Il teste assistito: un’innovazione nell’acquisizione della prova dichiarativa

Il teste assistito: un’innovazione nell’acquisizione della prova dichiarativa

Con introduzione della l. 63 del 2001 soffia un vento di cambiamento in quello che è un principio cardine del diritto processuale penale italiano: attraverso l’introduzione della figura del c.d. teste assistito l’imputato, per la prima volta, potrà assumere l’ufficio di testimone.

Devono presentarsi i presupposti necessari affinché il dichiarante possa assumere queste vesti: l’imputato dichiarante è un imputato in procedimento connesso ai sensi dell’articolo 12 lett b), o per reato collegato ai sensi dell’art. 371 nei confronti del quale sia stata pronunciata una sentenza definitiva di proscioglimento, condanna o applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., o di un imputato in procedimento connesso ai sensi dell’art 12 comma 1 lett. c), o per reato collegato ai sensi dell’art. 371 comma 2 lett b) nei confronti dei quali il procedimento non si sia ancora concluso, costui assumerà l’ufficio di teste assistito qualora renda dichiarazioni  sul fatto altrui. Sono previsti obblighi di informazione preventiva da parte dell’interrogante, che avrà l’obbligo di avvertire l’imputato che con le sue dichiarazioni rinuncerà al proprio ius tacendi e assumerà immediatamente l’ufficio di testimone, pena l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese.

La ratio che sta alla base di questo così innovativo istituto è quella di proibire all’imputato dichiarante di trincerarsi dietro al suo diritto al silenzio, come in passato spesso accadeva, nel momento successivo alla deposizione di dichiarazioni riguardanti il terzo, al fine di non mettere a repentaglio il diritto di difesa dell’accusato.

La massività dello ius tacendi viene erosa, proprio nel momento in cui il dichiarante rende dichiarazioni.

L’introduzione di questo istituto apporta notevoli cambiamenti in merito all’acquisizione della prova dichiarativa, riuscendo al contempo a dare tutela al diritto al silenzio del dichiarante, che potrà essere esercitato qualora questi non venga avvertito della sua eventuale assunzione dell’ufficio di testimone preventivamente alla deposizione delle dichiarazioni, e soprattutto del diritto alla difesa dell’accusato che trova piena tutela poiché una volta che venga esercitata arbitraria e volontaria rinuncia al diritto al silenzio da parte dell’imputato, costui non potrà più tornare indietro.

La particolarità dell’istituto va ricercata nel fatto che all’imputato dichiarante, a differenza del c.d testimone comune, saranno garantiti una serie di privilegi contro l’autoincriminazione: costui potrà deporre solo se il fatto altrui sia scisso dal fatto proprio, inoltre, deporrà solo in presenza del proprio difensore di fiducia o di un difensore d’ufficio.

L’assunzione di un eventuale difensore d’ufficio sta a sottolineare l’imprescindibilità della presenza di questa figura, che tutelerà il dichiarante dall’eventuale risposta a domande autoincriminanti, esortandolo ad appellare i privilegi di cui può disporre.

Importante è sottolineare come la presenza del difensore sia stata dichiarata incostituzionale dalla Corte  nei casi in cui il soggetto dichiarante sia stato assolto con le due formule assolutive più ampie, e cioè << per non aver commesso il fatto>> e <<perché il fatto non sussiste>>.

Ci troviamo alla presenza di soggetti la cui estraneità ai fatti per cui si è proceduto è stata dichiarata in maniera incontrovertibile, per cui, la presenza di un difensore verrebbe a dar luogo ad una violazione dell’art. 3 della Costituzione.


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Simona Anna Cordaro

Dott.ssa Simona Anna CordaroHa conseguito la laurea in giurisprudenza nel 2017 presso l'Università degli studi di Palermo. Ha svolto la pratica forense a Milano occupandosi di diritto civile, in special modo di diritto di famiglia, recupero crediti, responsabilità civile e RC auto. Ha frequentato il corso di preparazione all'esame di abilitazione per l'esercizio della professione forense presso la scuola Formazione Giuridica dell'avv. Marco Zincani nella sede di Milano. Attualmente collabora con studi legali a Milano.

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