Il turismo spaziale: norme vigenti e proposte di riforma

Il turismo spaziale: norme vigenti e proposte di riforma

Sommario: 1. Introduzione – 2. Norme internazionali – 3. Aspetti critici della normativa e proposte di riforma

 

1. Introduzione

Con lo splashdown[1] nel Golfo del Messico il 15 settembre 2024 si è conclusa la missione spaziale privata Polaris Dawn, finanziata dal miliardario statunitense Jared Isaacman, che insieme ad altri tre passeggeri[2] ha trascorso quasi cinque giorni in orbita terrestre eseguendo la prima “passeggiata spaziale” (tecnicamente definita Extra Vehicular Activity) interamente privata. Un effetto creato dalla missione è stato quello di rianimare la discussione in merito al turismo spaziale, i suoi rischi, le potenzialità di crescita e la normativa internazionale di riferimento.

In questo articolo si intende delineare il quadro normativo applicabile alle missioni umane nello spazio e le proposte di riforma.

2. Norme internazionali

Esaminando i cinque trattati che disciplinano lo spazio extra-atmosferico rinveniamo la prima disposizione che disciplina lo status e la tutela degli astronauti (termine da intendere come comprensivo anche di cosmonauti e taikonauti[3]) all’articolo V del Trattato sull’Uso dello Spazio Extra-atmosferico (Outer Space Treaty, OST)[4]. L’articolo impone agli Stati di considerare gli astronauti come inviati dell’umanità e di fornire loro assistenza in caso di incidenti, pericoli o atterraggi d’emergenza. Il secondo comma estende l’obbligo anche in capo agli astronauti stessi a tutela di altri membri della missione spaziale qualora dovessero necessitare aiuto. In caso di scoperta di fenomeni che possano causare danni agli astronauti è obbligatorio informare le parti del trattato e il Segretario Generale dell’ONU. Data l’importanza del tema l’anno successivo all’adozione dell’OST, nel 1968, è stato adottato l’Accordo sul Soccorso degli Astronauti e il loro Rientro (Agreement on the Rescue and Return of Astronauts, ARRA)[5]. Questo presenta un carattere fortemente umanitario espresso nel preambolo, ha però anche l’obbiettivo di incrementare la cooperazione internazionale, come evidenziato dalle obbligazioni poste nel primo articolo. Infatti, ogni Stato membro che riceva informazioni di astronauti che richiedano assistenza a causa di un incidente o un atterraggio d’emergenza, deve immediatamente informare l’autorità di lancio e il Segretario Generale. Non è necessario che le informazioni siano esaminate o verificate sul loro contenuto prima della notifica. Al contrario, data l’importanza dell’elemento temporale nelle operazioni di salvataggio e in altri tipi di assistenza, l’obbligo di notifica sorge immediatamente dopo il ricevimento delle informazioni o la scoperta[6]. Per le stesse situazioni d’emergenza gli articoli 2, 3 e 4 prevedono l’obbligo degli Stati di avviare tempestivamente le operazioni di soccorso e rimpatrio di astronauti in una situazione di pericolo o rientrati con un atterraggio non intenzionale, indipendentemente se si trovino sul territorio di uno Stato parte o in acque internazionali. L’unica situazione che sembrerebbe essere esclusa sarebbe quella sorta dopo un atterraggio intenzionale; il problema è però chiarire cosa si intenda per “atterraggio non intenzionale”. Infatti, seppur un astronauta scelga il punto in cui atterrare, l’Accordo potrebbe essere ugualmente applicabile se il rientro fosse stato condizionato da una situazione d’emergenza. La soluzione più corretta sarebbe quella di ritenere l’ARRA applicabile a qualsiasi rientro che, se non fosse stato per condizione esterne, non sarebbe avvenuto. Altra questione è se un firmatario possa o meno concedere asilo politico a un astronauta o ad altro personale di veicoli spaziali che intenzionalmente o involontariamente atterrino sul suo territorio. La risposta sembrerebbe essere affermativa se l’atterraggio fosse intenzionale e non causato da un incidente o emergenza. Tuttavia, se l’atterraggio sembrasse non intenzionale e non fosse dovuto a un’emergenza, lo stato di lancio[7] potrebbe – secondo una rigida interpretazione – insistere sul rapido ritorno del suo personale[8]. L’articolo 5 dell’Accordo prevede l’obbligo per le parti contraenti di informare il Segretario Generale della caduta di oggetti spaziali, e di provvedere al loro recupero e restituzione se richiesto dall’autorità di lancio, la quale dovrà sostenere i costi di queste operazioni. Il rimborso non riguarda però le spese sostenute per la ricerca e il soccorso degli astronauti. Si ritiene che l’obbligo di restituire oggetti spaziali abbia assunto valore di consuetudine internazionale, vincolando anche gli Stati che non hanno sottoscritto il trattato[9].

Sul tema della normativa applicabile agli astronauti non vi sono altri trattati internazionali adottati in seno alle Nazioni Unite, ma vi sono alcuni accordi siglati tra varie agenzie spaziali che intervengono anche su questa materia. Si tratta dell’accordo concluso tra le agenzie spaziali di Canada, Giappone, Russia, Stati Uniti ed Europa (ESA) riguardante la cooperazione per la Stazione Spaziale Internazionale (IGA sull’ISS[10]), e del Memorandum di intesa tra ESA e NASA (MOU), siglati entrambi nel 1998. L’articolo 11, paragrafo 2, dell’IGA prevede che un codice di condotta per l’equipaggio della Stazione Spaziale dovrebbe essere adottato dagli Stati parte e disciplinerebbe le attività degli astronauti a bordo. Lo stesso articolo al sesto paragrafo considera il personale della ISS come un’unica squadra integrata con un solo comandante, responsabile di perseguire il programma della missione e garantire la sicurezza di tutti. Il MOU ribadisce le disposizioni dell’Outer Space Treaty, disponendo che ogni Stato mantiene la giurisdizione e il controllo sul personale della Stazione di propria nazionalità. Il Codice di Condotta della ISS[11] fu adottato nel 2000 dalla Multilateral Coordination Board (MCB) istituita dal MOU. Il codice qualifica come membro della ISS “qualsiasi persona approvata per il volo verso l’ISS, compresi l’equipaggio della spedizione ISS e l’equipaggio in visita, a partire dall’assegnazione all’equipaggio di una missione specifica e fino al completamento delle attività post volo relative alla missione”[12].

 Un aspetto che resta dubbio è la definizione dello status legale dei turisti spaziali. Nessuno dei trattati del diritto spaziale definisce la qualifica giuridica dei passeggeri. L’OST, da un lato, all’articolo V contiene solo la definizione gli astronauti come “inviati dell’umanità”, col diritto di essere soccorsi da tutti gli Stati parte. Dall’altro lato l’ARRA parla genericamente di “personale”. È quindi poco chiaro se i turisti rientrino nella categoria degli ‘astronauti’ o ‘personale di un veicolo spaziale’. È importante determinare la questione in quanto la prima e la seconda categoria di partecipanti al volo nello spazio godono di diritti speciali distinti ai sensi dei trattati internazionali sullo spazio, mentre altri partecipanti al volo diversi da queste due categorie non avrebbero la possibilità di godere di tali diritti[13]. Generalmente sono identificati come astronauti soggetti altamente addestrati che prendono parte a missioni per perseguire l’avanzamento dell’umanità, e per tale ragione ricevono forti tutele; i turisti d’altro canto perseguono prevalentemente finalità di piacere personale e su questo si fondano i problemi di qualificazione legale. Sul punto anche la Convenzione LIAB (Convention on International Liability for Damage Caused by Space Objects)[14] è poco chiara, dato che in base all’articolo VII la Convenzione non è applicabile ai danni subiti da cittadini di uno Stato diverso da quello di lancio che sono coinvolti nelle operazioni spaziali; dal momento che i turisti spaziali in genere non contribuiscono alla funzione tecnica di operare veicoli spaziali, il loro status giuridico ai sensi della Convenzione rimane ambiguo.

3. Aspetti critici della normativa e proposte di riforma

Analizzando le disposizioni vigenti emergono non pochi aspetti critici che richiedono importanti riforme.

Una prima questione che deve essere affrontata attiene alla giurisdizione applicabile ai velivoli privati lanciati per finalità turistiche. La disciplina attuale fa riferimento a vari principi previsti dal diritto internazionale. Tuttavia, l’estensione di questi principi allo spazio può portare a complessi enigmi giuridici, tra cui il problema delle molteplici richieste di giurisdizione. Inoltre, se un individuo privato lancia un oggetto nello spazio extra-atmosferico da un territorio apolide, questo potrebbe non avere uno Stato di lancio. I trattati internazionali sullo spazio non specificano la giurisdizione in base alla quale potrebbe essere avviata un’azione legale nei confronti delle attività di turismo spaziale commerciale. Ciò potrebbe portare a rivendicazioni di competenza contrastanti. Finora, questo problema non è stato praticamente affrontato perché di solito i turisti spaziali sono stati cittadini dello stesso Stato di lancio. Tuttavia, in futuro, i turisti spaziali di più Stati potrebbero essere a bordo di un singolo veicolo spaziale; quindi, tale problema giurisdizionale è abbastanza prevedibile[15]. Inoltre, vanno affrontate le questioni attinenti alla responsabilità per i danni, tali attività di turismo spaziale potrebbero essere disciplinate dal principio di responsabilità assoluta, come previsto dall’articolo II della Convenzione LIAB, oppure potrebbero anche essere disciplinate dalla responsabilità per colpa per negligenza, come definito all’articolo III della stessa. Inoltre, non è chiaro se l’importo del risarcimento per eventuali danni causati da tali attività di turismo spaziale dovrebbe essere limitato da una soglia superiore o dovrebbe essere lasciato illimitato. Problematica è anche la mancanza di norme uniformi di assicurazione e indennizzo, che può portare a problemi di forum shopping e bandiere di comodo nelle attività di turismo spaziale, come accade per la navigazione marittima. Quindi si può dire che l’esistenza di un forte regime giuridico internazionale è un requisito elementare per lo sviluppo sostenibile delle attività del turismo spaziale. La mancanza di chiarezza e di certezza dei diritti, dei doveri, delle responsabilità e del meccanismo di applicazione può ostacolare la crescita dell’industria privata del turismo spaziale commerciale. La cristallizzazione delle norme giuridiche internazionali può infondere fiducia e fungerebbe da catalizzatore per la crescita delle attività turistiche spaziali private. L’istituzione di un organismo internazionale di regolamentazione come l’ICAO per regolare le attività del turismo spaziale e affrontare le varie problematiche del settore, sono alcuni suggerimenti che possono rivelarsi efficaci nel risolvere gli attuali enigmi legali del turismo spaziale.

Le stesse problematiche sono rilevate dal professore Frans G. Von der Dunk[16]. Il settore del turismo spaziale è molto internazionale, o addirittura globale. Tuttavia, mentre i diritti generali, gli obblighi, le regole e i principi del diritto internazionale pubblico si applicherebbero effettivamente al settore, questo è tutt’altro che sufficiente per parlare di una regolamentazione adeguata. Per via della inadeguatezza normativa vari Paesi maggiormente coinvolti dal fenomeno del turismo spaziale – USA in primis – stanno adottando legislazioni interne volte a regolare il settore. Il rischio di questa tendenza è di ritrovarsi con norme nazionali incompatibili tra loro e causare inevitabilmente un danno al settore. Sarebbe ovviamente più sensato considerare i voli spaziali commerciali privati a livello globale come un unico settore coerente e determinare a quello stesso livello globale una regolamentazione unica. Tuttavia, la realtà è che dalla metà degli anni Settanta non è stato possibile per la comunità internazionale concordare trattati spaziali di portata generale. Invece dell’approccio dall’alto verso il basso di un trattato concordato a livello internazionale, molto probabilmente sorgerà un approccio dal basso verso l’alto, in base al quale i singoli Paesi seriamente interessati ai voli spaziali commerciali privati svilupperanno le proprie particolari iniziative legislative e normative; si può sperare che questi Paesi guarderanno alla legislazione esistente altrove per non essere completamente fuori linea con gli sviluppi generali. Con questo si può auspicare che col tempo si sviluppino principi di diritto internazionale consuetudinario che colmino la lacuna lasciata dall’assenza di una norma pattizia.

Una possibile disciplina del turismo spaziale viene delineata da John Adolph[17]. In particolare, fa riferimento al modello adottato per il continente Antartico con l’Antarctic Treaty System (ATS), il quale impedisce lo sfruttamento minerario del continente ma non i viaggi per finalità turistiche. Le Nazioni del mondo si potrebbero riunire per promulgare risoluzioni applicabili al turismo spaziale con lo stesso spirito di cooperazione che ha portato all’adozione del trattato antartico e delle sue successive regole per il turismo. Ad esempio, ai turisti spaziali potrebbe essere richiesto di seguire gran parte delle stesse regole che i turisti antartici sono tenuti ad affrontare, come le regole di notifica avanzate e gli elenchi di comportamenti ammissibili nello spazio. Anche se queste regole sono in vigore, l’ATS non ha creato un organo amministrativo per garantire l’adempimento dei suoi membri e turisti, ma si basa invece su un sistema di risoluzione delle controversie attraverso la negoziazione e l’arbitrato. Tale sistema di governance potrebbe essere adattato al turismo spaziale.

 

 

 

 

 

[1] Con tale termine si intende l’ammaraggio di capsule spaziali, pratica utilizzata dalle sonde Crew Dragon di SpaceX ma originata dalle missioni Apollo.
[2] Gli altri membri dell’equipaggio erano l’ex pilota militare Scott Poteet e gli ingegneri di SpaceX Sarah Gillis e Anna Menon.
[3] Sono così definiti coloro che prendono parte a missioni spaziali rispettivamente della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese.
[4] Entrato in vigore nell’ottobre del 1967 e che oggi conta 115 ratifiche. Testo integrale del trattato disponibile presso: https://www.unoosa.org/pdf/gares/ARES_21_2222E.pdf
[5] Testo del trattato: https://www.unoosa.org/pdf/gares/ARES_22_2345E.pdf
[6] Gorove S., (1969). Legal problems of the rescue and return of Astronauts. The International Lawyer, vol. 3 (4), pp. 898-902.
[7] Per Stato di lancio si intende qualsiasi Stato che lancia o procura il lancio di un oggetto nello spazio, e qualsiasi Stato dal cui territorio o dalle cui strutture viene lanciato un oggetto. Stato di lancio può essere anche un ente internazionale (ad esempio l’Agenzia Spaziale Europea).
[8] Gorove S., op. cit.
[9] A sostegno di questa tesi si fa riferimento al caso avvenuto nel 2001 della caduta di una componente di un razzo lanciato nel 1993 dagli Stati Uniti, sul territorio dell’Arabia Saudita. Al tempo lo Stato non aveva ancora sottoscritto l’ARRA, ma nonostante non fosse obbligato a recuperare l’oggetto, informò le Nazioni Unite con una nota verbale dell’8 marzo 2001 e successivamente il governo degli USA, (cito testualmente) “conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, dell’Accordo di Salvataggio”. Tratto da https://www.unoosa.org/pdf/reports/ac105/AC105_762E.pdf, (2001).
[10] Testo dell’accordo: https://www.state.gov/wp-content/uploads/2019/02/12927-Multilateral-Space-Space-Station-1.29.1998.pdf
[11] Reperibile presso: https://www.esa.int/esapub/bulletin/bullet105/bul105_6.pdf
[12] Paragrafo 7 definizioni del Codice di Condotta.
[13] Kumar Padhy A., (2021). Legal conundrums of space tourism. Acta Astronautica, vol. 184, pp. 269-273.
[14] Testo della norma: https://www.unoosa.org/pdf/gares/ARES_26_2777E.pdf
[15] Kumar Padhy A., Kumar Padhy A., (2021). Legal conundrums of space tourism. Acta Astronautica, vol. 184, pp. 269-273.
[16] Von der Dunk F. G., (2019). The Regulation of Space Tourism. Space, Cyber and Telecommunication Law Program Faculty Publications, cap. 8, pp. 177-199.
[17] Adolph J., (2006). The Recent Boom in Private Space Development and the Necessity of an International Framework Embracing Private Property Rights to Encourage Investment. The International Lawyer, vol. 40 (4), pp. 961-985.

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Gianluca Parasole

Dottore magistrale in giurisprudenza laureato presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II e studente del Corso di Alta Formazione in Istituzioni e Politiche Spaziali presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale.

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