Il verbale di conciliazione come titolo esecutivo a rilevanza europea
Il verbale di conciliazione con cui le parti abbiano composto in maniera amichevole una controversia avente mera rilevanza interna, una volta che sia stato dichiarato esecutivo, sarà suscettibile di essere eseguito nello Stato membro in cui fu siglato così come all’estero. In virtù dell’art. 12 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 il verbale (scritto) di conciliazione con cui siano state composte controversie a mera rilevanza interna è suscettibile di divenire titolo esecutivo previa omologazione, con decreto da parte del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo dinanzi al quale si svolse, con successo, il procedimento di mediazione. Purchè il verbale di conciliazione possa assurgere a titolo esecutivo si fa riferimento alla disciplina dettata dall’art. 12, comma 2° del D.lgs 28/2010, il quale prevede che, alla fine del processo di mediazione, “il verbale di raggiunta o non raggiunta conciliazione, se sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che hanno preso parte alla mediazione e costituirà titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione d’ipoteca giudiziale, spettando agli avvocati il controllo circa la conformità dell’accordo alle “norme imperative e all’ordine pubblico” Se il verbale di conciliazione omologato dall’autorità giurisdizionale italiana prevede che una delle parti sia tenuta al pagamento di una determinata somma di denaro, quest’ultimo, quantomeno in relazione a tale obbligazione, potrà essere certificato come titolo esecutivo europeo ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 805 del 2004, a mente del quale le transazioni giudiziarie approvate dal giudice – e tale è il verbale in questione – aventi efficacia esecutiva nello Stato in cui sono state approvate possono circolare all’interno dello spazio giudiziario comune.
In aggiunta, occorrerà che l’obbligazione pecuniaria riguardi una delle materie rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento n. 805 del 2004 tra le quali non può essere annoverata, ad esempio, quella successoria. Il processo esecutivo sarà disciplinato dalle disposizioni processuali vigenti nello Stato in cui l’espropriazione forzata si dovrà svolgere. Tuttavia, sembra possibile affermare che, qualora l’esecuzione debba avere luogo in uno Stato membro diverso dall’Italia e si tratti, ad esempio della Germania, il debitore non potrà opporsi all’esecuzione lamentandosi con successo della circostanza per cui in tale ordinamento, a differenza di quanto si verifica in Italia, il verbale di conciliazione è titolo esecutivo solo ove vi sia la concorde volontà delle parti. L’art. 24 del regolamento n. 805 del 2004, ai fini della circolazione, reputa sufficiente che il verbale di conciliazione sia esecutivo nello Stato membro di origine, lasciando a quest’ultimo ordinamento la libertà di individuare a proprio piacimento i requisiti a cui subordinare il conferimento dell’efficacia esecutiva. Allo stesso modo, il verbale di conciliazione omologato da altro giudice europeo (con l’eccezione della Danimarca), qualora siano soddisfatti i requisiti di cui all’art. 24 del regolamento n. 805 del 2004 ed una volta che sia stato ottenuto il certificato di titolo esecutivo europeo sarà titolo per iniziare un processo di espropriazione forzata in Italia. Se il verbale di conciliazione contiene un’obbligazione pecuniaria proveniente da uno Stato membro che non sia la Danimarca, il quale però non è omologato da un’autorità giurisdizionale ma, ad esempio, è stato depositato presso un notaio e da quest’ultimo munito di esecutività, la sua circolazione all’interno dello spazio giudiziario europeo avverrà ai sensi dell’art. 25 del regolamento n. 805 del 2004 ovvero in quanto atto pubblico, senza però che vi siano differenze sostanziali di disciplina rispetto a quanto si è visto a proposito dell’art. 24 del regolamento n. 805 del 2004. Il medesimo verbale, qualora contempli un’obbligazione alla consegna di una cosa mobile determinata ovvero al rilascio di un bene immobile, situato ad esempio in uno Stato diverso da quello in cui fu siglato l’accordo, potrà circolare all’interno degli altri Stati membri ai sensi dell’art. 57 del regolamento n. 44/2001. (Cfr. E.D’ALESSANDRO, Relazione sulla circolazione del verbale di conciliazione stragiudiziale nello spazio giuridico europeo)
Con l’entrata in vigore del regolamento n. 1215/2012, il nuovo art. 58, che ha sostituito il precedente art. 57 del regolamento n.44, recita al paragrafo 1 “ Gli atti pubblici aventi efficacia esecutiva nello Stato membro di origine hanno efficacia esecutiva negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività. L’esecuzione di un atto pubblico può essere negata soltanto se è manifestamente contraria all’ordine pubblico (ordre public) nello Stato membro richiesto.” Da ciò si evince l’eliminazione della procedura di exequatur inerente anche i singoli atti pubblici, comprendente quindi il verbale di conciliazione.
Poiché il processo di esecuzione si svolge secondo le modalità previste dalla lex fori, resta da stabilire se il titolo esecutivo costituito dall’atto pubblico riconosciuto ex art. 58 regolamento n. 1215/2012 (precedente art. 57 regolamento n.44) possa essere utilizzato, in Italia, per le medesime tipologie di procedura esecutiva per cui è utilizzabile il verbale di conciliazione c.d. interno. In altri termini ci si chiede se esso possa essere utilizzato per instaurare un procedimento di esecuzione in forma specifica qualora nello Stato di origine l’atto pubblico sia, in ipotesi, utilizzabile solamente ai fini dell’espropriazione forzata, oltre le fattispecie in cui l’atto pubblico è considerato titolo esecutivo nello Stato di origine.
Ad una soluzione di tipo positivo, invero, sembra fare da ostacolo il tenore dell’art. 57 regolamento n. 44/2001, sia del nuovo art. 58, il quale esige che l’atto pubblico sia munito di esecutività nello Stato di origine, esattamente per il tipo di esecuzione che s’intende porre in essere nello Stato richiesto. Lo stesso dicasi a proposito dell’allegato VI, il quale deve essere necessariamente unito alla richiesta di concessione della esecutività: vi si prevede che l’autorità formante l’atto nello Stato di origine indichi quale è l’obbligazione che deve essere eseguita coattivamente; ed è logico pensare che l’indicazione seguirà le regole vigenti, in materia di titoli esecutivi, nello Stato di origine del provvedimento. Per questa stessa ragione il verbale di conciliazione trasfuso in atto pubblico italiano, il quale rechi menzione di un’obbligazione di fare fungibile, non potrà circolare nello spazio giudiziario europeo ex art. 57 del regolamento Ce n. 44/2001 ed oggi art. 58 del regolamento 1215/2012 in quanto, come noto, esso in Italia non costituisce titolo esecutivo per l’esecuzione in forma specifica. Più complessa la situazione in riferimento al verbale di conciliazione (ovvero alla parte del verbale di conciliazione) omologato dall’autorità giurisdizionale straniera, il quale preveda che uno dei due aderenti all’accordo sia tenuto non già al pagamento di una determinata somma di denaro ma, piuttosto, alla consegna di una cosa mobile determinata o al rilascio di un bene immobile. In tal caso si verte al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento n. 805 ed è controversa la possibilità di applicare alla fattispecie de qua l’art. 58 del regolamento n. 44 del 2001 (oggi art. 59 del regolamento n. 1215/2012, il quale sostanzialmente riporta il medesimo contenuto del suo precedente). Il problema sorge in quanto la versione italiana dell’art. 59 del nuovo regolamento esige che si tratti di transazioni concluse davanti al giudice nel corso di un processo; requisito, quest’ultimo, non soddisfatto dal verbale di conciliazione stragiudiziale che è soltanto omologato dall’autorità giurisdizionale.
La versione inglese dell’art. 59, tuttavia, parla di “settlement approved by a court” ed il verbale di conciliazione si presta ad essere compreso sotto tale nozione. Proprio a causa delle differenze linguistiche riguardanti il testo dell’art. 58 del precedente regolamento 44/2001 (trasfuso integralmente nell’odierno art. 59), nella comunicazione della Commissione europea al Parlamento del 9 febbraio 2004, COM (2004) 90 def., concernente il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, si è sentito il bisogno di chiarire che l’espressione “transazione giudiziaria” è altresì riferibile alle “transazioni extragiudiziali che sono diventate esecutive in forza di una decisione giudiziaria denominata homologation in francese”. Come enunciato da varie decisione della Corte di Giustizia, una norma di diritto europeo, la quale presenta diversa versioni e congiuntamente diversi significati , deve essere sempre interpretata tenendo conto del contesto giuridico alla quale quest’ultima è riferita (Ex multis: Corte giust, 12 novembre 1969, causa C-29/69, Stauder c. Ulm, in Racc., 1969, p. 419, punto 3; Corte giust., 7 luglio 1988, causa C55/87, Moksel c. Balm, in Racc., 1988, p. 3845, punto 15; Corte giust., 2 aprile 1998, causa C-296/95, EMU Tabac, in Racc., 1998, p. I-1605, punto 36; Corte giust., 19 aprile 2007, causa C-63/06, Profisa, punti 13 e 14, in Racc., 2007, I-3239; Corte giust., 9 giugno 2011, causa C-52/10).
In altri termini: potrebbero essere considerate transazioni giudiziarie sia quelle raggiunte davanti all’autorità giurisdizionale sia quelle concluse in sede stragiudiziale e poi omologate dal giudice, alla stessa stregua di quanto stabilisce l’art. 24 del regolamento n. 805. La questione è, però, più che mai aperta e l’ultima parola a proposito del significato che deve essere attribuito all’art. 58 del regolamento Ce n. 44 del 2001 e all’art. 59 del regolamento 1215/2012, spetterà alla Corte di giustizia, qualora la si solleciti a pronunciarsi in via pregiudiziale interpretativa.
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