Il vizio di omessa pronuncia
Il fenomeno dell’omessa pronuncia si configura, in termini generali, qualora il giudice non abbia statuito “su tutta la domanda” e, quindi, tutte le volte in cui una domanda di tutela sostanziale (omissione di pronuncia totale) o parte di essa (omissione di pronuncia parziale) rimanga senza risposta.
Per quanto riguarda il regime processuale del vizio in esame, è convinzione diffusa che la presenza del fenomeno determini la nullità della sentenza. La sentenza resa, per tale ragione, è invalida, e, il relativo vizio può essere fatto valere in sede di impugnazione per mezzo della norma dell’art 161, 1 comma, c.p.c., e, eventualmente, può essere sanato con il passaggio in giudicato della sentenza[1]. Il vizio non può essere rilevato d’ufficio in sede d’appello, né può essere dedotto per la prima volta in Cassazione, salvo che incida direttamente sulla pronuncia emessa nel giudizio di secondo grado. Ove, poi, sia accertato, il giudice d’appello deve decidere nel merito la causa, non potendo provvedere alla rimessione al giudice di primo grado; qualora, invece, il rilievo avvenga in sede di legittimità la Suprema Corte dovrà provvedere alla cassazione della pronuncia con rinvio ai sensi dell’art 383, 1 comma, c.p.c.
L’omessa pronuncia è un vizio di natura processuale denunciabile come error in procedendo in sede di ricorso per Cassazione ai sensi dell’art 360 n. 4 c.p.c. e non va confusa con l’omessa motivazione. Infatti, il primo vizio implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art 112 c.p.c., tale violazione deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art 360 n. 4 c.p.c. poiché l’omesso esame, in questo caso, concerne direttamente una domanda o un eccezione introdotta in causa; nell’omessa motivazione, invece, l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi su uno dei fatti principali della controversia, tale vizio va denunciato ai sensi dell’art 360 n.5 c.p.c.[2]
La configurazione di omessa pronuncia s’incentra sul confronto fra la pronuncia del giudice e il petitum della domanda avanzata. Ad integrare gli estremi del vizio in esame non basta, tuttavia, la mancanza di un’espressa statuizione del giudizio ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto[3]. Ciò non si verifica quando la decisione comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamene esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia[4]. L’inattività decisoria totale, invece, ossia l’omissione di qualsiasi pronuncia, è estranea alla lettera e alla ratio di questa norma e trova la sua disciplina nella L. 13 aprile 1988, n. 117, che configura la responsabilità del giudice per rifiuto od omissione di pronuncia[5].
Il vizio di omessa pronuncia, che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art 112 c.p.c., perché sia configurabile richiede che l’omissione interessi specificatamente domande della parte che impongono una statuizione di accoglimento o di rigetto[6], sul presupposto che esse non siano proposte tardivamente o comunque siano inammissibili.
In sede di giudizio di legittimità, inoltre, va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenta l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censura l’interpretazione data alla domanda stessa; nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura tipicamente processuale, per risolvere il quale la corte di cassazione ha il potere dovere di procedere al diretto esame degli atti e di acquisire gli elementi di giudizio necessari alla richiesta pronunzia; nel secondo caso, poiché l’interpretazione della domanda e l’apprezzamento della sua ampiezza e del suo contenuto costituiscono un tipico accertamento di fatto, come tale attribuito dalla legge al giudice del merito, alla corte di legittimità è solo riservato il controllo della motivazione che sorregge sul punto la pronunzia.
[1] In proposito, però, come osserva Così A. CARRATTA in CARRATTA-TARUFFO – Poteri del giudice: art 112-120, in Commentario del Codice di procedura civile a cura di Sergio Chiarloni, Libro primo: Disposizioni generali, Bologna, 2011, pag. 209 “occorre distinguere l’ipotesi in cui l’omissione di pronuncia interessi una porzione della domanda (o un’eccezione), dall’ipotesi in cui, invece, lo stesso vizio interessi un’intera domanda proposta. Ed infatti, se nel primo caso la mancata impugnazione della sentenza non può avere altro esito che la formazione del giudicato sostanziale anche con riferimento alla porzione della domanda colpita dal vizio di omissione di pronuncia, la medesima conclusione non potrà valere nel secondo caso, per il quale si è prospettata la possibilità per la parte di scegliere fra la denuncia del vizio in sede di impugnazione e la riproposizione della domanda non decisa in un separato giudizio”; v. (ivi) nota (I) pag. 209.
[2] Così in Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2006, n. 5444 (in Foro it. on line), dove la corte afferma: “la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui al n. 5, art. 360 c.p.c. si coglie nel senso che nella prima l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello uno dei fatti costituitivi della «domanda» di appello), mentre nel caso dell’omessa motivazione l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi su uno dei fatti principali della controversia.” Tra le pronunce in tal senso v. Cass. civ. sez. lavoro, 18 giugno 2014, n. 13866 (in www.leggiditalia.it); Cass civ. sez II, 21 gennaio 2011, n. 1499; Cass. civ. 09 giugno 2011, n. 12176; Cass. civ. 18 maggio 2011, n. 10921; Cass. civ. 27 maggio 2010, n. 12992; Cass. civ. 04 marzo 2010, n. 5203; Cass. civ. 17 luglio 2007, n. 15882 (in www.DeJure.com); Cass. civ. 22 novembre 2006, n. 24856 (in Foro it. on line); Cass. civ. 24 giugno 2002, n. 9159; Cass. civ. 10 aprile 2000, n. 4496.
[3] Cass., sez. II, 23 febbraio 1995, n. 2085; Cass. civ., 22 febbraio 1983, n. 1325 in cui la Corte afferma che: “ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, comporti il rigetto di tale pretesa, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione”; Cass. civ., 09 marzo 1982, n. 1533 (tutte in Foro it. on line).
[4] Così Cass. civ. sez. II, 04 ottobre 2011, n. 20311 (in www.leggiditalia.it) “ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia”. V. anche Cass. civ. sez. I, 08 marzo 2007, n. 5351 (in Foro it. on line); Cass. civ. sez. I, 10 maggio 2007, n. 10696 (in www.leggiditalia.it); Cass. civ. sez. lav. 21 luglio 2006, n. 16788.
[5] Viene in rilievo la responsabilità civile, disciplinare e penale del giudice, integrandosi il c.d. diniego di giustizia di cui all’art 3 legge 117/1988.
[6] È ricca la giurisprudenza in tal senso v. Cass. Sez. VI, 18 giugno 2013, n. 15196 in cui la corte afferma che “il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art 112 c.p.c. ed è rilevante ai fini di cui all’art 360 n.4 c.p.c. sussiste solo in riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedono una statuizione di accoglimento o di rigetto”; Cass. sez. civ. Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7653; Cass. civ. 19 gennaio 2010, n. 709 dove la Corte afferma che: “il vizio di omessa pronuncia, che determina la nullità della sentenza, rilevante ai fini di cui all’art. 360, n. 4 c.p.c. si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto e non anche in relazione a istanze istruttorie, per le quali la omissione è denunciabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione”; Cass. sez. civ. Sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3357; Cass., sez. II, 15 maggio 1996, n. 4498; Cass., sez. II, 29 marzo 1995, n. 3693; Cass., sez. II, 03 giugno 1991, n. 6248; Cass. civ., 06 novembre 1981, n. 5865 (tutte in Foro it. on line).
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Martina Mazzei
Dottoressa in giurisprudenza con 110 e lode presso l’Università degli Studi di Roma Tre.
Ha svolto un periodo di ricerca tesi all’estero, in Francia, presso la “Bibliothèque nationale de France” ai fini della redazione della tesi sperimentale in procedura civile dal titolo “Il potere del giudice di interpretazione della domanda giudiziale”, relatore Prof. Antonio Carratta.
Durante il periodo universitario ha collaborato tre anni con l’Ufficio legale e contenzioso dell’Università degli studi di Roma Tre.
Svolge la pratica forense, a Roma, presso lo studio legale “Cuggiani, Necci e associati”.
Tirocinante ex. art. 73 l. 69/2013 presso Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Roma.
Si occupa prevalentemente di diritto civile e procedura civile ed è autrice di alcuni articoli e approfondimenti in Procedura civile.
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