Il voto plurimo nelle società per azioni (Tesi di laurea)
Il voto plurimo nelle società per azioni
di Federico Capri
Il contributo scientifico da me prodotto nasce dall’esigenza di creare uno spazio di approfondimento dedicato all’analisi metodica delle dinamiche inerenti al sistema “società per azioni” a seguito dell’introduzione dell’istituto dell’azione a voto plurimo e delle “loyalty shares”, attuata ad opera del Decreto Legge “Competitività” n. 91 del giugno 2014, convertito con modificazioni nella legge n. 116 dell’11 agosto 2014, emanato dal Governo Renzi.
L’azione a voto multiplo è un’azione che attribuisce al titolare un voto più che proporzionale rispetto alla partecipazione al capitale sociale ed era largamente diffusa anteriormente all’approvazione del codice civile italiano del 1942. Ciononostante, si decise di vietarne l’utilizzo attraverso l’inserimento di un esplicito divieto di emissione nell’art. 2351 c.c. del 1942, e resta dunque essenziale cogliere la ratio sottesa a tale scelta ed al suo superamento con la riforma del 2014.
La riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, introdotta con il d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366, ha inciso in maniera sostanziale e modificativa sul principio di corrispondenza tra potere e rischio d’impresa.
Il d. lgs. n. 6/2003 tralascia, peraltro, di scalfire il divieto di emissione di azioni a voto plurimo, legittimato dal quarto comma dall’art. 2351, quarto comma e soppresso solo recentemente dal “Decreto Competitività”, convertito con modificazioni dalla l. n. 116/2014.
Attualmente, per mezzo dell’ampliamento di autonomia di cui gode lo statuto sociale, il socio può disporre di un’eterogenea gamma di strumenti finanziari partecipativi, tra i quali le azioni a voto plurimo, capaci di manifestare e tutelare le diverse esigenze speculative e/o amministrative che spingono l’azionista ad investire capitale di rischio in società e in grado di “diversificare” la struttura azionaria del sodalizio.
In Italia la creazione delle azioni a voto plurimo è generalmente consentita ex novo alle sole società non quotate, salvo quanto si dirà in corso d’opera, ma costituisce, in prospettiva comparatistica, un fenomeno di più ampia portata:
la letteratura europea riconosce alle azioni a voto plurimo le caratteristiche dei Control-Enhancing Mechanisms [1], ovvero meccanismi che, concretizzando la formula “power without property” [2], sono impiegati per disgiungere controllo e proprietà e consentono al socio di controllare l’impresa pur detenendo una frazione minoritaria di capitale sociale [3];
dal “Report on the Proportionality Principle in the European Union. Proportionality Between Ownership and Control in EU Listed Companies” [4] si evince chiaramente che in molti ordinamenti (Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Finlandia, Giappone, Stati Uniti, ecc.), l’istituto in esame sia frequentemente approntato, sebbene non manchino limiti all’emissione e al suo esercizio;
nel marzo 2013 la Commissione Europea ha redatto il Libro Verde [5], in cui viene analizzata “l’eventualità di opzioni per la concessione di diritti di voto potenziati o di dividendi superiori agli azionisti di lungo termine” [6] al fine di agevolare il finanziamento a lungo periodo delle società [7];
nel gennaio 2014 la Consob ha condotto un esame attento sulle deviazioni dal principio “one share, one vote” e sui benefici e svantaggi delle azioni a voto multiplo [8] e l’esigua distanza temporale tra questa analisi ed il decreto n. 91 dello stesso anno testimonia come la tematica non risulti avulsa da qualsiasi considerazione teorica e pragmatica.
Nonostante dall’introduzione del voto potenziato sia trascorso poco più di due anni, in molti hanno tentato di rendere meno incerti gli scarni confini normativi e descrittivi della fattispecie presa in esame nel presente lavoro ma ancora, e chissà per quanto, residuano diversi dubbi interpretativi e ricognitivi. A tali problemi cercheremo di dare soluzione, senza alcuna pretesa di esaustività ma con l’auspicio che l’azione a voto multiplo possa sembrare al lettore uno strumento più comprensibile e dai contorni meno oscuri.
[1] Cfr. VILLALONGA B., AMIT R., Benefits and Costs of Control-Enhancing Mechanisms in U.S. Family Firms, 2006, reperibile in internet al seguente indirizzo: http://wgfa.wharton.upenn.edu/VillalongaAmitControlMechanisms.pdf
[2] A.A. BERLE, Power Without Property: A New Development in American Political Economy, Harcourt, 1959
[3] Cfr. P. MONTALENTI, I gruppi piramidali tra libertà d’iniziativa economica e simmetria del mercato, in Riv. soc., 2008, II-III p. 326.
[4] SHERMAN & STERLINGLLP – INSTITUTIONAL SHAREHOLDER SERVICES (ISS) – EUROPEAN CORPORATE GOVERNANCE INSTITUTE (ECGI), Report on the Proportionality Principle in the European Union. Proportionality Between Ownership and Control in EU Listed Companies, reperibile in internet al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/internal_market/company/docs/shareholders/study/final_report_en.pdf
[5] COMMISSIONE EUROPEA, Libro verde – il finanziamento a lungo termine dell’economia europea, 25 marzo 2013.
[6] Ivi, p. 18.
[7] Cfr. ALVARO S., CIAVARELLA A., D’ERAMO D., LINCIANO N., La deviazione dal principio “un’azione – un voto” e le azioni a voto multiplo, in Quaderni giuridici CONSOB, n. 5, gennaio 2014. p. 9.
[8] Ibidem.
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