(In)adempimenti contrattuali ai tempi del Covid-19
Con il perdurare degli effetti derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, le aziende si trovano ad affrontare il problema della difficile gestione degli adempimenti contrattuali a causa delle restrizioni imposte dai governi alla produzione, all’esportazione di beni e all’erogazione di servizi.
Il Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18 (decreto “Cura Italia”), convertito con modifiche mediante la L. 24 aprile 2020 n. 27, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 29 aprile 2020, detta solamente tre norme in relazione agli (in)adempimenti contrattuali, senza però arginare i problemi. Di conseguenza, sarà necessario rifarsi alle norme generali in materia di obbligazioni e alle norme speciali relative ai singoli contratti previste del Codice Civile per addivenire a una soluzione, valutando attentamente caso per caso.
Nell’ambito dei contratti di mutuo, l’art. 54 prevede la sospensione del pagamento delle rate dei mutui fondiari sulla prima casa, previa verifica di requisiti reddituali e di importo, con esenzione alla capitalizzazione di interessi medio tempore maturati.
In materia di locazioni ad uso commerciale, l’art. 65, rubricato “Credito d’imposta per botteghe e negozi”, riconosce ai soggetti esercenti attività d’impresa un credito di imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 di immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (negozi, botteghe) al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19. Sembrano quindi esclusi dall’alveo della disposizione le attività esercitate in forza di un contratto di affitto di ramo di azienda di negozi siti in centri commerciali.
Peraltro, si tratta di una norma di natura fiscale, il cui unico scopo è quello di incentivare l’esecuzione della prestazione dovuta.
Quanto alle locazioni ad uso abitativo, il legislatore ha optato per l’accordo tra i contraenti, residuando in capo agli stessi la volontà di prendervi parte.
Da ultimo, l’art. 91 dispone che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
La norma si limita a rimettere al giudice la valutazione delle conseguenze derivanti dalla crisi sanitaria e economica provocata dal coronavirus ai fini dell’esclusione o della riduzione della responsabilità del debitore in relazione agli inadempimenti contrattuali ex art. 1218 c.c.
Tale ultima disposizione deve essere letta alla luce delle norme generali dettate in materia di inadempimento delle obbligazioni. In particolare, a mente dell’art. 1256, commi 1 e 2, c.c., l’estinzione dell’obbligazione si verifica solo quando l’impossibilità non può essere casualmente ricollegata al debitore. L’emergenza da Covid-19 rappresenta un evento straordinario, imprevedibile, che oggettivamente non può evitarsi nemmeno con la massima diligenza. In altri termini, si tratta di una causa di forza maggiore che impedisce la realizzazione delle prestazioni concordate e non può, pertanto, addebitarsi al debitore. Nei contratti a prestazioni corrispettive, inoltre, qualora la prestazione sia divenuta totalmente o parzialmente impossibile, trovano applicazione rispettivamente gli artt. 1463 -1464 c.c.
Il primo rimedio consente di addivenire alla risoluzione del contratto, ottenendo da controparte la restituzione di quanto già eventualmente percepito secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito ex art. 2033 e ss. c.c., tutelando al contempo l’interesse relativo alla prestazione ineseguita. Di tale strumento viene fatto espresso riferimento anche all’art. 88 bis “Rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici”, introdotto in sede di conversione, che traspone il contenuto dell’art. 28 D.L. 2 marzo 2020 n. 9, ora decaduto.In ambito di locazioni di immobili ad uso commerciale, invece, solo una lettura estensiva dell’art. 1463 c.c., per quanto corretta, ne consentirebbe l’applicazione, equiparando in tal modo l’impossibilità assoluta derivante dallo stato di emergenza da Covid-19 all’impossibilità di godimento degli immobili locati derivante da eventi imprevedibili come i terremoti. Va altresì evidenziato che mentre il conduttore sarebbe esonerato di diritto dal pagamento del canone, il locatore, al fine di far valere il suo diritto, sarebbe obbligato a diffidare l’inquilino o, nel peggiore dei casi, adire l’Autorità giudiziaria per vincere la presunzione di tolleranza dell’inadempimento.
Una risoluzione più vicina allo spirito di solidarietà sociale presente in tale periodo potrebbe rinvenirsi nel secondo rimedio sopracitato, il quale prevede che in caso di impossibilità parziale della prestazione sussista il diritto a ottenere una corrispondente riduzione della prestazione dovuta, oltre al recesso dal contratto qualora non vi sia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale. Il venire a meno dell’interesse alla prosecuzione del contratto, infatti, può essere ricondotto al perdurare dell’epidemia da Covid-19. Come precisato dalla Corte di Cassazione, inoltre, “l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto a meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta inutilizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione” (Cass. Civ. 20.12.2007 n. 26959). In altri termini, può configurarsi l’ipotesi di impossibilità sopravvenuta (totale o parziale) laddove tale impossibilità comporti un’alterazione del sinallagma che renda irrealizzabile la causa concreta del contratto.
Nei contratti a prestazioni corrispettive ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita trova applicazione l’art. 1467 c.c. il quale dispone che laddove la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa in ragione di avvenimenti straordinari e imprevedibili estranei al soggetto che risulta inadempiente, la parte che deve tale prestazione potrà richiedere al risoluzione del contratto, fornendo la prova del fatto da cui deriva l’eccessiva onerosità e dell’origine di quest’ultima.
In ogni caso, dovrà provarsi l’effettiva mancanza di interesse alla prosecuzione del contratto al fine di ottenere quanto previsto dalle norme sopracitate.
Ferme comunque le opzioni di cui agli articoli sopracitati, in assenza di ulteriori strumenti giuridici, è necessario valutare la possibilità di un accordo per addivenire allo scioglimento consensuale o alla rinegoziazione del contratto.
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Nicolò Bottura
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