Inammissibile la consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. se esplorativa e priva di utilità

Inammissibile la consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. se esplorativa e priva di utilità

Sommario: 1. Brevi considerazioni – 2. La vicenda – 3. I motivi della inammissibilità del ricorso ex art. 696 bis c.p.c.

1. L’Accertamento Tecnico Preventivo è uno strumento di istruzione preventiva – ante causam – ben noto agli operatori del diritto. Così come è altrettanto noto  il D.L. n. 35/2005 che ha introdotto nel nostro ordinamento l’art. 696 bis c.p.c. concernente la Consulenza tecnica preventiva finalizzata anche alla composizione della lite. Fermo restando l’importanza della novella legislativa del 2005, non si può non evidenziare come, negli ultimi anni, si stia registrando un discreto aumento nell’utilizzo dello strumento previsto all’art. 696 bis c.p.c., ma non tanto per la maggiore predisposizione dei litiganti alla conciliazione della controversia, ma (probabilmente) perché, in tale specifica ipotesi, non occorre che la parte ricorrente documenti in ricorso la sussistenza dei requisiti della necessità e dell’urgenza che, al contrario, occorre siano, specificatamente, illustrati, dedotti e provati nel caso di un A.T.P. ai sensi dell’art. 696 c.p.c.. Per l’effetto, accade che il ricorrente – anche al fine di evitare il rigetto della propria istanza – opta per lo strumento della Consulenza tecnica preventiva (a titolo esemplificativo e non esaustivo, nelle procedure di risarcimento del danno da sinistro stradale e in quelle finalizzate all’accertamento di vizi e difetti concernenti la progettazione e/o la costruzione di un edificio) anche per le ipotesi in cui sia trascorso diverso tempo tra la data dell’evento e la presentazione del ricorso. E, tuttavia, lo strumento della Consulenza tecnica ex art. 696 bis c.p.c. non potrebbe rappresentare una “scorciatoia” imboccata al solo fine di evitare le lungaggini del nostro sistema giudiziario o di beneficiare di una procedura accelerata e sommaria (analoga a quella prevista, a titolo esemplificativo, per i ricorsi per decreto ingiuntivo) perché ogni strumento di tutela giudiziaria previsto dal legislatore, di norma, si fonda su propri elementi, presupposti e requisiti. Occorrerebbe pertanto che, anche il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. (al pari di tutte le altre domande giudiziali) sia sottoposto ad un vaglio di ammissibilità.

2. La riflessione ut supra esposta perviene a seguito di un’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma in data 03.10.2018 che ha concluso per dichiarare la inammissibilità del ricorso ex art. 696 bis c.p.c.. Nel caso specifico, le parti avevano concluso un appalto per la realizzazione di una Vip Lounge all’interno dell’aeroporto di Fiumicino. A causa di ritardi nella esecuzione delle opere, la committente comunicava il recesso dal contratto. L’appaltatrice, subito il recesso del contratto, promuoveva ricorso ex art. 696 bis c.p.c., per fare accertare al Consulente tecnico d’ufficio lo stato dei luoghi e dei lavori, le cause dei ritardi, quantificandone i relativi danni. E ciò, al fine di poter poi promuovere il successivo giudizio di merito nel quale avrebbe chiesto l’accertamento della illegittimità del recesso esercitato dalla committente e il conseguente danno, oltre che la infondatezza delle pretese creditorie avanzate nei suoi confronti. Si costituiva parte resistente opponendosi alla richiesta avversaria.

3. Come sopra detto, per il Tribunale di Roma il ricorso era/è inammissibile. Il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. è diretto, anche ai fini conciliativi, all’accertamento dello stato dei fatti ed alla determinazione dei danni derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni. E’ scritto nell’ordinanza in esame – è indubitabile che il ricorso debba essere sottoposto ad un vaglio di ammissibilità e rilevanza analogo a quello che il Giudice è chiamato a svolgere in sede di cognizione ordinaria e, dunque, in ordine alla utilità fattuale dell’accertamento richiesto e al carattere non meramente esplorativo del medesimo. E’ necessario verificare che al Consulente tecnico non siano demandate valutazioni di carattere giuridico, non di sua competenza ed escludere che l’accertamento richiesto si riveli inutile in punto di fatto. Dettati i principi sopra esposti, il Tribunale di Roma ha ritenuto che, nel caso specifico, la Consulenza tecnica preventiva era di fatto finalizzata all’accertamento di generici inadempimenti, senza che dal tenore del ricorso fosse possibile coglierne la consistenza e, tento meno, i soggetti nei confronti dei quali la ricorrente intendeva agire. Per l’effetto, si è ritenuto che l’accertamento risultava caratterizzato anche da valutazioni di tipo giuridico che, come tali, esulano dai compiti attribuibili al Consulente tecnico. Valutazioni che, peraltro, risultavano particolarmente complesse stante anche il coinvolgimento di altri soggetti e, quindi, di diversi rapporti contrattuali. A ciò si aggiunga che la inutilità risultava suffragata anche dalla intervenuta modificazione dello stato dei luoghi, stante il completamento dei lavori. Il ricorso veniva dunque dichiarato inammissibile con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di causa.

Riferimenti normativi: art. 696 bis c.p.c.; D.L. n. 35/2005


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