Indagini bancarie dell’amministrazione finanziaria: legittime anche senza autorizzazione
La Corte di Cassazione chiamata a decidere sull’utilizzabilità delle risultanze acquisite nel corso di indagini effettuate sui movimenti bancari dei conti corrente del contribuente e sulla legittimità dell’avviso di accertamento che sulle stesse è fondato, ha deciso che la mancanza dell’autorizzazione – che, tra l’altro, non deve essere necessariamente motivata – non comporta, in assenza di disposizioni specifiche, la non utilizzabilità dei dati acquisiti.
Ciò, a meno che da tale circostanza non sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente oppure venga messa in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso. Pertanto, la mancata o tardiva allegazione della stessa non determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento, giustificato dalle risultanze dei movimenti bancari in tal modo acquisite. Questo è quanto affermato dalla Sez. V della Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 3242 del 10.02.2021.
La vicenda. La pronuncia dei giudici di legittimità risolve il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la quale, in accoglimento dell’appello del contribuente, era stato annullato l’avviso di accertamento allo stesso notificato per il recupero ad imponibile di redditi accertati attraverso indagini bancarie.
Il contezioso traeva origine a seguito di una verifica condotta a carico del contribuente in relazione all’anno di imposta 2005, da cui erano risultate non giustificate operazioni di prelievo e versamento sui conti corrente bancari intestati allo stesso contribuente. Alla notifica dell’atto di accertamento, ha fatto seguito tempestiva impugnazione.
Mentre la Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone aveva, dapprima, rigettato le doglianze del contribuente, in secondo grado, la Commissione regionale ne accoglieva l’appello, ritenendo che la mancata esibizione e produzione tardiva dell’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 32 comma 7 D.P.R. n.600 del 1973 dall’autorità competente, compromettesse la legittimità dell’accertamento e dell’atto impositivo fondato sulle risultanze bancarie così acquisite e ne dichiarava la nullità.
I motivi della decisione della Corte. Gli Ermellini hanno deliberato per l’accoglimento del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima lamentava, tra le altre censure, la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 comma 1 n.7 del D.P.R. n.600 del 1973, in materia di imposte dirette.
Con orientamento ormai consolidato, sia con riguardo all’art. 32 comma 7 D.P.R. n.600 del 1973 – in materia di imposte dirette – che con riferimento all’art. 51 comma 2 n.7 D.P.R. n.633 del 1972 – in materia di IVA – la Corte di Cassazione ha affermato che la mancanza dell’autorizzazione ai fini della richiesta di acquisizioni, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica di per sé l’inutilizzabilità dei dati così acquisiti. Ciò, in assenza di specifiche previsioni normative e sempre che da tale circostanza non sia derivato un concreto pregiudizio del contribuente o sia messa in discussione la tutela di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. In effetti, tale autorizzazione attiene esclusivamente ai rapporti interni ed esplica una mera funzione organizzativa dei rapporti tra gli uffici. Non solo. In materia tributaria non vige il principio dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita, sancito, invece, dall’art. 191 c.p.p., cosicché non può essere inficiata né l’utilizzabilità delle prove acquisite in assenza di allegazione ed esibizione all’interessato dell’apposita autorizzazione né la legittimità dell’atto impositivo che sulle stesse trova fondamento. Diversamente dovrebbe affermarsi nel caso in cui tale autorizzazione sia materialmente assente e da tale condotta ispettiva sia derivato un concreto pregiudizio del contribuente.
Pertanto, ponendosi in continuità con la propria giurisprudenza sul tema, gli Ermellini hanno affermato, in conclusione, che «in materia di indagini bancarie la mancanza di autorizzazione, prevista dall’art. 32, comma 1, n.7 del D.P.R. n.600 del 1973 per l’accertamento delle imposte dirette, e dall’art. 51, comma 2, n.7 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di imposta sul valore aggiunto, la mancanza di autorizzazione ai fini della richiesta di acquisizione dagli istituti di credito di copia delle movimentazione dei conti correnti e di qualsiasi rapporto intrattenuto presso banche o operatori finanziari non implica l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo previsioni specifiche e salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente; inoltre, esplicando una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra gli uffici, non richiede alcuna motivazione e la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso d’accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie» (cfr. Cass. Civ., Sez. V, ord. 3242 del 10.02.2021).
Nel caso di specie, il giudice d’appello non avrebbe tenuto debito conto dell’omessa dimostrazione da parte del contribuente del concreto pregiudizio subito dalla mancata allegazione di una autorizzazione. Da ciò, l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza con rinvio della decisione alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
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