Infiniti contrasti tra i genitori in ordine alla vaccinazione anti-covid19 dei figli minori

Infiniti contrasti tra i genitori in ordine alla vaccinazione anti-covid19 dei figli minori

Nota a Tribunale di Firenze, sez. I, decr., 15 febbraio 2022

In tema di vaccinazioni anti-covid19, laddove sorga un disaccordo tra i genitori sull’opportunità di sottoporre o meno a vaccinazione il figlio minorenne, deve essere preferito quello che meglio rappresenta gli interessi del fanciullo, assecondando la volontà dello stesso, specie nel caso in cui quest’ultimo, tramite l’ascolto informato, abbia espresso la volontà di sottoporsi alla somministrazione della seconda dose del vaccino.

 
Sommario: 1. Il caso di specie – 2. Vaccini e diritto alla salute nella Costituzione – 3. La problematica del consenso rispetto ai trattamenti sanitari relativi ai figli minori – 4. Un breve sguardo alla legge n. 219 del 2017 – 5. L’importanza dell’ascolto informato del minore – 6. Conclusioni

1. Il caso di specie

Con decreto, reso in data 15 febbraio 2022, il Tribunale di Firenze[1], a fronte del contrasto insorto tra due genitori su questione di particolare importanza, ha attribuito al solo padre il potere di assumere in autonomia tutte le decisioni necessarie in ordine alla somministrazione della seconda dose del vaccino SARS CoV-2 per la figlia minore.

Il padre, infatti, aveva presentato ricorso al giudice tutelare fiorentino rappresentando che era insorto un contrasto con la madre in relazione alla opportunità o meno di procedere alla seconda dose della vaccinazione anticovid-19 della figlia tredicenne.

Dal canto suo, la madre si era costituita in giudizio eccependo, in via preliminare, l’incompetenza del Giudice adito a favore del Tribunale in composizione collegiale, ai sensi degli artt. 155, comma 3, c.c., 338-ter c.c. e 709-ter c.p.c., con conseguente richiesta di inammissibilità/improcedibilità del ricorso; nel merito, invece, aveva chiesto il rigetto del ricorso presentato, stante l’asserita inidoneità del padre ad assumere decisioni nell’interesse della figlia in ordine alla vaccinazione.

L’autorità giudiziaria adita, respingeva l’eccezione d’incompetenza sollevata dalla madre-resistente, sottolineando come spettasse al Giudice Tutelare, ai sensi dell’art. 316 c.c., il potere di emanare i provvedimenti ritenuti più idonei al fine di dirimere contrasti sorti tra i genitori su questioni di particolare importanza, quale quella rappresentata dalla somministrazione del vaccino.

Nel giudizio così instaurato, veniva sentita la minore tredicenne la quale esprimeva chiaramente la sua volontà di volere ricevere la seconda dose della vaccinazione.

Il Giudice, quindi, in relazione alla questione prospettatagli, riteneva, a fronte della posizione assunta dalla madre e dell’ascolto della minorenne, che il padre fosse il genitore più idoneo a rappresentare gli interessi della figlia, assecondando quest’ultimo la volontà della minore stessa, la quale, peraltro, aveva già effettuato la prima dose di vaccino; il tutto, ovviamente, previa valutazione da parte del medico c.d. vaccinatore e tenuto conto delle condizioni psico-fisiche della minore e di eventuali patologie della medesima.

2. Vaccini e diritto alla salute nella Costituzione

Una delle scelte più importanti che i genitori sono chiamati a prendere, in presenza di figli minori, attiene ai trattamenti sanitari ed, in particolare, oggi, ai vaccini anti-covid19. Una decisione, questa, non sempre facile da prendere, specie se tra i genitori è venuta meno l’affectio maritalis e i motivi di litigio sono all’ordine del giorno.

Al fine, dunque, di meglio comprendere i termini della problematica in esame preme fin da subito ricordare che il tema delle vaccinazioni rientra in quello più generale dei trattamenti sanitari ed investe molteplici valori costituzionali tra cui: la libertà di autodeterminazione individuale nelle scelte inerenti le cure sanitarie; la tutela della salute individuale e collettiva (tutelate dall’art. 32 Cost.); l’interesse del minore da realizzarsi nell’esercizio del diritto-dovere dei genitori di adottare le condotte idonee a proteggere la salute dei loro figli (artt. 30 e 31 Cost.). Ciò che, infatti, deve essere garantito, è che i genitori non assumano scelte che possano essere potenzialmente pregiudizievoli per la salute dei loro figli[2].

In particolare, il tema delle vaccinazioni dei minori, quale quello anti-covid19 oggetto del provvedimento fiorentino che qui si annota, investe la disposizione di cui all’art. 32 Cost. Tale norma, infatti, richiede il necessario bilanciamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività. Un bilanciamento, questo, che si fa ancora più stringente nei casi di vaccinazioni obbligatorie, in cui l’interesse del minore richiede tutela anche nei confronti dei genitori che non osservino i compiti di cura loro spettanti.

Ebbene, sul punto, la Corte Costituzionale, come certamente si ricorderà, ha affermato a più riprese che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost., purché: quest’ultimo sia diretto a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, e a tutelare lo stato di salute degli altri; possa prevedere che esso non andrebbe comunque a incidere negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, ad eccezione di quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e che, nell’eventualità di danno ulteriore, sia prevista, in ogni caso, un’equa indennità in favore del danneggiato, a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria[3].

L’esigenza, quindi, di contemperare i molteplici principi appena ricordati accorda al legislatore un’ampia discrezionalità nello scegliere le modalità con cui assicurare una prevenzione il più possibile efficace dalle malattie infettive, potendo egli scegliere tra la tecnica della raccomandazione e quella dell’obbligo, modulando, però, in quest’ultimo caso, le misure, anche sanzionatorie, tese a garantirne la relativa effettività. Siffatta discrezionalità, però, deve essere esercitata tenendo sempre presente le diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte[4], nonché i risultati, sempre in evoluzione, della ricerca medica, chiamati a guidare il legislatore nell’adozione delle misure all’uopo più idonee[5].

3. La problematica del consenso rispetto ai trattamenti sanitari relativi ai figli minori

In piena emergenza pandemica, sono sempre di più le controversie relative alle vaccinazioni dei figli minori che, purtroppo, affollano le nostre aule giudiziarie.

Tale trattamento sanitario, infatti, è spesso e volentieri, fonte di forte disaccordo, in quanto investe l’esercizio della responsabilità genitoriale, dal momento che il nostro Ordinamento richiede che entrambi i genitori esprimano il consenso circa la vaccinazione dei figli minorenni.

Con riguardo, quindi, alla problematica del consenso rispetto alle scelte e ai trattamenti sanitari relativi alla salute del minore, possono individuarsi, per così dire, due macro situazioni.

In primo luogo, i genitori o gli esercenti la responsabilità genitoriale potrebbero decidere di opporsi ad un trattamento sanitario che, invece, il medico reputa necessario ed appropriato; in secondo luogo, si potrebbe avere un disaccordo, vale a dire un contrasto tra i genitori relativamente alle scelte da prendere per i figli minori, come nel caso delle vaccinazioni anti-covid19.

Ebbene, nella prima ipotesi, la disposizione a cui fare riferimento è rappresentata dall’art. 3 della legge n. 219 del 2017[6], che disciplina il consenso informato ai trattamenti sanitari con riferimento ai minori, mentre, nella seconda, al fine di individuare la normativa più confacente al caso concreto, occorrerà verificare il tipo di famiglia protagonista della vicenda. Laddove, infatti, la fattispecie riguardi, come nel caso fiorentino oggetto della presente nota, una “famiglia unita”[7], si applicherà la disposizione di cui all’art. 316, comma 2, c.c., mentre, nel caso in cui il contrasto dovesse sorgere all’interno di una famiglia “divisa”[8], troverà applicazione l’art. 337-ter, comma 3, c.c.[9]

L’art. 316 c.c. afferma la regola generale dell’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale: in virtù di tale norma, i genitori sono dunque chiamati ad assumere decisioni, nell’interesse della prole “di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio”.

Tuttavia, al sorgere di un dissidio “su questioni di particolare importanza”, ciascuno dei genitori può ricorrere al giudice, senza formalità, indicando i provvedimenti che ritiene più idonei; spetterà, poi, all’autorità giudiziaria adita, all’esito dell’ascolto dei genitori e del minore ultradodicenne o anche di età inferiore, se capace discernimento, suggerire le soluzioni più vicine al best interest del minore ed a preservare l’unità familiare. Se, però, non si riesca a risolvere il contrasto, la disposizione di cui sopra accorda al giudice di attribuire il potere decisorio al genitore ritenuto, nel caso concreto, più idoneo a soddisfare le esigenze della prole.

La norma, invece, dell’art. 337-ter, comma 3, c.c., si applica nell’ipotesi in cui i genitori siano in disaccordo su questioni di maggiore interesse per i figli, quali quelle legate all’istruzione, all’educazione, alla residenza abituale e alla salute (quindi anche quelle attinenti ai vaccini). In tali circostanze, “la decisione è rimessa al giudice”, ragion per cui, in caso di pendenza del giudizio di separazione, di divorzio, ovvero del procedimento camerale di cui all’art. 337-bis c.c. per le coppie di fatto, la competenza spetterà al giudice che sta già procedendo.

Da ultimo, guardando all’individuazione dell’autorità giudiziaria funzionalmente competente a pronunciarsi sul tema delle vaccinazioni, allo stato dell’arte, il ricorso promosso ex art. 316, comma 2, c.c., rientra nella competenza del Tribunale ordinario (T.O.); qualora, invece, il disaccordo tra i genitori su “una questione di particolare importanza” si inserisse nell’ambito di un procedimento c.d. de potestate di fronte al Tribunale dei Minorenni (T.M.), quest’ultimo non sarebbe competente a risolvere la disputa, in ragione dell’assenza di una vis attractiva in senso inverso in favore di detto Tribunale, per quanto attiene alle domande di competenza del T.O., salvo che il contrasto non si traduca in un cattivo esercizio della responsabilità genitoriale e a condizione che già penda un procedimento de potestate davanti al T.M[10].

In ogni caso, a fronte del ricorso promosso, occorrerà sentire i genitori, il minore se ha compiuto i 12 anni, ovvero anche se di età inferiore, ove capace di discernimento, e il medico competente o acquisire di quest’ultimo il parere[11].

4. Un breve sguardo alla legge n. 219 del 2017

La norma di cui all’art. 3, comma 5, della l. 219/2017, dispone che: “Nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l’amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui all’articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria.

La disposizione in questione, dunque, detta regole per l’espressione del consenso da parte dei minori e degli incapaci, accordando a tali soggetti il diritto alla “valorizzazione” delle proprie capacità di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti costituzionali alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona. Essi, quindi, devono ricevere informazioni sulle scelte relative alla loro salute, nel modo più consono alle proprie capacità, così da essere messi nelle condizioni di esprimere le proprie decisioni.

In particolare, relativamente alla persona del minore, il consenso informato viene espresso o rifiutato da coloro che esercitano la responsabilità genitoriale o dal tutore, il tutto in considerazione della volontà del fanciullo, della sua età e del suo grado di maturità, in modo da perseguire, sempre e comunque, la salvaguardia della salute psicofisica, della vita della persona e della sua dignità.

L’art. 3, comma 5, della l. 219/2017, ha, quindi, unificato, in un unico centro di imputazione, la rappresentanza legale del minore che, in ambito genitoriale, è condivisa tra i genitori e che viene, invece, specificata nei commi precedenti come riferita a tutti coloro che esercitano la responsabilità genitoriale.

Ne consegue, quindi, che nell’ipotesi di disaccordo tra i due rappresentanti legali, spetterà al giudice tutelare decidere sul ricorso del rappresentante legale della persona interessata (che ben può essere l’altro genitore) o dei soggetti individuati dall’art. 406 c.c.[12].

A fronte, quindi, dell’introduzione dell’art. 3, comma 5, della l. 219/2017, il legislatore ha dotato il nostro Ordinamento di un’azione ad hoc, rimessa al rappresentante legale della persona interessata (e anche allo stesso minore), mediante la quale può essere avanzata una domanda al giudice tutelare tenuto, quindi, a decidere nel merito della stessa.

Inoltre, sempre alla luce di quanto previsto dall’art. 3, comma 1, della l. 219/2017, il minore ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e decisione: diritto, questo, che si concretizza nel ricevere informazioni che riguardano la sua salute, tenuto conto delle sue capacità e in modo che possa esprimere i suoi desiderata.

Indi per cui, laddove il rappresentante legale si rifiuti di esprimere il consenso in ordine alle cure proposte per il minore, la norma di cui all’art. 3, comma 5, della l. 219/2017, prevede che la decisione venga rimessa al giudice tutelare[13].

5. L’importanza dell’ascolto informato del minore

Come in parte anticipato, nell’ipotesi di conflitto tra genitori in ordine alla vaccinazione del figlio minore, il giudice può decidere di procedere all’ascolto dei genitori e del fanciullo, che abbia compiuto i 12 anni, ovvero di età inferiore se capace di discernimento (c.d. ascolto informato del minore).

L’ascolto del minore ha origini lontane.

Il primo testo internazionale, in cui si trova affermato il “diritto d’ascolto”, Regole minime per l’amministrazione della Giustizia Minorile (c.d. Regole di Pechino), risale al 1985.

Successivamente, troviamo la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza[14], dove, all’art. 12, comma 2, si parla del diritto all’ascolto, delle opinioni del minore e si afferma che i bambini, le bambine, ragazzi e ragazze devono avere la possibilità di essere ascoltati in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che li riguarda, direttamente o tramite un rappresentante o un organo appropriato[15].

La Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, del 25 gennaio 1996[16], prevede, poi, un vero e proprio “ascolto informato”, in quanto, al minore che abbia un sufficiente grado di discernimento, devono essere riconosciuti una serie di diritti di informazione e di rappresentanza.

Infatti, l’espressione diritto all’ascolto informato ricomprende il diritto del minore di:

a) ricevere tutte le informazioni, essere consultato ed esprimere la propria opinione durante la procedura, nonché il diritto di essere informato circa le possibili conseguenze delle aspirazioni da lui manifestate e delle sue decisioni (art. 3);

b) chiedere la nomina di un rappresentante speciale nei procedimenti che lo coinvolgono, tutte le volte in cui sussista un conflitto d’interessi con i suoi genitori (art. 4);

c) chiedere di essere assistito da una persona idonea di sua scelta, in modo da essere aiutato ad esprimere la propria opinione [art. 5, lett a)];

d) chiedere, personalmente o per mezzo di altre persone od organismi, la nomina di un diverso rappresentante e, nei casi appropriati, di un avvocato [art. 5, lett. b)];

e) nominare il proprio rappresentante [art. 5, lett. c)].

Pertanto, il c.d. “ascolto informato” del minore capace di discernimento rappresenta non solo un principio guida, ma anche il presupposto giuridico per ottenere provvedimenti giudiziari non affetti da vizi procedurali.

Inoltre, la libertà di opinione del minore trova altresì consacrazione nella Carta di Nizza del 7 dicembre 2000, art. 24, par. 1, ove dispone che: “I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità”.

I principi appena ricordati hanno avuto un riconoscimento anche nel diritto comunitario all’interno della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, entrata in vigore il 1.12.2009, nella parte in cui si afferma che: “in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente” (art. 24).

Venendo al nostro Ordinamento, come noto, la legge n. 219 del 2012[17], in tema di filiazione, oltre ad aver ribadito la centralità dell’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano, ha altresì introdotto una disposizione grazie alla quale il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

L’ascolto c.d. informato, dunque, rappresenta un obbligo per il giudice, tanto che ometterlo significa ritenere prevalente il diritto degli adulti sul diritto del pregiudizio che il minore può subire dal comportamento tenuto dai primi. Ne consegue, quindi, che nelle ipotesi in cui si discuta di diritti personalissimi, quali quelli che investono le cure e il diritto alla salute (ex art. 32 Cost.), il minore è il primo titolare di tali diritti personali ed ha, quindi, diritto di farli valere davanti al giudice[18].

E proprio con riguardo ai trattamenti sanitari, a cui ovviamente appartiene anche la problematica della vaccinazione anti-covid19, come espressamente previsto dall’art. 1-quinquies, comma 1, del d.l. n. 172 del 2020: “il parere di un minore è preso in considerazione come un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità[19].

Il giudice, quindi, in questi casi, dovrà procedere all’ascolto del minore e tenere in considerazione, ai fini della decisione, la volontà da quest’ultimo espressa, specialmente se manifestata in modo consapevole ed informata circa i vantaggi e i possibili rischi che il vaccino comporta. Con la conseguenza che la richiesta di vaccinazione sarà accolta o rigettata a seconda della maturità manifestata dal minore e della sua percezione del rapporto rischi-benefici legati al vaccino[20].

Tuttavia, in un recente caso, il Tribunale di Pistoia[21], in controtendenza rispetto alle pronunce degli altri Tribunali rese sullo stesso tema[22], ha rigettato la richiesta avanzata da uno dei genitori in ordine alla vaccinazione dei figli minori, dopo aver proceduto all’ascolto dei fanciulli. In questo caso, infatti, secondo il giudice, i minori avevano evidenziato di essere ancora troppo immaturi, non avendo alcuna percezione o, comunque, una conoscenza troppo superficiale degli effettivi benefici dei vaccini e dei rischi ad esso connessi, specie in punto di efficacia nella prevenzione dei contagi.

6. Conclusioni

Orbene, nel caso di specie, l’ascolto informato, ha rappresentato per il Giudice fiorentino, senza dubbio, il metro fondamentale per assumere la miglior decisione nell’interesse della minore tredicenne[23] e, quindi, per giungere ad autorizzare la vaccinazione anti-covid19 dell’adolescente anche in assenza del consenso di uno dei due genitori[24].

A detta, infatti, dell’autorità giudiziaria, la minore ha manifestato, in sede di ascolto, in modo maturo e responsabile, la sua volontà di sottoporsi alla seconda dose del vaccino anti-covid19.

Il rifiuto, quindi, opposto dalla madre si presentava in contrasto con gli interessi della figlia e, quindi, il Tribunale di Firenze, con riferimento alla vaccinazione in esame, ha ritenuto, a fronte della posizione assunta, invece, dal padre, che quest’ultimo fosse il genitore che meglio potesse rappresentare gli interessi della minore, assecondando quest’ultimo la volontà della stessa, la quale, peraltro, aveva già effettuato la prima dose di vaccino anti-covid19.

Pertanto, l’uomo è stato autorizzato, in virtù dell’art. 316 c.c., ad assumere, in autonomia e in assenza del consenso materno, tutte le decisioni necessarie per la sottoposizione della figlia minorenne alla seconda dose della vaccinazione facoltativa SARS-CoV-2.

 

 

 

 

 

 


[1] Cfr. Trib. Firenze, sez. I, decr., 15 febbraio 2022, in www.osservatoriofamiglia.it
[2] Sul punto v. Trib. Modena, 26 febbraio 2022 e Trib. Milano, 2 settembre 2021, entrambe in www.osservatoriofamiglia.it
[3] Cfr. Corte Cost., 23 giugno 1994, n. 258, in Giust. Civ., 1994, I, 2708; Corte Cost., 22 giugno 1990, n. 307, in www.leggiditalia.it e più recentemente in tal senso v. Corte di Appello Milano, 20 gennaio 2022, in www.osservatoriofamiglia.it.
[4] Cfr. Corte Cost., 14 dicembre 2017, n. 268, in Nuova Giur. Civ., 2018, 7-8, 1029.
[5] V. Cass. Civ., Sez. VI, 23 ottobre 2017, n. 24959, in www.osservatoriofamiglia.it
[6] Cfr. L. 22 dicembre 2017 n. 219, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento. Per un approfondimento v. R. Caterina, I minori e il corpo, in Giur. It., 2021, 6, 1494; M.N. Bugetti, Il consenso alla vaccinazione anticovid19 per i soggetti incapaci ricoverati preso strutture sanitarie assistite, in Corr. Giur., 2021, 4, 449 (1); V. Cianciolo, Il consenso al trattamento sanitario del vaccino anticovid19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite, 18 gennaio 2021, in www.osservatoriofamiglia.it; I. Sardella, La nuova responsabilità sanitaria: quali novità in tema di consenso informato, in Danno e Resp., 2019, 2, 161 e P. Zatti, Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e dat, in Nuova Giur. Civ., 2018, 2, 247.
[7] Il riferimento è ai genitori uniti in matrimonio, ovvero conviventi, uno dei quali contrario al vaccino per il figlio in minore età.
[8] Mi riferisco alle ipotesi di genitori separati, divorziati, ovvero coppie di fatto non più conviventi.
[9] Cfr. Trib. Parma, 11 ottobre 2021, in www.osservatoriofamiglia.it
[10] Cfr. Trib. Minorenni Torino, 1 ottobre 2021, in www.osservatoriofamiglia.it
[11] Non solo, ma il giudice potrebbe anche decidere di disporre una consulenza tecnica d’ufficio di carattere medico-legale volta ad appurare l’inesistenza per i minori di controindicazioni individuali alla somministrazione del vaccino.
[12] Tra questi può essere ricompreso anche lo stesso minore, in quanto interessato a beneficiare del trattamento sanitario.
[13] Secondo parte della giurisprudenza, la disposizione di cui all’art. 3, comma 5, della l. 219/2017, trova applicazione anche nel caso in cui il minore dissenta da entrambi i genitori, in quanto lui vuole vaccinarsi mentre loro sono entrambi contrari, cfr. Protocollo Trib. Genova, 17 settembre 2021, in www.osservatoriofamiglia.it.
[14] Convention on the Rights of the Child – CRC, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in data 20 novembre 1989.
[15] La Convenzione è stata ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991.
[16] Ratificata dal nostro Paese con la legge del 20 marzo 2003 n. 77.
[17] Cfr. L. 10 dicembre 2012 n. 219, Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali.
[18] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, Ord., 31 marzo 2022, n. 10452; Cass. Civ., Sez. I, 6 dicembre 2021, n. 38720; Cass. Civ., Sez. I, 2 settembre 2021, n. 23804; Cass. Civ., Sez. I, 25 gennaio 2021, n. 1474 e Cass. Civ., Sez. I, 13 novembre 2020, n. 25653 tutte in www.osservatoriofamiglia.it
[19] Cfr. Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, art. 6 comma 2; in giurisprudenza recentemente v. ex multis Trib. Bolzano, 23 marzo 2022, n. 1258; Trib. Nuoro, 20 ottobre 2021 e Trib. Bologna, 13 ottobre 2021, tutte in www.osservatoriofamiglia.it
[20] Cfr. da ultimo Trib. Bologna, sez. I, decr., 23 marzo 2022, n. 3600 e Corte di appello di Cagliari, 23 marzo 2022, entrambe in www.osservatoriofamiglia.it
[21] Cfr., Trib. Pistoia, sent., 4 marzo 2022, in www.osservatoriofamiglia.it
[22] Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, le ragioni che hanno portato le autorità giudiziarie ad autorizzare la somministrazione del vaccino anti-covid19 hanno riguardato non solo la salute dei minori, ma anche le inevitabili limitazioni conseguenti alla mancanza della vaccinazione, data la necessità del green pass per poter accedere a contesti della vita scolastica, sociale e sportiva, anch’essa rilevante per il loro percorso personale e di crescita.
[23] Tuttavia, si ricorda che il giudice potrebbe decidere, dandone adeguata motivazione, di non procedere all’ascolto del minore, laddove ritenuto superfluo o pregiudizievole per il minore stesso. Sul punto cfr. Cass. Civ., Sez. I, 12 maggio 2016, n. 9780; Cass. Civ., Sez. I, 5 marzo 2014, n. 5097 e Cass. Civ., Sez. I, 14 febbraio 2014, n. 3540, tutte in www.leggiditalia.it
[24] Cfr. ex multis Trib. Bolzano, 23 marzo 2022, cit.; Trib. Torino, 14 marzo 2022; Trib. Genova, 23 dicembre 2021; Trib. Nuoro, 20 ottobre 2021 cit.; Trib. Bologna, 13 ottobre 2021, cit.; Trib. Monza, 22 luglio 2021; Trib. Massa, 21 settembre 2021 e Trib. Genova, 23 dicembre 2021, tutte in www.osservatoriofamiglia.it

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Francesca Ferrandi

Laureata in Giurisprudenza e in Scienze Politiche presso l'Università di Pisa (con votazione 110/110 e lode) e abilitata alla professione forense nel 2015. Nel 2018 ha conseguito il Dottorato di ricerca presso l'Università di Roma "Tor Vergata" in Diritto e Tutela: esperienza contemporanea, comparazione, sistema giuridico-romanistico. Dal 2019 è membro del Comitato editoriale della Rivista scientifica L'Osservatorio sul diritto di famiglia. Diritto e processo (ISSN 2611-9145). E' autrice di diverse pubblicazioni scientifiche in materia di diritto processuale civile, diritto di famiglia e diritto della crisi d'impresa.

Articoli inerenti