Informativa antimafia: è possibile richiedere informazioni al di sotto della soglia prevista
Cons. Stato, sez. III, 20 luglio 2016 n.3300
A prescindere dalla legittimità della richiesta d’informazione antimafia, il contenuto interdittivo della stessa vale a precludere la nascita di un rapporto contrattuale tra la stazione appaltante ed i soggetti coinvolti dall’informativa o, ancora, a paralizzare le sorti di un rapporto già sorto tra le parti. La finalità dell’informativa interdittiva è quella di evitare che l’Amministrazione possa avere rapporti contrattuali o anche erogare risorse pubbliche ad imprese, per le quali è stato accertato il rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata (riforma T.A.R. per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, n. 291/2013).
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3300 del 20 luglio 2016 ha statuito che anche per i rapporti «sotto soglia», le pubbliche amministrazioni potranno acquisire delle informazioni antimafia, sia quando si dia attuazione ad un «protocollo di legalità», sia quando questo non sia stato concluso.
Per i giudici amministrativi, infatti, potendosi sempre accertare se l’impresa meriti la «fiducia delle Istituzioni», si può attivare il procedimento volto alla verifica della sussistenza o meno del tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata, con il conseguente esercizio dei poteri della Prefettura.
Il Collegio ha ricordato che ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.P.R. 252/1998, applicabile ratione temporis alla presente controversia), le Pubbliche Amministrazioni «devono acquisire» le informazioni antimafia in relazione a determinate soglie di valore, corrispondenti:
– per gli appalti di lavori, servizi e forniture, ad un valore pari o superiore a quello di rilevanza comunitaria (lettera a);
– per le concessioni di beni pubblici, ovvero di contributi, finanziamenti ed altre erogazioni dello stesso tipo (lettera b), nonché per l’autorizzazione di subcontratti, cessioni o cottimi concernenti la realizzazione di lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche (lettera c), ad un valore superiore ai 300 milioni di lire .
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera e), la documentazione antimafia non è comunque richiesta per i provvedimenti gli atti, i contratti e le erogazioni il cui valore complessivo non supera i 300 milioni di lire
Tuttavia ad avviso del Collegio, anche al di là dei casi in cui sussista l’obbligo per l’amministrazione procedente di richiedere le informazioni antimafia, essa è legittimata a richiederle, con i conseguenti poteri-doveri della Prefettura.
La scelta, infatti, di p.a. di avvalersi della possibilità di richiedere l’informativa non è preclusa dall’art. 10, comma 1, del d.P.R. 252/1998 (che impone l’obbligo di acquisire le informazioni, qualora l’importo della gara o della concessione superi la soglia normativamente posta), non essendovi un divieto di richiedere informazioni al di sotto della soglia indicata (in tal senso, cfr. Cons. Stato, V, n. 4533/2008; VI, n. 240/2008; III, n. 2798/2013).
Dunque, il Collegio ha evidenziato che il principio generale da applicare – ai sensi dell’art. 10, comma 2, del d.P.R. 252/1998 e, oggi, dell’art. 94, comma 1, del d.lgs. 159/2011 – è quello per cui, quando emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni non potranno stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni.
Questa conclusione è l’unica che coerentemente con le complessive finalità della disciplina delle informazioni antimafia, è volta ad evitare radicalmente l’erogazione di risorse pubbliche a soggetti esposti ad infiltrazioni di tipo mafioso, e che pertanto mal tollera che ciò possa avvenire solo entro determinati limiti quantitativi.
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