Infortunio sul lavoro: chiarimenti della Cassazione sulla responsabilità datoriale
“Il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l’esonero totale del datore di lavoro da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità e dell’imprevedibilità rispetto al procedimento lavorativo tipico ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento (cfr. Cass., 20 ottobre 2011, n. 21694; Cass., 17 febbraio 2009, n. 3786; Cass. 13 settembre 2006, n. 19559; n. Cass., 14 marzo 2006, n. 5493; Cass., 8 marzo 2006, n. 4980; Cass., 20 marzo 2006, n. 6154)”
È quanto ha deciso la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14629 del 18/07/2016, pronunciandosi sul ricorso presentato dal titolare di una impresa edile individuale, ritenuto responsabile dell’infortunio occorso ad un dipendente che, mentre era intento a svolgere lavori di ristrutturazione in un cantiere di proprietà del datore, cadeva dal tetto da un’altezza di circa 7 mt. riportando fratture multiple giudicate guaribili in 30 giorni.
Il datore di lavoro, a sua discolpa, sosteneva che il lavoratore era salito sul tetto senza alcuna precauzione, nonostante vi fossero cinture e caschi e che lo stesso, operaio esperto, sapeva che la superficie del tetto era gelata.
Dalle risultanze probatorie del giudizio è emersa, però, una realtà fattuale contraria a quella rappresentata dal datore di lavoro che, infatti, non ha dotato il cantiere di impalcature e parapetti di protezione, uniche misure necessarie a scongiurare il rischio di cadute dall’alto degli operai.
Inoltre, la messa a disposizione di altri dispositivi di sicurezza – nella fattispecie caso e cinture – comunque non utilizzati da nessuno dei lavoratori impiegati sul cantiere, ha natura meramente sussidiaria, nel senso che sono adottabili solo quando non sia possibile disporre di impalcati di protezione e parapetti (artt. 16 e 10 D.P.R. n. 164/1956) o di altre opere dirette ad impedire la caduta dall’alto dei lavoratori.
Infortunio, responsabilità, regresso. Profili sostanziali e processuali dell’azione di rivalsa dell’INAIL Copertina flessibile – 31 ott 2013
Diviene così irrilevante ogni ulteriore considerazione in ordine alla conoscenza personale che il lavoratore avrebbe dovuto avere, in ragione della sua formazione professionale, dei rischi collegati alla sua attività, dal momento che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore anche dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, o ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso.
Nel caso di specie, la decisione di recarsi sul tetto risultava comunque inerente all’attività lavorativa e non già frutto di una scelta estranea alla necessità del lavoro, con la conseguenza che era onere del datore di lavoro prevedere tale possibilità ed approntare le misure idonee ad evitare la caduta nonché a far rispettare le norme di sicurezza.
In altre parole, la condotta tenuta dal lavoratore non è ascrivibile al “rischio elettivo”, cioè a quel comportamento contrario a buon senso, adottato dal lavoratore, in conseguenza del quale si è verificato l’infortunio sul lavoro (sul punto cfr. D.P.R. n. 1124/1965, artt. 2 e 10, co. 1; D.Lgs. n. 81/200/ artt. 59 e 20 e, per tutte, Cass. Civ. n. 12487 del 17.06.2015) né può qualificarsi come imprevedibile o abnorme escludendo, in toto, la sua responsabilità.
Giuseppe Rossini
Avvocato in Potenza
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