Infortunio sul lavoro e responsabilità datoriale in caso di appalto
“In tema di infortuni e sicurezza sul lavoro, l’esternalizzazione in tutto o in parte del processo produttivo non esclude che il datore di lavoro possa essere ritenuto responsabile dell’evento, ove egli non dia prova di avere – secondo le previsioni del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 – adeguatamente verificato l’idoneità tecnico-professionale del soggetto cui l’opera è affidata e di avere concorso alla prevenzione del rischio specifico implicato nella realizzazione della medesima, anche mediante un’idonea opera di informazione dei lavoratori addetti”.
È questo il principio di diritto emanato dalla Corte di Cassazione, Sez. Lav., n. 21894/2016, che ha cassato con rinvio la sentenza emanata dalla Corte di Appello di Torino depositata in data 07/06/2010. La Corte torinese, conformemente alle statuizioni del Giudice del Lavoro di primo grado, aveva condannato un appaltatore, ritenendolo responsabile nella causazione del decesso di un lavoratore che, mentre immetteva del calcestruzzo nel cassero di una fondazione, veniva colpito dal braccio meccanico dell’autopompa, di proprietà dell’appaltatore e dallo stesso manovrata.
Il Giudice di prime cure aveva, inoltre, ritenuto il datore di lavoro-committente responsabile, seppure in misura del 20%, dell’infortunio e del successivo decesso del lavoratore. La Corte di Appello adita, invece, sosteneva che una responsabilità del committente non poteva nemmeno essere ravvisata nella mancata vigilanza sui rischi e sulle pericolosità della mansione affidata al lavoratore, posto che solo pochi minuti prima del verificarsi dell’infortunio il braccio della gru, con movimento lento e controllabile, si era abbassato fino a terra e l’appaltatore, manovrando il quadro del proprio mezzo era riuscito a risollevarlo decidendo, con gravissima negligenza, di continuare la gettata.
I Giudici della Suprema Corte, però, hanno rilevato come, nell’escludere qualsiasi responsabilità del datore di lavoro, il Giudice dell’Appello non ha tenuto in considerazione l’articolato insieme di previsioni e cautele poste dal D.Lgs. n. 626/1994, in vigore al tempo dell’infortunio, in relazione al contratto di appalto o d’opera (art. 7) e cioè di affidamento di lavori all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi.
Alla luce delle richiamate norme, la Suprema Corte ha statuito che, in caso di affidamento di lavori a terzi, il datore è tenuto, comunque, a verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto. Oltre a ciò, il datore deve fornire a detti soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare ed è tenuto, inoltre, sia a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, sia a coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori.
In attuazione di tali precisi obblighi di fare, il datore di lavoro–committente non può esimersi da un’attenta verifica dell’idoneità tecnico–professionale dell’appaltatore o del prestatore d’opera, ma deve valutare l’adeguatezza dei requisiti tecnico-materiali delle eventuali macchine da impiegare nell’attività oggetto di affidamento o, in alternativa, la richiesta della documentazione a comprova della loro efficienza.
I Giudici, nella sentenza in commento hanno inoltre precisato che ove al datore non sia possibile “una vigilanza diretta o tramite altro dipendente dotato della necessaria esperienza e preparazione, non può esimersi da un’opera di individuazione del rischio specifico collegato all’uso dei mezzi meccanici da impiegare nell’azienda o unità produttiva e da conseguente opera di informazione dei lavoratori che vi sono addetti”.
Giuseppe Rossini
avvocato in Potenza
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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