INPGI: “onori ed oneri” sul rischio infortuni extraprofessionali dei giornalisti
I premi assicurativi sui rischi per infortuni extraprofessionali corrisposti dai Gruppi editoriali, a favore dei giornalisti-dipendenti sono imponibili ai fini del calcolo dei contributi spettanti all’I.N.P.G.I. ma quest’ultimo ente, ha l’onere di dimostrare l’entità degli stessi.
Tanto, tra l’altro, ha statuito la Suprema Corte di Cassazione con la recentissima sentenza nr. 20709 e pubblicata il 10/08/2018, che peraltro ha fugato ogni dubbio circa il riparto dell’onere probatorio tra il Gruppo editoriale-datore di lavoro e la competente Cassa previdenziale (I.N.P.G.I.) nei contenziosi vertenti sulla gestione dell’obbligazione contributiva in tema di assicurazioni per il rischio per infortunio extraprofessionale dei giornalisti.
Con la locuzione “retribuzione imponibile ai fini previdenziali” si intendono invero tutti gli emolumenti sia in denaro che in natura (cc.dd. “benefit aziendali”) che vengono corrisposti dal datore di lavoro al lavoratore in costanza di rapporto di lavoro, ancorchè dette attribuzioni non siano effettuate direttamente nelle mani del lavoratore medesimo, ma a terzi estranei al rapporto di lavoro per prestazioni di servizi a favore comunque del lavoratore, oppure accantonamenti presso fondi previdenziali o assistenziali.
Di converso, non rientrano nella locuzione appena citata, un elenco di attribuzioni economiche tassativamente indicate dalla legge e brevemente qui riepilogate: somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto (T.F.R.), indennità risarcitorie, accantonamenti presso gestioni previdenziali ed assistenziali nonché per forme pensionistiche complementari, compensi erogati per conto di terzi non aventi inerenza con l’attività lavorativa, erogazioni previste dalla contrattazione collettiva e legate alla produttività e competitività ed infine gli assegni familiari e quelli per il nucleo familiare.
Nel settore editoriale le polizze assicurative dirette ad assicurare i cc.dd. rischi per infortuni professionali stipulate dal Gruppo editoriale-datore di lavoro a favore di giornalisti quali terzi beneficiari, non rientrano parimenti nel predetto reddito imponibile su cui l’INPGI può avanzare la relativa pretesa contributiva, poiché risultano poste in essere nell’interesse del medesimo datore di lavoro, ovvero preordinate a fronteggiare evenienze risarcitorie derivanti dalla responsabilità del datore di lavoro ex-art.2087 c.c. in tema di sicurezza sul luogo di lavoro.
Diverso è, invece, per le polizze assicurative per i rischi per infortuni extraprofessionali, i cui premi versati dal datore di lavoro vanno a comporre la “retribuzione imponibile ai fini previdenziali” con l’onere però per l’istituto previdenziale di indicare e dimostrare l’entità dei premi versati assoggettati a contribuzione.
Nella vicenda che ci occupa, invero, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI) aveva ottenuto tra l’altro, un’ingiunzione di pagamento avverso un gruppo editoriale di rilevanza nazionale, per il mancato versamento di contributi previdenziali, ma correttamente il tribunale adito in sede di giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo promosso dal debitore, revocava il decreto monitorio stante l’omessa specificazione da parte dell’INPGI della natura “imponibile” delle polizze assicurative stipulate dal gruppo editoriale a favore dei suoi dipendenti, non avendo indicato il “quantum debeatur”: ovvero l’INPGI non aveva dettagliato quali, tra le anzidette polizze assicurative, avevano come beneficiari dei dipendenti-giornalisti e quante, tra le medesime polizze, fossero dirette ad assicurare i cc.dd. rischi extraprofessionali ossia le sole, assoggettabili alla contribuzione previdenziali perché parte integranti della predetta retribuzione imponibile.
A nulla poi, è valso il ricorso in appello da parte dell’INPGI poiché la Corte territoriale ha corroborato il dato accertato dal giudice di prime cure, circa il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante su esso Istituto previdenziale, di indicare e dimostrare l’entità dei premi versati dalla società a copertura dei rischi per infortuni extralavorativi.
L’INPGI giunta in Cassazione, per ricorso avverso la sentenza di appello, invocava tra l’altro che fosse enunciato il seguente principio di diritto: “Qualora il datore di lavoro stipuli polizze a copertura dei rischi indistintamente professionali ed extraprofessionali per tutto il personale, l’onere di sceverare la parte di premio riferibile a categorie di lavoratori soggetti a tutele specifiche e l’onere di comprovare la parte di premio riferibile alla copertura dei rischi professionali, fa carico al datore di lavoro che intende limitare l’addebito, altrimenti commisurabile all’intero importo del premio”.
In realtà a l’INPGI è sfuggita l’esatta portata del predetto principio di diritto laddove, anziché preventivamente operare il distinguo tra la parte di premio assicurativo versato per il personale dipendente senza la qualifica di giornalista ed altresì alla parte di premio versato per il rischio professionale dei giornalisti, dalla parte di premio invece assoggettabile ai contributi previdenziali (ovvero quello relativo al rischio per infortunio extraprofessionale dei soli giornalisti) ha strumentalmente invocato il principio di vicinanza della prova, per scaricare sul Gruppo editoriale-datore di lavoro, l’onere di provare l’importo dei predetti premi non assoggettabili a contribuzione.
Tale condotta processuale tenuta dall’INPGI è stata ampiamente censurata sin dalla fase di merito, dov’è stato accertato il mancato assolvimento in capo al medesimo ente previdenziale del relativo onere probatorio; invero, il principio di vicinanza della prova rimette sì, a ciascuna delle parti contendenti l’onere di provare le circostanze che ricadono nelle rispettive sfere d’azione ma non deve essere elusivo del fondamentale principio dell’onere probatorio di cui all’art.2697 c.c. che definisce normativamente i limiti delle predette sfere d’azione, statuendo che la tutela in giudizio di un diritto è subordinata all’allegazione del corrispondente fatto costitutivo e successivamente, controparte deve eccepire la negazione semplice e/o qualificata delle pretese avversarie (attraverso l’allegazione dei cc.dd. fatti impeditivi, modificativi ed estintivi del diritto per cui si controverte); il principio di vicinanza della prova può essere dirimente solo allorchè ci sia una sovrapposizione di tra fatti costitutivi e fatti, estintivi, impeditivi o modificativi, ma nel caso concreto l’INPGI non ha allegato a monte alcun fatto costitutivo in relazione al “quantum” del credito contributivo.
Quanto sopra, trasferito nel rapporto di lavoro è opportunamente contenuto in più pronunce assunte dalla Suprema Corte di Cassazione dal 1983 al 2011 e conformate al principio di diritto secondo il quale:”in materia di determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali, attese, da un lato, la generale presunzione di cui alla L. n. 153 del 1969, art.12, comma 1, (secondo cui si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve in denaro o in natura in dipendenza del rapporto di lavoro) e, dall’altro, la tassatività delle voci, che, in base allo stesso art.12, comma 2 sono parzialmente o totalmente escluse dalla contribuzione, il riparto dell’onere probatorio è che l’ente previdenziale deve provare che il lavoratore ha ricevuto dal datore di lavoro somme a qualunque titolo purchè in dipendenza del rapporto di lavoro, mentre è onere del datore di lavoro provare che ricorre una delle cause di cui al citato comma 2”. (Cfr. Cass. n.461 del 2011; Cass. n. 1077 del 1999; Cass. 5060 del 1983).
La Suprema Corte di Cassazione, chiamata infine a pronunciarsi sulla questione, con la sentenza in commento, ha rigettato la tesi dell’INPGI volta ad addossare alla società datoriale l’onere di provare la parte di premio assicurativo non assoggettabile a contribuzione, rigettando il ricorso, corroborando il suo “decisum” sulla scorta dei principi di diritto innanzi richiamati e statuendo che:” …grava sull’Istituto (n.d.r. l’INPGI) che afferma la sussistenza del credito contributivo, l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa e grava sulla parte che eccepisce di aver diritto agli sgravo contributivi o ad altre forme di detrazione, (n.d.r. il Gruppo editoriale-datore di lavoro) l’onere di provare i fatti impeditivi, in tutto o in parte, del diritto altrui.”.
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Luigi Giuseppe Papaleo
Avvocato Cassazionista - Giornalista Pubblicista
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