Insegnamento 24 CFU, abilitazione ed inserimento in II fascia: facciamo chiarezza
Sommario: 1. Il valore abilitante, il primo orientamento – 2. La modifica normativa oggetto di contrasto – 3. La giurisprudenza favorevole – 4. L’orientamento c.d. “negazionista” – 5. Conclusioni
Si rincorrono sul web articoli e proclami secondo cui il possesso dei 24 CFU nei settori antropo-psico-pedagogici e nelle metodologie e tecnologie didattiche, di cui al decreto ministeriale 616/17, risulterebbero titolo intrinsecamente abilitante valevole per l’inserimento del docente nella II fascia d’istituto (ora I fascia G.P.S.). La questione, di evidente rilievo pratico per il corpo docente, appare -allo stato- discussa e difficile approccio per gli insegnanti interessati.
1. Il valore abilitante, il primo orientamento
Secondo i sostenitori del primo orientamento, il valore abilitante del titolo di laurea, posseduto unitamente ai 24 CFU, deriverebbe, in particolare, dalla disapplicazione dell’art 2 del D.M. 374/2017, rubricato “Titoli di accesso alla II e III fascia delle graduatorie di circolo e di istituto” il quale prevede che: “hanno accesso alla seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto gli “..aspiranti non inseriti nella corrispondente graduatoria ad esaurimento, che sono in possesso, relativamente alla graduatoria di circolo o d’istituto interessata, di specifica abilitazione o di specifica idoneità all’insegnamento conseguita a seguito di concorsi per titoli e/o per esami anche ai soli fini abilitanti (sono esclusi i Concorsi banditi con D.D.G. n. 82/2012,cD.D.G. n. 10512016, D.D.G. n.106/2016 e D.D.G. n.107/2016) ovvero in possesso di uno dei seguenti titoli di abilitazione: l) diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS); 2) diploma rilasciato a seguito della frequenza dei corsi COBASLID (…)”.
Tale disposizione ministeriale parrebbe -secondo un primo orientamento- in aperto contrasto con la normativa costituita dall’art. 1 comma 110 di cui alla legge 107/2015 così come attuata dal legislatore delegato mediante il D.Lgs 59/2017 (oltre che alla normativa comunitaria di riferimento). Con il citato decreto, il legislatore, qualificando il possesso congiunto di laurea e 24 CFU nei settori antropo-psico-pedagogici quale titolo di accesso ai concorsi riservati ai docenti abilitati all’insegnamento, avrebbe -di fatto- ridefinito il concetto stesso di “abilitazione”.
2. La modifica normativa oggetto di contrasto
La legge 107/2015 “cd. Buona Scuola“, all’art 1 prevede che: “a decorrere dal concorso pubblico di cui al comma 114 della stessa legge, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto possono accedere alle procedure concorsuali per titoli ed esami, di cui all’articolo 400 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dal comma 113 del presente articolo, esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all’insegnamento e, per i posti di sostegno per la scuola dell’infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, i candidati in possesso del relativo titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità(…).
Mediante la successiva pubblicazione del D.Lgs 59/2017, veniva introdotta dal legislatore una sostanziale riforma del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nelle scuole secondarie statali, ciò ai sensi della delega conferita dal Parlamento mediante l’art. 1, comma 181 della legge 107/2015 sopra richiamata.
Mediante tale novella il legislatore stabiliva una nuova disciplina di accesso ai concorsi, infatti, tra i titoli di accesso richiesti scompariva totalmente l’abilitazione (da conseguirsi mediante SISS, TFA) sostituita dal requisito “dei tre anni di servizio” ovvero del conseguimento dei “24 cfu” (cfr. artt. 5 e 17 D.Lgs 59/2017).
Secondo il primo orientamento, dunque, il concetto di abilitazione, fino a quel momento inteso come conseguimento dei percorsi TFA, PAS e SSIS sarebbe stato -di fatto- ridefinito dal dettato normativo di cui al D.Lgs 59/2017. Con il citato provvedimento normativo, il legislatore avrebbe operato un’equiparazione -di fatto- tra l’abilitazione (intesa come conseguimento dei PAS, TFA e SSIS) ed il conseguimento dei 24 CFU unitamente al possesso del titolo di laurea.
Altro dato degno di considerazione è quello per cui Ministero dell’Istruzione, mediante l’emanazione del D.M. 92/2019 inerente la partecipazione ai corsi di specializzazione sul sostegno riservati ai docenti abilitati, consentiva la partecipazione -a pieno titolo- a detti corsi, sia ai docenti i quali avevano partecipato con successo ai percorsi SISS-PAS-TFA, sia a coloro i quali risultavano in possesso della laurea unitamente ai 24 CFU.
I docenti in possesso di laurea e 24 CFU, da un lato considerati abilitati, poiché possibili fruitori del corso riservato di specializzazione sul sostegno, vengono esclusi dalla possibilità d’inserimento nella II fascia delle G.I. con conseguente negazione all’accesso al pubblico impiego.
3. La giurisprudenza favorevole
In senso conforme all’orientamento indicato nei precedenti paragrafi, si richiamano diverse pronunce della Giurisprudenza di merito, in particolare: il Tribunale di Messina, con Ordinanza del 02.12.2019, pronunciata in sede di reclamo ex. art 609 -terdicies CPC, all’esito di un percorso di ricognizione normativa concludeva nel senso che: “appare irragionevole ritenere che in tal mutato assetto normativo, i concetti di abilitazione e di idoneità all’insegnamento vadano complessivamente rivisitati (…) e, pertanto: l’inserimento nelle graduatorie di seconda fascia debba essere consentito agli aspiranti che abbiano conseguito la laurea magistrale o a ciclo unico e 24 CFU per accesso FIT, essendo questi “titoli stabiliti dal vigente ordinamento per l’accesso ai corrispondenti posti di ruolo” ex. art 5 de Regolamento di cui al D.M. n. 131/2007, da ricondurre nel novero dei titoli di abilitazione e/o idoneità previsti dall’art. 2 c. 1 del D.M. 374/2017 (con elenco non tassativo, atteso che esso, al n. 6, fa generico riferimento ad “altre abilitazioni” Molteplici sono le pronunce giurisprudenziali a conferma della bontà di quanto appena prospettato (cfr. –ex. multis– Trib. di Busto Arsizio, Ordinanza non reclamata n. cron 34/2020; Trib. Siena, Ordinanza non reclamata n. cron. 2493/19; Trib. Roma, Sentenza n. 11502/2019).
4. L’orientamento c.d. “negazionista”
Occorre sottolineare, però, che esiste all’interno della giurisprudenza di merito un’ulteriore e distinto orientamento opposto a quello capeggiato dal Tribunale di Roma, di cui al precedente paragrafo
Si richiamano, in tema, altrettante pronunce della Giurisprudenza di merito, in particolare: il Tribunale di Sondrio, con Decreto del 26.6.2020, stabiliva che: “ In base alla vista interpretazione letterale, non pare sussistente un substrato normativo utilmente invocabile ai fini voluti dal ricorrente e neppure appaiono fondate le argomentazioni del ricorrente circa l’irragionevole disparità di trattamento che la vista interpretazione letterale delle norme comporterebbe.
Occorre rilevare, infatti, che l’accoglimento della pretesa del ricorrente in realtà comporterebbe il rischio di una discriminazione al contrario, nel senso che verrebbero inseriti nella II Fascia della Graduatorie di Circolo o di Istituto anche docenti che non hanno mai frequentato, a loro spese e con i relativi affidamenti ed aspettative, i vari corsi o percorsi abilitanti che negli anni sono stati previsti in modo alluvionale e caoticamente nella baraonda legislativa tipica del diritto scolastico (si tratta dei cd.sissini, tieffini ecc.) e che hanno acquisito, oltre alla laurea, soltanto i 24 CFU, anche di origine non universitaria e ciò a fronte di differenze sostanziali che permangono tra i vari titoli abilitanti previsti dall’ordinamento” dello stesso avviso anche il Tribunale di Lecco che, con sentenza n. 78/2020 del 10.06.2020 stabiliva che: dalla normativa rilevante in materia emerge che si tratta di percorsi’ rivolti a sviluppare esperienze e professionalità sulla base di procedimenti ben diversi, in ambiti differenziati e non assimilabili. Quanto ai percorsi abilitanti, l’art. 2 del D.M. n 249 del 10 settembre 2010 prevede che “La formazione iniziale degli insegnanti di cui all’articolo 1 é finalizzata a: A) qualificare valorizzare la funzione docente attraverso l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali necessarie a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento vigente. B) E parte integrante della formazione iniziale dei docenti l’acquisizione delle competenze necessarie allo sviluppo e al sostegno dell’autonomia delle istituzioni scolastiche secondo i principi definiti dal D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275. Viene dunque chiaramente in risalto una attività di formazione orientata alla funzione docente’, che di per sé si caratterizza per il continuo contatto con gli allievi, ai quali vanno trasmesse conoscenze anche sulla base di competenze psico-pedagogiche. In definitiva, va condiviso e confermato l’orientamento che, sul punto, valorizza la “diversità ontologica tra percorsi di abilitazione e dottorato di ricerca nonché con il percorso diretto al conseguimento della laurea, evidenziando come non vi siano ne disposizioni espresse, né considerazioni di ricostruzione sistematica che possano indurre l’interprete a ritenere il conseguimento del dottorato di ricerca titolo equipollente all’abilitazione all’insegnamento. La diversità delle situazioni esclude pertanto che possano sorgere dubbi di legittimità costituzionale per disparità di trattamento e violazione del principio di uguaglianza “.
5. Conclusioni
Pare evidente come il legislatore -nel corso degli anni- si sia fortemente impegnato a creare il massimo disordine e caos normativo nella materia scolastica di riferimento.
Disordine legislativo cui è seguito un ulteriore -evidente- disordine giurisprudenziale che ha condotto ad ulteriori discriminazioni (de facto) per cui: in dati casi e in dati territori, alcuni docenti in possesso dei richiamati 24 CFU, grazie all’esito favorevole di un procedimento giudiziario, si sono visti inseriti in II fascia mentre, altri docenti -in possesso i medesimi titoli- si sono trovati, invece, esclusi dalla citata graduatoria in esito ad un iter processuale terminato con esito opposto.
Tali orientamenti e aspettative, oltretutto, potranno presto rimanere travolti dalla nuova riforma che ha portato alla creazione delle graduatorie provinciali ed ulteriori problemi applicativi, atteso che, sul punto si stanno già rincorrendo nuove pronunce giurisprudenziali di segno opposto.
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Nicola Ambrosetti
Docente a-046.
Collaboratore Studio Legale Arduini-Baruffi, Sondrio (SO)
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