Ippolito Cavalcanti, il duca afragolese sulle tavole italiane e francesi

Ippolito Cavalcanti, il duca afragolese sulle tavole italiane e francesi

Sommario: 1. Dignità letteraria di un trattato di cucina – 2. Notizie biografiche su Ippolito Cavalcanti – 3. Il Trattato di cucina teorico-pratica – 4. Un aneddoto sulla frittata con le cipolle – 5. Breve conclusione

1. Dignità letteraria di un trattato di cucina

<<Se è vero che dall’acconcio modo di cibarsi, è dato a noi di eludere molti malanni, una operetta che sul proposito si versi ha certo la sua utilità che manca forse a tanti bisticci letterari>>.

Con queste parole, che ben esprimono l’intento del libro di porsi a pieno titolo in un più ampio ed articolato contesto letterario, al di là della materia trattata, ha inizio il “Trattato di cucina teorico-pratica” di Ippolito Cavalcanti, una delle opere più fortunate dell’Ottocento, per la vastità di lettori e per la rapida diffusione in Italia e in Francia.

Al lettore odierno potrebbe apparire singolare la fortuna vasta ed immediata che un libro di cucina ebbe in un secolo così denso di avvenimenti culturali, politici e sociali, che, subentrati alle tragiche certezze illuministe, mutarono profondamente il volto dell’Europa.

Più di qualcuno, poi, potrebbe lasciarsi andare ad amare considerazioni sul peso della fortuna nella pur sempre indecifrabile vicenda umana, ma, ad onore del vero, errerebbe non poco.

Ippolito Cavalcanti, infatti, si rivela da subito per quello che è: un letterato smaliziato e di non poco valore, attento e consapevole dei mutamenti letterari, che sempre più stabilmente venivano a porsi in essere con la vita reale, mutando profondamente il ruolo e il compito dello scrittore, sempre più indirizzato ad interprete della vita.

La cucina e la gastronomia, relegate da sempre ad un ruolo molto marginale da una lunghissima quanto ingiustificata tradizione letteraria, acquistano nel “Trattato” una dignità letteraria inusitata prima del Cavalcanti.

Motti arguti, intelligenti ed avanguardiste considerazioni mai disgiunte da uno stile chiaro, vario e scoppiettante, sono senza dubbio alcuno gli elementi stilistici di un’opera che, a parere di tutti, ha anticipato di due secoli le conquiste e le scelte del moderno nutrizionismo.

L’opera fu molto apprezzata ed ebbe un successo sbalorditivo, come ben dimostrano le nove edizioni stampate nella sola Italia tra il 1852 e il 1865.

2. Notizie biografiche su Ippolito Cavalcanti

Discendente dalla nobile famiglia fiorentina, della quale Guido, poeta stilnovista ed amico di Dante, è senza dubbio alcuno l’esponente più noto, Ippolito Cavalcanti, primogenito di cinque figli, nacque ad Afragola il 2 settembre 1787 da Guido ed Anna Capparelli, sua seconda moglie.

Il padre, cadetto del ramo Buonvicino, era diventato nel 1786 governatore regio di Cappa e di Spada; nel 1787, un mese prima della nascita di Ippolito, venne da Napoli trasferito ad Afragola, per amministrare la giustizia: in quella circostanza ebbe anche il titolo di duca, titolo che, nella gerarchia nobiliare europea, è tra i più elevati, inferiore solo a quello di principe. Con il ritorno del Borbone a Napoli, dopo la tragica e sanguinosa esperienza della Repubblica partenopea, Guido ritornò con la famiglia a Napoli, in via Toledo 348, dove ancora oggi è possibile ammirare buona parte dello splendido palazzo dei Cavalcanti.

Il giovane Ippolito, di conseguenza, completò la sua formazione culturale a Napoli, ma rimase sempre in contatto con la sua terra natia, come risulta anche da diverse ricette di cucina, che l’autore afferma di avere ricavato dalla tradizionale cucina dei contadini di Afragola.

Nel 1810, poco più che ventenne, sposò Angela Como. Figlia del duca di Casalnuovo di Montenotaro e di Santo Stefano del Molise.

Poco dopo il matrimonio venne a mancare il padre e il giovane Ippolito, avendo ereditato il titolo di duca di Afragola, non tralasciò mai, pur nella mutevole incertezza del tempo, di adoperarsi per la crescita e il benessere del suo paese di origine.

Nominato consulente culinario di Casa Reale Borbone delle due Sicilie, divenne, subito dopo il matrimonio, membro degli Eletti di Napoli, una ristretta cerchia di nobili che avevano il compito di collaborare con il re per il governo della città.

Nel 1815 diede alle stampe un opuscoletto intitolato “Storia dei cavalieri del Santo Sepolcro”, testo assai interessante per le informazioni che ci fornisce e che furono tratte dall’archivio della famiglia Cavalcanti, numerosi membri della quale avevano ricoperto posti di primo piano nell’Ordine dei Cavalieri di Malta.

Nel 1837 affidò all’editore Marotta il manoscritto del “Trattato di cucina teorico-pratica”, che, dato alle stampe, ebbe un successo rapido ed inaspettato dallo stesso autore.

Di quest’opera, più approfonditamente, parleremo tra poco. Famoso in tutto il Regno delle due Sicilie, che la morte di Francesco II avrebbe lasciato allo sfacelo, molto apprezzato anche da casa Savoia, che di lì a poco avrebbe unificato il Paese, Ippolito Cavalcanti morì la sera del 5 maggio 1859, serenamente e munito dei conforti religiosi.

3. Il Trattato di cucina teorico-pratica

Scritto in lingua italiana, prevedeva ricette per la cucina dei nobili, in un’ottica nutrizionale che dire moderna è dire poco.

Due anni più tardi, nel 1839, il “Trattato” fu arricchito e completato dalla “Cusina caserinola co la lengua napoletana”, che raccoglieva, modificandole, ricette provenienti da diverse classi popolari.

Il duca afragolese, illustre per nascita e per i meriti acquisiti in quell’arte che oggi viene universalmente definita “cucina mediterranea” (non a caso gli fu dedicato il primo Istituto Alberghiero d’Italia, nato a Napoli nel 1959), parlando di questa sua opera, amava dire che l’aveva scritta <<per divagarsi nei momenti d’ozio>>.

Ben diversa è la realtà: dedicò, infatti, ad essa venticinque anni di lavoro, anche a causa delle continue riscritture, dei costanti aggiornamenti e dello studio ininterrotto sulle capacità nutrizionali degli alimenti.

Oggi le ricette del “Trattato”, nella sua duplice versione linguistica, sono conosciute ed apprezzate in gran parte dell’Europa e molte di esse sono state “rubate” da diverse nazioni, in particolar modo dalla immancabile Francia, non nuova a queste nobili azioni.

Vogliamo per nostro vezzo, ricordare alcune di esse, che, al di là del loro valore nutrizionale, trovano la nostra incondizionata simpatia: parmigiana di melenzane, vermicelli alle vongole, pasta e fagioli, minestra maritata, pasta cacio ed ova, baccalà fritto, il ragù, il sartù, i panzerotti, la pizza fritta, la frittata con le cipolle, le zeppole di S. Giuseppe e la pastiera.

Stando a quanto riferito da Pietro Maiorana, l’unico biografo dell’illustre afragolese, le ricette della pasta e fagioli e della fittata con le cipolle il Cavalcanti le avrebbe tratte, modificandole in parte, dalla cucina dei contadini di Afragola.

4. Un aneddoto sulla frittata con le cipolle

Raccontano le cronache orali che il re Vittorio Emanuele III di Savoia, molto legato alla città di Napoli, dove trascorse cinque anni della sua vita, amava andare a cavallo nelle campagne di Afragola, in particolare in quelle situate nella zona di S. Marco.

Conoscendo bene il dialetto napoletano, che riteneva essere una delle sue quattro lingue preferite, non disdegnava, pur essendo introverso e severo, di dialogare con i contadini in incognito.

Un giorno, stanco per la galoppata, si avvicinò ad un gruppo di contadini che desinavano all’ombra di un albero in allegria e con evidente soddisfazione.

Incuriosito, si avvicinò e domandò che cosa stavano mangiando, che li rendeva così felici.

<<Oggi è giorno di festa per noi>> risposero <<stiamo mangiando la frittata con le cipolle>>.

Senza che il re lo chiedesse, offrirono al signore un pezzo di frittata in mezzo ad un buon pezzo di pane.

Il re gradì molto, ringraziò e, dopo aver scambiato quattro parole si allontanò dicendo ai contadini sbalorditi che quel giorno avevano reso al loro paese un grande favore.

Tempo dopo, tornato a Torino, proclamò Afragola città: era il 5 ottobre del 1935.

Non contento, volle che anche a Roma ci fosse una via dedicata alla città di Afragola.

Ancora oggi a Colle Monfortani, una frazione di Roma esiste Via Afragola.

Appare del tutto evidente che nel racconto orale diversi elementi si fondono con elementi che potrebbero apparire di pura fantasia, ma… la frittata di cipolle è un cibo squisitamente afragolese, Vittorio Emanuele III veramente conosceva bene la provincia napoletana e Via Afragola a Roma è una realtà dal 1936, per quanto ci è dato di sapere

5. Breve conclusione

Ippolito Cavalcanti, Angelo Mozzillo, Gennaro Aspreno Rocco, Carlo Fiorilli, Francesco Castaldi, Giuseppe Cerbone: sono questi gli uomini illustri evidenziati dalla mia penna, scoperti e riscoperti dalla mia costante ricerca, sempre documentata accuratamente.

Alcuni di essi, ancora semisconosciuti, e parlo di Angelo Mozzillo e di Giuseppe Cerbone, hanno avuto la malasorte di incappare nelle penne di avventurieri capaci di inventarsi qualsiasi cosa pur di avere un momento di celebrità, ma il tempo è galantuomo e non dubito che la verità emergerà in tutto il suo splendore.

Altri, invece, Carlo Fiorilli e Francesco Castaldi, sono il frutto esclusivo delle mie accurate ricerche ed attendono di esseri collocati nel novero degli uomini illustri che hanno onorato Afragola nel campo culturale, politico e religioso.

Gennaro Aspreno Rocco aveva già una sua indiscussa notorietà: spero, però, di aver dato un non piccolo contributo alla diffusione della sua vasta opera ancora sconosciuta e diffido gli avventurieri dall’invenzione e dal riciclaggio del lavoro altrui.

Usassero, se hanno la capacità, il loro talento e basta.

Ai miei lettori dico: insieme facciamo crescere i nostri paesi di origine e non disperdiamo la memoria del passato.


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Andrea Romano

Laureato in Lettere classiche, fondatore del disciolto gruppo archeologico di Afragola, Andrea Romano è autore di numerose pubblicazioni a carattere storico, artistico e letterario. Le sue competenze in campo archeologico l’hanno portato a scoprire numerose necropoli e ad individuare l’ubicazione dell’acquedotto augusteo in Afragola, suo paese d’origine. Prossimo alla pensione, attualmente è docente di religione presso la Scuola Secondaria di primo grado “Angelo Mozzillo”, pittore del quale ha scritto l’unica biografia esistente, dopo aver raccolto e analizzato quasi tutte le tele dell’artista afragolese, prima quasi del tutto ignorato. Ricercatore instancabile, ha portato alla luce un manoscritto inedito di Johannes Jørgensen, di prossima pubblicazione.

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