Istanza di accelerazione del processo: limite all’indennizzo per irragionevole durata

Istanza di accelerazione del processo: limite all’indennizzo per irragionevole durata

L’istanza di accelerazione del processo, inizialmente disciplinata dall’articolo 2 quinquies della legge Pinto, aggiunto alla normativa originaria del 2001 con la legge 134 del 2012, ed oggi prevista dal nuovo articolo 1 ter comma 2, inserito nella legge con un’ulteriore novella del 2015, rappresenta un limite al riconoscimento dell’indennizzo per irragionevole durata del processo?

È quello che si è chiesta la prima Sezione civile della Corte di Cassazione che, trasmettendo gli atti al Giudice delle Leggi, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del suddetto articolo per supposta incompatibilità con la normativa e la giurisprudenza sovranazionale.

L’occasione è data da un ricorso incidentale promosso dal Ministero della Giustizia con il quale si chiedeva che venisse negato l’indennizzo precedentemente riconosciuto al ricorrente principale in quanto quest’ultimo, nel corso del processo originario, non aveva depositato alcuna istanza di accelerazione, requisito che, ratione temporis, era da considerarsi necessario per la proponibilità della domanda.

La Suprema Corte, infatti, richiamando l’orientamento formatosi nel tempo della Cedu relativamente al requisito “gemello” previsto nel processo amministrativo, quale l’istanza di prelievo ex art.1 ter comma 3 della Legge Pinto, esprime le sue perplessità su strumenti che poco hanno a che vedere con la riparazione adeguata per irragionevole durata del processo prevista dall’articolo 13 della Carta Edu.

Decisivo, in questo senso, è il richiamo a due importanti decisioni dei Giudici di Strasburgo: Daddi c. Italia, con la quale vengono anticipati i primi dubbi sulla normativa nazionale in esame, e Olivieri c. Italia, con la quale i medesimi dubbi vengono convertiti in critica e censura espresse.

Ciò che, in particolare, costituisce il fondamento logico-motivazionale delle decisioni delle Corte è quanto la previsione di uno condizione pregiudiziale al ricorso, quale è l’istanza di prelievo, sia, di fatto, contraddittoria rispetto alle finalità della normativa stessa e al diritto ad una ragionevole durata del processo tutelato sia a livello nazionale che sovranazionale.

Tre, in sintesi, sono i punti “deboli” dell’istituto previsto dalla Legge Italiana:

  1. la mancanza di una chiara utilità dello stesso, rispetto allo scopo di accelerare efficacemente i tempi processuali;

  2. il carattere meramente formale dell’istanza, che non ha altro effetto se non quello di ostacolare ed allungare i tempi per il ristoro delle ragioni del ricorrente;

  3. il dato che l’immediata consequenzialità tra la mancata presentazione dell’istanza e l’inammissibilità dei ricorsi per equa riparazione è tale da impedire la “riparazione adeguata e sufficiente” prevista dall’articolo 13 della Convenzione Edu.

Tutto ciò, sostiene la Corte, rende la disciplina nazionale non in grado di garantire il carattere di “effettività” del ricorso.

Analoghe considerazioni, secondo il Supremo Giudice di legittimità, devono valere anche per l’istituto previsto per il processo penale, e cioè l’istanza di accelerazione oggi prevista e disciplinata dall’articolo 1 ter, comma 2, della Legge Pinto.

La parola ora passa alla Corte Costituzionale, chiamata ad alimentare un dialogo che, da più di quindici anni, coinvolge, non soltanto le corti nazionali ed il legislatore, ma anche i più autorevoli giudici sovranazionali.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Gianlorenzo Franceschini

Gianlorenzo Franceschini nasce nel 1990 e si laurea in Giurisprudenza nel 2015, con il voto di 110/110, scrivendo una tesi in Economia dell'impresa e dell'innovazione dal titolo "Barriere all’Innovazione. Il loro impatto sulla performance dell’impresa e le strategie di intervento". Perfeziona, in seguito, anche la pratica forense in uno studio legale, occupandosi prevalentemente di diritto civile e di diritto di famiglia, ed il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 D.L. 69/13 presso la Procura della Repubblica di Pesaro. Nell'ottobre del 2018 consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense.

Articoli inerenti