La burocrazia in America: breve excursus dai Federalist Papers al New Deal
Sommario: 1. Burocrazia: definizione e struttura – 2. Burocrazia in America – 2.1. Federalist Papers e Costituzione – 2.2. Presidenza Jackson e nascita dello spoil system – 2.3. Esigenze di riforma: Pendleton civil service act (1883) – 2.4. Da Roosevelt a Roosevelt – 3. Conclusioni
1. Burocrazia: definizione e struttura
Secondo una delle teorie più autorevoli riguardanti la burocrazia, elaborata da Max Weber, quest’ultima rappresenta l’apparato amministrativo tipico per l’esercizio del potere legale – razionale, basato sulle norme e sulle regole e, dunque, in contrapposizione al potere carismatico del capo o a quello tradizionale.
Il tipo più puro di potere legale è quello che si avvale di un apparato burocratico amministrativo, in cui soltanto il capo del gruppo detiene la sua posizione di comando in virtù di una appropriazione, elezione o designazione.
Il complesso dell’apparato amministrativo consiste di funzionari, i quali obbediscono a doveri oggettivi di ufficio in una precisa gerarchia d’ufficio, con precise competenze di ufficio; sono assunti in forza di un contratto a seguito di una libera selezione e possiedono una qualificazione specializzata; sono ricompensati con uno stipendio stabilito in denaro ed il proprio ufficio è considerato come professione unica o principale[1]
2. Burocrazia in America
2.1. Federalist Papers e Costituzione
Analizzando attentamente la Costituzione degli Stati Uniti non si rinvengono nel testo indicazioni riguardanti la pubblica amministrazione; neppure, i Padri Fondatori specificarono in maniera chiara che ruolo dovesse assolvere l’amministrazione federale nel nuovo sistema di governo che stava venendo ad esistenza.[2]
Affinché si possano rinvenire indicazioni sull’amministrazione bisogna andare a ritroso sino ai Federalist Papers, nei quali viene confermato come il problema di assegnare uno spazio di azione alla pubblica amministrazione fosse presente nei dibattiti dell’assemblea costituente: nel paper n.72, scritto da Alexander Hamilton, si invitava i delegati a ratificare la Costituzione in quanto dal nuovo Stato sarebbe emersa una pubblica amministrazione più efficace.[3]
In essa Publius[4] vedeva una forza dinamica che avrebbe svolto un ruolo di vitale importanza nel nuovo regime di libertà che si stava per instaurare.
Il fil rouge che pervade lo sviluppo e la crescita dell’amministrazione federale è rappresentato dal tentativo di adeguare i mutamenti che intercorrono nell’apparato amministrativo rimanendo fedeli al dettato costituzionale per come definito nel 1787.[5]
Le trasformazioni occorse nell’istituto della Presidenza hanno sempre più qualificato il Presidente quale unico titolare del programma di governo e unico membro dell’esecutivo legittimato a definire le politiche pubbliche, comportando anche una rivisitazione dei rapporti intercorrenti tra potere politico ed amministrazione.[6]
Con gli USA assurti a ruolo di superpotenza mondiale e il Presidente quale unico organo eletto su base nazionale, ne è conseguita una tendenza nella direzione di una concentrazione di responsabilità nella sua persona, con la conseguenza che la necessità di quest’ultimo di controllare l’amministrazione federale rappresenta uno strumento essenziale per l’attuazione del suo programma politico.[7]
In Costituzione è possibile rinvenire il quadro istituzionale entro il quale può essere realizzato il controllo presidenziale sull’amministrazione: il Presidente
“…nomina, mediante e con il consenso del Senato, ambasciatori, altri ministri e consoli, giudici della Corte Suprema, e tutti gli altri funzionari degli Stati Uniti: a tali nomine non si può provvedere se non nel modo che dovrà essere disciplinato dalla legge; tuttavia il Congresso può affidare la nomina di funzionari di grado inferiore, se lo ritiene opportuno, al solo Presidente, alle corti di giustizia o ai capi dei dipartimenti.”[8]
Lo stesso articolo continua prevedendo che “il Presidente potrà coprire i posti vacanti che si producano tra la fine di una sessione del Senato e l’inizio di un’altra, conferendo incarichi che avranno termine alla fine della sessione successiva.”[9]
Le più importanti clausole in materia di conferimento di incarichi pubblici sono state al centro di ripetuti contrasti tra il Presidente ed il Congresso sul controllo da operarsi sulla nomina e sulla destituzione di funzionari federali.[10]
Uno dei modi più efficaci per esercitare il proprio controllo sull’amministrazione è rappresentato dal potere di nominare soggetti che si rendano disponibili a seguire l’indirizzo politico del Presidente e, conseguentemente, dal potere di revocare quei funzionari che non si dimostrino propensi a realizzare il suo indirizzo politico: la Costituzione contiene precise indicazioni circa la facoltà di nomina, non fornisce invece alcuna direttiva riguardo quello di revoca dei funzionari.[11]
2.2. Presidenza Jackson e nascita dello spoil system
Lo spoil system rappresenta uno strumento di democratizzazione del sistema amministrativo e, sebbene sia analizzato a posteriori come un sistema di promozione della corruzione politica, in origine esso non rappresentava niente del genere.[12] Il sistema delle spoglie ha caratterizzato profondamente l’amministrazione americana e ne ha condizionato la struttura e la capacità operativa non solo del comparto federale ma anche di quello statale e locale.
Lo spoil system prevede che le posizioni di vertice dell’organizzazione amministrativa sia assegnate in base all’appartenenza politica al partito del candidato Presidente che ha vinto le elezioni.[13]
Esso consiste in una vasto potere di nomina degli incarichi di vertice dell’organizzazione amministrativa federale affidata al Presidente, il quale dispone del potere di realizzare una rotazione del personale degli uffici, attuando così una profonda politicizzazione della gestione degli impiegati pubblici.[14]
Il sistema delle spoglie rappresenterebbe il principale baluardo di un governo democratico nei confronti dell’apparato amministrativo.[15]
Era parte di un progetto ancora più vasto di governo democratico che andava a sfidare la concezione quasi aristocratica del periodo repubblicano, si rendeva necessario un mutamento nella teoria della distribuzione delle cariche di governo.
Come il Presidente Jackson, iniziatore di tale sistema a cui esso è strettamente legato, suggeriva nel suo primo messaggio di apertura al Congresso nel dicembre del 1829, lo spoil system rispondeva ad una precisa teoria politica. La democrazia poteva essere corrotta senza che vi fosse alcuna corruzione strictu sensu intesa.
“Ci sono, forse, alcuni uomini che possono per qualche tempo detenere il potere ed essere titolari di cariche senza essere più o meno soggetti ad influenze contrarie ad un adempimento corretto dei loro doveri pubblici. La loro integrità può portare ad escludere giudizi negativi nei loro confronti, ma essi sono tuttavia soggetti ad acquisire l’abitudine di considerare con indifferenza gli interessi pubblici e di tollerare comportamenti da cui un uomo inesperto rifuggirebbe.”
Egli continua affermando: “i compiti di tutti i funzionari pubblici sono, o almeno possono essere resi, così semplici e ordinari che gli uomini di una certa intelligenza imparano presto a svolgerli; ed io credo che mantenendo gli stessi funzionari per lungo tempo nella stessa carica si perda più di quanto non si guadagni con la loro esperienza.”[16]
Una volta messa in atto, l’opposizione a tale teoria prese forma tramite attacchi alle nomine operate da Jackson e di rifiuto di alcune di esse.[17]
I Presidenti, da Jackson a Lincoln, fecero grande uso dello spoil system per consolidare il proprio vantaggio elettorale e ricompensare i propri sostenitori, generando in tale maniera un aumento dell’importanza del patronage.[18]
Nella seconda metà dell’Ottocento divenne evidente che la diffusa elettività delle cariche pubbliche, unita al sistema delle spoglie, non avevano affatto rafforzato il principio della rappresentatività della pubblica amministrazione, ma aperto piuttosto la strada al bossismo: gli interessi personali e di partito erano stati anteposti a quelli generali. Da qui l’emergere dell’esigenza di affermare il valore della competenza neutrale della pubblica amministrazione e di invertire il processo di politicizzazione della stessa.[19]
2.3. Esigenze di riforma: Pendleton civil service act (1883)
I movimenti riformatori degli anni ’70 ed ’80 dell’Ottocento vedevano nella politica di partito, legata allo spoil system, una vergogna per lo scenario politico repubblicano che doveva essere cancellata per liberare la Nazione dall’immoralità e corruzione. Benché positivo nella sua iniziale concezione, tale sistema era divenuto un male che stava minacciando la democrazia statunitense.
L’uomo politico, per come immaginato dai riformatori del pubblico impiego, era un buon cittadino che anteponeva il benessere generale al proprio. Si preparava con cura agli esami e dava il meglio di sé nella competizione, in quanto ansioso di vestire i panni di “servitore dello Stato”. Era sollecito nei suoi compiti ed ansioso di guadagnarsi la promozione.[20]
La cosiddetta “goccia che fece traboccare il vaso” e diede un vigoroso impulso alla riforma fu l’assassinio del Presidente Garfield nel 1881 da un uomo che venne etichettato come “insoddisfatto cercatore di cariche”: tale drammatico evento fu interpretato dall’opinione pubblica come simbolo dello stato di degrado in cui era impantanato il governo dell’amministrazione pubblica americana a causa dell’ormai inflazionato spoil system.
La riforma del pubblico impiego era assurta ad obiettivo prioritario in gran parte del Paese: il progetto di riforma amministrativa era sostenuto dal senatore George H. Pendleton ed era stato elaborato dall’Associazione per la riforma del pubblico impiego di New York. Basata sostanzialmente sulla prassi inglese, si auspicava che venisse migliorata la qualità dell’attività amministrativa, superando il problema della politicizzazione dell’amministrazione e ponendo in essere una burocrazia nonpartisan, la quale si sarebbe basata essenzialmente sul merito: essa rappresentava la prima legge americana sul pubblico impiego.[21]
Il Pendleton Civil Service Act ha rappresentato l’inizio della professionalizzazione dei dipendenti pubblici negli Stati Uniti, nei suoi punti principali si riscontrano: esami di concorso; sicurezza sulla permanenza in carica per i titolari di un ufficio; apoliticità dei funzionari pubblici.
Seppur tali principi potessero facilmente essere comparati con quelli dell’amministrazione inglese, essi divergevano per il fatto che il Congresso richiedeva che gli esami di concorso fossero di tipo pratico piuttosto che accademico o teorico.
Inoltre, tale nuova amministrazione non doveva essere strutturata come fosse un sistema chiuso, ma doveva permettere che tutte le cariche venissero messe a concorso e non soltanto i ruoli di minore importanza.[22]
Problema non adeguatamente risolto dalla riforma fu quello riguardando il potere di nomina e di revoca dei funzionari da parte del Presidente: seppur gli impiegati non potessero essere rimossi per ragioni di carattere politico, non era predisposto alcuno strumento per assicurare che effettivamente le cose andassero in questa maniera.
Marginalmente, la legge Pendleton regolava anche il problema collegato la potere di nomina: soltanto il 10% delle cariche amministrative federali veniva assegnato tramite concorso, il resto era lasciato alla discrezionalità presidenziale. [23]
“…mai visto in un paese funzionari pubblici più zelanti, volenterosi ed efficienti, uomini più utili e fidati per la loro patria, di quelli che lavorano nel governo americano a Washington e altrove”.
Sono queste le parole che l’osservatore britannico Lord Bryce pronunciava con riguardo il settore del pubblico impiego e dell’amministrazione americana durante la presidenza di T. Roosevelt.
Perché, nonostante la riforma del pubblico impiego avesse strutturalmente cambiato la fisionomia dell’amministrazione federale, le battaglie affinché essa fosse non politicizzata e sicura non si potevano certamente considerare concluse.
Conflitti inerenti organizzazione, nomina e rimozione dei funzionari erano connaturati alla competizione di partito e alla separazione dei poteri realizzata in America, radicati anche nel duplice ruolo di tutti i politici che da un lato sono consapevoli della necessità di conferire incarichi pubblici affinché possano vincere le elezioni; dall’altro lato, necessitano di una amministrazione competente e stabile per poter governare al meglio. L’unica variabile è la diversa retorica che assume di volta in volta il tema del pubblico impiego in base al tipo di Presidente sarà in carica in un dato momento storico.[24]
Necessario dunque un breve excursus su questa nuova configurazione che inizia con Theodore Roosevelt sino a giungere a F.D. Roosevelt e il suo New Deal che hanno rivoluzionato totalmente il sistema americano.
2.4. Da Roosevelt a Roosevelt
Roosevelt era considerato un Presidente attivo e riformatore, il quale riteneva che affinché il governo fosse efficiente era necessario poter disporre di funzionari amministrativi energici e competenti: tale situazione poteva essere raggiunta soltanto se il governo fosse stato liberato dalla corruzione politica ed economica determinata dalla spoil system.
Il Presidente sostenne sempre gli sforzi della Commissione per il pubblico impiego per eliminare i favoritismi e la coercizione politica all’interno dell’amministrazione pubblica. Risultava importante sostenere l’estensione del sistema meritocratico e combattere la corruzione, in quanto l’organizzazione del ramo esecutivo era ritenuto indispensabile per mettere in atto i programmi sia del Presidente che del Congresso.[25]
Durante le presidenze Taft e Wilson i temi riguardanti la pubblica amministrazione risultarono abbastanza monotoni: verso il 1930, all’80% dell’amministrazione federale veniva applicato il sistema meritocratico. I principali dibattiti riguardando, pertanto, la gestione del personale, i livelli salariali, le politiche di pensionamento e l’utilizzo di strumenti manageriali nell’amministrazione pubblica.[26]
Furono i mali generati dalla Grande Depressione, affrontati dal Presidente F.D. Roosevelt, che riportarono alla luce quanto il sistema del patronage si sarebbe rivelato necessario nel conferimento delle cariche pubbliche al fine di affrontare tali crisi.
I profondi cambiamenti economici e sociali cui andarono incontro gli Stati Uniti hanno determinato significative trasformazioni che hanno impattato notevolmente sulla forma di governo e sull’amministrazione federale.[27]
Si è avuto un rafforzamento della leadership dell’organo esecutivo: la Presidenza diventa il vero centro motore del Paese, realizzandosi una “rivoluzione copernicana” in ottica di supremazia nei rapporti con il Congresso. In parallelo, si verifica una crescita dell’amministrazione federale con l’istituzione di nuove agenzie, le quali hanno il compito di estendere l’intervento pubblico in diversi settori collegati allo sviluppo economico e al nascente Welfare State.[28]
Durante gli anni della Grande Depressione risulta necessario agire con urgenza al fine di risolvere i problemi emersi nell’arco di brevi anni, unitamente alla volontà dell’esecutivo di utilizzare tutti gli strumenti a propria disposizione per far superare al Paese la crisi economica e sociale.
Senza un più incisivo intervento pubblico tali questioni sembrano insolubili: l’Esecutivo ritiene di dover assumere un ruolo attivo nel campo economico e sociale, in controtendenza al periodo precedente in cui la soluzione era lasciata al mercato e ai privati.[29]
Durante la Presidenza Roosevelt, l’amministrazione federale cambia fisionomia: da strumento di attuazione delle legge, essa diviene soggetto coinvolto nel processo politico in quanto il modello di Welfare State, comportando un ampliamento delle funzioni pubbliche, determina anche profonde trasformazioni per l’amministrazione.[30]
Alla fine del 1934 vengono costituite sessanta nuove agenzie, ma solo per cinque di esse vengono seguite le procedure basate sul merit system: tale inversione di tendenza garantisce al Presidente di poter effettuare le nomine ai vertici delle nuove agenzie, adottando in maniera massiccia nuovamente il patronage e lo spoil system.[31]
Il nuovo scenario che va delineandosi, dato dal fatto che i Framers avevano disegnato un modello istituzionale di equilibrio nella distribuzione dei poteri e nei rapporti tra gli organi istituzionali, presenta notevoli difficoltà in quanto genera un rafforzamento della Presidenza e un’espansione dello Stato amministrativo in maniera ampia.
Nonostante le agenzie amministrative necessitino, in questo momento storico, di flessibilità, discrezionalità ed efficienza per far fronte ai problemi che stanno sconvolgendo l’intero sistema; d’altro canto, il trasferimento dei poteri in capo a queste ultime crea problemi nell’equilibrio istituzionale del rapporto tra organi e nel sistema delle garanzie predisposte per evitare una concentrazione dei poteri.[32]
Spetta alla Corte Suprema dirimere tali controversie: viene mantenuto il riferimento alla non delegation doctrine, la quale risulta coerente con il principio della separazione dei poteri, sino a che nel Paese risulta esserci un’economia prettamente liberale.
La stessa Corte è “costretta” a cedere alla legislazione interventista di Roosevelt che caratterizza la politica del New Deal: al fine di accettare la legittimità del rulemaking power delle agenzie amministrative, ma senza avvalorare totalmente la delegation doctrine, viene riconosciuto a queste ultime la potestà normativa, ma considerando tale normativa di dettaglio in quanto risulta vincolata da precise direttive.[33]
3. Conclusioni
L’apparato amministrativo non avrebbe assunto le dimensioni attuali se l’organo esecutivo non avesse avvertito la necessità di attribuirsi la responsabilità diretta nell’attuazione dei programmi sociali ed economici per risollevare il Paese conseguentemente alla Grande Depressione.
In tale contesto, lo Stato liberale sarebbe risultato inadeguato: eccessivamente attento alla tutela del diritto di proprietà e alla libertà del mercato, si sarebbe dimostrato inadeguato a fronteggiare una situazione così eccezionale in quanto non rientra nei suoi compiti la tutela de diritti della sicurezza economia e sociale, la cui carenza esplode durante la crisi del ’29.[34] La crescita dello Stato amministrativo è andata di pari passo con quella del Welfare State in quanto il governo nazionale ha assunto il duplice ruolo di fornitore dei servizi collegati al welfare e regolatore del mercato e dell’economia.[35]
L’administrative law era divenuto lo strumento per costruire un sistema di sicurezza sociale e di protezione degli individui dalle logiche esasperate del mercato, al fine di realizzare valori di solidarietà e di eguaglianza sostanziale: la nuova teoria denominata green light avrebbe permesso all’amministrazione di assumere un ruolo attivo nel raggiungere gli obiettivi posti dalle leggi ed incidere profondamente nell’economia e nel campo sociale.
[1] M. WEBER, Economia e società, vol. III, pag. 215, Edizione critica di J. Winckelmann, 1956.
[2] Il termine amministrazione non compare nel testo costituzionale, laddove si fa riferimento esclusivamente agli executive departments senza alcuna definizione aggiuntiva circa le loro funzioni e i modelli di direzione e controllo. Tale lacuna potrebbe derivare dal timore che i Framers nutrivano nei confronti di un potere esecutivo eccessivamente forte memori ancora dell’esperienza del sovrano britannico, in G. D’IGNAZIO, Politica ed Amministrazione negli Stati Uniti d’America, pag. 29, GIUFFRE’ EDITORE, Milano, 2004.
[3] The Federalist Papers n.72, Yale Law School, The Avalon Project.
[4] Pseudonimo scelto da Alexander Hamilton.
[5] G. D’IGNAZIO, op. cit., pag.31.
[6] Per approfondimenti, S. FABBRINI, Il presidenzialismo degli Stati Uniti, Bari, 1993.
[7] G. D’IGNAZIO, op. cit., pag.83.
[8] Art.2, sezione 2, paragrafo 2.
[9] Art.2, sezione 2, paragrafo 3.
[10] J. L. MASHAW, I funzionari pubblici negli Stati Uniti, in L’alta burocrazia di M. ALBERTI, Il Mulino, 1994.
[11] G. D’IGNAZIO, op. cit., pag. 88. La prima disputa sorse quasi subito nel primo Congresso, nel momento in cui esso provvedeva a costituire i dipartimenti dell’esecutivo. Scoppiò un contrasto circa il modo in cui il Ministro segretario agli affari esteri o altri funzionari di quel dicastero potessero essere rimossi, e questo perché, mentre la Costituzione aveva previsto che la nomina dei funzionari avvenisse con il parere ed il consenso del Senato e che la nomina dei funzionari di livello inferiore avvenisse ad opera di altri organi secondo le direttive del Congresso, essa non diceva nulla sulla loro rimozione. Una fazione avrebbe voluto limitare il potere di rimozione al solo caso dell’impeachment; invece, all’altro estremo vi erano coloro che credevano che il silenzio della Costituzione implicasse che il Capo dell’Esecutivo disponesse di un potere illimitato in materia, in J. L. MASHAW, op. cit., pag.47.
[12] J. L. MASHAW, op. cit., pag.50.
[13] Come fa notare G. BOGNETTI, Lo spirito del costituzionalismo americano, La Costituzione liberale, il pubblico impiego, all’epoca non veniva concepito come una professione: era una occupazione temporanea ed era naturale la si perdesse quando il proprio partito perdeva le elezioni, pag. 86.
[14] Cfr. D. H. ROSENBLOOM, Federal Service and the Constitution, Itacha e Londra, 1971.
[15] G. D’IGNAZIO, op. cit., pag.33.
[16] J. L. MASHAW, op. cit., pag.51.
[17] L’opposizione era guidata da John C. Calhoun, un tempo sostenitore del Presidente, il quale presiedette una speciale commissione al Senato raccomandando che il Presidente avesse l’obbligo di riferire al Senato stesso qualunque ragione avesse portato alla rimozione al momento della nomina del successore. Fa notare Mashaw che questi erano tutti argomenti già affrontati nel 1789, il cui problema principale fosse quello di far mantenere al Congresso il proprio potere difronte ad un aumento del potere politico del Presidente.
[18] Cfr. C. R. FISH, The Civil Service and the Patronage, 1905.
[19] G. D’IGNAZIO, op. cit., pag.37.
[20] Blueprint for Reform: Curtis, Eaton and Schurz in J. L. MASHAW, op. cit., pag.58.
[21] G. D’IGNAZIO, op. cit., pag.39.
[22] Cfr. S. SKOWRONEK, Building a New American State, 1982.
[23] Come osserva J. L. MASHAW, op. cit., la Costituzione attribuisce il potere di nomina al Presidente o, per i funzionari di grado inferiore, al Presidente, alla corti o ai capi dei dicasteri, nei modi stabiliti dal Congresso per legge: la Commissione per la riforma del pubblico impiego non era nessuno di questi organismi previsti dalla Costituzione, pag.60.
[24] ivi, pag.62.
[25] ivi, pag.63.
[26] ivi, pag.66.
[27] Cfr. ex multis J. LANDIS, The Administrative Process, New Haven e Londra, 1938; J. PATTERSON, Congressional Conservatism and the New Deal, New York, 1967; P. CONKIN, The New Deal, Boston, 1975; C. R. SUNSTEIN, Constitutionalism After the New Deal, in Harvard Law Review, 1987, Vol. 1.
[28] Osserva G. D’IGNAZIO, op. cit., che con il termine agenzia si indica “ogni autorità del Governo degli Stati Uniti, indipendentemente dal fatto che sia soggetta al controllo da parte di un’altra agency”.
[29] G. D’IGNAZIO, op. cit., pag. 55.
[30] Viene assegnato loro un ampio potere discrezionale affinché siano nella posizione di poter risolvere i problemi che si presentano quotidianamente.
[31] Osserva D. H. ROSENBLOOM che durante il primo mandato del Presidente Roosevelt furono circa 250000 le nuove assunzioni nell’amministrazione federale, ma l’80% di queste furono effettuate al di fuori del sistema del civil service, in G. D’IGNAZIO, op. cit., pag. 56.
[32] ivi, pag.57. Inoltre si veda, sul punto, Crowell v. Benson, 285 U.S. 22 (1932); Humphrey’s Executor v. United States, 295 U.S. 602 (1935); Schechter Poultry Corporation v. United States, 295 U.S. 495 (1935).
[33] ivi, pag.58.
[34] Cfr. J. BURNS MACGREGOR, The Lion and the Fox, New York, 1956, in G. D’IGNAZIO, op. cit.
[35] Se precedentemente al New Deal, la funzione principale dell’administrative law consisteva nel proteggere l’autonomia degli individui dall’amministrazione pubblica al fine di garantire loro autonomia, successivamente l’administrative law si pone l’obiettivo di proteggere individui ed imprese da quel modello economico che aveva portato al crollo dell’economia e all’espulsione dal mercato del lavoro di una gran parte della forza lavoro.
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Luigi Rende
Laureato in Scienze Politiche presso l'Università della Calabria, con votazione 110/110 e lode.
Master in Relazioni internazionali e studi strategici.
Studioso di diritto pubblico anglo-americano.