La caccia alle streghe in una prospettiva giuridica. Il ruolo della tortura

La caccia alle streghe in una prospettiva giuridica. Il ruolo della tortura

La caccia alle streghe rappresenta uno tra i periodi più tristi nel corso della storia, dove centinaia e centinaia di persone furono uccise e torturate “semplicemente” perché accusate di stregoneria.

Tuttavia, tale fenomeno può essere rappresentato anche come una vera e propria azione giudiziaria su larga scala, in quanto le persecuzioni si svolsero in tutto il continente europeo e non solo. 

Lo scopo principale era quello di uccidere la donna accusata di stregoneria, e l’intero processo, dalla denuncia, alla tortura messa in atto, alla condanna definitiva, era regolato dal sistema giudiziario, inizialmente dai tribunali ecclesiastici (necessario ricordare il tribunale della Santa Inquisizione, che, almeno inizialmente, aveva svolto un ruolo centrale) e successivamente dai tribunali secolari (i tribunali degli Stati), per effetto della perseguibilità della stregoneria quale vero e proprio reato.

Quasi tutte le accusate furono processate e condannate con un regolare processo, benché spesso venivano meno tutte quelle garanzie processuali che avevano lo scopo di tutelare l’integrità fisica e mentale dai metodi di tortura adottati. Infatti era presente un apparato normativo che voleva limitare l’utilizzo della tortura: era vietato utilizzarla se non vi erano prove certe della commissione del reato, il suo utilizzo non doveva in alcun modo provocare la morte, non doveva essere ripetuta per più di una volta nell’arco di una giornata, e non poteva essere utilizzata sulle donne incinta e sui bambini.

Da un punto di vista prettamente processuale invece, il giudice non doveva proporre domande all’accusata che, per come erano formulate, ammettevano solo una risposta confermativa di quello che asseriva il giudice. 

Praticamente, tutte queste tutele non vennero mai applicate, lasciando che donne, donne in dolce attesa e minori venissero costantemente abusati dal potere giudiziario. Si pensi che, in alcuni processi per stregoneria, la tortura è stata applicata oltre cinquanta volte sulla stessa vittima, con la conseguenza che alla fine, anche se si trattava di una menzogna, veniva confessato quello per cui era accusata, solo per porre fine a quell’immane sofferenza. 

Una sofferenza che però, a seguito di confessione, terminava (eccetto rari casi) con la condanna a morte. La strega veniva bruciata, in quanto, secondo la credenza, il fuoco era l’unico in grado di purificare il corpo dell’eretica. Usanza strettamente collegata alla visione religiosa. 

In Spagna ed in Italia le donne processate e condannate per stregoneria venivano bruciate vive. 

Con l’utilizzo della tortura, il giudice si aspettava una confessione da parte dell’accusata, ma ciò non solo per poter condannare la donna accusata, ma, la confessione (di stregoneria), serviva anche come mezzo giustificatorio per essere ricorso alla tortura. 

In alcuni sistemi giuridici, la tortura era direttamente disciplinata dai codici di diritto penale, ma capitava spesso che anche negli Stati in cui era considerata “illegale” venisse ampiamente utilizzata per ordine di un giudice.

I metodi di tortura più macabri erano utilizzati contro le streghe, in quanto c’era la necessità di reprimere coloro che ricorrevano alla magia, e quindi, ad opera del giudice, emettere una sentenza definitiva. 

Quasi il 100 % dei processi in cui si ricorreva alla tortura, la “strega” veniva condannata. Tale dato è fondamentale per comprendere quanto tale macabro strumento influiva sull’esito del processo. 

I processi contro le streghe proseguirono fino alla fine del 1600. Dagli inizi e soprattutto intorno alla metà del 1700 ci fu, ad opera del sistema giudiziario, un affievolimento delle persecuzioni, dovuto alla depenalizzazione del reato. Tuttavia il processo di minore persecuzione iniziò già un secolo prima, quando i giudici cominciarono a non condannare a morte, o a svolgere processi sommari, nei confronti delle accusate.

Con il venire meno delle condanne punitive, la popolazione ricorre ad un metodo che già era stato adoperato (quando ancora lo Stato non deteneva la competenza in tale ambito): il linciaggio. 

Comportamenti brutali contro donne ritenute streghe, non sono mai del tutto cessati, nel corso dei secoli successivi a quelli sopra richiamati, altri casi di persecuzione alla stregoneria si sono verificati, anche in età moderna e contemporanea. È infatti possibile ricordare un episodio del 1911 in una cittadina Umbra, dove una donna (accusata di essere una strega) venne uccisa dalla gente, gettandola, quando ancora era viva, in una fornace. 

Lo Stato aveva perso ogni interesse nella persecuzione delle streghe, ma la popolazione, soprattutto nei piccoli paesi, era intenzionata a farsi vendetta da sola, non essendoci più la possibilità di vedere processata una donna accusata di stregoneria.


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