La Cassazione dice sì all’adozione per le coppie omoaffettive
È trascrivibile l’atto di nascita, formato all’estero, del figlio adottivo di coppia omosessuale.
Con la pronuncia n. 9006/2021, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione affrontano nuovamente, e in maniera innovativa, la questione dell’ammissibilità della trascrizione nel registro di stato civile del provvedimento straniero di adozione di minore da parte di coppia omosessuale.
Prima di addentrarci nelle argomentazioni alla base della sentenza, è opportuno esaminare la normativa nazionale in materia di adozione, mutata radicalmente con l’approvazione della l.184/1998. Per effetto della legge predetta viene superata la distinzione tra adozione ordinaria e speciale e vengono previste e disciplinate nuove forme di adozione; in particolare, si distingue tra: adozione dei minori, adozione dei maggiori di età, adozione in casi particolari, affidamento dei minori e adozione internazionale.
L’adozione internazionale ricomprende sia l’adozione di un minore straniero fatta davanti alle autorità del suo Paese da parte di genitori italiani o stranieri residenti in Italia o di un minore italiano da parte di italiani o stranieri residenti all’estero. Con l’adozione legittimante internazionale viene reciso ogni legame fra la famiglia di origine e il minore e l’adottato è considerato figlio legittimo degli adottanti a tutti gli effetti.
La legge prevede determinati presupposti in presenza dei quali è possibile accedere allo strumento dell’adozione. Innanzitutto, il minore deve trovarsi in uno stato di abbandono o essere privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e non devono essere possibili misure di tutela nel suo Stato di origine. Inoltre, gli aspiranti genitori adottivi devono essere in possesso di determinati requisiti, tra i quali il “requisito di stabilità” ovverosia l’unione in matrimonio da almeno tre anni e l’insussistenza, negli ultimi tre anni, di una separazione personale neppure di fatto.
Nondimeno, vi sono dei casi specifici, regolamentati dagli artt.44-57 della predetta legge, nei quali non sussistono i presupposti per ricorrere all’adozione legittimante (come lo stato di abbandono), ma è comunque possibile accedere allo strumento dell’adozione che viene denominato giustappunto “adozione in casi particolari”. Questo tipo di adozione, al contrario della prima, non elimina i rapporti con la famiglia di origine, ma si radica sul consenso tra le parti creando solo uno status personale tra adottante e adottato. A tale forma di adozione si è fatto ricorso per introdurre nel nostro ordinamento la c.d. stepchild adoption, che consente al figlio di essere adottato dal partner del proprio genitore. Ammessa dalla legge per le coppie sposate (art. 44, 1° comma, lett. b), è stata in via pretoria estesa anche ai conviventi eterosessuali sulla base della prevalenza dell’interesse del minore a un rapporto non solo affettivo, ma anche di rilevanza giuridica.
Contrasti politici e ideologici ne hanno invece impedito l’estensione alle coppie omosessuali. Infatti, nella l.76/2016 (legge Cirinnà) che ha introdotto e disciplinato l’unione civile tra persone dello stesso sesso, quale specifica formazione sociale rilevante ex artt. 2 e 3 Cost., non è stata prevista la possibilità per le coppie omosessuali di adottare un bambino, e la stessa sembrerebbe, piuttosto, rimarcare la differenza tra unione civile e matrimoniale proprio in rapporto alla filiazione, laddove stabilisce che “ al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184”.
Dunque, stando alla legge, le coppie dello stesso sesso non possono accedere allo strumento dell’adozione. A questa lacuna legislativa ha provveduto la giurisprudenza di merito e di legittimità, che in più occasioni ha ritenuto irrilevante l’orientamento sessuale del richiedente e la natura della relazione da questi stabilita con il proprio partner e ha riconosciuto al partner di una coppia omoaffettiva la possibilità di adottare il figlio biologico dell’altro giacché quello che rileva è prima di tutto l’interesse del minore.
Il mancato intervento del legislatore in materia ha imposto enormi sforzi interpretativi alle Corti e la recentissima pronuncia a Sezioni Unite ne è un esempio lampante: l’occasione è fornita dalla richiesta di riconoscimento di un “adoption order”, provvedimento giurisdizionale emesso dalla Surrogate Court dello stato di New York che attribuisce ad una coppia omosessuale lo status di genitori adottivi di un minore, dopo avere preventivamente ottenuto il consenso da parte dei genitori biologici e dopo averne valutato in concreto l’idoneità della coppia adottante al fine di verificare la conformità del provvedimento da assumere al miglior interesse del minore.
In Italia, i provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili ai sensi degli artt. 64, 65 e 66 della l. 218/1995 che richiedono appunto la conformità degli atti all’ordine pubblico.
In primo luogo, la Corte ribadisce che la valutazione in ordine alla conformità dei provvedimenti stranieri di adozione all’ordine pubblico internazionale ha ad oggetto la verifica della compatibilità degli effetti che l’atto produce con i limiti non oltrepassabili costituiti dai principi fondanti l’autodeterminazione e le scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori (art. 2 Cost. ; art. 8 CEDU); dal principio del preminente interesse del minore di origine convenzionale; dal principio di non discriminazione e dal principio solidaristico.
Le S.U. sottolineano che, in virtù di questo quadro ricco di principi, l’ininfluenza dell’orientamento sessuale nelle controversie in materia di affidamento, responsabilità genitoriale e adozione, costituisce un approdo fermo nella giurisprudenza di legittimità. Nella sentenza n. 14007 del 2018, sulla base di questo assunto, è stata ammessa la trascrizione nei registri dello stato civile italiano del provvedimento straniero che pronunciava l’adozione piena dei rispettivi figli biologici, da parte di due donne di cittadinanza francese coniugate in Francia e residenti in Italia, tenuto conto dell’interesse superiore del minore al mantenimento della stabilità della vita familiare consolidatasi con entrambe le figure genitoriali e della insussistenza di riscontri scientifici che dimostrano l’inidoneità genitoriale di coppie formate da persone dello stesso sesso.
La conferma più rilevante arriva dalle S.U. n. 12193/2019 che, pur considerando contraria ai principi di ordine pubblico la genitorialità formatasi per effetto della gestazione per altri (maternità surrogata), escludono che sia riconducibile a principio fondamentale dell’ordinamento, e quindi a limite al riconoscimento di atti stranieri relativi a status filiali, l’eterosessualità della coppia. Sotto tale aspetto, pur non sussistendo nel caso sottoposto all’esame della Corte il ricorso da parte della coppia alla gestazione per altri, essa evidenzia che, con le pronunce n. 221 e 237 del 2019 e n. 230 del 2020, la Corte Costituzionale dopo aver affermato la legittimità della legislazione che limita l’accesso alla p.m.a., ne ha escluso la rilevanza quale principio fondante l’ordinamento.
Dunque, da questo quadro giurisprudenziale emerge che né la condizione soggettiva di eterosessualità della coppia, considerata condizione di accesso all’adozione legittimante dalla l. adozione, né i divieti di accesso alla p.m.a. sono stati finora elevati al rango di principio di ordine pubblico internazionale.
Nella sentenza in commento la Corte di Cassazione evidenzia che esistono principi di derivazione costituzionale e convenzionale che si pongono rispetto ad essi in una condizione di netta sovraordinazione e preminenza sia per la loro collocazione tra i diritti inviolabili della persona sia per il grado di condivisione che ne costituisce un tratto peculiare. Tra questi, il principio del preminente interesse del minore delle determinazioni che incidono sul suo diritto all’identità, alla stabilità affettiva, relazionale e familiare (art. 24 Carta di Nizza e art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo); il principio di parità di trattamento tra tutti i figli, nati all’interno e fuori dal matrimonio o adottivi ( art. 3 e 31 Cost.).
Le Sezioni Unite concludono asserendo che l’unione matrimoniale, così come prevista dall’art. 29 Cost. non costituisce più l’unico modello o quello ritenuto più adeguato per la nascita e la crescita dei figli minori, e non può essere più considerato un limite al riconoscimento degli effetti di un atto che attribuisce la genitorialità adottiva a una coppia omoaffettiva.
Sulla base di queste innovative argomentazioni la Corte afferma il principio di diritto secondo cui “ Non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di un minore da parte di coppia omosessuale che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell’adozione piena e legittimante non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione”.
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