La condizione di procedibilità nel processo civile e la ricerca di soluzione del conflitto: la doppia anima della presenza delle parti in mediazione
Sommario: 1. Il sistema giudiziario e profili della mediazione civile e commerciale in funzione deflattiva – 2. Brevi cenni sulla radice europea della mediazione civile e commerciale – 2.1. L’evoluzione normativa della mediazione e il rapporto con il processo civile in Italia – 2.2. Le forme di mediazione: un inquadramento sistematico – 3. Il processo e la mediazione: un metodo per razionalizzare la giustizia civile – 4. La domanda in mediazione: l’elemento soggettivo – 4.1 La presenza della parte in mediazione – 4.2 La partecipazione personale delle parti – 4.3 Segue. Il potere di delega della parte – 5. L’obbligatorietà della presenza delle parti tra assolvimento della condizione di procedibilità e l’ottica della ricerca di una soluzione al conflitto
1. Il sistema giudiziario e profili della mediazione civile e commerciale in funzione deflattiva
La relazione del Primo Presidente della Corte di Cassazione sull’amministrazione della giustizia, per l’anno 2020[1], ha riaperto lo scenario su noti problemi del processo civile, acutizzati dal fenomeno pandemico Covid-19. In tale ambito, spicca il dato statistico della massiva diminuzione dei contenziosi della relativa annualità, imputabile ad un calo del tasso di efficienza degli uffici giudiziari, dovuto alla pandemia[2]. Resta, però, riconosciuta la capacità della mediazione civile e commerciale di produrre un effetto deflattivo sul carico del contenzioso civile, in termini di minore durata temporale in caso di conclusione con un accordo[3].
Di fatto, le “best practices” organizzative di alcuni distretti di Corte d’appello che si avvalgono, da tempo, di laboratori di studio sull’andamento e la produttività delle mediazioni civili e commerciali, hanno evidenziato risultati apprezzabili nell’impiego delle procedure A.D.R.[4], agevolando, non soltanto l’iter giudiziario, ma la soluzione concreta delle questioni alla base dei contenziosi. Dal canto suo, la giurisprudenza ha elaborato canoni interpretativi sempre più coerenti ai criteri del rito civilistico, valorizzando l’elemento soggettivo della procedura conciliativa e la capacità delle parti di disporre del diritto.
2. Brevi cenni sulla radice europea della mediazione civile e commerciale
Il quadro normativo, in favore della risoluzione delle controversie in forma extragiudiziale, prende vigore dal sistema legislativo europeo, imperniato sulla direttiva n. 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008[5][6]. L’art. 5 rende possibile l’ingresso della mediazione nella normativa degli Stati membri, garantendo “un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”. Nel preambolo, infatti, è previsto che “l’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia”.
2.1. L’evoluzione normativa della mediazione e il rapporto con il processo civile in Italia
Il procedimento di mediazione, importato in Italia in attuazione dell’art. 60 della legge delega 18 giugno 2009, n. 69 e trasfuso nel decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28[7], mutuò i criteri espressi dalla direttiva madre circa la possibilità di rendere il ricorso alla mediazione, obbligatorio ovvero soggetto a incentivi o sanzioni, a condizione, però, che non risultasse impeditivo alle parti “di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario” o “di adire un organo giurisdizionale o di ricorrere all’arbitrato in caso di infruttuoso tentativo di mediazione”[8]
Nella sua veste iniziale, il d.lgs. n. 28 del 2010 diede origine, per un verso, ad un istituto volontario di natura strutturale, e non temporanea e, per altro verso, ad un sistema radicato dall’art. 5, comma 1, denominato mediazione obbligatoria, accompagnato dalla sanzione di improcedibilità della domanda giudiziale, in assenza del previo esperimento della procedura di mediazione[9]. Tale ultima forma fu eliminata ad opera della Corte costituzionale con la celebre sentenza 6 dicembre 2012 n. 272[10], in declaratoria di illegittimità per violazione degli artt. 76 e 77 Cost. per carenza di previsione nella relativa legge delega n. 69 del 2009[11].
L’ obbligatorietà della mediazione tornò a far parte del sistema nazionale col decreto legge del 21 giugno 2013, n. 69, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. La tecnica normativa del d.l. n. 69 del 2013, come convertito, ha ricevuto conferma di legittimità dalla pronuncia della Corte costituzionale, 18 aprile 2019, n. 97[12],ove si è inteso riaffermare[13], tra l’altro, finalità deflattiva delle condizioni di procedibilità della domanda giudiziale, attraverso forme mediate di conciliazione.
In forza di tale normazione, il d.lgs. n. 28 del 2010, si è munito dell’art. 5, comma 1-bis. La disposizione ha previsto l’obbligatorietà della mediazione, sia pur con l’intento del legislatore di attribuirle carattere transitorio e sperimentale. Con successivo decreto legge del 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96 all’art. 11-ter, si è resa stabile ed effettiva l’efficacia del criterio della mediazione, facendole perdere definitivamente la natura transitoria e sperimentale.
Completano il quadro normativo ulteriori ulteriori modifiche apportate, più di recente, al corpo del d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 ad opera del successivo d.lgs. 21 maggio 2018 n. 68. Seguono, poi tra gli altri, gli emendamenti approvati dalla Commissione Bilancio del Senato, in sede di conversione in legge del d.l. n. 18 del 2020, con riguardo all’art. 83, co°20 e co°20-bis, in merito alla sospensione dei termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione e la possibilità di esecuzione in forma telematica (a distanza), previo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento stesso[14].
2.2. Le forme di mediazione: un inquadramento sistematico
La mediazione ha conservato nel tempo il suo carattere di metodo di risoluzione alternativa delle controversie, basandosi su un procedimento finalizzato alla risoluzione di contese, attinenti alla gestione di diritti “disponibili” delle parti. Il sistema del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, nella sua veste attuale[15], in realtà, non prevede un’unica forma di mediazione, ma ben quattro tipologie di esercizio.
Le prime due hanno impulso dalla volontà delle parti. La prima forma è data dalla mediazione facoltativa, prevista dall’articolo 2, in virtù del quale chiunque può accedere alla mediazione, purché l’esercizio verta su diritti “disponibili” delle parti[16]. A mezzo della norma, la mediazione si qualifica come un’attività, svolta da un terzo imparziale, che ha il fine di assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia. La seconda forma è rappresentata dalla mediazione concordata. E’ prevista dall’art. 5 co. 5 che dispone: “se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”[17].
Le altre due forme consistono in un onere specifico in capo alle parti di dare avvio alla mediazione oppure imposto alle parti, in caso di inerzia, su impulso di un provvedimento di spedizione in mediazione proveniente dalla autorità giudiziaria o dell’organo decidente. L’art 5, al citato comma 1-bis, rubricato “condizione di procedibilità e rapporti con il processo”, introduce la mediazione c.d. obbligatoria. Si configura nelle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari[18], con applicazione delle disposizioni di cui al d. lgs n. 28 del 2010[19] e, salvo quanto altro previsto, dalla norma per istituti particolari[20].
Il successivo comma 2 dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 definisce, invece, l’operatività giudiziale della mediazione demandata o, anche detta “delegata” oppure “ex officio iudicis”. La norma prevede che “il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione. In tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”. Anche se il meccanismo di ingresso nel processo è differente, il fine appare uguale: tentare si sostituire il giudicato civile con la formulazione di una decisione alternativa al pronunciamento del giudice.
3. Il processo e la mediazione: un metodo per razionalizzare la giustizia civile
Se si volge lo sguardo alla normativa del d.lgs. n. 28 del 2010, si ha modo di notare un iter di base, dettato dallo schema della mediazione volontaria, scansionato su fasi progressive idonee a condurre ad un accordo potenziale tra le parti. La proposizione della domanda innanzi a mediatore competente viene eseguita a norma dell’art. 4 comma 1 d.lgs. n. 28 /2010, rubricato “accesso alla mediazione”, in virtù del quale “la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia”. Nella forma volontaria, all’incontro iniziale seguono, fasi successive finalizzate ad un dialogo tra le parti, da svolgersi in sessioni congiunte oppure separate, atte a consentire una facilitazione nella ricerca di un accordo spontaneo oppure di una proposta di accordo del mediatore alle parti. Nella prima ipotesi, si parla di mediazione facilitativa. Nel secondo caso, si parla di mediazione aggiudicativa o valutativa.
Rimane invariato l’iter anche quando la mediazione venga qualificata dalla norma come condizione di procedibilità, per le materie previste dall’art. 5 co 1-bis. La linearità dell’iter conciliativo si interfaccia con la progressione delle fasi procedimentali del rito processual-civilistico, e diviene “obbligo” (alias: onere) di attivare la mediazione e partecipare all’incontro iniziale. La parte invitata che non abbia inteso prendere parte a quest’incontro, né si sia determinata a nominare un suo delegato, per il caso di assoluto impedimento a comparire, vede comminarsi la grave sanzione dell’improcedibilità della domanda giudiziale proposta, oltre ad essere presupposto per l’irrogazione di una sanzione di carattere pecuniario, prevista dall’art. 8 comma 4 bis d.Lgs. n. 28 del 2010 ed argomento di prova, ex art. 116 co. 2 c.p.c.[21].
La necessità di “razionalizzare” il giudizio civile si traduce, così, in una forma dissuasiva preventiva di accesso alle procedure giudiziarie[22], anche se non completamente dissociata dal processo, poiché connessa alla stessa procedibilità della domanda nel giudizio civile. In ogni caso, anche in questa fase, resta libera la volontà delle parti di addivenire ad un accordo o meno in sede di mediazione, pur rimanendo a carico della parte onerata, la doverosa attivazione della procedura, nei casi previsti. Il concetto è chiaramente espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura, nel parere reso sullo schema di decreto legislativo, in attuazione dell’art. 60 della legge del 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali[23]. Si può osservare che “il tentativo di conciliazione può avere successo solo se sostenuto da una reale volontà conciliativa e non se svolto per ottemperare ad un obbligo”.
L’obiettivo perseguito dal legislatore, attraverso la procedura deflattiva non può prescindere, quindi, dal volere delle parti di “disporre” dei propri diritti. L’effetto agevolativo di un accordo, insorto tra le parti, al di fuori del processo, viene auspicato e favorito, inserendolo nell’iter processuale, ma non può mai essere imposto alle parti nel suo risultato conclusivo[24].
4. La domanda in mediazione: l’elemento soggettivo
La domanda giudiziale civile viene interdetta dalla prosecuzione dell’esame nel processo, quando risulti mancante dell’ esperimento del tentativo di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda nel giudizio civile[25]. Il problema dell’effettivo assolvimento di quest’ultima, voluta dall’art. 5 co. 1 bis c.p.c., parte dal presupposto dell’esistenza del titolo delle parti a partecipare al processo ed alla mediazione. Per realizzare la condizione di procedibilità della domanda, le parti in mediazione debbano essere identiche a quelle in giudizio e debbono confrontarsi, in tale sede, sul medesimo contenuto della domanda giudiziale[26]. La comparizione delle parti, innanzi al mediatore, è personale, con l’assistenza di un legale, ai sensi dell’art. 8 co. 1 d.lgs. n. 28/2010.
4.1 La presenza della parte in mediazione
Nel caso della mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda, la presenza personale della parte è divenuta oggetto di plurimi interventi della giurisprudenza, finalizzati a valorizzare l’attività di mediazione, sin a partire dall’incontro iniziale alla presenza di un mediatore professionale. L’articolo 1 lett. b) definisce la figura del mediatore, come un soggetto privo del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio. La procedura di mediazione, in sé, si finalizza, infatti, all’adozione di accordi, che conservano la natura privatistica, ricondotta alla volontà negoziale dei partecipi; il che presuppone la capacità e la disponibilità della parte sul diritto azionato.
La natura civilistica -e non pubblicistica- della mediazione sarebbero rintracciabili nella formazione di un accordo cui è finalizzata, tanto se si tratti di una mediazione facilitativa, quanto aggiudicativa. La natura negoziale farebbe capo, primariamente, ai canoni ermeneutici dell’art 1362 c.c ed all’art 1322 c.c..
Secondo parte della dottrina, il carattere negoziale[27], anche se attraverso il procedimento previsto dal d.lgs. 28 del 2010, parrebbe equiparabile ad un atto transattivo[28]. Un’impostazione teorica, atta a qualificare la natura giuridica della mediazione, presente sin dall’entrata in vigore della normativa, qualifica, infatti, l’accordo tra le parti come un contratto di transazione, “anche novativa”, se tanto è voluto dalle parti con un preciso accordo, dato il potenziale potere delle stesse di trattare l’ampliamento della “torta negoziale” in sede di mediazione, anche, per “creare, modificare o estinguere rapporti diversi da quello che ha dato origine alla controversia”, concretizzando in tali ipotesi una transazione mista (art. 1965 comma 2 c.c.)[29].
4.2 La partecipazione personale delle parti
La giurisprudenza ha elaborato canoni ermeneutici specifici, atti a conferire al tentativo di mediazione un carattere di effettiva funzionalità alla ricerca di un accordo, anche quando la mediazione assolva alla funzione di condizione di procedibilità della domanda processuale. In tale ipotesi, l’identità soggettiva delle parti del giudizio e della mediazione ne è il presupposto e costituisce il momento essenziale. In giurisprudenza, è stato ribadito in varie pronunce, tra cui quella del Tribunale di Roma, 17.04.2020, n. 6264, la necessaria sussistenza delle condizioni dell’azione e del potere dispositivo delle parti, in merito al diritto azionato in giudizio e nella conseguente sede di mediazione. La ratio risponderebbe, tra l’altro, anche al dettato dell’art. 2, che limita l’efficacia della mediazione alla disponibilità dei diritti in capo alle parti. Da ciò deriva la necessaria presenza della parte in mediazione, quale titolare del diritto in contesa.
Il problema della presenza delle parti in mediazione si lega, così, alla disponibilità del diritto, anche sotto la forma di disponibilità negoziale, in sede di mediazione. Da questo punto di vista, il profilo di analisi dell’elemento soggettivo si articola in due aspetti principali. Il primo è la presenza obbligatoria e personale delle parti in mediazione. Il secondo è la configurabilità della delega della parte in capo a terzi, per la partecipazione alla procedura.
Il primo aspetto si riporta alle conseguenze processuali derivanti dall’assenza della parte al primo incontro, cui consegue l’improcedibilità della domanda. L’effetto discenderebbe direttamente dall’articolo 5 comma 2-bis del d.lgs. n.28 del 04.03.2010, per cui si considera avverata la condizione di procedibilità della domanda giudiziale con la presenza dei soggetti legittimati in sede di primo incontro innanzi al mediatore, e ciò, quand’anche si concluda con un nulla di fatto per mancato accordo tra le parti. Tanto sarebbe riconducibile, anche, all’art 8 d.lgs. n.28\2010.
4.3 Segue. Il potere di delega della parte
Il problema della partecipazione personale si pone in merito, anche, al secondo aspetto su evidenziato, ossia il potere della parte di comparire a mezzo di terzi, cui conferisca delega a tal fine. La quaestio iuris si è sviluppata, in termini più specifici, sulla possibilità della parte di essere sostituita in mediazione dall’avvocato munito di procura ad litem. Le correnti giurisprudenziali si sono divise sull’argomento. Un orientamento si è fondato sulla scorta della interpretazione letterale dell’art 5 co.1-bis, in combinato disposto con l’art. 8 del d.lgs. n.28/.2010, in virtù dei quali l’assistenza obbligatoria dell’avvocato, prevista normativamente, ha portato la giurisprudenza di merito a considerare «indispensabile che al primo incontro innanzi al mediatore siano presenti le parti personalmente (assistite dal difensore), non essendo sufficiente che compaia unicamente il difensore, nella veste di delegato della parte»[30]. In tal senso, è l’ordinanza del Tribunale di Modena del 2.5.2016, la quale ha, anche, precisato che la presenza fisica al primo incontro non può essere sostituita da comunicazioni, missive, documenti cartacei, tra cui fax o messaggi inviati dalle parti direttamente al mediatore o all’Organismo. Diversamente, non sarebbe possibile considerare assolta la condizione di procedibilità della domanda[31].
Altro orientamento fa capo a posizioni giurisprudenziali più estreme, tra cui Tribunale di Vasto 9 marzo 2015 e Tribunale di Pavia 9 marzo 2015, che hanno inteso la partecipazione della parte in mediazione come “attività personalissima”, con impossibilità di delega al difensore e relativa conseguente di improcedibilità della domanda. In caso di sua presenza in luogo del cliente, non si riterrebbe assolto il tentativo di mediazione, utile a configurare l’avveramento della condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Un altro filone a latere, poi, è emerso sotto il profilo della mediazione demandata, disposta dal giudice (mediazione ex officio), che incide direttamente sulla posizione della parte in mediazione. In tale sede, di fatto, le parti devono, non solo essere presenti, ma effettivamente e concretamente svolgere il tentativo di mediazione. Particolarmente significativa, in tal senso, è l’enunciato del Tribunale di Firenze, 19 marzo 2014, est. Luciana Breggia, la quale ha sottolineato che, in tale caso, il contenuto del concetto di obbligatorietà, per ordine del giudice, è che le parti svolgano effettivamente il procedimento di mediazione.
Il giudicante precisa in provvedimento che, «per “mediazione disposta dal Giudice” si intende che il tentativo di mediazione sia effettivamente avviato e che le parti – anziché limitarsi ad incontrarsi e informarsi, non aderendo poi alla proposta del mediatore di procedere – adempiano effettivamente all’ordine del giudice partecipando alla vera e propria procedura di mediazione, salva l’esistenza di questioni pregiudiziali che ne impediscano la procedibilità»[32] [33].
In realtà, il problema della partecipazione personale e il potere della parte di conferire delega a terzi per comparire in sua vece in sede di mediazione, si lega non soltanto alla qualifica del soggetto, cui la delega venga conferita, ma al contenuto sostanziale dell’atto di delega stessa. In merito a tanto, la pronuncia n. 8473 del 27.3.2019 della Corte di Cassazione, infatti, ha chiarito che non sussiste contrasto tra la mediazione e la delega, conferita dalla parte ad altro soggetto. In base a tale presupposto la Suprema Corte ha fornito una chiave di lettura all’annoso dibattito sulla possibilità della parte di essere sostituita in mediazione dall’avvocato munito della procura ad litem, conferita per processo, per cui la mediazione sia condizione di procedibilità.
L’ ottica interpretativa della Corte si è focalizzata sulla tipologia di autorizzazione, conferita dalla parte assistita al difensore in sede giudiziale: è, infatti, stata ritenuta insufficiente, per la partecipazione in rappresentanza della parte in mediazione, la semplice la “procura ad litem”, che consente la rappresentanza e la difesa processuale della parte in giudizio e non in una diversa sede, qual è la mediazione, ove necessita una procura di “natura sostanziale”.
Sulla base di questi presupposti, il previo rilascio di procura sostanziale consisterebbe nell’esercizio del potere dispositivo della parte. Questa ben può delegare tale potere ad un terzo, quando «per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione». E’ un diritto della parte «farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche − ma non solo − dal suo difensore».
5. L’obbligatorietà della presenza delle parti tra assolvimento della condizione di procedibilità e l’ottica della ricerca di una soluzione al conflitto
Il dato essenziale che emerge dalle correnti giurisprudenziali è l’obbligatorietà della presenza personale delle parti in mediazione. E’ fatta salva la delega-procura sostanziale, che possa essere rilasciata a terzi o al difensore in sede processuale, sulla scorta dei criteri espressi della Corte di Cassazione, in sentenza n. 8473 del 27.3.2019.
Al di là del principio di diritto sancito, la Corte di legittimità ha tenuto a sottolineare come il possibile risvolto positivo di un accordo possa essere raggiunto, soltanto, mediante l’approccio diretto delle parti al problema che ha originato la contesa. Il tramite è costituito dal dialogo tra le parti stesse, veicolato dall’attività neutrale del mediatore professionale. Proprio in merito a questa figura, i giudici di Piazza Cavour hanno osservato, in sentenza n. 8473 del 27.3.2019, che è proprio il mediatore professionale ad avere la possibilità di favorire l’interlocuzione diretta tra le parti. Del resto, tra le finalità volute dalla direttiva 2008/52/CE, si ritrova la ratio di coadiuvare la ricerca di un accordo amichevole, che non intralci i successivi rapporti commerciali.
A più ampio raggio, il mediatore in sede di procedura aiuta, così, le parti a ricostruire e, ove possibile a riconsolidare i loro rapporti, anche nell’ottica della ricerca di una soluzione al conflitto. Il fatto che l’art. 2 d.lgs. n. 28 del 2010 consenta l’utilizzo della procedura per controversie civili e commerciali, in relazioni a diritti disponibili per le parti, proietta la possibilità di “accordo raggiungibile” su soluzioni, che possono andare anche, al di là delle posizioni di diritto previste nella domanda giudiziale, da versare in un accordo, in grado di conciliare la controversia tra le parti. Del resto, l’obiettivo finale della mediazione è la reciproca soddisfazione, “favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali”.
Il meccanismo procedurale, previsto dall’art. 5 co. 1-bis del d.lgs. n. 28 del 2010, inserisce in maniera strumentale la mediazione nel processo, mediante la condizione di procedibilità della domanda, in relazione a specifiche materie ivi elencate. Qui, è la stessa domanda ad avere una funzione pregnante, sia nel segnare l’obbligo del tentativo di mediazione -in ragione della materia oggetto del diritto quesito-, sia nel determinarne i soggetti coinvolti.
In realtà, la domanda di avvio in mediazione, quando si ponga come condizione di procedibilità, deve rispettare le esigenze di simmetria rispetto al contenuto della domanda giudiziale. In mancanza, non consentirebbe il valido esperimento del tentativo di mediazione. Ma, ciò che preme sottolineare è che, l’impossibilità per le parti di proseguire il contenzioso in sede processuale, senza passare attraverso il tentativo di mediazione, se da un lato assolve all’intento del legislatore di attuare un tentativo di deflazionamento del carico giudiziario, dall’altro patisce il peso della stessa sanzione caricata alle parti, qual è l’improcedibilità della domanda, in assenza del tentativo di mediazione.
D’altra parte, il disposto dell’art 5 co. 2-bis d.lgs. n.28 del 2010 consente, di fatto in tal ipotesi, di non proseguire la mediazione oltre il primo incontro, pur con ciò soddisfacendo “un onere connesso all’esercizio dell’azione civile”[34] e, quindi, la condizione di procedibilità della domanda. La norma di salvaguardia parrebbe, infatti, essere un limite alla funzione intrinseca alla mediazione, al di là del ruolo svolto nel processo quale condizione di procedibilità. Secondo parte della giurisprudenza, il mediatore dovrebbe indagare sulla possibilità di sperimentare un accordo tra le parti, già a partire dal primo incontro [35].Pare esser questo il motivo per cui la giurisprudenza, di merito e di legittimità, abbiano dato un peso essenziale alla presenza delle parti in mediazione, anche se a mezzo di un delegato sostanziale.
In effetti, la potenzialità della mediazione, come forma di giustizia distributiva extraprocessuale, risulterebbe rafforzata da una maggiore operatività nelle ipotesi applicative dell’altra forma di mediazione, ossia quella demandata, ex dell’art. 5 co. 2. In tale ambito il potere decisionale della parte , di aderire o meno al tentativo di una ricerca solutoria, resta sottratto alla disponibilità delle parti, in quanto l’avvio della mediazione avviene su ordine proveniente dall’organo decidente nel corso del processo pendente, ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010[36],e, sovente, è corredato da specifiche indicazioni. Ciò traduce i concetti di obbligatorietà (per ordine del giudice), e quello di condizione di procedibilità della domanda giudiziale (anche in sede di appello), nel dovere delle parti di svolgere effettivamente la procedura di mediazione.
In conclusione, le forme di mediazione obbligatoria e demandata, di fatto, pur conservando la fisionomia di istituti di natura extraprocessuale, tesi al “tentativo solutorio” dei conflitti, rivestono la distinta funzione di meccanismi endoprocedimentali, quando si pongano come condizioni di procedibilità della domanda ai sensi dell’art. 5, co 1-bis d.lgs. n. 28 del 2010, oppure vengano autonomamente disposti dal giudice, in base ai criteri del successivo art. 5 co 2. In ciò, palesano il favore riconosciuto dal sistema alla mediazione, a tutto beneficio del deflazionamento del carico giudiziario del contenzioso civile, spostando al di fuori del giudizio la ricerca di una soluzione della controversia e, se possibile, il raggiungimento di un accordo, realizzabile solo attraverso la volontà delle parti, che esercitino il potere dispositivo sulla posizione di diritto di cui siano titolare, con l’intento di giungere a soluzioni conciliative che soddisfino i reciproci interessi civili e commerciali. Parrebbe essere, proprio questa, la ragion per cui la posizione della giurisprudenza nei recenti indirizzi ermeneutici, tenda a valorizzare la presenza dei soggetti in mediazione, così attualizzando la funzione attribuitale dal sistema legislativo, recependo i criteri dettati dalla direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008.
Note bibliografiche
[1] Corte Cass., Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020, Inaugurazione anno giudiziario 2021 – 29.01.2021 in www.cortedicassazione.it
[2] Corte Cass. id, p. 21-23 si legge: “Secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia, nel periodo luglio 2019 – giugno 2020, anche l’istituto della mediazione ha registrato un rilevante calo delle iscrizioni delle procedure rispetto all’anno precedente (- 12%): tale riduzione si rileva essenzialmente nel corso del primo semestre 2020, in cui si è registrata una flessione del 41%, a fronte di una sostanziale stabilità del numero di procedure attivate nell’anno precedente”.
[3] Circa il deflazionamento del carico giudiziario, in tal senso, CSM – Parere allo schema di Decreto legislativo: «Attuazione dell’art. 60 della Legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali». (Delibera del 4 febbraio 2010), § 2
[4]Tra i tanti, l’Università di Firenze ha da tempo inaugurato collaborazioni con la Corte d’appello di Firenze, impegnata nel monitoraggio dell’andamento dei procedimenti di mediazione in ambito processuale. Nel 2020 L’ateneo fiorentino ha avviato un progetto di ricerca in tema di “La mediazione demandata dal giudice. Studio delle prassi e dell’impatto sulle attività produttive nel territorio del Tribunale di Pistoia” Il progetto impegna la ricerca scientifica sulla implementazione delle prassi di invio delle parti della lite in mediazione, in conformità a quanto previsto dalla disciplina vigente e in applicazione dei principi di qualità, efficacia ed efficienza delle procedure; il tema del progetto è visionabile in www.dsg.unifi.it.
[5] GU L 136 del 24.5.2008, pag. 3
[6]Direttiva 52/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, testo integrale in eur-lex.europa.eu , nella sua dimensione contenutistica trae origine da una sollecitazione proveniente da un invito rivolto agli Stati membri dal Consiglio europeo nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 e delle conclusioni adottate dal Consiglio nel maggio 2000 sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie (A.D.R.) in materia civile e commerciale, e non da ultimo nonché del Libro verde della Commissione dell’aprile del 2002, relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie nelle predette materie.
[7] aggiornato, da ultimo, con le modifiche apportate dal D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 68 e D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, nella L. 21 giugno 2017, n. 96
[8] Direttiva 52/2008/CE, considerando 24) prevede testualmente: “ Per incoraggiare le parti a ricorrere alla mediazione, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché le loro norme relative ai termini di prescrizione o decadenza non impediscano alle parti di adire un organo giurisdizionale o di ricorrere all’arbitrato in caso di infruttuoso tentativo di mediazione. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che ciò si verifichi anche se la presente direttiva non armonizza le norme nazionali relative ai termini di prescrizione e decadenza. Le disposizioni relative ai termini di prescrizione o decadenza negli accordi internazionali resi esecutivi negli Stati membri, ad esempio nella normativa in materia di trasporto, dovrebbero essere fatte salve dalla presente direttiva”.
[9]Tra le varie trattazioni dottrinarie in argomento si veda, PAGNI – ARMONE – PORRECA, Mediazione e processo nelle controversie civili e commerciali: risoluzione negoziale delle liti e tutela giudiziale dei diritti, in Le Societa`, n. 5/2010, IPSOA, 619 ss.; DITTRICH, Il procedimento di mediazione nel D.Lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, in Riv. dir. proc., n. 3/2010, 575 ss.; PROTO PISANI, Appunti su mediazione e conciliazione, in Foro it., n. 5/2010, cc. 142 ss.;
[10] Corte Cost., 06/12/2012, n.272, in Foro it. 2013, 4, I, 1091 NOTA (s.m.) (nota di: ROMBOLI); Giur.Cost., 2012, 6, 4282 (nota di: PISTORIO); id. Giur. Cost. 2013, 1, 497 (nota di: COSMELLI)
[11] Corte Cost., 06/12/2012, n.272, in testo pronuncia premette in fatto: “Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (d’ora in avanti, TAR), con ordinanza del 12 aprile 2011 (r.o. n. 268 del 2011), ha sollevato, in riferimento agli articoli 24 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, primo, secondo e terzo periodo, e dell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali)”.
[12] Corte Cost., 18 aprile 2019, sentenza n. 97, in Giurisprudenza Costituzionale 2019, 2, 1070 affronta questioni di legittimità:
“Con ordinanza iscritta al n. 62 r.o. 2018, il Tribunale ordinario di Verona ha sollevato – in riferimento agli art. 3 e 77, secondo comma, della Costituzione – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 84, comma 1, lettera i), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui aggiunge il comma 4-bis, secondo periodo, all’art. 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), nonché del comma 2 del medesimo art. 84”. Le ordinanze che hanno sollevato la questione sono pubblicate in G.U. nn. 16 del 18 aprile e 27 del 4 luglio 2018, 1ª serie spec.
[13] Corte Cost., 19/04/2018 n° 77, (ECLI:IT: COST:2018:77) in www.cortecostituzionale.it
Giudizio: giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, Presidente: LATTANZI – Redattore: AMOROSO, Udienza Pubblica del 07/03/2018; Decisione del 07/03/2018; Deposito del 19/04/2018; Pubblicazione in G. U. 26/04/2018 n. 17 – Norme impugnate: Art. 92, c. 2°, del codice di procedura civile, come modificato dall’art. 13 del decreto-legge 12/09/2014, n. 132, convertito, con modificazioni, nella legge 10/11/2014, n. 162. Massime: 40666, 40667, 40668, 40669, 40670, 40671, 40672, 40673; Atti decisi: ordd. 132/2016 e 86/2017.
Ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile, nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.
La Corte costituzionale in motivazione si sofferma sul carattere deflattivo delle condizioni di procedibilità. Si legge: “Da ciò l’adozione, in epoca recente, di istituti processuali diretti, in chiave preventiva, a favorire la composizione della lite in altro modo, quali le misure di ADR (Alternative Dispute Resolution), cui sono riconducibili le procedure di mediazione, la negoziazione assistita, il trasferimento della lite alla sede arbitrale. Nella stessa linea è la previsione in generale, nel codice di rito (art. 185-bis cod. proc. civ.), di un momento processuale che vede la formulazione della proposta di conciliazione ad opera del giudice, introdotta in generale dall’art. 77, comma 1, lettera a), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, generalizzando quanto era già stato stabilito, qualche anno prima, per le controversie di lavoro attraverso la modifica dell’art. 420, primo comma, cod. proc. civ., introdotta dall’art. 31, comma 4, della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro)”.
[14]L’emendamento ha riguardato la sospensione dei termini della mediazione e degli altri i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie, riguardando le modalità di svolgimento degli incontri di mediazione in forma telematica a distanza. Il testo recita:
«sostituire il comma 20 con i seguenti:
”20. Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati introdotti o risultino già pendenti a far data dal 9 marzo fino al 15 aprile 2020. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti.
20-bis. Nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, gli incontri di mediazione in ogni caso possono svolgersi in via telematica con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento. Anche successivamente a tale periodo gli incontri potranno essere svolti, con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento, in via telematica, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, mediante sistemi di videoconferenza. In caso di procedura telematica l’avvocato, che sottoscrive con firma digitale, potrà dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale ed all’accordo di conciliazione. Il verbale relativo al procedimento di mediazione svoltosi in modalità telematica sarà sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti con firma digitale ai fini dell’esecutività dell’accordo prevista dall’articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”.
La modifica si riferisce al periodo di sospensione COVID- 19 originariamente previsto dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, ciò con ovvio coordinamento con i termini della nuova sospensione differita sino al periodo successivo 11 maggio 2020.
[15] aggiornato, da ultimo, con le modifiche apportate dal D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 68 e D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, nella L. 21 giugno 2017, n. 96
[16] C. M. FERRI, Manuale della nuova mediazione e conciliazione giudiziale, Wolters Kluwer, Milano, 2014
[17] M. CARADONNA, La mediazione civile: novità e dubbi interpretativi, Corr. trib., 2010, fasc. 45;
[18] In argomento, A. BERLINGUER, L’ABF tra giudizio e media-conciliazione, in Riv. Arbitrato, Anno XXIII, Fasc.414-42013.
[19] Altra ipotesi prevista, di fatto, per mediazione c.d. obbligatoria è data dall’art. 3, decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, dove si dispone al comma 6-bis, che il rispetto delle dette misure ivi previste è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti. Ciò posto, la legge 25 giugno 2020, n. 70 (di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile2020, n. 28), aggiunge – al riportato art. 3, d.l. 6/2020, dopo il comma 6-bis citato, il nuovo comma 6-ter:“Nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis , il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28,costituisce condizione di procedibilità della domanda”
Si riporta testo normativo: “DECRETO-LEGGE 23 febbraio 2020, n. 6 -Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. (20G00020) – Entrata in vigore del provvedimento: 23/02/2020 Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 5 marzo 2020, n. 13 (in G.U. 09/03/2020, n. 61). (Ultimo aggiornamento all’atto pubblicato il 29/06/2020) (GU n.45 del 23-02-2020)
Articolo 3: Attuazione delle misure di contenimento
1. COMMA ABROGATO DAL D.L. 25 MARZO 2020, N. 19.
2. COMMA ABROGATO DAL D.L. 25 MARZO 2020, N. 19.
3. COMMA ABROGATO DAL D.L. 25 MARZO 2020, N. 19.
4. COMMA ABROGATO DAL D.L. 25 MARZO 2020, N. 19.
5. COMMA ABROGATO DAL D.L. 25 MARZO 2020, N. 19.
6. COMMA ABROGATO DAL D.L. 25 MARZO 2020, N. 19.
6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.
((6-ter. Nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, costituisce condizione di procedibilità della domanda)). Pubblicazione: sito www.normattiva.it
Aggiornamenti all’articolo (pubblicazione in www.normattiva.it)
DECRETO-LEGGE 23 febbraio 2020, n. 6
Aggiornamenti all’articolo: Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. (20G00020) (GU n.45 del 23-2-2020):
1) data pubblicazione: 30/04/2020 -Il DECRETO-LEGGE 30 aprile 2020, n. 28 (in G.U. 30/04/2020, n.111) convertito con modificazioni dalla L. 25 giugno 2020, n. 70 (in G.U. 29/06/2020, n. 162) ha disposto (con l’art. 3, comma 1-quater) l’introduzione del comma 6-ter all’art. 3.
2) data pubblicazione: 29/06/2020 -La LEGGE 25 giugno 2020, n. 70 (in G.U. 29/06/2020, n.162)ha disposto (con l’art. 1, comma 1) la conversione, con modificazioni, del D.L. 30 aprile 2020, n. 28 (in G.U. 30/04/2020, n. 111).
[20] L’art. 5 co 1-bis d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 prevede, infatti, che chi voglia adire l’autorità giudiziaria per taluna delle materie ivi previste “ è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 187-ter del Codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. A decorrere dall’anno 2018, il Ministro della giustizia riferisce annualmente alle Camere sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall’applicazione delle disposizioni del presente comma”.
[21] In tal senso si veda verbale di udienza redatto dal Trib. Busto Arsizio in data 10.02.2021, in una vertenza in materia bancaria nella quale non è stato instaurato il procedimento di mediazione, in www.101mediatori.it; Trib. Busto Arsizio – Giudice Dott. Carlo Barile – Verbale di udienza del 10/02/2021.
[22] CAPPELLETTI M., Accesso alla giustizia: conclusione di un progetto internazionale di ricerca giuridico sociologica, in Foro it., 1979, V, 54 ss.; id., Accesso alla Giustizia, in Enc. giur., Roma, 1988, 3 ss.
[23] CSM – Parere allo schema di Decreto legislativo: Attuazione dell’art. 60 della Legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali. (Delibera del 4 febbraio 2010), in www.csm.it
[24] I. PAGNI, op. cit., p.621
[25] in dottrina si veda M. VACCARI, Questioni controverse in tema di mediazione, in Questione Giustizia, 1, 2015 in www.questionegiustizia.it. L’autore propone una disamina approfondita delle tematiche degli elementi costitutivi della domanda di mediazione in caso di pluralità di domande e di parti.
[26] In dottrina il giudizio di cognizione piena devolverebbe al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso. Per un inquadramento generale, si v. A. CARRATTA-C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile – III, XVII ed., Torino, 2020.
[27] A. MANIACI, Autonomia privata e conflitto, in NGCC, anno XXXV, 4/2019, p.854 ss.; si veda anche F. DANOVI-FERRARIS, La cultura della mediazione e la mediazione come cultura, Giuffrè, 2013, 12; LUISO, Diritto processuale civile, V, Giuffrè, 2017, 14, cui viene peraltro attribuito il merito di aver proposto la distinzione fra ADR ‘autonome’ e ADR ‘eteronome’: v. Id., La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2004,1201 ss.; v. Id., Il modello italiano di mediazione – Il «giusto» procedimento di mediazione (contraddittorio, riservatezza, difesa, proposta), in Giur. it., 2012, 214. 11 Utilizza questa espressione BOVE, Le ADR e la composizione stragiudiziale delle controversie: obblighi ed opportunità per il sistema della giustizia civile, in Scritti offerti dagli allievi a Francesco Paolo LUISO per il suo settantesimo compleanno, Giappichelli, 2017, 37.
[28] U. CARNEVALI, La nuova mediazione civile, in Contr., 2010, 5, 438.
[29] U. CARNEVALI, op cit., p. 437
[30] Testo: Trib. Modena, ordinanza 2 maggio-2016, in adrprogestitalia.com, fisicamente le parti assistite dai loro avvocati, anche se l’incontro si conclude senza l’accordo. Non può qualificarsi come incontro quello che avviene per mezzo di missive, telegrammi o fax inviati dalle parti direttamente al mediatore o all’Organismo. In tal caso non può considerarsi assolta la condizione di procedibilità e va riattivata una seconda mediazione. Laddove non tutte le parti siano presenti, sarà onere del mediatore aggiornare l’incontro invitandole a comparire personalmente. In taluni precedenti giurisprudenziali si legge l’affermazione secondo cui la partecipazione in mediazione costituisce attività personalissima che la parte non può delegare al difensore, pena pronunzia di improcedibilità della domanda, non ritenendosi in tal caso espletata la procedura compositiva e di conseguenza assolta la condizione di procedibilità (Trib. Vasto 9 marzo 2015, in Dir giust.; Trib. Pavia 9 marzo 2015, in www.Altalex). Premesso ciò, per la necessaria partecipazione personale delle parti agli effetti del soddisfacimento della condizione di procedibilità, si sta orientando, in modo sempre più convinto, la prassi giurisprudenziale dell’ultimo anno, inaugurata dal Tribunale di Firenze (Trib. Firenze 19 marzo 20.14, in Giustizia civile com., 2014, con nota adesiva di MASONI, La nuova mediazione delegata, dove eravamo rimasti?; in Giur. it., 2015, 639, con nota di BENIGNI, La condizione di procedibilità nella mediazione disposta d’ufficio dal giudice; Trib. Firenze 26 novembre 2014, in Adrintesa.it.; in www.mondoadr.it; Trib. Pavia 9 marzo 2015).
[31] Tra gli altri arresti giurisprudenziali nel senso di necessaria partecipazione al procedimento tanto della parte quanto del difensore, si veda ancora Trib. Firenze, 23 novembre 2016; Trib. Roma, 29 settembre 2016, dott. Moriconi; Trib. Roma, sent., n. 18361/2016 dott. Moriconi e Trib. Roma, sez.VI, n. 3554/2017.
[32] Trib. Firenze, 19 marzo 2014. Est. Luciana Breggia; in senso conforme, Trib. Firenze, 19 marzo 2014 -Estensore dr. Giuseppe Buffon; in dottrina si confronti Trib. Firenze 19 marzo 2014, in Giustizia civile com., 2014; v. Id., MASONI, La nuova mediazione delegata, dove eravamo rimasti?; in Giur. it., 2015, 639.
[33] Per approfondimenti si veda in tema, RAITI, Primo incontro in mediazione e condizione di procedibilità della domanda ai sensi del novellato art. 5, comma 2° bis, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, in Riv. dir. proc., 2015, II, 564 ss.; REALI, La mediazione obbligatoria riformata, in Giusto processo civ., 214, 753.
[34] L’espressione è usata da V. DONATO, Sulle ADR tra riforma del processo e riforma del Giudice: la ricerca affannosa dei luoghi della iurisdictio, in Giust. Civ., fasc.4, 2019, p. 871
[35]Trib. Roma, sez.VI, sent., 3 novembre 2016, n. 16961 est. Nardone.
[36]V. DONATO, op cit., p. 871.
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Avvocato, iscritta presso Ordine Avvocati di Salerno, con patrocinio in Corte di Cassazione e altre Magistrature Superiori.
Laureata in Giurisprudenza nel 1994 presso UNISA-Università degli Studi di Salerno.
Tra i vari, titoli conseguiti si annoverano:
Specializzazione universitaria in professioni legali; Master universitario in E-Government e Management della Pubblica Amministrazione; Master universitario in diritto amministrativo.Dal 2019 è membro confermato del Consiglio Direttivo Provinciale di Salerno dell’associazione Nazionale-Europea A.N.AMM.I.. Ha, inoltre, conseguito idoneità in concorso pubblico per titoli ed esami per attività giuridico-amministrativo e medico-legale del laboratorio di igiene e medicina del lavoro presso UNISA (Dipartimento di medicina e chirurgia), Scuola Medica Salernitana dell´Università degli studi di Salerno.Dal 2020 ha conseguito titoli di aggiornamento professionale per funzioni di mediatore civile e commerciale; idoneità REI CINECA (collaboratori Area Economica) per docenza, esercitazioni/laboratori, didattica presso UNIMIB Università degli Studi di Milano-Bicocca; idoneità Collaboratori Alta Formazione triennio 2019 - 2022 - Area Giuridica/ Higher Education Collaborators – presso UNIMIB Università degli studi Milano Bicocca.
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