La confisca urbanistica
Come previsto dall’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380/01 (Testo Unico in materia edilizia), il giudice penale dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite con la sentenza che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva.
La norma citata riconosce così al giudice penale la facoltà di disporre la confisca urbanistica in luogo dell’amministrazione comunale nel caso in cui quest’ultima sia rimasta inerte di fronte ad un fenomeno di lottizzazione abusiva, omettendo cioè di acquisire le aree abusivamente lottizzate al patrimonio disponibile come previsto dall’art. 30, comma 8, d.P.R. n. 380/01.
Diversa è invece l’ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 31 della medesima fonte normativa, nella quale è il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale a dover adottare il provvedimento di confisca una volta accertato l’abuso edilizio e verificata l’inottemperanza all’ordine di sospensione e demolizione delle opere abusivamente realizzate.
Tanto premesso, secondo l’orientamento consolidato in materia la confisca urbanistica sarebbe a tutti gli effetti una sanzione amministrativa anche nel caso in cui sia stata disposta dal giudice penale, il quale agirebbe pertanto in luogo dell’autorità amministrativa.
In quanto tale, dunque, la medesima può essere applicata a prescindere da una sentenza di condanna per il reato di lottizzazione abusiva, a condizione, tuttavia, che vi sia stato un accertamento “in fatto” relativamente alla responsabilità dell’imputato, ovvero che l’illecito sia stato verificato in tutte le sue componenti soggettive ed oggettive e che tale accertamento si sia svolto nell’ambito di un giudizio in cui è assicurato il contraddittorio con le parti interessate.
Non avendo carattere penale ad essa non sarebbe infatti applicabile l’art. 240 c.p., il quale – come precisato dalle sezioni unite – consente di derogare al presupposto “nel caso di condanna” solo con riferimento alle cose di cui al n. 2, comma 2.
D’altra parte, si osserva, l’art. 44 d.P.R. n. 380/01 subordina l’applicazione della confisca all’accertamento del fatto di lottizzazione abusiva, senza invece far alcun riferimento alla necessità di una pronuncia di condanna.
L’impostazione della giurisprudenza nazionale non è tuttavia condivisa dalla Corte Edu, la quale perviene ad una diversa qualificazione della misura in questione; secondo la concezione c.d. autonomista, infatti, l’ordinamento CEDU può attribuire ad una misura carattere diverso da quello riconosciuto dal diritto e dalla giurisprudenza interni.
Per il giudice europeo la qualificazione di una sanzione, in termini di pena o di mera sanzione amministrativa, deve avvenire considerando specifici elementi, quali: l’eventuale irrogazione a seguito di una condanna per un reato; la natura e lo scopo della misura; la sua definizione da parte del diritto interno; le procedure previste per la sua esecuzione e la sua gravità.
In primo luogo, precisa la Corte, con riguardo alla qualificazione secondo il diritto interno occorre osservare come l’art. 44 T.U. risulti essere intitolato “sanzioni penali”, lasciando così intendere l’intenzione del legislatore di considerare la confisca urbanistica alla stregua di una pena.
D’altro canto, la Corte Edu evidenzia la natura particolarmente afflittiva della misura, la quale assume carattere essenzialmente punitivo, finendo per risultare di conseguenza estranea allo scopo reintegrativo/ripristinatorio che deve invece caratterizzare le sanzioni amministrative.
A tal proposito, si deve infatti osservare che la misura viene applicata a prescindere da un danno effettivo al territorio, non consentendo inoltre di valutare la colpa dell’autore dell’illecito; essa, d’altronde, si presenta come illimitata, ovvero capace di comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate, ovvero appartenenti a terzi.
Con riferimento alle procedure di adozione ed esecuzione, poi, si osserva come la confisca urbanistica sia adottata da un giudice penale, il quale, contrariamente a quanto sostenuto dalla giurisprudenza italiana, non agisce in luogo della p.a.
Alla luce di tali considerazioni, dunque, deve ritenersi che la confisca in parola costituisca una vera e propria “pena” ai sensi dell’art. 7 CEDU, con la conseguenza che ad essa va applicata la citata disposizione anche in assenza di un procedimento penale ai sensi dell’art. 6.
Per la Corte Edu, inoltre, l’applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva si pone altresì in contrasto con i principi sanciti dall’art. 1 CEDU in tema di proprietà, ed in particolare con l’esigenza di proporzionalità della sanzione amministrativa.
Sulla base di tale criterio, infatti, l’azione amministrativa deve essere proporzionata allo scopo che si intende perseguire, dovendo così garantire il soddisfacimento dell’interesse pubblico mediante il minor sacrificio possibile delle posizioni giuridiche dei soggetti privati, le quali possono pertanto essere incise solo nei limiti in cui ciò si renda necessario.
In merito si osserva l’obbligatorietà della misura e la conseguente impossibilità per il giudice penale di valutarne l’opportunità in relazione alla scopo di reintegrazione territoriale perseguito, certamente suscettibile di essere adeguatamente soddisfatto anche attraverso l’applicazione di provvedimenti meno invasivi, quali l’ordine di demolizione delle opere o l’annullamento del progetto di lottizzazione.
La mancanza di proporzionalità che contraddistingue il provvedimento in questione, afferma il giudice sovranazionale, deve quindi essere compensata garantendo all’interessato la possibilità di difendere le proprie ragioni dinanzi ad un’autorità giudiziaria e nell’ambito di un procedimento di cui è parte.
Ne consegue che la confisca non potrà mai essere applicata a danno di un terzo estraneo al giudizio o per la prima volta in sede di legittimità, fase del processo non suscettibile di garantire un valido dibattimento.
Diversamente, infatti, la misura finirebbe per rendersi incompatibile con il principio di proporzionalità, già fortemente pregiudicato dalla particolare afflittività della medesima, la quale non risulta assolutamente giustificata in ragione dello scopo perseguito, potendo questo essere raggiunto con provvedimenti meno repressivi.
Ciò premesso, anche la Corte Edu perviene alla medesima conclusione della giurisprudenza nazionale, ritenendo che ai fini dell’applicazione della confisca edilizia sia sufficiente un accertamento della responsabilità penale, mentre non sia invece necessaria una formale sentenza di condanna; nulla osta, infatti, che tale accertamento possa essere contenuto in un altro tipo di pronuncia.
Quando il fatto di lottizzazione abusiva sia stato accertato in tutti i suoi elementi costitutivi nel corso di un procedimento nel quale è garantito il contraddittorio tra le parti, la confisca edilizia può dunque essere adottata anche nel caso in cui sia intervenuta una causa di estinzione del reato, come per esempio la prescrizione.
Detto questo, nei casi in cui la prescrizione sia maturata in sede di legittimità, ci si interroga in ordine all’individuazione dell’istituto processuale che consenta, a seguito dell’annullamento derivante dalla declaratoria di prescrizione del reato, un giudizio di rinvio strettamente limitato alle determinazioni inerenti alla confisca urbanistica, con particolare riferimento alla valutazione di proporzionalità della stessa, sulla base dell’interpretazione convenzionalmente orientata dell’art. 44 citato.
Secondo un recente orientamento giurisprudenziale, alla confisca urbanistica sarebbe applicabile l’art. 578 bis c.p.p.: affinché il principio della coesistenza tra prescrizione e confisca – ormai consolidato in sede convenzionale – non rimanga mera enunciazione teorica, si osserva, è necessario procedere ad una “frammentazione” della pronuncia di annullamento, al fine di dar luogo ad un giudizio di rinvio limitato alle sole statuizioni sulla confisca e, dal punto di vista processuale, è proprio la norma citata a consentire il soddisfacimento di tale esigenza.
Di contrario avviso è invece un’altra impostazione, la quale esclude la confisca urbanistica dal perimetro applicativo dell’art. 578 bis c.p.p., ritenendo che la stessa non possa ritenersi richiamata dal generico riferimento alle “altre disposizioni di legge” contenuto nella disposizione.
Si propone, in particolare, una diversa interpretazione letterale, nonché sistematica e teleologica della norma in questione.
Sotto il primo profilo, si osserva che il riferimento alle confische previste “da altre disposizioni di legge”, legato al precedente richiamo dell’art. 240 bis c.p. dalla congiunzione “e”, non consentirebbe l’inclusione della confisca urbanistica nell’ambito di applicazione dell’art. 578 bis c.p.p., permettendo di includervi esclusivamente tutte le altre ipotesi di confisca allargata disciplinate al di fuori del codice.
D’altra parte, si evidenzia come l’ulteriore riferimento alla confisca prevista dall’art. 322 ter c.p., il quale disciplina invece la confisca per equivalente, aggiunto ai precedenti con l’utilizzo della diversa congiunzione “o”, rafforzerebbe la tesi secondo la quale il legislatore avrebbe voluto richiamare esclusivamente queste due tipologie di confisca, con esclusione di quella urbanistica.
Tale conclusione, poi, risulterebbe ulteriormente confermata dal fatto che l’art. 578 c.p.p. rappresenta sostanzialmente il trapianto nel codice di rito dell’abrogato art. 12 sexies d.l. n. 306/92 in tema di confisca allargata.
Per tale concezione, dunque, l’art. 578 bis c.p.p. non consentirebbe alla S.C. un rinvio limitato alla valutazione della proporzionalità della confisca, in quanto la norma non può che riferirsi esclusivamente alla confisca allargata e a quella per equivalente.
Secondo parte della giurisprudenza, d’altronde, dall’interpretazione convenzionalmente orientata dell’art. 44 T.U. deriverebbe un generale obbligo di accertamento del reato ai fini della confisca, al cospetto del quale risulterebbe recessivo il principio di immediata declaratoria di una causa estintiva del reato affermato dall’art. 129 c.p.p.
Anche qualora l’estinzione del reato maturi nel corso del giudizio di primo grado, dunque, l’azione penale dovrebbe comunque proseguire allo scopo di procedere all’accertamento del reato e di pervenire così all’applicazione della confisca.
Sulle problematiche anzidette sono intervenute le sezioni unite della S.C., le quali hanno dapprima esaminato la possibilità di “frammentare” l’effetto caducante di una pronuncia di annullamento senza rinvio derivante dalla declaratoria di prescrizione del reato.
Secondo quanto ritenuto del supremo consesso giudiziario, tale frammentazione non può ritenersi giustificata solo sulla base dei principi affermati dalla Corte Edu in materia di confisca urbanistica, dai quali non può certo ricavarsi un obbligo per il giudice penale di proseguire un giudizio nonostante l’intervenuta estinzione del reato.
Tale facoltà, pertanto, deve trovare fondamento in una specifica disposizione normativa, la quale pervenga a disciplinare, espressamente o implicitamente, la suddetta operazione.
Ciò presupposto, la Corte ritiene che sia appunto l’art. 578 bis c.p.p. la norma al quale fare riferimento per ammettere la frammentazione della pronuncia di annullamento, posto che nel suo ambito applicativo non può che rientrare anche la confisca urbanistica come è reso evidente dal rifermento testuale alle confische previste “da altre disposizioni di legge”, non apparendo inoltre dirimente il peculiare uso delle congiunzioni nel corpo della disposizione.
Secondo le sezioni unite, in particolare, è proprio il riferimento alla confisca per equivalente l’elemento che depone nel senso di una lettura della disposizione inclusiva anche delle misure ablatorie di carattere sanzionatorio, come certamente deve ritenersi la confisca urbanistica.
Al fine di meglio chiarire la portata applicativa del principio di coesistenza tra la declaratoria di estinzione del reato e la confisca urbanistica affermato dalla giurisprudenza della Corte Edu, nonché allo scopo di circoscrivere l’operatività dell’art. 578 bis c.p.p., le sezioni unite hanno poi affrontato la questione giuridica inerente al rapporto tra il potere di accertamento del reato ai fini della confisca edilizia e l’art. 129 c.p.p.
Sotto questo punto di vista, la S.C. ha riaffermato la piena operatività dell’obbligo di immediata declaratoria di una causa estintiva del reato di cui all’art. 129 c.p.p., escludendo quindi che dall’interpretazione convenzionalmente orientata dell’art. 44 d.P.R. n. 380/01 possa ricavarsi un generale onere di accertamento del fatto di reato ai fini della confisca.
La conclusione anzidetta, osserva la Corte, è infatti resa evidente dal carattere inderogabile del principio di cui all’art. 129 citato, il quale costituisce espressione dell’esigenza costituzionale di ragionevole durata del processo, e del quale non può che ammettersi un’applicazione generale in ragione della sperequazione in peius che si verrebbe a creare qualora si consentisse la prosecuzione del giudizio alla scopo di un accertamento finalizzato alla confisca, considerata infatti l’impossibilità per l’imputato – sulla base della medesima disposizione – di far proseguire il giudizio per l’espletamento di accertamenti a sé favorevoli, da sempre sostenuta dalla giurisprudenza.
Dalla giurisprudenza della Corte Edu, nonché da quella costituzionale che si è pronunciata sul punto, d’altronde, non può certo ricavarsi nessun obbligo per il giudice penale di proseguire nell’accertamento del reato ai fini della confisca.
Data la piena operatività del principio di immediatezza del proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p., dunque, la S.C. ritiene che il giudice di primo grado possa disporre la confisca solo nei casi in cui, anteriormente al momento di maturazione del termine di prescrizione, il fatto di lottizzazione abusiva sia stato già accertato in tutti i suoi elementi costitutivi.
In conclusione, la confisca di cui all’art. 44 T.U. può quindi essere disposta anche nel caso in cui il reato di lottizzazione abusiva sia estinto per prescrizione, a condizione che il fatto illecito sia stato accertato sotto il profilo soggettivo ed oggettivo nel corso di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio tra le parti, ferma restando, tuttavia, l’impossibilità, ex art. 129 c.p.p., di prosecuzione del giudizio al solo fine di compiere detto accertamento una volta che sia intervenuta la causa estintiva.
In caso di declaratoria di estinzione del reato di lottizzazione abusiva all’esito di un giudizio di impugnazione, invece, il giudice d’appello e la Corte di Cassazione sono tenuti, in applicazione dell’art. 578 bis c.p.p., a decidere sull’impugnazione ai soli effetti della confisca.
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L'avvocato Cuccatto è titolare di uno studio legale in provincia di Torino con pluriennale esperienza nel campo del diritto civile, penale ed amministrativo.
L'avvocato è inoltre collaboratore esterno di un importante studio legale di Napoli, specializzato nel diritto civile.
Quale cultore della materie giuridiche, l'avvocato è autore di numerose pubblicazioni in ogni campo del diritto, anche processuale.
Forte conoscitore della disciplina consumeristica e dei diritti del consumatore, l'avvocato fornisce la propria rappresentanza legale anche a favore di un'associazione a tutela dei consumatori.
Quale esperto di mediazione e conciliazione, l'avvocato è infine un mediatore professionista civile e commerciale.
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