La controversa natura del DPCM
La pandemia di Covid-19, dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, ha obbligato molti Governi, non solo in Europa, ad adottare misure straordinarie per contenere il più possibile la diffusione incontrollata del virus.
In Italia, in particolare, si é familiarizzato con una fonte del diritto che é il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) attraverso cui libertà fondamentali della persona sono state compresse durante il lockdown nazionale, come pure adesso in diverse parti della Nazione.
A tal proposito, non possono non riecheggiare gli scritti del giurista tedesco Carl Schmitt sullo Stato d’assedio o d’eccezione, con la sola differenza che oggi il nemico da affrontare é invisibile, per questo ancora più pericoloso e, soprattutto, cammina sulle nostre gambe.
Ne deriva, come logica conseguenza, la necessità di forti limitazioni, ad esempio, alla libertà di circolazione sul territorio, ammesse dall’art. 16 Cost. per ragioni di sicurezza o di salute pubblica, purché siano previste dalla legge.
Questa disposizione ha fatto dubitare taluni della legittimità costituzionale del DPCM che é un atto monocratico del Presidente del Consiglio, non una legge né un atto avente forza di legge.
Tuttavia, questa obiezione é agevolmente superabile, se solo si considera che al Premier Conte il potere di adottare misure straordinarie per la lotta alla pandemia, ivi incluse le drastiche limitazioni di cui sopra, é stato attribuito e ben definito dai decreti – legge nn. 6 e 19/2020, entrambi convertiti in legge dai rami del Parlamento nel termine perentorio di 60 giorni ex art. 77 Cost.
Ergo, si é al cospetto di un potestà avente una solida base normativa che soddisfa non solo la riserva di legge di cui all’art. 16 Cost, ma anche il principio di legalità dell’azione amministrativa ex art. 97, co. 2 Cost.
Tale principio, sul quale si fonda lo Stato di diritto dal 1789 ad oggi, é onnicomprensivo, abbraccia tanto gli atti amministrativi quanto i regolamenti ed é proprio tale vexata quaestio a riguardare il DPCM che, per un verso, pare configurarsi quale provvedimento e, per l’altro, quale regolamento.
Non mancano indizi tanto in un senso quanto nell’altro.
Difatti, é indubbio che il DPCM sia accostabile all’ordinanza extra ordinem ovvero contingibile e urgente sotto il profilo funzionale, condividendo con essa la finalità di contrastare una situazione emergenziale, quindi transeunte, che non può essere affrontata e risolta con gli strumenti ordinari.
Altro punto in comune, allora, é la temporaneità degli effetti, atteso che, una volta cessata la pandemia ed esauritasi con essa la funzione del DPCM, le libertà individuali, prima compresse per preminenti ragioni di interesse pubblico, torneranno ad espandersi in automatico.
Un ulteriore argomento, a sostegno della tesi in parola, concerne i corollari del principio di legalità, vale a dire i principi di riserva di legge, tipicità e nominatività dei provvedimenti amministrativi.
Al pari dell’ordinanza di necessità e urgenza, il DPCM soddisfa pienamente il primo e il terzo corollario, ma non anche il secondo.
Risulta rispettato il principio di riserva di legge giacché, come anticipato, il potere di emanare i DPCM ha un suo fondamento legale, rectius viene esercitato in virtù di atti aventi forza di legge, a loro volta convertiti in legge.
Inoltre, in forza del principio di nominatività, sempre la Legge ha stabilito che il DPCM é il provvedimento ad hoc da emanare per quello scopo o causa giustificativa del potere che il legislatore stesso ha tipizzato : neutralizzare un pericolo grave per la salute pubblica, altrimenti non contrastabile.
Viceversa, si deroga al principio di tipicità, in quanto sia il DPCM sia l’ordinanza di cui sopra hanno un contenuto atipico, di volta in volta adattabile alle peculiarità del caso concreto e all’evolversi della curva epidemiologica.
D’altronde, per altra tesi, il DPCM si presta maggiormente ad essere equiparato al regolamento.
Quest’ultimo é un atto amministrativo nella forma, ma normativo nella sostanza, giacché connotato da generalità, astrattezza e innovatività, quindi applicabile a una serie indefinita di destinatari (non determinabili a priori) e di casi, nonché capace di apportare all’ordinamento modifiche definitive.
Può osservarsi che il DPCM, emanato sulla scorta di un decreto – legge, pare accostabile a quei regolamenti attuativo – integrativi che, già previsti dalla l. 100/1926, oggi disciplinati dalla l. 400/1988 e ammessi nelle materie coperte da riserva relativa di legge, sono rivolti all’attuazione di leggi e atti aventi forza di legge sul piano dei dettagli e, soprattutto, di un’integrazione tecnico – scientifica.
Tali osservazioni sembrano calzare a pennello al DPCM la cui promulgazione non ha un’origine meramente politica, tenendo conto che il Presidente del Consiglio, fin dall’inizio dell’emergenza, é coadiuvato da un comitato tecnico – scientifico di esperti (CTS), ragion per cui il contenuto del DPCM stesso presenta connotati di discrezionalità tecnica.
Il discrimen tra quest’ultima e la discrezionalità pura o amministrativa risiede nel fatto che la Pubblica Amministrazione esprime valutazioni giustappunto tecniche, fondate su scienze opinabili e che impegnano il solo giudizio, non anche la volontà della P.A. stessa.
Va aggiunto che il regolamento é l’atto normativo tipico del Governo i cui organi costituzionali sono il Consiglio dei Ministri e il Presidente dello stesso il quale, esercitando il potere di emanare i DPCM, non farebbe altro che espletare quella funzione di direzione e di indirizzo politico e amministrativo riconosciutagli dall’art. 95, co. 1 Cost.
D’altra parte, la l. 400/1988 prescrive per la formazione del regolamento governativo un rigida scansione procedimentale che non é affatto rispettata per il DPCM : delibera del Consiglio dei Ministri, previo parere del Consiglio di Stato, registrazione da parte della Corte dei Conti, pubblicazione in G.U. con decorrenza dell’ordinario termine di vacatio legis pari a 15 giorni prima dell’entrata in vigore e, soprattutto, tale regolamento é emanato con DPR, ossia con Decreto del Presidente della Repubblica.
Il parere del Consiglio di Stato, il visto del giudice contabile e la pubblicazione in Gazzetta sono imposti altresì per i regolamenti adottati con decreto ministeriale o interministeriale, ossia riferibile al singolo dicastero ovvero a più dicasteri che hanno agito di concerto.
Alla luce di tutte le considerazioni fino ad ora esposte, é evidente che non vi sia una soluzione univoca per l’individuazione della natura giuridica del DPCM.
Se da un lato tale decreto condivide con il potere d’ordinanza il contesto emergenziale, dall’altro, come il regolamento, dà attuazione ad una legge “a monte” sul piano della discrezionalità tecnica, così dando forma al potere direttivo e di indirizzo del Presidente del Consiglio ex art. 95 Cost. che, ancora oggi, riflette quel modello “cavouriano”, accentrato, piramidale e verticistico di P.A. quale apparato servente del Governo.
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Jacopo Bracciale
Dopo aver conseguito la maturità classica con una votazione finale di 100/100, mi sono laureato cum laude in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Teramo con una tesi in Teoria generale del diritto dal titolo "Il problema dei principi generali del diritto nella filosofia giuridica italiana". In seguito, ho svolto con esito positivo presso il Tribunale di Teramo il tirocinio formativo teorico - pratico di 18 mesi ex art. 73 D.L. 69/2013 : per un anno nella Sezione Penale e, nei restanti sei mesi, in quella Civile. Parallelamente ho frequentato e, ancora oggi, frequento il corso di Rocco Galli per la preparazione al concorso in magistratura. Dal mese di novembre del 2020 collaboro con la rivista scientifica Salvis Juribus come autore di articoli di diritto civile, penale ed amministrativo.