La Corte di Cassazione chiarisce il discrimen tra furto e rapina impropria: cliente condannato per rapina di alcune brioches

La Corte di Cassazione chiarisce il discrimen tra furto e rapina impropria: cliente condannato per rapina di alcune brioches

Cass. pen., sez. II, 13 aprile 2023, n. 15642 – Pres. Agostinacchio, Rel. Cersosimo

 

Abstract (ITA)Questo articolo si propone di esaminare in modo più accurato la sentenza n. 15642/2023 emessa dalla Seconda sezione penale della Corte di Cassazione. In questa sentenza, viene affrontato e definito nuovamente il rapporto tra il reato di furto e il reato di rapina impropria.

Abstract (EN)This article aims to examine in a more accurate manner the ruling n. 15642/2023 issued by the Second Criminal Division of the Court of Cassation. In this ruling, the relationship between the offense of theft and the offense of improper robbery is once again addressed and defined.

 

Sommario1. La vicenda processuale – 2. Reato di furto (art. 624 c.p.) – 3. Reato di rapina (art. 628 c.p.) – 4. La decisione della Corte di Cassazione – 5. Osservazioni conclusive

1. La vicenda processuale

Il caso riguarda l’imputato che ha presentato un ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte di Appello di Venezia. La Corte aveva parzialmente riformato una sentenza precedente del Tribunale di Vicenza, condannandolo ad 1 anno, 1 mese e 5 giorni di reclusione e una multa di 360 euro per i reati previsti dagli articoli 81, 628 comma 2, 582 e 585 del codice penale.

Nel primo motivo di impugnazione, l’imputato afferma che la Corte territoriale ha violato la legge e che la motivazione è illogica per non aver riqualificato il reato come tentato furto, invece che come rapina impropria. Secondo la difesa, l’imputato non ha preso indebitamente il bene altrui, ma gli è stato consegnato spontaneamente, e si è allontanato senza pagare solo perché temporaneamente non aveva il portafogli con sé, sostenendo ancora che si tratta di un inadempimento di un’obbligazione civile e che il pagamento è stato poi effettuato immediatamente dai parenti dello stesso imputato.

La difesa sostiene la mancanza del nesso causale tra l’azione dell’imputato nell’ottenere le brioches e le lesioni subite dalla vittima, poiché lui sarebbe semplicemente partito con la propria auto senza rendersi conto che la persona offesa si era aggrappata alla portiera e poi era caduta rovinosamente a terra durante la partenza dell’auto procurandosi delle lesioni.

Infine, l’imputato sostiene che la merce non è mai uscita dalla sfera di vigilanza della vittima, quindi il reato di tentato furto dovrebbe essere l’unica contestazione applicabile.

2. Reato di furto (art. 624 c.p.)

Il reato di furto è disciplinato dall’articolo 624 del codice penale che definisce il furto come l’atto di sottrarre una cosa mobile appartenente a un’altra persona, con l’intenzione di appropriarsene in modo illecito. Il bene giuridico protetto dal delitto di furto è individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso, inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità, che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, di conseguenza la legittimazione a proporre querela (Cass. Sez. Un., 18 luglio, 2013, n. 40354).

Una delle caratteristiche fondamentali del reato di furto è la presenza di due elementi essenziali: la sottrazione della cosa e l’intenzione di appropriazione illecita. La sottrazione implica il distacco della cosa dalla sua legittima detenzione, mentre l’intenzione di appropriazione illecita indica la volontà di acquisire la cosa in modo illegale, al di fuori dei legittimi canali di scambio o proprietà.

Il furto può essere commesso in diverse forme e modalità. Ad esempio, può avvenire mediante l’effrazione di un luogo chiuso, oppure attraverso il danneggiamento di un mezzo di trasporto al fine di sottrarre il suo contenuto. Altre modalità di furto possono includere l’uso di inganni, l’approfittamento di situazioni di vulnerabilità o la violazione della fiducia riposta da una persona.

3. Reato di rapina (art. 628 c.p.)

L’articolo 628 del codice penale disciplina il reato di rapina. In sintesi, la rapina è il delitto commesso da chi, con violenza o minaccia, si appropria di una cosa mobile altrui. Nel dettaglio, per configurare il reato di rapina devono essere presenti i seguenti elementi: a) sottrazione della cosa, attraverso la quale il colpevole si appropria di una cosa mobile che appartiene a un’altra persona. La cosa mobile può essere qualsiasi oggetto; b) violenza o minaccia perpetrata ai fini la sottrazione della cosa deve essere accompagnata da violenza fisica o minaccia grave. La violenza può essere esercitata sia sul proprietario della cosa sia su terze persone presenti durante il reato; c) intento di appropriazione poiché l’autore della rapina deve avere l’intenzione di acquisire la cosa sottratta per sé o per altri. L’art. 628, comma 3 c.p. prevede una serie di aggravanti nel caso in cui la rapina sia commessa, ad esempio, con l’uso di armi, l’uso di travisamento o da più persone riunite, se commessa all’interno dei mezzi di pubblico trasporto.

Di particolare rilievo, è il comma 2 dell’art. 628 c.p. che disciplina quella particolare forma di rapina c.d. impropria, mediante la quale l’agente pone in essere la condotta di violenza o minaccia immediatamente dopo aver sottratto la cosa mobile ai fini di trarne profitto, ovvero per assicurarsi l’impunità.

La giurisprudenza di legittimità è concorde nel sostenere che la rapina c.d. impropria avvenga anche quando, dopo la sottrazione, l’agente adoperi violenza o minaccia per assicurare a sé o ad altri il possesso della res, mentre non è necessario che ne consegua l’impossessamento, non costituendo quest’ultimo l’evento del reato ma un elemento che appartiene al dolo specifico.

Per ciò che concerne l’espressione “immediatamente” dopo che collega fra loro la fase della sottrazione della cosa mobile altrui e quella dell’impiego della violenza o della minaccia per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurarsi la relativa impunità, non deve essere interpretata in termini rigorosamente letterali, ma va comunque intesa come sviluppo unitario delle due fasi suindicate, fra loro correlate dal nesso finalistico di impedire al derubato di tornare in possesso della cosa sottratta o di evitare il riconoscimento, ovvero il fine di sottrarsi a tutte le conseguenze penali e processuali del reato commesso, incluse la denunzia e l’arresto.

4. La decisione della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato considerato infondato e pertanto respinto. La sentenza di appello oggetto del ricorso e quella di primo grado sono conformi tra loro e le due sentenze possono essere lette insieme come un’unica decisione, in quanto entrambe le decisioni adottano gli stessi criteri nella valutazione delle prove. La Corte ha stabilito che, quando non vi è alcuna differenza sui punti sollevati, la sentenza di appello e quella di primo grado si integrano reciprocamente, formando un’unica entità logico-giuridica.

La Corte territoriale ha fornito una motivazione dettagliata, approfondita e priva di illogicità nel giudicare la responsabilità penale dell’imputato per il reato di rapina impropria. I giudici di appello hanno ritenuto che le azioni compiute dall’imputato costituiscano una sottrazione mediante inganno, in quanto l’imputato ha ottenuto il possesso effettivo delle brioches facendo credere alla vittima di volerle acquistare, ma senza effettuare il pagamento. I giudici di merito hanno sottolineato che la prima parte dell’azione dell’imputato consiste nel privare la vittima della proprietà delle brioches utilizzando un mezzo fraudolento. Tuttavia, le brioches rimangono ancora sotto il controllo effettivo della vittima in attesa del pagamento. È solo il comportamento successivo dell’imputato, che esce dal negozio senza pagare la merce e fugge in macchina nonostante il tentativo della vittima di fermarlo, che porta all’effettivo possesso delle brioches precedentemente sottratte mediante inganno.

La Corte di merito ha stabilito che ciò avviene perché la vittima non ha acconsentito al possesso da parte dell’imputato, ma ha cercato di fermarlo, e la reazione violenta dell’imputato ha trasformato il reato da furto in rapina impropria. La Corte territoriale ha correttamente applicato l’orientamento predominante della giurisprudenza di legittimità che distingue il reato di furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento dai reati di truffa o appropriazione indebita. Tale distinzione si basa sull’impossessamento tramite sottrazione “invito domino”, che caratterizza il furto. In questo caso, non si può riscontrare un effettivo trasferimento del possesso delle brioches quando il soggetto passivo si priva materialmente del bene senza la volontà di spossessarsene, mantenendo il controllo su di esso che viene vanificato dalla fuga improvvisa dell’autore del reato.

La Corte di merito ha correttamente qualificato il fatto come rapina impropria, poiché lo spossessamento dei beni subito dalla vittima non è stato il risultato di un consenso volontario, ma piuttosto della coercizione della sua volontà causata dall’azione fraudolenta dell’imputato. La vittima è stata indotta a cedere la disponibilità materiale delle brioches in attesa del pagamento, e l’uso successivo di violenza da parte dell’imputato per assicurarsi il possesso delle brioches costituisce correttamente il reato di rapina impropria. Secondo la ricostruzione dei fatti esposta dai giudici di appello, l’azione unilaterale dell’imputato nel prendere la busta contenente le brioches e allontanarsi senza pagare ha giocato un ruolo decisivo nell’impossessamento delle brioches, usurpando unilateralmente il controllo sulla cosa.

Il ricorrente sostiene che vi sia un “travisamento dei fatti” oggetto di analisi e richiede una rivalutazione dell’intero materiale probatorio, proponendo un’interpretazione alternativa rispetto a quella adottata dalla Corte territoriale. Tuttavia, secondo la legge processuale penale, la Corte di Cassazione effettua un controllo di legittimità limitandosi a verificare se il provvedimento impugnato contenga una motivazione che sia giuridicamente significativa, efficace e in grado di rappresentare le ragioni alla base della decisione, evitando contraddizioni o evidenti illogicità.

I giudici di appello hanno ritenuto inattendibile la versione dell’imputato secondo cui non si era accorto della presenza della vittima, poiché questa versione era incompatibile con le dichiarazioni credibili della persona offesa, che ha specificato che l’imputato ha cercato di fuggire nonostante i suoi tentativi di fermarlo aggrappandosi allo sportello dell’auto. Questa ricostruzione è stata confermata dalla percezione degli agenti di polizia presenti sul posto. In conclusione, la Corte territoriale ha adottato un percorso argomentativo coerente, basato sulle prove disponibili e privo di evidenti illogicità, per valutare l’elemento soggettivo dei reati contestati.

5. Osservazioni conclusive

A parere di chi scrive la pronuncia della Corte di Cassazione, appare condivisibile. In primis, per ciò che riguarda il reato di furto commesso dall’imputato è posto in essere in una prima parte della condotta quando, l’agente si impossessa del bene mobile e fugge. In secondo luogo, la corretta qualificazione in rapina c.d. impropria si consuma nel momento in cui la persona offesa, titolare dell’esercizio commerciale, si appresta, invano, ad uscire fuori ed inseguire l’agente reggendosi alla portiera dell’auto con la quale stava fuggendo, per poi accelerale, facendola cadere rovinosamente a terra procurandole delle lesioni. Ciò che la difesa ha voluto sostenere è dato dal fatto che l’imputato non avesse adoperato violenza sulla persona offesa al fine di assicurarsi la cosa mobile come profitto, ma sarebbe stata un’azione involontaria dell’imputato stesso per fuggire. Se fosse anche così, resterebbe configurata sempre la condotta di violenza richiesta al comma 2 dell’art. 628 c.p. per procurarsi l’impunità e sfuggire ad un procedimento penale o all’arresto. Difficile appare condivisibile la circostanza che l’imputato non si sarebbe reso conto che la persona offesa fosse rimasta ancorata alla portiera dell’auto. In conclusione, la Corte di Cassazione ha esaminato ancora una volta il discrimen tra il delitto di furto ed il delitto di rapina impropria considerando come unitarie le due condotte: la prima quella di furto della cosa mobile; la seconda l’aver adoperato violenza per assicurarsi il bene – ed in questo caso – l’impunità, considerando assorbito il reato di furto in quello di rapina impropria.


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