La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla causa di non punibilità nella responsabilità medica

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla causa di non punibilità nella responsabilità medica

Come noto, la L. 8 marzo 2017 n. 24 (cd. legge Gelli) ha abrogato l’art. 3 co. 1 della Legge Balduzzi, facendo venir meno l’esclusione della responsabilità penale dei sanitari nei casi di colpa lieve, ed ha contestualmente introdotto l’art. 590 sexies c.p., secondo il quale “1. Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. 2. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

La norma in questione, quindi, da un lato, riconduce la cd. colpa medica nell’alveo della disciplina generale della colpa, eliminando la distinzione tra colpa grave e colpa lieve, e dall’altro, introduce una causa di esclusione della punibilità dell’esercente la professione sanitaria, operante nei soli casi di imperizia, al ricorrere di due condizioni: 1) il rispetto delle linee guida, come elaborate e pubblicate ai sensi dell’art. 5, L. 24/2017, o in loro mancanza, il rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali; 2) l’adeguatezza delle linee guida alle specificità del caso concreto.

Sul punto, già si era pronunciata la Suprema Corte a Sezione Unite con Sentenza 22 febbraio 2018 n. 8770, risolvendo il contrasto interpretativo che si era creato tra l’orientamento espresso da Cass. Sez. IV 20 aprile 2017 n. 28187, e quello propugnato da Cass. Sez. IV 19 ottobre 2017 n. 50078.

In particolare, veniva affermato che: “L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica: 1) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza; 2) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali; 3) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto; 4) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico.”

Ebbene, la Cassazione, con la recente Sentenza n. 8115/2019, ha ritenuto di dover fare ulteriore chiarezza in merito a tale questione, dal momento che continua a creare confusione nei vari tribunali.

Ed è appunto in questa sede che la Corte ricorda che, in tema di responsabilità dell’esercente la  professione sanitaria, “l’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 cod. pen., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse”.

Viceversa, la causa di non punibilità , rammentano gli Ermellini, non è applicabile né ai casi di colpa da imprudenza e da  negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.

Nella fattispecie in esame, il giudice del merito non aveva tenuto conto di tali circostanze ma si era limitato acriticamente a sussumere i fatti di causa all’interno della normativa introdotta dalla cd. legge Gelli omettendo qualsiasi valutazione di merito sulle numerose problematiche relative alla natura giuridica e ai presupposti applicativi della causa di non punibilità determinata da imperizia di colui che esercita la professione sanitaria.

La sentenza è stata dunque annullata ai sensi dell’art. 622 c.p.p., con rinvio al giudice civile competente, il quale dovrà tornare a pronunciarsi sulla vicenda, che vede due medici imputati del reato di lesioni personali colpose in danno di un paziente, cagionate all’esito di un trattamento sanitario.


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Avv. Federico Giordano

Laureato presso l'Università degli studi di Pavia alla Facoltà di Giurisprudenza, è iscritto presso l'Ordine degli Avvocati di Aosta, ove esercita la professione forense.

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