La crisi del principio di legalità nel diritto amministrativo
La valenza costituzionale del principio di legalità esteso all’azione amministrativa si evince dagli artt. 23, 24, 97, 113 Costituzione.
Il principio di legalità viene interpretato secondo tre accezioni: la legalità debolissima, quella debole e quella forte. Per legalità debolissima si intende il principio di non violazione della legge in base al quale l’amministrazione può fare tutto ciò che non è vietato, purché non trasgredisca la legge. Per la seconda accezione, quella debole, non è sufficiente rispettare la legge ma è necessaria l’investitura legale e quindi, in questo caso, il potere amministrativo deve trovare il suo fondamento nella legge. Infine, per il terzo tipo di accezione, la legalità forte, non basta non violare la legge, non basta che ci sia una legge che sancisce il potere, ma è necessario che la legge disciplini il potere stabilendone i contenuti, le regole, il procedimento e l’esercizio. Il principio di legalità assume una valenza diversa a seconda della disciplina giuridica di riferimento. Nel diritto civile, il principio in parola assume una valenza più elastica perchè l’autonomia negoziale è rimessa alla libera discrezionalità delle parti, che possono perseguire gli interessi giuridici più disparati purchè gli stessi rispondano ad una valutazione di meritevolezza. Nel diritto penale, il principio di legalità assume dei connotati più rigidi per la rilevanza costituzionale che assumono i beni giuridici che la legge penale si propone di regolare. E’ unicamente la legge statale a regolare con determinatezza i fatti costituenti reato con le relative sanzioni perchè costituisce una sintesi tra le maggioranze e le minoranze della nazione.
Nel diritto amministrativo, il principio di legalità è irrinunciabile quanto nel diritto penale. perché fornisce un presidio di garanzia nei confronti di un’attività unilaterale a carattere autoritativo, che, quindi, si impone alle parti e deve, pertanto, essere necessariamente predeterminata dal legislatore. Il principio di legalita’ si estrinseca nella tipicità dei provvedimenti amministrativi che sono frutto di un potere attribuito dal legislatore al fine di perseguire un risultato prestabilito a monte. Una deroga al principio di legalità in senso forte è rappresentata dalle ordinanze extra ordinem. Sono provvedimenti ammessi solo nei casi di necessità ed urgenza, in cui qualunque altro provvedimento amministrativo non sarebbe idoneo a perseguire l’interesse pubblico. Sono ordinanze che non possono essere compiutamente definite in tutti i loro aspetti, perché regolano situazioni emergenziali, eccezionali, che per definizione non possono essere predeterminate.che hanno come caratteristica quella di essere previste dal legislatore solo con riguardo all’attribuzione del potere, ma di essere libere nei contenuti (e per questo si definiscono anche ordinanze libere). Le ordinanze necessitate sono provvedimenti irrinunciabili in uno stato di diritto e di contenuto analogo nella legislazione statale si presenta il decreto legge . Anche la categoria dei c.d. poteri impliciti è stata oggetto di forte dibattito in ordine alla sua compatibilità con il principio di legalità.Consiste in quella particolare categoria di poteri, non espressamente previsti dalla legge, che però sono strumentali, di accompagnamento al potere che il legislatore riconosce alla Pubblica Amministrazione.
Sono caratterizzati da un requisito di carattere negativo e da uno di carattere positivo: il potere implicito non deve essere contemplato da nessuna norma; il potere che si assume implicito deve essere legato da un nesso di strumentalità ad un altro potere che è espressamente fondato su di una norma abilitata a conferirlo. Se la legalità deve essere intesa in senso “forte” non vi sarebbe spazio per i poteri impliciti in quanto prevarrebbe l’esigenza di garantismo a favore del privato nel bilanciamento degli interessi contrapposti. Gli stessi sarebbero invece ammessi in caso di legalità in senso debolissimo, ma, in tal caso, vi sarebbe una chiara sproporzione a vantaggio della PA che avrebbe notevoli margini di azione a fronte di poca tutela per il privato. Da qui nasce la problematica della individuazione del corretto equilibrio tra legalità e poteri impliciti.
Tanto premesso, il nucleo attorno al quale ruotano le maggiori difficoltà ermeneutiche è rappresentato dalla esatta perimetrazione degli spazi riconosciuti nel sistema amministrativo italiano ai poteri impliciti.
A tal riguardo occorre evidenziare che il problema dell’ammissibilità degli stessi è stato solo in parte ridimensionato nella sua portata a seguito della espressa codificazione, con la legge n. 15/2005, di poteri di cui in passato già si riconosceva la implicita titolarità in capo all’amministrazione, in particolare ai poteri di autotutela nella forma della revoca e dell’annullamento, di convalida e di sospensione dell’atto.Si sostiene, quindi, che i poteri impliciti siano ammissibili, perché l’ordinamento ormai tende verso un’Amministrazione di risultato, come emergerebbe da una serie di indici sintomatici, costituiti dall’art. 21 octies II co. legge n. 241/1990, dalla tendenza a intendere il giudizio amministrativo non solo e non più giudizio sull’atto, ma anche sul rapporto , dalla giurisprudenza innovativa in tema di soccorso istruttorio anche negli appalti pubblici , dagli orientamenti che modulano gli effetti della sentenza di annullamento, superando il dato legislativo.
I poteri impliciti saranno ammessi laddove manchi la fonte attributiva del potere, ma sussista una relazione biunivoca e strettissima tra potere espresso e potere implicito.
Due, pertanto, le condizioni che la giurisprudenza amministrativa sembra pretendere perchè possa l’autorità esercitare poteri amministrativi anche non puntualmente riconosciuti in modo esplicito dalla legge. La legge, in quanto volta a conferire e disciplinare un potere non programmabile in via anticipata, si limiti ad indicare gli obiettivi che l’amministrazione è tenuta a perseguire( determinazione del potere teleologico o per obiettivi); che nell’esercizio di tali poteri , siano rafforzate le garanzie di tipo procedimentale , con il potenziamento delle forme di coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. (Cons. St. sez VI, 20 gennaio 2009, n.258).
Si propende per un’interpretazione mediana del principio di legalità che permetta, da un lato, di rispondere ai cambiamenti sociali ed alla specializzazione per determinati settori, dall’altro di garantire il rispetto della legge e la tutela del cittadino, in un settore, quello del diritto amministrativo, dove la PA, nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche, si trova su un piano preferenziale. Per impedire la staticità e l’inadeguatezza della legge per determinati settori connotati da particolare tecnicismo, sembra opportuno aprire all’ammissibilità dei poteri impliciti.
La questione in oggetto si è posta, in particolare, per le Autorità Indipendenti, dotate di poteri caratterizzati da una maggiore autonomia proprio al fine di poter meglio affrontare le specifiche materie in cui intervengono, a fronte di un grado di tecnicizzazione della materia elevato e tenuto conto delle maggiori necessità di garanzie per il privato.
Le Autorità Indipendenti, infatti, sono dotate di potestà di vigilanza, regolatoria e sanzionatoria e, nell’esercizio della loro potestas, operano con l’intento di perseguire la finalità per la quale sono state create.
Può accadere, tuttavia, che l’autonomia ad esse spettanti porti ad uno sconfinamento dai poteri propri dell’Autorità che non trovi giustificazione neppure su un esercizio strumentale e funzionale all’attività, in questo caso non è possibile ammettere la categoria dei poteri impliciti.
Occorre a questo punto rilevare l’orientamento di dottrina e giurisprudenza, accolto dal legislatore, di regolare la categoria in parola attraverso previsioni espresse di legge che eliminino definitivamente il problema di compatibilità con il principio di legalità.
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Manuela Tretola
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