La delegazione: profili causali dei rapporti sottostanti
Nella vita di relazione accade che un individuo, per le più varie ragioni, non operi autonomamente per soddisfare interessi altrui.
Per sopperire a tali esigenze l’ordinamento giuridico ha codificato l’istituto della delegazione – anche definito ‘’ incarico delegatorio’’ – attraverso il quale un soggetto (delegante) conferisce poteri o autorizza ad effettuare operazioni un altro soggetto (delegato) in favore di un terzo (delegatario).
La delegazione si definisce passiva quando il delegante è il debitore del delegatario e conferisce l’incarico al delegato al fine di adempiere la sua obbligazione. Si definisce invece attiva quando il delegante è creditore del delegato e il conferimento dell’incarico delegatorio è un modo di utilizzazione indiretta del credito che il delegante ha verso il delegato.
E’ controverso se tale istituto si inserisca nello schema del mandato, oppure di negozio giuridico unilaterale.
Chi propende per fa rientrare l’istituto nello schema del mandato [1] evidenzia tre elementi: necessaria accettazione dell’incarico da parte del delegato; assunzione dell’obbligazione del delegato verso il delegatario; operazioni effettuate per nome e per conto del delegante.
Diversamente, chi sostiene la delegazione quale negozio giuridico unilaterale, afferma che anche se vi sia la necessaria accettazione del delegato tale istituto ha la funzione di permettere un’attribuzione patrimoniale indiretta. Per la disciplina normativa deve respingersi l’ipotesi della delegazione quale schema del mandato in quanto non è prescritto alcun onere di forma; non perde efficacia in caso di morte o incapacità del delegante ex art. 1270 ed infine la delega è irrevocabile dal momento dell’esecuzione o accettazione dell’incarico.
In realtà la delega non ha una configurazione ordinaria ma occorre valutare di volta in volta la fonte dell’obbligazione e il titolo da cui deriva. Pertanto ricorrerà lo schema del mandato quando tra le parti non esisteva un precedente rapporto di debito; ricorrerà il negozio giuridico quando il delegante incaricherà il delegato di adempiere previa sua disponibilità; ed infine ricorrerà lo schema del ‘’doppio atto autorizzativo’’ quando tra delegante e delegato c’è un debito ma non un obbligo ad adempiere.
Nella pratica negoziale non sempre la delegazione presenta caratteristiche nette, anzi è verosimile che la delegazione sia attiva e passiva allo stesso tempo.
Accade che il delegante utilizzi il credito vantato nei confronti del delegato per adempiere l’obbligazione a favore del delegatario di cui sia debitore. La prestazione del delegato soddisferà sia l’obbligazione del delegato verso il delegante (rapporto di valuta) e sia l’obbligazione del delegato verso il delegante (rapporto di provvista). [2]
In giurisprudenza risulta ormai superata l’idea che l’esistenza dei rapporti obbligatori sia requisito imprescindibile per parlare di delegazione.[3]
Questa idea si spiega in base al fatto che se la delegazione si svolge sulla base di due rapporti pre-esistenti di debito cioè rapporto di valuta (intercorrente tra delegante e delegatario) e rapporto di provvista (intercorrente tra delegato e delegante). Tale che la prestazione del delegato al delegatario estingue contemporaneamente due obbligazioni realizzando in primo luogo un’economia di mezzi giuridici, ed in secondo luogo soddisfacendo più profili causali sottintesi ai rapporti. Nella pratica può infatti vedersi che il delegante non sia debitore del delegatario e nell’adempiere l’obbligazione intenda costituire una ragione di credito verso di lui effettuando la prestazione richiesta dal delegante; e se il delegato a sua volta non sia debitore del delegante e intende costituire anche egli una ragione di credito attraverso l’adempimento per il terzo – delegatario la conseguenza può anche essere la nascita di due crediti a favore, rispettivamente del delegante verso il delegatario e del delegato verso il delegante anziché quella di estinzione contemporanea delle obbligazioni. [4]
Natura della delegazione. La giurisprudenza costante ravvisa nella delegazione un rapporto unitario a tre parti. Le dichiarazioni interdipendenti delle parti si correlano all’efficacia della delegazione stessa. Una giurisprudenza, infatti, connota la delegazione come contratto ‘’unitario ‘’ anche se i rapporti si costituiscono progressivamente. Questo concetto è ben espresso dalla Cassazione del 2011 quando afferma di non riconoscere delegazione quando manca il rapporto di provvista tra delegante e delegato [5] ; aggiunge che anche quando la formazione risulti progressiva questo non debba mettere in discussione il carattere unitario dell’istituto.
Altra posizione dottrinale invece sostiene che alla delegazione faccia capo la teoria atomistica: le tre posizioni contrattuali sono dotate di autonomo rilievo.[6]
L’autonomia è data dal fatto che gli atti pur se collegati finalisticamente, sono autonomi. Infatti, il conferimento dell’incarico delegatorio (da delegante al delegato) non necessita del consenso del delegatario. L’eventuale consenso non vale a perfezionare l’accordo; si recepisce al massimo come dichiarazione unilaterale. Allo stesso modo per l’assegnazione tra delegante e delegatario, rimane estraneo il delegato. Infine, l’accettazione del delegato si recepisce come dichiarazione unilaterale di volontà nei confronti del delegatario, ed esprime efficacia dal momento in cui perviene a conoscenza del delegatario ex art. 1268 cc.[7]
Se si volessero criticare le due posizioni potremmo giungere ad una conclusione che in realtà connota i rapporti sottostanti come unitari ed allo stesso tempo come indipendenti.
La delegazione si esprime attraverso quel fenomeno definito ‘ collegamento negoziale ‘ in cui più atti/dichiarazioni si racchiudono in un unico istituto. I contratti sottostanti sono diversi in quanto possono presentarsi con profili causali diversi, ma assieme formano la delegazione.
E’ per tali motivazioni che la delegazione si definisce un contratto a forma libera che può essere concluso anche per facta concludentia. [8]
[1] C. M. Bianca, Obbligazioni, Giuffrè Francis Libre, pp. 630 ss.
[2] Si precisa che se il delegato è debitore del delegante, ordinariamente non si presenta in tal vesti al delegatario (il rapporto di provvista è irrilevante per il delegatario) ma rispetto al delegante, il delegato adempie l’obbligazione che egli ha verso quel soggetto legittimato a ricevere la prestazione da parte del delegante.
[3] Cass. 9 novembre 1961, n. 2598, in Gciv. 1961
[4] Cass. di Rif. 11 luglio 1969 n.2549, in Gciv.1969
[5] Cass. Civ. Sent. 15 luglio 2011 n. 15691 in cortedicassazione.it
[6]In realtà anche la meno recente giurisprudenza lo affermava: sent. Cass. Civ. 17 maggio 2000 n. 6387
[7] Come è codificato ex art. 1268 c.c. la conoscenza del delegatario fa si che il delegante goda del beneficio dell’ordine di escussione
[8] Si precisa però che per la liberazione del delegante è sempre necessaria una dichiarazione espressa del delegatario ex art. 1268 c.c.
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Dott.ssa Mary Sequino
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