La delinquenza minorile

La delinquenza minorile

Sommario: 1. Introduzione- 2. I princìpi del procedimento – 3. Il procedimento a carico dei minori

 

1. Introduzione 

Il fenomeno della delinquenza minorile affonda le proprie radici nel conteso socio-culturale in cui vivono i soggetti minori. Sono considerati reati commessi da minori quelli posti in essere da soggetti che hanno un’età compresa tra i 14 e i 18 anni, per cui possono essere considerati imputabili in presenza di capacità di intendere e volere, come prevede l’art. 98 c.p. secondo cui “è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto 14 anni, ma non ancora 18, se aveva capacità di intendere e volere.”. Laddove il controllo e l’educazione siano scarsi o addirittura assenti, inevitabilmente il rischio crimine è molto elevato. Di solito il minore che compie delitti agisce per imitazione, nel senso che pone in essere delle condotte seguendo l’esempio di chi lo circonda, in un contesto tendenzialmente delinquenziale, sulla scorta di stimoli che provengono dal mondo esterno, connotati prevalentemente da aggressività.

Un ulteriore aspetto della delinquenza minorile è la possibilità che il minore coltivi un atteggiamento di rivalsa e sopraffazione nei confronti delle donne, il che può con elevata possibilità sfociare in comportamenti devianti, contraddistinti da atteggiamenti aggressivi, finalizzati al controllo, alla manipolazione e allo sfruttamento, che sfociano in veri e propri reati a sfondo sessuale.

La mancata o bassa frequenza scolastica è una condizione tale da indurre il minore a trovare intrattenimento in altre realtà, di solito negative, il che lo porta, inevitabilmente, a delinquere. A ciò si lega l’assenza o comunque la scarsa presenza dei genitori, che per il minore rappresentano i punti di riferimento per l’educazione e la sorveglianza. Non trascurabili sono anche i disturbi della personalità e della condotta, legati al carattere e al comportamento e alla eventuale esistenza di disturbi mentali, che sfociano in violazione di norme sociali, comportamenti aggressivi verso le persone e dissociazione emotivo-empatica.

2. I principi del procedimento

Il procedimento giudiziario a carico di soggetti minori poggia su alcuni principi regolatori, il cui principale obiettivo è di tutelare al massimo il minore e la sua personalità e a tale scopo si premura di dare più spazio a misure riabilitative ed educativi piuttosto che afflittive e sanzionatorie. Il primo principio da esaminare è il principio di adeguatezza, così come previsto dall’art. 1, comma 1, D.P.R. n. 448/1988, secondo cui le misure devono essere applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne. Per cui le misure da adottarsi nei confronti del minore devono essere adeguate all’ambiente familiare, alle problematiche personali e al percorso educativo già affrontato o ancora in atto. In questo modo, il giudice persegue il fine educativo, che è quello di reinserire il minore a livello sociale. Il secondo principio è quello di minima offensività , secondo cui il processo non deve ledere, nemmeno in minima parte, lo sviluppo della personalità del minore e la sua identità sociale. Per questa ragione la tendenza dei giudici è proprio quella di percorrere strade alternative rispetto alla detenzione, dando spazio a strumenti che permettano al minore di non interrompere i propri percorsi di studio e formazione. Un’estensione del principio di minima offensività è il principio di destigmatizzazione, che intende tutelare proprio l’identità del minore da processi di auto ed etero svalutazione; ne sono esempi applicativi l’irrilevanza sociale del fatto, l’estinzione del reato per l’esito positivo della prova, il divieto di diffondere le immagini e le informazioni sull’identità del minore.

3. Il procedimento a carico dei minori

La prima fase è quella del recepimento della notizia di reato, a cui seguono le indagini preliminari, poi l’udienza preliminare, se il processo prosegue senza interruzioni. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere o sentenza di condanna se richiesto dal p.m. o quando ritiene che possa essere applicata una pena pecuniaria o una pena sostitutiva. Se l’imputato non consente la definizione del procedimento con udienza preliminare si giunge alla fase dibattimentale. Nel corso del giudizio il giudice con separato decreto dispone provvedimenti civili e urgenti e temporanei di protezione del minore. Tali provvedimenti sono esecutivi in via immediata, ma comunque entro 30 giorni dalla loro emissione perdono efficacia.

L’art. 27  D.P.R. 448/1988 disciplina le ipotesi in cui il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, nello specifico in caso di tenuità del fatto e di occasionalità del comportamento. In tali ipotesi il p.m. chiede al giudice di pronunciare sentenza di non luogo a procedere quando l’ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne. Tale decisione è presa dopo aver ascoltato il minorenne, l’esercente la potestà genitoriale e la persona offesa dal reato. Tale sentenza può essere pronunciata d’ufficio dal giudice nelle altre fasi del procedimento.

L’art. 28 D.P.R. 448/1988 prevede al primo comma le ipotesi di sospensione del procedimento, quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all’esito della prova disposta a norma del c. 2. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni quando si procede per reati per cui è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; negli altri casi per un periodo non inferiore a un anno.  Il comma 2 dell’art. 28 disciplina la messa alla prova, il cui procedimento è previsto all’art. 168bis c.p.. Prevede la sospensione del procedimento e l’estinzione del reato dopo l’esito positivo di un percorso rieducativo, considerato che il minore è indirizzato a collaborare con i servizi sociali, per lo svolgimento delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno, nonché a partecipare a un programma di giustizia riparativa, finalizzata, nella migliore delle ipotesi, alla conciliazione con la persona offesa. Se l’imputato sceglie il rito speciale del giudizio immediato o abbreviato non può essere richiesta la sospensione per messa alla prova.


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Emanuela Fico

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