La determinazione del compenso del curatore nel concordato fallimentare
Nota a Cass. civ., Sez. VI-1, ord. 13 gennaio 2022, n. 909
di Andrea Jonathan Pagano, ricercatore universitario; Simonetta Sforzi, avvocato; Jessica Dal Canto, dottoressa commercialista e Mariangela Salvante, dottoressa commercialista
Sommario: 1. Massima – 2. Il caso – 3. La questione – 4. Soluzioni giuridiche e conclusioni
1. Allorquando la procedura fallimentare abbia quale esito quello concordatario, così come disposto ai sensi e per gli effetti dell’art. 124 l.f., ponendo alla mente la fattispecie per cui la liquidazione degli assets sia effettuata, in maggior parte, a cura di un terzo rispetto al già Curatore, il regime normativo fissa dei limiti alla ampia discrezionalità circa la liquidazione del compenso, ponendola quale risultato di un calcolo riferito esclusivamente alla effettiva distribuzione e percezione delle utilità conseguite dalla massa.
2. Il caso esaminato trae origine, all’occorrer di una procedura di concordato fallimentare [1], da un gravame azionato dal (già) Curatore, con il quale si doleva della quantificazione della liquidazione del compenso emessa dal Tribunale di Napoli Nord.
In particolare, il Tribunale liquidava le spettanze del Curatore in accordo coi parametri di cui all’art. 39 l. f. in applicazione dei criteri indicati di cui all’art. 1 [a] D.M. 25 gennaio 2012 n. 30, a mente del quale il compenso dovuto al è determinato sul valore accertato delle masse attive e passive [2].
Il Curatore impugnava il decreto suesposto per due ordini di motivi.
In primo luogo, il reclamante eccepiva l’erronea applicazione in diritto per violazione dell’art. 2, comma 2 [b] D.M. n. 30/2012, giusta chiusura della procedura avvenuta non già ex art. 119 l.f. bensì ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 124 e 136 l.f. [3], mentre in seconda istanza, lamentava la assoluta mancanza di motivazione – obbligatoria – non avendo il giudicante, in alcuna guisa, giustificato le ragioni della asserita mancata applicazione alla specie del poc’anzi ricordato art. 2, comma 2, D.M. n. 30/2012 [4].
Gli Ermellini, ricevuto il gravame, decidevano nel senso di ritenere il decreto emesso dal Tribunale di prime cure, in primo luogo non conforme al predetto parametro normativo nonché privo di qualsivoglia motivazione circa la ratio sottendente alla predetta inosservanza. All’uopo, la S.C. concludeva nell’accoglimento del ricorso per ambedue i motivi sollevati dal Curatore e rinviava la causa al giudice a quo.
3. La questione giuridica, assolutamente peculiare si innesta nel solco e trova fondamento nella modalità di chiusura della procedura, avvenuta a mezzo di omologazione del concordato fallimentare proposto da un terzo, talché la liquidazione del compenso spettante dovuto al curatore avrebbe dovuto, come statuito dalla Cassazione, essere operata in ossequio delle prescrizioni dettate dall’art. 2, comma 2, D.M. n. 30/2012 , prendendo in considerazione, dunque, il quantum erogato in favore della massa mediante la procedura ex art. 124 l.f. [5].
A tali conclusioni si giunge, in verità, piuttosto pacificamente in punto di diritto, ma, parimenti, anche volgendo la mente alla logica concorsuale intrinseca alla procedura talché l’assunzione del concordato comporta un connaturato miglioramento dell’attivo fu fallimentare in guisa misura relativo al vincolo concordatario.
4. In conclusione, vale la pena riportare, per completezza dell’opera, l’unico precedente in giurisprudenza di legittimità che aveva già espresso principi similari.
Infatti, la Suprema Corte (Cass., Sez. 1, 31 maggio 2021, n. 15168) aveva già avuto modo di precisare il compenso, per la fattispecie in questione, “è unico e corrisponde anche all’attività svolta dopo l’omologazione (avuto riguardo al compito del curatore di sorvegliare l’adempimento del concordato, unitamente al giudice delegato e al comitato dei creditori, ai sensi dell’art. 136 legge falI.)” così dirimendo i dubbi circa la commisurazione preliminare qualitativa e soggettivo delle operazioni poste in essere dal curatore che non può, comunque, prescindere da un riscontro oggettivo di effettività delle stesse ai risultati fattualmente occorsi in ordine alla liquidazione.
Le conclusioni degli autori sono nel senso di evidenziare una interpretazione – oramai potremmo spingerci a dire corroborata – volta ad enucleare una modalità di calcolo del compenso tale da conferire una liquidazione altro da sé ed indipendente dai doveri pubblicistici di controllo [c] del fu curatore nella susseguente procedura concordataria, pur soggetti a verifica da parte del giudice, svuotando la norma della responsabilità di controllo ex lege in capo al primo.
[a] 1. Il compenso al curatore di fallimento è liquidato dal tribunale a norma dell’articolo 39 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, tenendo conto dell’opera prestata, dei risultati ottenuti, dell’importanza del fallimento, nonché’ della sollecitudine con cui sono state condotte le relative operazioni, e deve consistere in una percentuale sull’ammontare dell’attivo realizzato non superiore alle misure seguenti: a) dal 12% al 14% quando l’attivo non superi i 16.227,08 euro; b) dal 10% al 12% sulle somme eccedenti i 16.227,08 euro fino a 24.340,62 euro; c) dall’8,50% al 9,50% sulle somme eccedenti i 24.340,62 euro fino a 40.567,68 euro; d) dal 7% all’8% sulle somme eccedenti i 40.567,68 euro fino a 81.135,38 euro; e) dal 5,5% al 6,5% sulle somme eccedenti i 81.135,38 euro fino a 405.676,89 euro; f) dal 4% al 5% sulle somme eccedenti i 405.676,89 euro fino a 811.353,79 euro; g) dallo 0,90% all’1,80% sulle somme eccedenti i 811.353,79 euro fino a 2.434.061,37 euro; h) dallo 0,45% allo 0,90% sulle somme che superano i 2.434.061,37 euro.
Al curatore è inoltre corrisposto, sull’ammontare del passivo accertato, un compenso supplementare dallo 0,19% allo 0,94% sui primi 81.131,38 euro e dallo 0,06% allo 0,46% sulle somme eccedenti tale cifra.
[b] 2. Nel caso che il fallimento si chiuda con concordato, il compenso dovuto al curatore è liquidato in proporzione all’opera prestata, in modo però da non eccedere in nessun caso le percentuali sull’ammontare dell’attivo, previste dall’articolo 1, comma 1, calcolate sull’ammontare complessivo di quanto col concordato viene attribuito ai creditori. Al curatore è inoltre corrisposto il compenso supplementare di cui all’articolo 1, comma 2.
[c] L’art. 136 l.f. sancisce, infatti specifici e determinati compiti di sorveglianza circa l’adempimento del concordato, in capo al giudice delegato, curatore e comitato dei creditori, al fine di vagliare l’accertamento della completa esecuzione, in assoluta coerenza con l’art. 39 l.f. che riserva la liquidazione del compenso finale del curatore agli atti ordinariamente conclusivi della procedura, rectius il rendiconto approvato nella procedura fallimentare strictu sensu ovvero, come nel caso di specie, la completa esecuzione del concordato nella alternativa soluzione liquidatoria.
[1] P. Riva, Concordato fallimentare. Profili giuridici ed economico-aziendali. 2013.
[2] A. J. Pagano, La Liquidazione dell’attivo fallimentare mediante cessione d’azienda. Pisa: Associazione Nazionale Istituto Vendite Giudiziarie, 2016.
[3] V. Sangiovanni, “Aspetti problematici del giudizio di omologazione del concordato fallimentare,” 2014.
[4] F. Tedioli, “Il procedimento di ripartizione dell’attivo fallimentare,” 2014.
[5] P. Riva, “La relazione giurata dell’esperto estimatore ex art . 124 c. 3 , lf,” 2011.
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Andrea Jonathan Pagano
Corporate Lawyer at Sime s.r.l.
M.D. Law at University of Pisa 2010-2015;Ph.D. Law at Turiba University 2017-2018;Lecturer Private International Law at Turiba University 2017;Ph.D. Management Engineering (Insurance Law) at Riga Technical University 2018 - in progress;Lecturer Smart Insurance Contract at Riga Technical University 2018;Visiting Fellow Insurance risk management at University of Pisa 2020 - 2022;Adjunct Professor “Insurance risk: evaluation and management” Master in Risk Management at University of Pisa 2022 - in progress
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