La diffamazione nei confronti di un giudice

La diffamazione nei confronti di un giudice

La critica espressa ad un magistrato

Con la sentenza del 9.12.2021 n. 45249, la Suprema Corte ha indicato in maniera precisa e dettagliata la linea di demarcazione tra il reato di diffamazione e la scriminante del diritto di critica, in particolare in relazione ad un un’opinione espressa nei confronti di un magistrato.

In particolare, con riferimento al caso specifico della sentenza sopra indicata, un avvocato  aveva dichiarato che il giudice non fosse stato imparziale nell’emanazione di un provvedimento a sé sfavorevole. Pertanto, il Giudice aveva proceduto per via processuale ottenendo la condanna del legale, in tutti e tre i gradi, dato che l’accusa di non essere imparziale, secondo la Suprema Corte risulta essere particolarmente offensiva nei confronti di un magistrato, il quale viene leso nella sua onorabilità professionale.

Dunque, il reato di diffamazione si concretizza quando vi è un’offesa lesiva della reputazione altrui espressa in assenza dell’offeso e alla presenza di almeno due persone.

Nel contempo, il diritto di critica, è una libertà che deve essere riconosciuta ad ogni cittadino, così come stabilito dall’art. 21 Cost., il quale viene esercitato in maniera corretta, senza sfociare nel delitto di cui sopra quando è pertinente e continente, cioè quando è legata strettamente al fatto ed è espressa in maniera corretta senza mai essere lesiva ed offensiva dell’onore e della reputazione altrui.

Il confine tra il diritto di critica e la diffamazione

Nello specifico, la critica espressa nei confronti di un Giudice rientra nell’ipotesi di critica non penalmente rilevante quando l’opinione espressa riguarda la sua preparazione professionale o la sua negligenza nel lavoro, sempre che ovviamente, la critica si basi su un fatto vero.

Mentre, nell’ipotesi in cui si rivolga una critica che ha come scopo quello di offendere l’onorabilità del giudice, come ad esempio l’accusa di non essere imparziale, in questa ipotesi sussiste il reato di diffamazione dato che risulta essere un’offesa che lede la reputazione del Giudice stesso.

Il legale o la parte stessa, ha la possibilità di esprimere dei giudizi negativi al limite dell’offesa sull’operato del magistrato, soltanto all’interno di scritti difensivi, ma non attraverso altre forme di comunicazione quali le interviste con i mass-media o lettere o missive. Difatti, la scriminate di cui all’art. 598 c.p., prevede la possibilità legittimamente riconosciuta al legale di poter fare delle considerazioni offensive che riguardano il lavoro di un magistrato, ma tali opinioni devono essere espresse soltanto attraverso atti processuali.

Nello specifico, in relazione alla vicenda di cui sopra, la Suprema Corte ha ritenuto insussistente la configurabilità della scriminante anzidetta, in quanto l’avvocato ha espresso la sua critica di non imparzialità, attraverso delle missive inviate al magistrato e al Presidente del Tribunale, quindi in atti non processuali. Pertanto, è evidente che tale condotta ha invece configurato gli estremi del reato di cui all’art. 595 c.p., avendo leso la reputazione del magistrato stesso.

In conclusione, la Corte Suprema con la citata sentenza ha precisato in maniera dettagliata gli estremi del reato di diffamazione e della scriminante della critica, indicando con precisione il confine che separa la condotta penalmente rilevante dalla condotta invece ritenuta lecita.


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Dott. Marco De Chiara

Laureato in Giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli, nel 2019. Praticante Avvocato Abilitato, presso lo studio civile-penale di Napoli, iscritto all'albo dei praticanti avvocati del Tribunale di Napoli dal 2020. Diploma di Scuola di specializzazione per le professsioni legali.

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