La diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti ex art. 612-ter: il c.d. revenge porn
Sommario: 1. Inquadramento giuridico dell’istituto con particolare riguardo al fenomeno della violenza di genere e all’introduzione della legge 69/2019: il cosiddetto Codice Rosso – 2. Il bene giuridico tutelato dalla fattispecie – 3. Elemento oggettivo e soggettivo del reato – 4. I rapporti con le altre fattispecie criminose
1. Inquadramento giuridico dell’istituto con particolare riguardo al fenomeno della violenza di genere e all’introduzione della legge 69/2019: il cosiddetto Codice Rosso
Il delitto di diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti disciplinato dall’art. 612- ter c.p. è stato introdotto dall’art. 10 della Legge 19 Luglio 2019 n. 69 denominata “Codice Rosso”1 al fine di contrastare il fenomeno sempre più diffuso e particolarmente insidioso del “revenge porn”2, letteralmente “vendetta pornografica” ovvero “pornografia vendicativa” consistente nella diffusione non consensuale di immagini o video sessualmente espliciti per finalità principalmente vendicative e raffiguranti solitamente l’ex partner. L’introduzione nel Codice Penale di siffatta fattispecie è stata resa necessaria a seguito di gravissimi fatti di cronaca che ne hanno determinato una rapida approvazione ma, soprattutto, per l’elevatissima cifra del danno, un danno in termini di umiliazione, vergogna, impotenza ed inattitudine della persona offesa a controllare il continuo aggiornamento dei contenuti offensivi.3 “ Il revenge porn viene solitamente inquadrato come un fenomeno contemporaneo; un portato della rivoluzione digitale normalmente descritto nei termini di una nuova violenza sessuale, la cui diffusione risulta facilitata dalle ampie possibilità connesse all’utilizzazione degli strumenti tecnologici. Sotto il paradigma della violenza sessuale vengono, pertanto, riportate le molestie sessuali online, il cyberstalking, gli abusi sessuali e, appunto, le invasioni nella sfera della libertà sessuale di una persona poste in essere attraverso l’uso di fotografie, immagini o video sessuali divulgati o distribuiti senza il consenso della vittima”.4 L’adozione del Codice Rosso si caratterizza per una maggiore attenzione, sia dal punto di vista sostanziale che processuale, alla tutela della vittima di violenza domestica e di genere che si sostanzia in tutti quegli “atti gravi ovvero non episodici di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica, che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva”.5 Il Comitato CEDAW, Comitato per l’eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne, nel rapporto eseguito nei confronti dell’Italia, pur avendo giudicato positivamente l’introduzione della fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p. con la Legge 11/2009, ha tuttavia registrato delle criticità con riferimento ai fenomeni di violenza domestica e di genere da parte del legislatore italiano: ha rivolto, pertanto un monito affinché lo Stato intervenisse al fine di garantire una tempestiva protezione nei confronti delle donne vittime di questi episodi incresciosi. 6 In questo contesto si è espressa anche la Corte EDU nel caso Talpis c. Italia (udienza del 2.03.2017) condannando lo Stato italiano per la violazione degli articoli 2, 3 e 14 CEDU in un’ipotesi di violenza domestica che aveva di fatto comportato l’omicidio del figlio della vittima e il tentato omicidio della stessa. Secondo l’insegnamento della Corte, l’art. 2 CEDU, nel sancire il diritto alla vita, non prescrive soltanto allo Stato l’obbligo in negativo di astensione dal pregiudicare la vita altrui, ma anche un obbligo in positivo consistente nella predisposizione, in via preventiva, di misure volte a proteggere le vittime di violenze domestiche. Nel caso in disamina, la Corte evidenzia che l’inerzia delle Forze dell’ordine si era tradotta in un elemento causalmente efficiente rispetto alla produzione dell’evento avendo altresì contribuito al ripetersi di gravi forme di violenza: le autorità avrebbero dovuto percepire la situazione di pericolo (a fronte di reiterate denunce da parte della persona offesa di comportamenti maltrattanti e vessatori a cui era abitualmente sottoposta dal compagno in ragione dei problemi di alcolismo di cui era affetto) ed intervenire prontamente al fine di far cessare l’incresciosa situazione. La Corte ha ritenuto sussistente anche la violazione dell’art. 3 CEDU nel mancato adempimento degli obblighi positivi di intervento affinché nessuno violasse i diritti altrui. Da ultimo, ha accertato la violazione dell’art. 14 CEDU, ossia del divieto di discriminazione: il venir meno dell’obbligo di protezione comporta un’autentica violazione di un loro diritto di eguale protezione davanti la legge. Alla luce di quanto finora evidenziato, giova precisare che la giurisprudenza della CEDU ha portato nel diritto interno ad un ripensamento nella tutela penale dei confronti delle violenze, violenze domestiche e violenze di genere: è in tale contesto che si colloca il summenzionato Codice Rosso. “ In effetti la L. n. 69/2019 rappresenta l’ultimo tassello di una risalente – ma pur sempre tardiva – strategia legislativa a protezione della donna, le cui tappe fondamentali possono rinvenirsi, dopo le modifiche in tema di violenza sessuale ( l. n. 66/1996), nella previsione del delitto di atti persecutori ( d.l. n. 11/2009 conv. In l. n. 38/2009) e nella normativa in tema di femminicidio ( d.l. n. 93/2013 conv. In l. n. 119/2013)”7. Occorre preliminarmente porre in evidenza come la straordinaria diffusione di Internet ha influenzato, se non addirittura condizionato, le modalità di azione e relazione tra gli individui portando alla luce la riprovevole pratica della “vendetta sessuale”. Invero, “i fatti di diffusione non consensuale di immagini private di tipo sessuale hanno raggiunto, negli ultimi anni, proporzioni allarmanti; i casi di cronaca e le varie ricerche evidenziano “ il rischio di una esposizione generalizzata; nessuno è escluso (…)”8. Secondo la Polizia delle Comunicazioni, il fenomeno in Italia sta raggiungendo picchi preoccupanti soprattutto tra i giovani “con circa diecimila casi oggetto di indagini e di approfondimenti”9. Uno studio condotto nel 2018 dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza ha rilevato che circa il 6% dei giovani di età compresa tra gli 11 ed i 13 anni manda le proprie foto a sfondo sessuale.10 Siffatto fenomeno ha posto il problema di quale fosse la tutela penale applicabile, una tutela rivelatasi spesse volte inadeguata a fronteggiarlo. In realtà, prima dell’introduzione della fattispecie in esame, il comportamento tenuto dal reo sarebbe potuto ricadere sotto diverse fattispecie incriminatrici (primo tra tutte nella diffamazione, in quello di stalking o, per l’appunto, nella lesione alla privacy, tutti rivelatisi sufficienti ad arginare la pericolosità del comportamento di chi diffonda foto o video sessualmente espliciti) con la conseguente problematica inerente al concorso apparente di norme ovvero al concorso formale di reati. In particolare, la Cassazione 11, pronunciandosi in ordine alla condotta di un imputato che ( legato da una precedente relazione affettiva con la vittima) aveva diffuso sul web senza il suo consenso immagini intime raffiguranti la stessa, ha evidenziato come la condotta poteva ricondursi a differenti ipotesi criminose, tra loro in concorso formale e non apparente (si riconobbe l’operatività del concorso formale tra il reato di diffamazione ex art. 595 c.p., gli atti persecutori ex art. 612 bis c.p. e il trattamento illecito di dati ex art. 167 del d.lgs. 196/2003). E’ stata la continuità delittuosa con la fattispecie degli atti persecutori a suggerire al legislatore la collocazione dell’art. 612- ter c.p. all’interno del Titolo XII, Capo I, Sezione III, dedicato ai “Delitti contro la libertà morale”. Prima di procedere con l’analisi del bene giuridico tutelato e dei suoi elementi costitutivi, occorre premettere che il ritardo nell’incriminazione di siffatta fattispecie è derivata soprattutto da alcune obiezioni in ambito internazionale rispetto all’incriminazione. Secondo una parte della dottrina12 la produzione e la condivisione di materiali sessualmente espliciti equivarrebbero all’accettazione del rischio di una loro successiva divulgazione: questo modo di vedere ( peraltro fortemente criticato e peraltro non condiviso nel restante panorama dottrinale) finirebbe per spostare il rischio dall’agente che, col proprio comportamento divulga il materiale in questione, alla persona che ne subisce le conseguenze.
2. Il bene giuridico tutelato dalla fattispecie
L’inserimento dell’art. 612- ter c.p. tra i delitti contro la libertà morale, ed in particolare dopo la minaccia (art. 612 c.p.) e lo stalking (art. 612-bis c.p.), ha suscitato una serie di critiche in quanto si è osservato che questo comporterebbe la degradazione del reato a una tipologia di minaccia, avendo il legislatore potuto creare un’apposita sezione sul “diritto di riservatezza sessuale”. Il bene giuridico tutelato dal delitto in esame è plurimo, interessando la libertà sessuale, l’integrità morale, la reputazione e la riservatezza della persona offesa: la diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti è dunque un reato plurioffensivo.13 Per integrità morale si intende l’interesse al godimento dell’onore (vale a dire il valore che ogni soggetto avverte come proprio) e della reputazione (ossia la stima di cui l’individuo gode nella comunità). Il diritto all’immagine, invece, la cui divulgazione in assenza di consenso dell’interessato e fuori dai casi consentiti dalla legge assume rilevanza penale, rappresenta una specificazione del diritto all’identità personale e riconosce il diritto di ogni uomo nel vedersi riconosciuto come sé medesimo, diritto che potrebbe essere leso dalla diffusione di immagini e video in questione. Difatti, tale diffusione intacca la libertà morale della persona offesa offendendone la sua dignità, riservatezza, il suo decoro e finanche il diritto all’immagine.
3. Elemento oggettivo e soggettivo del reato
L’art. 612- ter c.p. dispone che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.” Il secondo comma prevede che “La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento”. Il soggetto attivo del reato può essere “chiunque” configurandosi come reato comune. La fattispecie, al terzo comma, prevede un aumento di pena “ se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa”. Questa circostanza aggravante è legata al rapporto tra il reo e la persona offesa, tale da aver agevolato la disponibilità delle immagini e dei video che ritraggono il partner non consenziente conferendo maggior disvalore all’offesa. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di ipotesi con chiaro intento vendicativo. Quanto al soggetto passivo del reato, il quarto comma prevede un aumento di pena “da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza”. Trattasi di una circostanza aggravante ad effetto speciale che sanziona più gravemente i fatti che possono arrecare pericolo a soggetti vulnerabili, facili prede di siffatte condotte criminose. In relazione allo stato di gravidanza ( che deve sussistere al momento del trasferimento o della divulgazione del materiale e non già nella realizzazione) si ritiene che il legislatore abbia inteso accordare tutela a comportamenti del reo che possono arrecare alla vittima uno stato d’ansia o malessere tale da esporre a pericolo il feto. “Su tali presupposti, ritenendosi a torto o ragione che lo stato di gravidanza renda la vittima più vulnerabile, si spiega l’accostamento con l’ulteriore aggravante del fatto commesso in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica, che comunque ha una sua specifica ragione giustificatrice, essendo indubbio il maggior carico di lesività che connota fatti di arbitraria divulgazione della vita sessuale di persone che, proprio per le condizioni di oggettiva debolezza, meritano maggiore protezione”14. Maggiori perplessità suscita l’ulteriore aggravante dell’aver commesso il fatto “attraverso strumenti informatici o telematici” la cui ratio si rinviene nella necessità di colpire l’uso degli strumenti tecnologici che rendono estremamente facile e veloce la realizzazione del reato : non pare possano profilarsi dubbi sul fatto che lo stesso possa essere realizzato anche senza l’uso di tali strumenti (ipotesi, del resto, abbastanza implausibile). L’art. 612- ter c.p. si presenta come norma a più fattispecie tra loro alternative: la condotta può manifestarsi in due distinte fattispecie, punite entrambi con la stessa pena. Le condotte individuate dal primo comma sono quelle di inviare, consegnare, cedere, pubblicare o diffondere, senza il consenso della persona rappresentata, immagini o video dal contenuto sessualmente esplicito, sul presupposto che l’autore della condotta sia colui che abbia realizzato o sottratto le predette immagini (distributore primario). Le medesime condotte sono perseguite dal secondo comma, ma in questo caso l’agente deve a propria volta averle ricevute o acquisite in altro modo (distributore secondario). L’invio, la consegna e la cessione si riferiscono alla divulgazione ad incertam personam (ad esempio, su social network o su siti pornografici) mentre la condotta di diffusione ( in chat, mailing list o con condivisione peer to peer) presuppone una sfera indeterminata di destinatari. Affinché il reato risulti perfezionato è sufficiente una sola delle condotte descritte. Il legislatore non richiede neppure il dissenso della persona offesa ai fini della configurazione del reato, bensì la mera assenza del consenso. Infatti la locuzione “senza il consenso delle persone rappresentate” svela il chiaro intento del legislatore di punire le ipotesi in cui il disvelamento dell’intimità della persona offesa avvenga per scopo di vendetta del partner correlata all’intenzione di pregiudicarne la libera esplicazione della sua vita privata. Tratto saliente della fattispecie è la pregressa conoscenza tra autore della condotta e soggetto rappresentato. Come poc’anzi accennato, non richiedendosi il dissenso, il legislatore sottende qualcosa di più pregnante, vale a dire la manifestazione del consenso alla cessione o divulgazione delle immagini, con la conseguenza che la diffusione in ambiti estranei alla sfera del consenso prestato integrerà la fattispecie in esame. In mancanza di esplicite connotazioni, si ritiene che il consenso possa essere prestato con qualsiasi modalità. La locuzione “immagini o video a contenuto sessualmente esplicito”15 non risulta precisa, spettando all’interprete individuarne il significato. “Torna utile uno sguardo all’area dei reati sessuali, ove campeggia la nozione, intuitivamente imparentata di “atto sessuale”, che ha preso il posto, com’ è noto, delle previgenti nozioni di “congiunzione carnale” e di “atti di libidine”. Su tali premesse, il contenuto sessuale, che deve essere esplicito, verrebbe a contrassegnare gli atti obiettivamente attinenti alla “sessualità”, le cui tradizionali espressioni sono di ovvia percezione tutte le volte in cui vengano coinvolti gli organi sessuali ed in cui rientrano anche gli atti di autoerotismo”. 16 La fattispecie non richiede neppure l’identificabilità della persona offesa. Occorre, invece, che le immagini ed i video siano creati in un contesto di riservatezza e nel quale sarebbero rimasti se non fosse intervenuta la condotta penalmente rilevante ( viene pertanto esclusa rilevanza penale alle condotte riferibili al mercato lecito della pornografia). La pertinenza delle immagini e dei video “destinati a rimanere privati” e diffusi “senza il consenso delle persone interessate”, in realtà “potrebbe ingenerale qualche dubbio. In particolare se la connotazione di privacy debba inerire all’intrinseco contenuto delle immagini o del video, posto che è agevole ipotizzare immagini e video che, pur avendo l’esplicita connotazione sessuale, siano prive dell’ulteriore requisito del carattere privato; oppure se quest’ultima connotazione si agganci all’ulteriore requisito del consenso della persona rappresentata e dia vita ad un quadro in cui ciò la destinazione a “rimanere nel privato” si delinea per il fatto che manca il consenso all’esternazione”.17 Secondo l’ultimo comma della disposizione in disamina “ Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché, quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.” Il tentativo è pacificamente ammissibile (ad esempio nell’invio di messaggi non andati a buon fine). Quanto all’elemento soggettivo, nelle ipotesi di cui al primo comma è richiesto il dolo generico, non essendo necessario il fine ulteriore di ledere il decoro e la reputazione della persona offesa ma richiedendosi solamente la consapevolezza che trattasi di immagini o video destinati a rimanere privati e che la divulgazione avvenga senza il consenso delle persone rappresentate. Nell’ipotesi di cui al secondo comma, invece, occorre il dolo specifico in quanto l’azione deve essere accompagnata dal fine ulteriore di recare nocumento alla persona offesa.18
4. I rapporti con le altre fattispecie criminose
Le fattispecie criminose introdotte nell’art. 612-ter c.p. hanno carattere sussidiario e, pertanto, si applicano ove il fatto non costituisca più grave reato. In ragione dell’elevata pena edittale (“reclusione da uno a sei anni e multa da 5.000 a euro 15.000” ) non è facile ravvisare casi di concreta applicazione di tale clausola di sussidiarietà. “Logica avrebbe voluto che una maggiore severità contrassegnasse i casi in cui la condotta di divulgazione concerna soggetti minori e che di conseguenza (…) trovasse applicazione la norma che tutela l’indubbiamente più pregnante bene giuridico della personalità sessuale e reputazione del minore (…) Pare quindi scontato che la contestuale rilevanza penale del fatto sub 612- ter e 600 ter commi 1 e 2 del codice penale comporti l’esclusiva applicazione della prima delle indicate fattispecie criminose, con indiretto rafforzamento della tutela penale dell’interesse correlato ai minori”. La clausola di sussidiarietà, invece, troverà applicazione solo con riguardo a più gravi fattispecie di reato che concernono esclusivamente il fatto di divulgazione “ e che quindi sia da escludere nel caso in cui la divulgazione sia la componente di una più ampia fattispecie criminosa, come accadrà allorquando la divulgazione si profili, anche in forma tentata, come tassello costitutivo del reato di estorsione o di quello di concussione”. E’ senza dubbio il rapporto di specialità che si profila, invece, con l’art. 615- ter comma 2, posto che le immagini e i video dal contenuto sessualmente esplicito costituiscono una variante delle “immagini attinenti alla vita privata”. L’art. 615- ter c.p. contiene una clausola di riserva che ne esclude l’applicazione nel caso il fatto costituisca più grave reato ( è indubbio che l’art. 612- ter c.p. è fattispecie più grave in quanto punito con pena detentiva da uno a sei anni contro la pena da sei mesi a quattro anni prevista per il 615- bis c.p.). “Va da sé che il convergere delle norme sopra indicate sul medesimo fatto si avrà solo nell’ipotesi in cui le immagini divulgate abbiano la specifica genesi di cui al comma primo dell’articolo 615-bis: cioè riguardino eventi svoltisi in contesto domiciliare e risultino acquisite per il tramite di una condotta di illecita interferenza in tali contesti”.19 Infine, quanto ai rapporti con l’art. 617 septies c.p. (rubricato “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente”), occorre rilevare come l’unica ipotesi di convergenza delle norme si possa realizzare nel caso in cui si è in presenza di una cessione-divulgazione di video dal contenuto sessualmente esplicito realizzato fraudolentemente. “Orbene, su tali premesse può darsi per scontato che tale video abbia un contenuto che è una specificazione degli incontri privati di cui alla noma ex 617- septies; e può altresì ritenersi plausibile che il dolo generico che connota la cessione-divulgazione del reato ex 612-ter sia certamente comprensivo della finalità di recare danno all’immagine e reputazione che contrassegna il reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente (…); ed altresì è plausibile che quest’ultimo dolo specifico sia ricompreso nel dolo specifico di arrecare nocumento di cui al reato previsto dal comma 2 dell’articolo 612- ter”.20 In conclusione, ricorrendo gli estremi di applicabilità di entrambe le fattispecie, trova in concreta applicazione solo quella di cui all’art. 612-ter c.p., in quanto più gravemente sanzionata e comprensiva di tutte le ipotesi di realizzazione del video a contenuto sessuale.
1 Per un maggiore approfondimento si veda Relazione n. III, 03.2013, Uff. Mass. Cass. consultabile sul sito www.cortedicassazione.it . La legge 19 Luglio 2019, n. 69 interviene sia in ambito sostanziale che processuale in favore delle vittime di violenza domestica e di genere. In verità, il Disegno di Legge originario n. 1455, presentato alla Camera dei deputati il 17 Dicembre 2018, era volto ad intervenire apportando modifiche soltanto di carattere processuale. Oggi la nomenclatura della legge riporta “Modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e alle disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, obiettivo perseguito, dal punto di vista sostanziale, attraverso l’introduzione di quattro nuove fattispecie di reato ( l’art. 387 bis c.p., l’art. 558 bis c.p., l’art. 583 quinquies c.p. e l’art. 612 ter c.p.).
2 In questo senso si veda R. MANCUSO, Revenge porn: la nuova fattispecie di reato, Altalex, aprile 2019 ; T. TERRANOVA, L’introduzione del c.d. Revenge porn; il reato di diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti, 8 Aprile 2019.
3 E’ tristemente nota a tutti la vicenda di una maestra di Torino, umiliata dalla direttrice dell’istituto presso cui prestava la propria attività lavorativa e costretta, di seguito, a rassegnare le dimissioni a causa della diffusione di alcuni suoi filmati intimi pubblicati dall’ex partner in chat. Nello stesso senso si ricordi la vicenda di Tiziana Cantone, morta suicida nel 2016, dopo che la diffusione in chat di alcuni suoi video l’avevano costretta a vivere nell’umiliazione che oggi, l’uso sconsiderato dei social media produce, in Il Mattino, versione online, 20 maggio 2018, consultabile sul sito www.ilmattino.it. Appare, dunque, evidente che le vittime di questo fenomeno siano in primo luogo le donne, sminuite, mortificate nella dignità personale e nella loro immagine ma soprattutto pregiudicate in ambito sociale e lavorativo. 4 Sul punto si veda E. LO MONTE: L’art. 612-ter c.p. Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. Tra buoni propositi, denegato diritto all’oblio e “morti sociali”, Giappichelli, Torino, pp. 1 ss. Per un ulteriore approfondimento si veda anche L. PICOTTI, Diritto penale e tecnologie informatiche: una visione d’insieme, in AA.VV. Cybercrime, Trattati giuridici, diretto da A. CADOPPI- S. CANESTRARI- A. MANNAA – M- PAPA, Torino, 2019, pp. 35 ss.
5 Si veda, in tal senso, l’art. 3 comma primo della Legge n. 119/2013 la quale introduce nell’ordinamento l’ammonimento del questore, comunemente definita come una “misura di prevenzione per le condotte di violenza domestica”, misura di carattere monitorio e cautelare lasciata all’ampia discrezionalità del questore.
6 In questo contesto fu firmata la Convenzione di Istanbul (Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica), entrata in vigore in Italia il 1 Agosto 2014. Ai sensi dell’art. 3 della Convenzione, con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende indicare qualsiasi forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione contro le donne, comprensiva di atti di violenza che provocano danni e sofferenze di natura fisica, psicologica, sessuale ed economica e concernente qualunque forma di coercizione o di privazione arbitraria della libertà, sia della vita pubblica che di quella privata. Con l’espressione “violenza domestica” si designa invece, qualsiasi atto di violenza che si verifica all’interno della famiglia o del nucleo familiare. Secondo la Direttiva 2019/29 “per violenza di genere si intende una violenza diretta contro la persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere”. 7 In questo senso E. LO MONTE: L’art. 612 –ter c.p. Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, cit., p. 10. Si veda anche A.M. MAUGERI, Lo stalking tra necessità politico- criminale e promozione mediatica, Torino, 2010 ; L. PISTORELLI, Prime note sulla legge di conversione, con modificazioni del d.l.n. 93 del 2013, in materia tra l’altro di “violenza di genere” e di reati che coinvolgano i minori, consultabile sul sito htpps://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org
8 Così E. LO MONTE, L’art. 612-ter c.p. Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, cit., p. 6. Si veda a tal proposito anche le dichiarazioni de Presidente dell’Osservatorio Cyber Security dell’ Eurispes (18 dicembre 2019) consultabile sul sito https://eurispes.eu
9 In questo senso E. LO MONTE, L’art. 612 -ter c.p. Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, cit., p. 6.
10 La Direzione centrale della Polizia criminale, in un Dossier dal titolo “ Un anno di Codice Rosso” ha raccolto le statistiche relative al primo anno dell’applicazione dell’art. 612- ter c.p.: 718 casi di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, numeri che mostrano un fenomeno allarmante ed in continua crescita.
11 In tal senso Cass. Pen. Sez. V, n. 30455/2019. 12 In questo senso si veda CALETTI, “Revenge porn e tutela penale” in Diritto penale contemporaneo, n. 3/2018.
13 Il diritto alla riservatezza è desumibile dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali laddove all’art. 8 tutela il rispetto della vita privata e familiare. A livello costituzionale, il referente normativo è l’art. 2. Anche il Codice della Privacy prevede il diritto alla protezione dei dati personali, il cui trattamento deve svolgersi nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali.
14 In tal senso si veda “Alcune considerazioni in merito ai reati di “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente” (art. 617 septies c.p.) e di “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”- Revenge porn (art. 612-ter c.p.) in Ratio Iuris, consultabile sul sito www.ratioiuris.it.
15 Senza dubbio, può farsi riferimento alla definizione adottata per la pornografia minorile intendendosi dunque, tutte quelle rappresentazioni di un individuo coinvolto in attività sessuali esplicite ovvero nella rappresentazione degli organi sessuali.
16 In tal senso si veda “Alcune considerazioni in merito ai reati di “diffusione di riprese e registrazioni fraudolente” (art. 617 septies c.p.) e di “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”- Revenge porn (art. 612-ter c.p.), cit. Per un ulteriore approfondimento sul tema si faccia riferimento anche a “Baci sul collo” in www.altalex.com , “Sulla rilevanza del bacio sul viso, anche solo tentato”, in Codice penale commentato, a cura di MARINUCCI-DOLCINI, IV. Edizione, sub. commento art. 609- bis, p. 334.
17 Così Alcune considerazioni in merito ai reati di “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente” (art. 617 septies c.p.) e di “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”- Revenge porn (art. 612-ter c.p.),cit.
18 Il dolo specifico, nell’ipotesi disciplinata dal secondo comma, è stata criticata da una parte della dottrina la quale ha ritenuto che è irrilevante la volontà di arrecare nocumento connotando il disvalore del fatto alla mera consapevolezza del mancato consenso alla diffusione di tale materiale.
19 Così Alcune considerazioni in merito ai reati di “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente” (art. 617 septies c.p.) e di “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”- Revenge porn (art. 612-ter c.p.), cit.
20 Così Alcune considerazioni in merito ai reati di “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente” (art. 617 septies c.p.) e di “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”- Revenge porn (art. 612-ter c.p.),cit.
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