La discrezionalità tecnica tra funzione di governo e attività di gestione amministrativa
“Come il giudice nelle materie civili e penali ha discrezionalità nell’attività di giudizio, così le autorità amministrative hanno discrezionalità nell’applicare le regole tecniche in base alle quali si forma il giudizio.” [1]
La discrezionalità amministrativa consiste in un’attività soggettiva di ponderazione di interessi diversi, siano essi pubblici, privati, collettivi, diffusi, tra loro confliggenti e di cui l’Amministrazione deve tener conto, in un costante bilanciamento, quando è chiamata a decidere.
Si pensi, a titolo esemplificativo, ad un procedimento di espropriazione per pubblica utilità.[2] Di fronte all’interesse dell’Amministrazione espropriante e al contrapposto interesse del privato, possono configurarsi altre situazioni giuridiche soggettive degne di protezione, quale l’interesse diffuso alla tutela dell’ambiente o l’interesse pubblico alla tutela della salute.[3]
Pertanto, la discrezionalità amministrativa “attiene alla valutazione dell’interesse pubblico, dunque al merito amministrativo, ma presuppone due momenti intellettivi preliminari: l’accertamento del fatto e l’apprezzamento del rilievo che questo riveste rispetto all’interesse da tutelare.”[4]
All’interno dell’attività autoritativa, l’Amministrazione può essere titolare anche di una diversa posizione giuridica che prende il nome di “discrezionalità tecnica.”
A dispetto del nomen juris, la discrezionalità tecnica non è un vero e proprio potere discrezionale, svincolato dalla “determinazione di una fattispecie legale,” dal momento che non vi è ponderazione tra interessi diversi. Si tratta di due funzioni non coincidenti, come significativamente si può esprimere con la dottrina, secondo cui “Il momento discrezionale comincia quando termina quello tecnico o finisce quando comincia quello tecnico e viceversa. Una valutazione non è mai, congiuntamente e contestualmente, un misto di discrezionalità e di tecnica.”[5]
La discrezionalità tecnica, situandosi quasi al centro tra funzione di indirizzo politico e attività di gestione amministrativa, presuppone l’applicazione di regole tecniche, quindi oggettive a determinate fattispecie. Applicazione oggettiva di regole tecniche, non significa però attuazione meramente meccanica. La discrezionalità tecnica, comporta l’applicazione di standard tecnici, di regole attuative, al punto tale che la stessa locuzione appare come una sorta di “contraddizione in termini,”[6] sebbene in più pronunce è stato comunque precisato che la stessa discrezionalità tecnica soggiace oggi ad uno “scrutinio sempre più penetrante da parte del giudice.”[7]
L’applicazione di regole tecniche “è sempre finalizzata ad un giudizio di esistenza” con riferimento ai connotati della situazione che ne è oggetto. Pertanto, non sussistono ragionevoli argomentazioni per escludere l’accertamento della responsabilità civile nei confronti dell’amministrazione e pertanto l’applicazione dell’articolo 2043 del codice civile, in materia di responsabilità extracontrattuale e segnatamente dell’articolo 43 del codice penale, delineante le caratteristiche dell’elemento psicologico del reato, qualora si configuri un comportamento illecito imputabile all’autorità agente.[8]
Tra gli eterogenei settori dell’attività pubblica suscettibili di generare controversie giudiziarie per l’importanza e complessità degli interessi coinvolti, si pongono in evidenza i campi dell’urbanistica, dell’edilizia e dei lavori pubblici, della tutela dei beni culturali ed ambientali e, per alcuni versi, anche l’ambito della gestione del personale all’interno delle Amministrazioni Pubbliche.[9]
Sempre con riferimento a questi settori, si parla anche di “valutazioni tecniche complesse” dove è prevista l’applicazione di misure standardizzate ovvero di regole di scienza non esatte in attuazione di clausole generali o di norme prive di un sostanziale livello di determinatezza. È il caso della “valutazione di impatto ambientale” la cosiddetta VIA, che in base ai principi di precauzione e di prevenzione dovrà precedere il compimento di quelle opere che possono avere particolari impatti ambientali.[10]
La dottrina, a proposito del sindacato giurisdizionale in tema di valutazioni tecniche ha precisato che esse si risolvono nell’applicazione della regola tecnica e così si delineano i presupposti per una maggiore intensità del controllo giurisdizionale.”
Sicché quello della discrezionalità tecnica è diventato “il problema del confine tra opinabilità ed opportunità” e siffatto problema “assorbe e ripropone l’antico conflitto sui possibili contenuti del sindacato sul potere con la conseguenza secondo cui “proprio questo finisce con l’essere il banco di prova per accertare esistenza e spessore di una riserva costituzionale di amministrazione nei confronti del potere giurisdizionale.”[11]
Il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica, dopo un momento iniziale che vedeva protagonista il giudice civile, è stato affidato al controllo del giudice amministrativo, seppure meno incisivo rispetto al sindacato avente ad oggetto la cosiddetta “discrezionalità pura.”
Secondo il Consiglio di Stato[12], il sindacato può avere ad oggetto la censura di “macroscopiche illegittimità” espressione di errata applicazione di regole tecniche.
Questo per sottolineare come la dilatazione del sindacato giurisdizionale sul provvedimento amministrativo, abbia, in un certo qual modo, “limitato” il potere discrezionale sia pure che tecnico dell’Amministrazione. Basti pensare alla medesima situazione che si è verificata in materia di “concorsi pubblici per il reclutamento del personale,” laddove è stata prevista la predeterminazione dei criteri per il reclutamento stesso, delimitando ulteriormente la discrezionalità dell’autorità agente.[13]
[1] S. BACCARINI, Giudice amministrativo e discrezionalità tecnica, in Dir. proc. amm., fasc.1, 2001, p. 80
[2] Il riferimento è all’art. 42 della Costituzione e alla disciplina di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n.327 (Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità)
[3] M. D’ALBERTI, Lezioni di diritto amministrativo, op. cit., p. 181 e ss.
[4] Ibidem, S. BACCARINI, Giudice amministrativo e discrezionalità tecnica, op. cit.
[5] Così, E. CAPACCIOLI., Manuale di diritto amministrativo, Padova, 1983, p. 287
[6] C. VIDETTA, Discrezionalità tecnica: problemi vecchi e nuovi dopo la legge 21 luglio, 2000 n. 205, in Foro amm. TAR, fasc.6, 2002, p. 2251
[7] A. MOLITERNI, Semplificazione amministrativa e tutela degli interessi sensibili: alla ricerca di un equilibrio, in Dir. Amm., fasc.4, 1 DICEMBRE 2017, p. 699
[8] Sul punto, G. D’AURIA, Discrezionalità tecnica, sindacato giudiziario e responsabilità amministrativa dei pubblici funzionari, in Lavoro nelle p.a., fasc.5, 2007, p. 829
[9] Per un’analisi di più ampio respiro con riferimento al rapporto tra discrezionalità tecnica e sindacato del giudice amministrativo, L. IEVA, Potere tecnico-discrezionale della P.A. e sindacato del giudice amministrativo: profili teorici ed applicativi, in Foro amm. CDS, fasc.10, 2002, p. 2665
[10] Segnatamente in dottrina, A. VETTORI, Un nuovo programma generale d’azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020, in Riv. Giur. dell’Ambiente, fasc.2, 2014, p. 283; M. CALABRÓ, Semplificazione procedimentale e esigenze di tutela dell’ambiente: l’autorizzazione integrata ambientale, in Riv. Giur. Edilizia, fasc.5, 2010, p. 239; G. MANFREDI, VIA e VAS nel Codice dell’ambiente, in Riv. Giur. Ambiente, fasc.1, 2009, p. 63
[11] F. CINTIOLI, Tecnica e processo amministrativo, in Dir. proc. amm., fasc.4, 2004, p. 983
[12] Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 316/2004
[13] Ibidem, M. D’ALBERTI, Lezioni di diritto amministrativo, Torino, Giappichelli Editore, 2017, p. 182
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Serena Cicalese
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