La diseredazione testamentaria dei successibili legittimi e legittimari

La diseredazione testamentaria dei successibili legittimi e legittimari

E’ possibile diseredare qualcuno escludendolo dalla successione ereditaria? 

Per offrire un’adeguata risposta a tale quesito è necessario avanzare alcune brevi premesse.

Cos’è il testamento?

L’ordinamento giuridico italiano individua nel testamento lo strumento per potere disporre delle proprie sostanze per il tempo successivo alla morte (art. 587 c.c.) Esso è un negozio gratuito “mortis causa”, posto in essere personalmente dal de cuius, con contenuto patrimoniale e/o non patrimoniale, revocabile fino all’ultimo istante di vita. 

La volontà del testatore deve essere redatta per iscritto in una delle forme previste dalla legge (artt. 601 ss. c.c.): con testamento olografo; con testamento per atto di notaio pubblico o segreto; con testamento speciale, e cioè una particolare forma di testamento pubblico che, in circostanze eccezionali, consente di ricevere la dichiarazione di ultima volontà in modo semplificato o da soggetti differenti dalla persona del notaio (a titolo esemplificativo, nel corso di un viaggio su nave il testamento può essere ricevuto dal comandante).

L’autonomia testamentaria, tuttavia, incontra taluni limiti legali. In particolare, il testatore potrà disporre delle proprie sostanze muovendosi nell’alveo della quota disponibile, senza ledere l’intangibile diritto di legittima degli eredi legittimari. 

Chi sono gli eredi legittimari?

La successione testamentaria non può determinare la lesione della successione degli eredi legittimari, ovverosia coloro ai quali la legge attribuisce il diritto ad una quota del patrimonio ereditario (cd. quota di legittima o di riserva). Quest’ultimi, in quanto eredi necessari, non possono essere pregiudicati dalle difformi disposizioni del testatore (art. 457, co. III, c.c.). Pertanto, è la legge stessa che stabilisce i criteri di assegnazione nonché i soggetti a cui destinare i beni del defunto, riservandoli al coniuge, ai discendenti e agli ascendenti (art. 536 c.c.). 

Differente è l’istituto della successione legittima, prevista nell’ipotesi di assenza di un testamento o nel caso in cui il testatore non abbia disposto interamente del proprio patrimonio. In tal caso, l’art. 565 c.c prevede che chiamati all’eredità siano, secondo un principio di gradualità, il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, gli altri parenti non oltre il sesto grado ed, in ultimo, lo Stato (cd. eredi legittimi).

E’ possibile diseredare un successore legittimo?

Con l’accezione “diseredazione” si intende indicare la disposizione testamentaria a contenuto negativo/ablativo con la quale il testatore esclude un soggetto dalla propria successione. Essa non è espressamente prevista nel codice civile che, invece, prevede esclusivamente i casi di indegnità a succedere, determinati da azioni lesive nei confronti del defunto o dei suoi prossimi (art. 463 c.c.). 

Ebbene, è opportuno chiedersi se è legittima la clausola di diseredazione inserita all’interno di un negozio testamentario. 

Nulla questio circa la diseredazione di soggetti estranei al nucleo familiare, i quali non possono vantare alcun diritto loro attribuito ex lege. Soluzioni più controverse si rinvengono nel caso della diseredazione degli eredi legittimi.

La spinosa questione ha portato l’affermazione di tre principali orientamenti.

Secondo una più risalente linea di pensiero si escludeva tout court la possibilità di una diseredazione espressa, in ossequio ad una interpretazione letterale restrittiva del dettato normativo di cui all’art. 587 c.c., secondo il quale nel definire il testamento come l’atto con cui un soggetto “dispone di tutte le proprie sostanze o di parte di queste” si suole conferire alle disposizioni testamentarie un carattere “attributivo”, vale a dire che il testatore deve concretamente attribuire i beni ereditari ai soggetti nelle forme previste dalla legge. Conseguentemente, le disposizioni negative sono considerate nulle. 

Tuttavia, la giurisprudenza successiva, pur accogliendo in linea di massima la prospettazione della invalidità della clausola de quo, si è espressa in termini meno rigorosi considerando la volontà di estromettere taluni successibili quale contestuale volontà di far salva l’istituzione di tutti gli altri non diseredati. In tal modo, viene riconosciuto il principio del “favor testamenti”, secondo cui la volontà del testatore deve essere rispettata anche laddove sia stata inclusa una clausola negativa per alcuni ma implicitamente attributiva per altri. 

Negli ultimi anni si è poi affermata una terza corrente interpretativa tesa all’ammissibilità di una diseredazione espressa, quale manifestazione di un regolamento di rapporti patrimoniali rientranti nell’accezione di “disposizione” ex art. 587 c.c., in ossequio ad una interpretazione estensiva della norma. In tal senso si è espressa la Corte Costituzionale, la quale ha affermato che escludere un erede legittimo dalla successione non equivale ad un’assenza di idonea volontà ma ad una specifica manifestazione di volontà di destinazione del patrimonio, legittimamente ossequiosa della funzione che è propria del testamento (Cass. n. 8352/2012).

Ed un erede legittimario? 

Al fine di fornire una esaustiva risposta al quesito di specie è opportuno rammentare che la Suprema Corte di Cassazione non si è ad oggi pronunciata circa la diseredazione dei legittimari (coniuge, discendenti e ascendenti). 

La dottrina maggioritaria, prendendo le mosse dalla giurisprudenza più favorevole alla libertà testamentaria, ritiene valida la disposizione in questione. Invero, a sostegno di tale opzione ermeneutica è da rilevarsi che non si potrebbe considerare violato il disposto di cui all’art. 457 co. III c.c. (“Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari”), giacché la disposizione negativa non escluderebbe l’invocazione della nullità relativa. Il legittimario potrà certamente vantare il proprio diritto di agire in riduzione, ottenendo in tal modo la quota di sua spettanza dagli altri coeredi.

Inoltre, non rinvenendosi norme che impediscono la preterizione del legittimario, la quale configura una diseredazione implicita, non può  addursi l’impossibilità di diseredare in via esplicita.

Una conclusione differente circa la validità della clausola creerebbe una illogica diversità di trattamento tra il legittimario pretermesso, il quale potrebbe agire esclusivamente in riduzione, e quello totalmente diseredato, che potrebbe ottenere la declaratoria di nullità della clausola. 

In termini pragmatici, quindi, la dottrina prevalente considera il testatore libero di inserire una clausola di diseredazione del coniuge, del figlio o dell’ascendente all’interno del testamento. Al momento dell’apertura della successione, tuttavia, potranno prospettarsi due scenari: i pretermessi potranno accettare la volontà del defunto ovvero potranno impugnare il testamento. 

Un rimedio alternativo…

In ultimo, si offre in rassegna un alternativo strumento di “estromissione”. L’art. 551 c,c., difatti, consente al testatore il potere di sostituire la legittima con un legato.

E’ però facoltà del legittimario accettare o rinunziare tale conseguimento.

Qualora il legittimario volesse agire in riduzione, ottenendo dunque il supplemento economico, dovrà rinunciare preventivamente al legato.

Diversamente, un’eventuale accettazione del legato comporterebbe non soltanto la perdita del diritto di chiedere un supplemento nel caso in cui il valore del legato sia inferiore a quello della quota legittima ma determinerebbe, soprattutto, la non acquisizione della qualità di erede. 


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Serena Savona

Nata a Erice (TP) nel 1990, ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza nel marzo 2016 con pieni voti, presso l'Università degli Studi di Palermo. Nel corso della formazione forense, ha collaborato con il Tribunale di Trapani, Sezione Penale, partecipando altresì alla redazione di provvedimenti giudiziari.

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