La distinzione tra concessione dei servizi pubblici e appalto di servizi nella recente giurisprudenza
Cons. Stato, Sez. IV, sent. 22 marzo 2021, n. 2426
Il Consiglio di Stato è stato chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di risarcimento dei danni procurati alla parte appellante, concessionaria del servizio pubblico a seguito di pubblica gara, in seguito al silenzio della amministrazione concedente sull’istanza volta ad ottenere la revisione tariffaria del servizio de quo nonché la conseguente condanna della stessa al risarcimento del danno da ritardo.
In particolare, il Consiglio di stato premette, alla motivazione in diritto con il quale rigetta per infondatezza il ricorso, la distinzione sussistente tra il contratto di concessione di pubblico servizio e il contratto di appalto dei servizi. La prima distinzione sostanziale tra i due tipi di contratti pubblici risiede nella loro definizione giuridica, in quanto, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs 50/201, l’appalto pubblico è un contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto tra una stazione appaltante e un operatore economico, avente ad oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi. La concessione pubblica, invece, è definita dal d.lgs. n. 50/2016 come un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto, in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi.
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato pone l’attenzione proprio sull’elemento aleatorio del contratto di concessione del pubblico servizio, evidenziando che lo stesso si distingue dall’appalto di servizi per l’assunzione, da parte del concessionario, del rischio legato alla gestione dei lavori e dei servizi sul lato della domanda o dell’offerta.
Un’altra distinzione è rappresentata dalla struttura del negozio giuridico. Invero, mentre l’appalto ha struttura bifasica tra appaltante ed appaltatore ed il compenso di quest’ultimo grava interamente sull’appaltante, nella concessione, connotata da una dimensione triadica, il concessionario ha rapporti negoziali diretti con l’utenza finale, dalla cui richiesta di servizi trae la propria remunerazione.
Date queste premesse, la Sezione ha tratto la conseguenza che, essendo insito nel meccanismo causale della concessione che la fluttuazione della domanda del servizio costituisca un rischio traslato in capo al concessionario (anzi costituisca il rischio principale assunto dal concessionario), affinché possa farsi luogo a una revisione dei profili economici concordati con il concedente è necessaria la comprovata ricorrenza di eventi eccezionali e straordinari, oggettivamente esterni ed estranei al funzionamento del mercato di settore, non essendo invece sufficienti all’uopo mere fluttuazioni della domanda, dato fisiologico di ogni mercato, che l’operatore economico non può non considerare come aspetto caratterizzante, intrinseco ed ineliminabile del contesto in cui opera. Del resto, anche nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, costante giurisprudenza aveva evidenziato che nelle concessioni di servizi vige il principio dell’ordinaria invariabilità del canone, con conseguente inapplicabilità dell’istituto della revisione dei prezzi, proprio invece degli appalti
In conclusione, la figura della concessione è connotata dall’elemento del trasferimento all’impresa concessionaria del rischio operativo, inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni di mercato che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, ossia da fattori al di fuori dalla sfera di controllo delle parti.
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Chiara Nilli Cassaro
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