La divisione ereditaria

La divisione ereditaria

In questo articolo vedremo quali sono i presupposti e le modalità per poter dividere il patrimonio ereditario fra più coeredi. La legge disciplina tre tipi di divisione ereditaria: la divisione convenzionale, la divisione giudiziale e la divisione testamentaria. Ognuna di queste modalità sarà analizzata e spiegata con esempi pratici nel prosieguo dell’articolo.
Sommario: 1. La comunione ereditaria e le vicende precedenti alla divisione – 2. La divisione ereditaria – 3. La collazione – 4. La divisione convenzionale – 5. La divisione giudiziale – 6. La divisione testamentaria

 

1. La comunione ereditaria e le possibili vicende precedenti alla divisione

Sui beni ereditari si forma la comunione ereditaria quando vi sono più eredi del patrimonio del defunto; ciò significa che gli eredi diventano comproprietari dei beni che fanno parte dell’eredità. Dalla comunione ereditaria bisogna tenere distinta la comunione ordinaria che si ha quando la proprietà o altro diritto reale (ad. esempio l’usufrutto, i diritti di uso e abitazione o il diritto di servitù) su uno o più beni spetti a più persone per causa diversa dalla successione per causa di morte, come quando più soggetti acquistano congiuntamente da un terzo la cosa o quando un soggetto acquista da un altro una quota del bene; nella comunione ordinaria ogni partecipante può vendere liberamente ad un terzo la propria quota. Nella comunione ereditaria, invece, se uno degli eredi volesse vendere la sua quota ereditaria o parte di essa, dovrebbe prima darne notizia agli altri coeredi che hanno diritto di prelazione, cioè hanno diritto ad essere preferiti rispetto ad altri, a parità di condizioni. Vediamo, allora, le situazioni nelle quali potresti trovarti. Se, ad esempio, vuoi vendere la tua quota di eredità – prima della divisione ereditaria – devi procedere seguendo questi passaggi: – notificare la proposta di vendita agli altri coeredi. Tale proposta deve essere fatta per iscritto se oggetto della vendita sono beni immobili e deve contenere la specificazione della quota o della parte di quota che si intende vendere, nonché il prezzo richiesto; – attendere due mesi dall’ultima delle notificazioni perché è questo il termine entro il quale i coeredi possono esercitare il loro diritto di prelazione; – se, nel suddetto termine di due mesi, uno dei coeredi accetta la proposta, il contratto di vendita si conclude con lui; – se invece, nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni effettuate ai vari coeredi, nessuno di essi manifesta la volontà di acquistare la tua quota, sei libero di venderla ad un estraneo. Altra situazione possibile è quella in cui uno dei coeredi ha venduto la sua quota di eredità senza dartene notizia e tu avresti voluto acquistarla. In questa ipotesi la legge prevede un’apposita tutela disponendo che in mancanza della notificazione della proposta di vendita agli altri coeredi, questi ultimi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria. Tale diritto prende il nome di retratto successorio e si esercita mediante una dichiarazione unilaterale recettizia nella quale il coerede manifesta la sua volontà di riscattare la quota; tale dichiarazione produce effetti nel momento in cui arriva al destinatario mentre l’obbligo del pagamento del prezzo può avvenire in un momento successivo a quello in cui viene resa la dichiarazione [1]. Fatta questa breve introduzione sulle situazioni che si possono verificare quando si è in comunione ereditaria, vediamo come addivenire alla divisione ereditaria.

2. La divisione ereditaria

Con la divisione ereditaria si pone fine alla comunione ereditaria. Ciascun coerede, in qualsiasi momento, può chiedere tale divisione per ottenere la proprietà esclusiva su parte dei beni che erano in comunione ereditaria, per un valore corrispondente alla sua quota, e – a divisione avvenuta – si considera come se egli non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari [2]. La divisione deve avere ad oggetto tutte le situazioni giuridiche che compongono la comunione ereditaria nel senso che con la stessa si scioglie la comunione relativamente a tutti i beni ereditari e nei confronti di tutti i coeredi. Tuttavia, con il consenso di tutti i coeredi, è possibile procedere ad una divisione parziale con la conseguenza che una parte dei beni ereditari vengono divisi tra gli eredi mentre un’altra parte resta in regime di comunione ereditaria. Spesso risulta difficile procedere alla divisione ereditaria solo attraverso assegnazioni in natura; ciò perché è molto difficile che il valore dei beni da dividere sia perfettamente corrispondente alle quote dei vari coeredi. In questi casi la legge prevede che, se l’assegnazione di beni in natura non corrisponde al valore della quota del coerede, la disuguaglianza deve essere compensata con conguagli in denaro [3]. Ad esempio, vi sono tre coeredi in quote uguali di un terzo ciascuno ed un patrimonio ereditario del valore di 300 composto da tre beni immobili: un appartamento del valore di 100, un magazzino commerciale del valore di 150 ed un terreno del valore di 50. In questo caso ciascuno dei coeredi deve ricevere 100 ma, visto il diverso valore dei beni immobili, bisognerà ricorrere all’uso del conguaglio. Una possibile soluzione è la seguente: ad un coerede si assegna l’appartamento che vale 100, ad un altro coerede si assegna il magazzino commerciale che vale 150 e al terzo coerede si assegna il terreno che vale 50 più un conguaglio in denaro di 50 dal coerede che ha ricevuto il magazzino del valore di 150.

3. La collazione

Se ne ricorrono i presupposti, prima di procedere alla divisione ereditaria, occorre ricostruire l’intero patrimonio ereditario del defunto attraverso la collazione, cioè mediante il conferimento nel patrimonio da dividere di tutto ciò che è stato donato ai coeredi [4]. Alla collazione sono tenuti i figli, i loro discendenti, il coniuge o la parte dell’unione civile che concorrono alla successione. Essi devono conferire al patrimonio ereditario tutti i beni che sono stati loro donati in vita dal defunto così da poterli dividere con gli altri coeredi, in proporzione delle rispettive quote. La legge prevede che il defunto possa dispensare i suddetti soggetti dalla collazione e quindi prevedere che essi non debbano conferire i beni ricevuti in donazione alla massa attiva del patrimonio ereditario. Ciò è possibile solo nei limiti della quota disponibile (cioè di quella quota di cui il defunto può liberamente disporre), nel rispetto del principio di intangibilità della quota riservata ai legittimari. Sono oggetto di collazione le donazioni, sia dirette che indirette, ricevute dal defunto (ad esempio la donazione di un immobile ma anche l’adempimento da parte del defunto di un debito del coerede senza rivalsa sul coerede stesso). In pratica, la collazione può avvenire in due modi: · in natura, cioè conferendo materialmente al patrimonio ereditario quanto ricevuto in donazione; · per imputazione, cioè imputando alla propria quota il valore del bene ricevuto in donazione. Per espressa previsione di legge, poi, non sono soggette a collazione le spese di mantenimento e di educazione, le spese sostenute per malattia e le spese ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze [5].

4. La divisione convenzionale

Uno dei modi per sciogliere la comunione ereditaria è la divisione convenzionale che si ha quando i coeredi pongono in essere un contratto di divisione con il quale sciolgono la comunione sui beni dell’eredità, assegnando a ciascun coerede beni per un valore corrispondente alla sua quota ereditaria. Vediamo qui di seguito i presupposti e le modalità per poter stipulare il contratto di divisone: – i coeredi devono aver raggiunto un accordo sulle modalità della divisione; – devo partecipare tutti i coeredi (o i loro successori), altrimenti il contratto è nullo; – se nel patrimonio ereditario da dividere vi sono beni immobili o diritti reali immobiliari, il contratto di divisione deve essere redatto nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata; negli altri casi il contratto può essere redatto nella forma di semplice scrittura privata. Se ad esempio la comunione ereditaria è costituita da due appartamenti, uno del valore di 50 e l’altro del valore di 100 e vi sono due coeredi Tizio e Caio, in parti uguali fra loro (quindi un mezzo ciascuno), essi possono accordarsi e assegnare a Tizio l’appartamento del valore di 50 ed a Caio l’appartamento del valore di 100 con l’obbligo di corrispondere a Tizio la somma di 25 a titolo di conguaglio. Così facendo si sarà ristabilita l’uguaglianza delle quote, ossia 75 ciascuno.

5. La divisione giudiziale

Un altro modo per sciogliere la comunione sui beni dell’eredità è la divisione giudiziale. Con la divisione giudiziale si scioglie la comunione ereditaria all’esito di un procedimento civile che può essere intrapreso, da uno o più condividenti, una volta accertata l’impossibilità di raggiungere un accordo sulla divisione o solo perché uno o più eredi decidono di scegliere questa strada. Vediamo, allora, come ottenere la divisione giudiziale, nella quale è necessaria l’assistenza di un avvocato. Anzitutto, la domanda giudiziale di divisione deve essere preceduta da un tentativo di mediazione civile obbligatoria; se tale tentativo non va a buon fine il procedimento continua davanti al Tribunale competente (che è il Tribunale del luogo dove si è aperta la successione, cioè quello del luogo dell’ultimo domicilio del defunto). Alla divisione giudiziale devono prendere parte tutti i coeredi. Il procedimento può essere diviso nelle seguenti fasi: · si verifica la qualità di coerede di tutti i partecipanti al procedimento; · si procede alla formazione della massa ereditaria (cioè dei beni da dividere), previa collazione qualora ne ricorrano i presupposti (vedi sopra); · si stima il valore dei beni da dividere e si fa un progetto di divisione formando tante porzioni quanti sono gli eredi in proporzione delle loro quote e prevedendo, se necessario, anche dei conguagli in denaro. Le porzioni devono essere composte in modo quanto più omogeneo, in particolare devono essere formate comprendendo una quantità di beni mobili, di beni immobili, di crediti, di uguale natura e qualità, in proporzione alla quota di ciascun coerede; · in ultimo, si attribuisce a ciascun erede una delle porzioni formate. La direzione delle operazioni di stima dei beni da dividere e di formazione delle porzioni può essere curata dal giudice stesso oppure il giudice può delegare tale compito ad un notaio. Facciamo un esempio. Tizio muore senza lasciare testamento e i suoi unici eredi sono la moglie e il figlio che quindi saranno coeredi del patrimonio del defunto nella quota di un mezzo ciascuno. Immaginiamo che il patrimonio ereditario è composto da: un appartamento in città, una casa in montagna, un conto corrente con liquidità e che Tizio, in vita, aveva donato al figlio 50.000 euro. Gli eredi, non trovando un accordo su come dividere l’eredità, tentano la mediazione obbligatoria ma il tentativo non va a buon fine e quindi arrivano davanti al giudice. Quest’ultimo, dopo aver accertato la loro qualità di eredi, nomina un consulente tecnico affinché stimi i beni ereditari. Dalla perizia del professionista emerge che: l’appartamento in città vale 150.000 euro, la casa in montagna vale 125.000 euro, il conto corrente ha saldo positivo di 75.000 euro. Il totale è 350.000 euro ai quali bisogna aggiungere i 50.000 euro donati da Tizio al figlio (che sono oggetto di collazione). Il patrimonio ereditario è pari a 400.000 euro e quindi a ciascun erede spettano beni per 200.000. A questo punto possiamo ipotizzare le due porzioni che si possono formare e attribuire agli eredi: a) alla moglie: appartamento in città + 50.000 euro in contanti da prendere dal conto corrente; b) al figlio: casa in montagna + 25.000 euro in contanti da prendere dal conto corrente + 50.000 euro già ricevuti in donazione.

6. La divisione testamentaria

Vediamo ora cosa si può fare, in vita, per dividere il nostro patrimonio tra gli eredi o per dare disposizioni in merito. Per fare ciò la legge disciplina la divisione testamentaria che si ha quando, tramite la redazione di un testamento, il testatore stesso procede direttamente a formare le porzioni di eredità da attribuire ai coeredi o detta le regole che i propri eredi dovranno seguire nella divisione. Nel primo caso (c.d. assegno divisionale qualificato) il testatore, direttamente nel testamento, stabilisce l’assegnazione dei beni ereditari a ciascun coerede [6]. In questa ipotesi i beni non cadono in comunione ereditaria perché – se l’erede accetta l’eredità – acquista direttamente i beni che gli sono stati assegnati dal testatore. Nel secondo caso (c.d. assegno divisionale semplice) il testatore stabilisce le regole che gli eredi devono seguire per formare le porzioni [7]. In alternativa, il testatore può designare un terzo a compiere una stima dei beni e sulla base di essa si effettuerà la divisione [8]. La divisione testamentaria è nulla se il testatore non ha ricompreso nella divisione qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti (c.d. preterizione). Tuttavia la nullità della divisione si ha solo nel caso in cui il testatore, oltre a non aver fatto alcuna assegnazione agli eredi istituiti o ai legittimari, non abbia lasciato fuori dalla divisione da lui operata una massa di beni sufficienti a formare le porzioni dei soggetti formalmente esclusi. Ad esempio, è nulla la divisione fatta dal testatore che ha quattro eredi legittimari (moglie e tre figli) e ripartisce l’eredità solo fra tre di essi. Tuttavia la divisione fatta dal testatore sarà valida se è stata fatta solo su alcuni dei suoi beni ma ne sono rimasti altri sufficienti a soddisfare la quota del legittimario rimasto fuori dalla divisione.

 


[1] Art. 732 cod. civ.
[2] Art. 757 cod. civ.
[3] Art. 728 cod. civ.
[4] Art. 724 cod. civ.
[5] Art. 742 cod. civ.
[6] Art. 734 cod. civ.
[7] Art. 733, primo comma, cod. civ.
[8] Art. 733, secondo comma, cod. civ.

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Avv. Giulia Madia

L’Avv. Giulia Madia si è laureata in giurisprudenza con votazione 110 e Lode ed ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense aggiudicandosi il premio “Toga d’argento”. Alla professione di Avvocato ha fin da subito affiancato gli studi notarili nelle più prestigiose scuole di formazione italiane e tali percorsi le permettono di approfondire diverse aree del diritto: diritto civile, diritto di famiglia, unioni civili, eredità e successioni, diritto commerciale e societario, diritto bancario, contratti.

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