La famiglia da “isola” ad “arcipelago”.  Fino a dove può spingersi la “marea” del diritto?

La famiglia da “isola” ad “arcipelago”. Fino a dove può spingersi la “marea” del diritto?

L’uomo nasce con una naturale inclinazione alla coesistenza (dal lat. co-existere, “vivere insieme con altri”), e per dare respiro a questa esigenza atavica costituisce rapporti intersoggettivi stabili di cui La famiglia, nella sua dimensione relazionale, ne costituisce una manifestazione. Essa consiste in una vita di comunione, destinata a durare nel tempo e arricchita da un quid pluris di natura affettiva. Il diritto si inserisce nella dialettica uomo-famiglia quale complesso di norme poste “dal” e “per” l’uomo stesso al fine regolarne il rapporto.

L’evoluzione storica della famiglia, tuttavia, non lascia spazio ad interpretazioni ardite: la realtà familiare è in continuo divenire. Risulta quindi errato, oltre che destinato alla incompiutezza, prevedere una categoria giuridica che della famiglia determini la forma. La tendenza umana, che nel diritto trova espressione, di ordinare la realtà che la circonda secondo parametri classificatori, trova nel fenomeno familiare un preciso limite. Diritto e famiglia, infatti, non godono di un rapporto paritetico ma di dipendenza del primo verso il secondo. La saggezza dei padri costituenti, seppur dovutasi bilanciare fra i diversi orientamenti politici e ideologici interni all’Assemblea, ha messo ben in evidenza quello che deve essere il rapporto famiglia-Stato (e il potere regolatore che ne discende). L’art. 29 Cost., in tal senso, affermando la famiglia quale “società naturale” non ha voluto qualificarne uno specifico modello (magari anche ideologicamente orientato), ma nell’ottica generale della Costituzione ha cercato di dettare gli equilibri del rapporto Famiglia-Stato, orientandoli verso il principio cardine della Carta: la valorizzazione della persona umana. Riprendendo le parole del Prof. Giuseppe Dalla Torre, in occasione del convegno nazionale dei giuristi cattolici del 1997 (recante il titolo “Quale famiglia?”), la costituzione concepisce la famiglia “come formazione sociale funzionale allo svolgimento della persona, precedente allo Stato e che questo non può che riconoscere”. La famiglia si pone nei confronti dell’ordinamento giuridico quale ente “originario” e capace di dettare le regole per la propria esistenza in maniera autonoma. Qual è allora il compito del diritto?

Riprendendo la celebre similitudine coniata da Carlo Arturo Jemolo[1], il diritto sta alla famiglia come il mare all’isola, se si limita a lambirne le coste la fortifica, se vi penetra la distrugge. Ma cosa vuol dire “lambire le coste”?

Il diritto ha un importante onere di rispettare le evoluzioni storico-sociali che la famiglia manifesta, ma al contempo deve garantire che tali mutamenti avvengano nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2 Cost.) espressi sia a livello costituzionale “interno” che internazionale (CEDU).

Lo Stato deve, quindi, ridurre al minimo la propria ingerenza nella vita familiare, e agevolare la costituzione di formazioni sociali ove l’uomo esprime la sua personalità. Ruolo fondamentale è costituito dall’istituto della sussidiarietà che prevede una sorta di prelazione della famiglia nel realizzare le funzioni che di essa sono proprie, e solo in caso di impossibilità o errata realizzazione è doveroso per lo Stato intervenire, non in sostituzione della famiglia ma in sostegno di essa (art. 30, comma 2, Cost.). Funzione del diritto che diviene ancora più importante nell’era contemporanea, definita della post-modernità, in cui ad una crisi dei valori tradizionali e dei modelli classificatori, ha corrisposto una crisi del modello familiare tradizionale (espresso nell’art. 29 Cost.) e il manifestarsi di nuovi modelli che sebbene diversi nella forma, risultano uguali nell’affezione di tipo familiare che ne caratterizza il rapporto.

Gli innumerevoli modelli familiari costituitisi hanno portato la dottrina[2] a superare l’originaria metafora di Jemolo che vedeva la famiglia quale “isola” in relazione con il diritto, e ad affermare una nuova figura, ovvero quella “dell’arcipelago familiare” che figurativamente rappresenta la realtà contemporanea come costellata da innumerevoli realtà familiari, ognuna di esse con proprie esigenze ma meritevoli tutte della medesima tutela.

Per quanto invece concerne i rapporti intercorrenti fra i membri stessi di una comunità familiare abbiamo assistito come, soprattutto in materia patrimoniale, si sia manifestata e successivamente concretizzata da un punto di vista normativo un nuovo orientamento di tipo personalistico che ha comportato una valorizzazione dell’autonomia negoziale dei privati. Questo, tuttavia, implica una maggiore attenzione da parte sia del legislatore che della giurisprudenza affinché il potenziamento della persona non si trasformi in un individualismo che trascuri il rispetto della dignità e solidarietà umana (soprattutto in ambito familiare).

Anche per quanto concerne la filiazione, l’attenzione verso la realizzazione della personalità sembra aver avuto notevole incidenza nella figura del figlio che, uscendo dallo stato di soggezione genitoriale (tipica della normativa pre-riforma), risulta sempre più padrone della propria vita anche prima della maggiore età. Il minore infatti a seguito di un’evoluzione normativa che lo ha portato ad essere da oggetto di una disciplina che puntava esclusivamente alla sua tutela (in quanto soggetto “debole”), a soggetto attivo da promuovere nella sua personalità, ha trovato nell’istituto della responsabilità genitoriale garanzia prima della propria promozione e realizzazione.

Appare chiaro, dunque, che i rapporti familiari si sviluppano nella dialettica tra libertà, sussidiarietà e inderogabilità, nella misura in cui: la sussidiarietà è il fondamento per la realizzazione della libertà, la libertà è autonomia in quanto “originarietà”, e che l’autonomia implica funzioni proprie, ma trova come limite l’inderogabilità dei diritti fondamentali dell’uomo. È su questo equilibrio che, quindi, la famiglia deve orientarsi al fine di ridimensionare quella crisi valoriale del postmoderno all’interno di una tendenza fisiologica all’evoluzione che della famiglia è propria e sempre si è manifestata nel tempo, ritrovando così quell’armonia che la caotica realtà contemporanea ha messo in discussione.

 

 

 

 

 

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[1] Pensiero espresso nella celebre opera: La Famiglia e il diritto, in Ann. Sen. Giur. Università di Catania, 1948, III.
[2] F.D. Busnelli, La famiglia e l’arcipelago familiare, Riv. dir. civ, 2002, 4.

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