La fede al termoscanner: riflessioni sull’avvio della “Fase 2” in ambito ecclesiale

La fede al termoscanner: riflessioni sull’avvio della “Fase 2” in ambito ecclesiale

Sommario: 1. In attesa che venga quel giorno… – 2. La celebrazione delle esequie – 3. Le indicazioni delle Chiese particolari – 4. Rilievi conclusivi

 

1. In attesa che venga quel giorno…

Il D.P.C.M. del 26 aprile 2020[1] sulla c.d. “Fase 2” all’art. 1 in tema di  “Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale” stabilisce, alla lettera i), che, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull’intero territorio nazionale, pur restando ancora sospese le manifestazioni organizzate, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico, compresi quelli di carattere religioso svolti in ogni luogo nonché le cerimonie civili e religiose e pur continuandosi a prevedere l’apertura dei luoghi di culto ma sempre condizionata all’adozione di misure tali da evitare assembramenti e tali da garantire il rispetto del distanziamento fisico, “sono consentite le cerimonie funebri con l’esclusiva partecipazione di congiunti e, comunque, fino a un massimo di quindici persone, con funzione da svolgersi preferibilmente all’aperto, indossando protezioni delle vie respiratorie e rispettando rigorosamente la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”. E’ noto come tale decisione, annunciata in diretta televisiva dal Presidente del Consiglio dei Ministri, abbia determinato un immediato scambio di “comunicazioni” tra la Conferenza Episcopale Italiana[2] e la Presidenza del Consiglio[3] in quanto la soluzione del Governo è stata avvertita dai Vescovi italiani come un’inopportuna fuga in avanti rispetto ai risultati della lunga interlocuzione, in corso dall’inizio dell’emergenza sanitaria, tra C.E.I. e Governo al fine di consentire la ripresa dell’esercizio della libertà di culto pubblico e di una piena azione pastorale della Chiesa cattolica in Italia. Il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri escludendo “arbitrariamente”[4] la possibilità di celebrare la messa con il popolo se non nel caso di funzioni esequiali, ha portato alla diffusione di un comunicato stampa “a caldo” della C.E.I. in cui i vescovi ricordavano che se è della Presidenza del Consiglio e  del Comitato tecnico-scientifico la responsabilità di dare indicazioni precise di carattere sanitario, è, invece, responsabilità della Chiesa “[…] organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia. I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”[5]. Dopo pochi minuti, e sempre nella stessa serata del 26 aprile, veniva diramata una Nota della Presidenza del Consiglio che, prendendo atto della comunicazione della C.E.I. e confermando quanto anticipato in conferenza stampa dal Presidente del Consiglio, chiariva, con l’evidente fine di “distendere gli animi”, che nei giorni seguenti sarebbe stato allo studio un protocollo per consentire in tempi brevi la ripresa della partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza. Lo scambio delle comunicazioni aveva però aperto una breccia portando alla luce il dissenso di vescovi, clero e associazioni rappresentative del mondo cattolico, fino a qual momento inespresso a livello istituzionale e pubblico, rispetto alle decisioni assunte dal Governo ma pur sempre – è bene ricordarlo – condivise dalla Chiesa cattolica con la conseguente adozione di specifiche disposizioni locali da parte dei vescovi diocesani. A ristabilire un clima di collaborazione sono state le poche e chiare parole di Papa Francesco, pronunciate durante la celebrazione eucaristica giornaliera a Santa Marta del 28 aprile: “In questo tempo nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e dell’obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni”[6]. Immediate le reazioni della Conferenza Episcopale Italiana che, attraverso una dichiarazione del Sottosegretario[7], don Ivan Maffeis, riconosceva come decisiva e opportuna la parola del Papa in quanto, si legge nel comunicato, il richiamo alla prudenza e alla saggezza rappresenta “la cifra che ci serve” per contemperare due esigenze che non possono essere contrapposte: la salute di tutti e le necessità della vita ecclesiale. Pace fatta e crisi rientrata! Il 2 maggio è giunto un ulteriore comunicato, stavolta a firma del Presidente della C.E.I.[8], che annuncia la condivisione di linee di un accordo per riprendere al più presto la celebrazione delle messe con il popolo. Il tono del testo divulgato a firma del card. Bassetti non lascia dubbi sulla ritrovata sintonia tra le parti: “Come Chiesa abbiamo condiviso, certo con sofferenza, le limitazioni imposte a tutela della salute di tutti, senza alcuna volontà di cercare strappi o scorciatoie, né di appoggiare la fuga in avanti di alcuno; ci siamo mossi in un’ottica di responsabilità, a tutela soprattutto dei più esposti. Alla vigilia di quella che ci auguriamo possa essere una rinascita per l’intero Paese, ribadisco l’importanza che non si abbassi la guardia ma, come abbiamo ripetuto in questi mesi, si accolgano le misure sanitarie nell’orizzonte del rispetto della salute di tutti, come pure le indicazioni dei tempi necessari per tutelarla al meglio”. L’accordo/protocollo, in vista della ripresa delle messe con il popolo a partire dal 18 maggio, è stato firmato il 7 maggio 2020[9]. Autorevoli studiosi[10], in questi mesi, si stanno dedicando ad offrire interpretazioni e soluzioni sul tema della gestione dei rapporti tra Stato e confessioni religiose in Italia durante questo tempo di “stress test per le nostre libertà fondamentali”[11] che tutti stiamo subendo a causa della straordinaria situazione di necessità rappresentata dall’emergenza sanitaria in corso. Per alcuni, stanno vendendo al pettine i problemi mai risolti della “bilateralità” o della “laicità all’italiana”, per altri, certo più ragionevolmente, è necessario, anche nell’ambito della riflessione accademica e scientifica, evitare fughe in avanti o conclusioni che prescindano dal contesto emergenziale in cui collocare le modalità, certo atipiche, di svolgimento delle relazioni (rectius interlocuzioni) Stato e confessioni religiose volte ad offrire soluzioni che consentano un giusto accomodamento tra le libertà. Su tutto però occorre tener presente quanto autorevolmente richiamato in dottrina, come cornice nella quale orientare ogni ulteriore futuro passo: “Di fronte all’emergenza dettata dalla pandemia le Chiese hanno risposto con un grande senso di responsabilità nel solco della loro tradizione. Occorre però prudenza giuridica nell’evitare che la “fede sospesa” possa trasformarsi in una “fede interdetta””[12] Infatti: “La libertà religiosa dei singoli e dei gruppi può plasmarsi e adattarsi nel bilanciamento con altri diritti fondamentali dell’essere umano, ma non può mai del tutto arretrare o peggio scomparire”[13].

2. La celebrazione delle esequie

Un test importante è rappresentato dalle indicazioni riguardanti la celebrazione delle cerimonie funebri, consentite a partire dal 4 maggio 2020. Al D.P.C.M. del 26 aprile ha fatto seguito una circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione[14] –  quale risposta al quesito sottoposto dalla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana concernente proprio le celebrazioni esequiali. Tale circolare chiarisce, rispetto a quanto già disposto nel D.P.C.M., che la celebrazione deve essere circoscritta esclusivamente in un edificio di culto (termine utilizzato ancora con portata restrittiva) o in un luogo all’aperto e che resta nella competenza dell’autorità ecclesiastica stabilire la forma liturgica della celebrazione ma assicurando che la stessa si svolga in un tempo contenuto e che anche i riti dell’ultima commendatio e della valedictio al defunto vengano compiuti nel medesimo luogo in cui viene celebrato il rito esequiale. Inoltre, nel caso in cui venga celebrata la messa, il Viminale afferma che “deve essere evitato il contatto fisico come, per esempio, lo scambio del segno di pace, in continuità con le disposizioni ecclesiastiche già emanate”[15] ritenendosi altresì scontato che la celebrazione sia consentita solo con il rispetto di tutte le norme precauzionali previste in tema di contenimento dell’emergenza epidemiologica in corso e, in particolare nel caso sottoposto all’attenzione del Ministero, con la prescrizione che i partecipanti indossino idonei dispositivi di protezione delle vie respiratorie e mantengano le distanze interpersonali previste, assicurandosi, in caso di celebrazione al chiuso, che il locale abbia una capienza adeguata al richiesto distanziamento e sia previamente sanificato. Più o meno contestualmente alla circolare del Viminale anche la Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato una Nota complementare[16], condivisa con il Ministero, in cui si specificano una serie di importanti misure necessarie per lo svolgimento delle celebrazioni in pena sicurezza e che ragionevolmente possono rappresentare indicazioni preziose anche per la futura ripresa delle messe con il popolo. Le principali misure indicate nella Nota sono:

  • prima dell’accesso in chiesa dei partecipanti alle esequie funebri, sia garantita da un addetto alla sicurezza la misurazione della temperatura corporea, attraverso un termometro digitale o un termo-scanner. Questa disposizione è richiesta anche per le celebrazioni all’aperto.

  • vista la possibilità di celebrare le esequie anche con la Santa Messa, nel momento della distribuzione della comunione eucaristica si evitino spostamenti. Sia il celebrante a recarsi ai posti, dove i fedeli – al massimo quindici – sono disposti nel rispetto della distanza sanitaria. Il sacerdote indossi la mascherina, avendo cura di coprirsi adeguatamente naso e bocca, e mantenga a sua volta un’adeguata distanza di sicurezza. La distribuzione dell’Eucarestia avvenga dopo che il celebrante abbia curato l’igiene delle proprie mani; lo stesso abbia cura di offrire l’ostia porgendola sulle mani dei fedeli, senza venire a contatto fisico con esse.

  • per quanto concerne la sanificazione, la chiesa sia igienizzata regolarmente, mediante pulizia delle superfici e degli arredi con idonei detergenti ad azione antisettica.

  • al termine di ogni celebrazione si dovrà favorire il ricambio dell’aria.

  • l’autorità ecclesiastica competente informi tutti i fedeli e chiunque entri in chiesa sulle disposizioni di sicurezza, sia attraverso i suoi canali di comunicazione, sia affiggendo all’ingresso della chiesa stessa appositi cartelli informativi. Sia indicato anche l’obbligo di rimanere a casa in presenza di temperatura corporea oltre i 37,5°C o di altri sintomi influenzali. Si raccomandi di non accedere comunque alla chiesa e di non partecipare alle celebrazioni esequiali se sono presenti sintomi di influenza o vi è stato contatto con persone positive a SARS-COV-2 nei giorni precedenti.

I due documenti sono stati inviati con sollecitudine a tutti i Vescovi italiani i quali hanno da subito evidenziato una serie di criticità circa la possibilità di garantire le misure richieste, in particolare in tema di rilevazione della temperatura corporea con termometro digitale e termoscanner all’ingresso della Chiesa da un non meglio specificato “addetto alla sicurezza” (liturgica), forse da annoverare per il futuro tra i possibili nuovi servizi ecclesiali pastorali post Covid-19. Interrogata più volte la C.E.I., i Vescovi più scettici sul punto hanno ricevuto sempre la stessa risposta, e cioè che il Comitato tecnico-scientifico era stato sul punto irremovibile. Da qui la necessità di indicazioni diocesane che permettessero, considerata l’impossibilità della gestione temporale di un fenomeno come quello della morte, di offrire risposte chiare (almeno in auspicio) ai parroci che, sul campo, si sono trovati a gestire in questi mesi quello che certamente è stato avvertito dai fedeli come il divieto più odioso finora assunto dal Governo, e condiviso dalla Chiesa per tutelare la salute pubblica, e cioè l’impossibilità di garantire un degno commiato funebre ad un parente o ad un amico scomparso[17]. Le decisioni/indicazioni assunte dai Vescovi in questi giorni sono state però le più diverse. L’analisi dei decreti episcopali promulgati o delle indicazioni fornite dagli Ordinari o dagli uffici di Curia[18] rappresentano uno spaccato importante e significativo per far emergere pregi e difetti della modalità di gestione di questo avvio della “Fase 2” in ambito ecclesiale e si auspica possano essere utili per una riflessione futura in vista delle indicazioni allo studio per una ripresa in sicurezza di tutte le funzioni liturgiche e delle attività pastorali ecclesiali. E’ bene, però, chiarire che la “crux” del termoscanner è stata risolta –  almeno sulla carta – da un ultimo aggiornamento della Conferenza Episcopale del 2 maggio 2020[19] sebbene, nel frattempo, la maggior parte delle diocesi avesse già diramato le decisioni/indicazioni adottate e dalle quali, in molti casi, sarà difficile tornare indietro. L’ultimo aggiornamento della Segreteria Generale della C.E.I. chiarisce che la problematica della rilevazione della temperatura corporea può ritenersi superata in quanto il Comitato Tecnico-Scientifico ha accolto la richiesta dei vescovi di rivedere l’indicazione data. Tuttavia lo stesso Comitato “[…] si è raccomandato di sollecitare i parroci, affinché contribuiscano a sensibilizzare i fedeli a porre la massima responsabilità per non esporre se stessi e altri a eventuali contagi. Di qui, l’esplicita richiesta di rimanere a casa a quanti presentano una temperatura corporea oltre i 37,5°C, di non accedere alla chiesa e di non partecipare alle celebrazioni esequiali in presenza di sintomi di influenza o quando vi sia stato contatto con persone positive a SARS-COV-2 nei giorni precedenti”[20].

3. Le indicazioni delle Chiese particolari

Da una rapida analisi dei decreti episcopali, delle indicazioni pratiche ed operative e degli orientamenti forniti dagli Ordinari o dagli uffici di Curia emergono almeno quattro posizioni diverse nell’episcopato italiano:

  • coloro che si sono limitati a trasferire ai parroci la comunicazione delle indicazioni ministeriali e della C.E.I. senza offrire ulteriori indicazioni operative;

  • coloro che hanno dato indicazioni operative restrittive rispetto alla portata generale delle indicazioni ministeriali e della C.E.I.;

  • coloro che hanno dato indicazioni operative esplicative, integrative e di completamento delle indicazioni ministeriali e della C.E.I.;

  • coloro che hanno dato disposizioni “estensive” rispetto alle indicazioni ministeriali e della C.E.I. con soluzioni operative che esorbitano dai limiti concordati tra le parti.

La stragrande maggioranza delle Chiese particolari – e in particolare le più grandi (da Milano a Roma, da Bologna a Napoli, da Genova a Firenze) – si è limitata, invece, a comunicare ai parroci le indicazioni del Ministero e della C.E.I., lasciando alle parrocchie la scelta delle modalità operative più adatte per dare corso alle richieste previste. In alcuni casi, i vescovi invitano i parroci, ma senza disporlo espressamente, a preferire il rito delle esequie all’aperto, eventualmente presso il cimitero, e la celebrazione nella liturgia della Parola senza il sacrificio eucaristico. Diversi vescovi, poi, hanno disposto di limitare la celebrazione delle esequie soltanto all’esterno, nel cimitero o sul sagrato (o nelle vicinanze) della chiesa parrocchiale, in molti casi disponendo che ciò avvenga senza la celebrazione eucaristica, restringendo così la portata delle indicazioni ministeriali e della C.E.I. Significativa la decisione congiunta dei vescovi di Alba, Fossano, Mondovì e Saluzzo e determinata dalla circostanza che le “limitazioni imposte dalle normative vigenti, come pure la mancanza di un chiaro protocollo condiviso sulla sanificazione delle chiese e sulle precauzioni igieniche nei riti, in particolare per quanto riguarda la distribuzione della comunione, addosserebbero ai singoli parroci responsabilità non sempre sostenibili, nel caso in cui si permettesse di celebrare le esequie con la Messa in chiesa” ed i parroci avranno la facoltà di scegliere, in alternativa al cimitero, un luogo all’aperto nelle prossimità della chiesa parrocchiale. Nella stessa linea si muove il decreto del vescovo di Teano-Calvi, frutto di un’intesa con i vescovi delle diocesi della provincia di Caserta e con altri vescovi della Campania, che esclude la possibilità che il rito funebre si svolga in chiesa. Anche la diocesi di Adria-Rovigo ha disposto di celebrare le esequie solo in cimitero secondo quanto previsto dai nn. 100-117 del Rito delle esequie (breve liturgia della Parola – ultima raccomandazione e commiato – benedizione del sepolcro). Lo stesso vale per i fedeli della diocesi di Teggiano-Policastro per cui si dispone che le esequie possono essere celebrate solo all’esterno nel cimitero, d’intesa con il Sindaco del Comune competente, o sul sagrato o nelle vicinanze della chiesa parrocchiale, senza messa e con la sola liturgia della Parola. Lo stesso è stato stabilito per le diocesi di Nola, Chioggia, Telese, Barletta. Ancora più restrittiva la scelta dell’Arcidiocesi di Chieti-Vasto il cui Vescovo ha deciso di prolungare il divieto di riti funebri al di là della semplice benedizione della salma  “considerata l’età avanzata di molti Sacerdoti […] e la conseguente esposizione al pericoloso rischio del contagio; nonché la impossibilità per molte delle […] piccole parrocchie di ottemperare a tutte le condizioni elencate nella Nota complementare”. Anche per la diocesi di Aosta ha prorogato le disposizioni di divieto delle funzioni funebri almeno fino “a quando non riprenderanno le celebrazioni liturgiche con il popolo”. Un ulteriore e particolare profilo “restrittivo” emerge in alcuni decreti episcopali che, invece del riferimento ai congiunti[21] richiamata nel DPCM come categoria all’interno della quale individuare i partecipanti – in numero massimo di 15 – da ammettersi alla funzione funebre, preferisce quello alla categoria di familiari (cfr. ad es. il decreto del vescovo di Fano). Un buon numero di Chiese particolari, invece, ha dato indicazioni operative precise, in ottica esplicativa e di completamento delle indicazioni ministeriali e della C.E.I. La diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, in una lettera inviata a tutti i sacerdoti da parte del vicario generale, ha specificato puntualmente tutti gli adempimenti a cui i parroci/amministratori parrocchiali saranno tenuti, chiarendo che laddove “qualche disposizione non può essere ancora adempiuta per mancanza di personale o di strumenti” è opportuno che si “sospendano e rinviino le celebrazioni a quando sarà possibile”. Le indicazioni diocesane specificano – ad integrazione di quanto previsto nelle note nazionali – che i fedeli avranno l’obbligo di presentarsi muniti di mascherina protettiva almeno 15 minuti prima dell’inizio della celebrazione per sottoporsi ai controlli; di igienizzarsi le mani prima di accedere al luogo delle esequie; di occupare il posto indicato, sia in chiesa che all’aperto; di mantenere una distanza minima di 1 m l’uno dall’altro, senza allontanarsi dal proprio posto; di attendere che la salma abbia lasciato il luogo della celebrazione prima di lasciare il posto assegnato. Precisano, altresì, che rientra nella responsabilità del parroco verificare il numero massimo (15) di ammessi alla celebrazione. Quanto al sacerdote, si chiarisce che lo stesso potrà essere assistito da un accolito e da un lettore solo se maggiorenni, che il sacerdote non indosserà la mascherina protettiva durante la celebrazione, ma solo durante la distribuzione dell’eucaristia, che calice, patena e pisside dovranno essere sempre protetti dai lini sacri, tranne che nei momenti della presentazione delle offerte e della consacrazione e dovranno in ogni caso essere posizionate ad adeguata distanza dal celebrante, che solo il sacerdote si comunicherà al calice purificandolo al termine del rito di comunione. Infine, con un maiuscoletto/sottolineato che non lascia dubbi, afferma che “è compito e responsabilità personale del parroco adottare e far rispettare le presenti disposizioni”. Le disposizioni della diocesi di Reggio-Emilia toccano anche un punto non chiarito né dalla Circolare ministeriale né dalla Nota della C.E.I. prevedendo che la procedura descritta possa essere utilizzata anche per celebrazioni funebri riguardanti defunti già sepolti, laddove la famiglia lo chieda. Le indicazioni della diocesi emiliana sono anche molto puntuali – con disposizioni che si possono ritenere parzialmente superate – in tema di rilevamento della temperatura corporea dei partecipanti alla funzione religiosa, stabilendosi che per ogni celebrazione il ministro individui una persona, denominata addetto alla sicurezza, con il compito di curare gli aspetti tecnico-organizzativi relativi alla sicurezza, in particolar modo per ciò che riguarda il distanziamento tra i fedeli durante la celebrazione e il rispetto di tutte le norme di sicurezza; tale addetto alla sicurezza deve essere maggiorenne, conoscere adeguatamente la normativa circa la sicurezza e l’igiene in merito al contenimento dell’epidemia Covid-19 ed avere l’incarico di garantire la misurazione della temperatura corporea di ogni fedele, attraverso un termometro digitale, un termometro a infrarossi o un termo-scanner. Al fine di facilitare questa procedura il documento diocesano aggiunge che il termometro/termoscanner sarà fornito dalla diocesi, nella quantità di uno per ogni unità pastorale. Stessa decisione era stata già presa dalla diocesi di Monreale, che aveva già disposto l’acquisto di termoscanner da mettere a disposizione delle parrocchie, dalla diocesi di Lanciano-Ortona “impegnata economicamente […] nella ricerca tempestiva di mezzi e strumenti idonei a che tutti i parroci e amministratori parrocchiali possano svolgere il ministero pastorale “in sicurezza” durante il periodo di emergenza”, dall’arcidiocesi di Lecce che si è preoccupata di effettuare una sanificazione professionale di tutte le chiese e di fornire i termoscanner a tutte le parrocchie della diocesi e dal Patriarcato di Venezia che ha informato che la Diocesi “sta provvedendo a ordinare i termometri digitali, da fornire a tutte le chiese, attraverso un unico centro di acquisto”. L’arcidiocesi di Messina, nei suoi orientamenti, specifica anche che il c.d. addetto alla sicurezza sarà individuato dal parroco e dovrà indossare non solo i DPI ma avere un “cartellino di riconoscimento ove sia riportato il nominativo, la data del suo servizio e il conferimento d’incarico da parte del legale rappresentante”. Molto dettagliate sono anche le indicazioni operative fornite dalle diocesi di Mantova e Bergamo che specificano dettagliatamente anche le procedure di sanificazione e, in particolare, gli accorgimenti da adottare nella preparazione del rito: “La preparazione dei vasi sacri e in particolare delle ostie per la comunione sia fatta con i guanti monouso; le particole per la comunione dei fedeli siano in una pisside distinta e sempre coperta da un panno o altra copertura adeguata; per l’ostia del sacerdote, da lui interamente consumata, si usi la patena e la si tenga sempre coperta. Tutte le operazioni che richiedono manipolazione di oggetti con cui entrano in contatto anche i fedeli (ad es. sistemazione del lezionario, del microfono…) siano svolte possibilmente da un solo incaricato, dotato di guanti monouso. I lettori saranno muniti di guanti. Non saranno distribuiti sussidi cartacei. né per la liturgia né per il canto”. Circa la disposizione dei posti, si stabilisce anche che: I fedeli non prendano posto casualmente, ma nei posti debitamente contrassegnati, secondo la distanziazione richiesta di almeno un metro”, arrivando a precisare che per il corteo funebre verso il cimitero, che dovrà svolgersi in auto secondo le normative vigenti, i partecipanti procedano “due per veicolo”. Significativi sono, inoltre, alcuni passaggi delle indicazioni redatte dall’arcidiocesi di Palermo che, relativamente ai partecipanti alla cerimonia funebre, specificano:“Un membro della famiglia del defunto fornirà in tempo utile al Parroco della chiesa o al Cappellano del cimitero in cui verranno celebrate le Esequie, l’elenco dei 15 familiari ammessi alla celebrazione” così che il parroco/cappellano possa disporre e segnare nel luogo di culto “anticipatamente i 15 posti distanziati che dovranno occupare i fedeli”. Stessa procedura viene stabilita anche per la diocesi di Messina. Indicazioni in termini di procedure di sanificazione e tenuta del registro degli interventi di pulizia sono offerte anche dal decreto dell’arcivescovo di Benevento che individua una particolare soluzione alla questione della rilevazione della temperatura corporea dei partecipanti, prima dell’ingresso in chiesa – che forse avrebbe richiesto una previa interlocuzione con i rappresentanti del settore delle onoranze funebri –  invitando a “[…] prendere previamente accordi con il personale delle onoranze funebri, affinché siano essi a svolgere questo compito davanti alla chiesa, o all’aperto, così pure a provvedere alle mascherine e ai guanti protettivi per familiari che ne fossero sprovvisti e a predisporre, all’ingresso del luogo della celebrazione, appositi distributori di gel igienizzante”. Anche l’arcidiocesi di Milano ha fornito informazioni ai parroci, stabilendosi, tra l’altro, che: le parrocchie dovranno comunicare l’orario delle esequie al Comune competente affinché si possano effettuare gli eventuali controlli – prima o dopo la celebrazione (così da scongiurare inopportune interruzioni delle funzioni in corso); i posti da occupare dovranno essere debitamente contrassegnati per garantire il rispetto della distanza stabilita; i cantori (in numero limitato) avranno riservata una apposita area e osserveranno tra loro la distanza prevista dalle indicazioni sanitarie e gli altri fedeli saranno invitati a non cantare; i microfoni dell’ambone o del leggio saranno posizionati in modo tale da non essere tenuti in mano e la loro asta non debba essere spostata o regolata in altezza da più persone e i lettori saranno muniti di guanti. Anche in questo caso si invitano i parroci a verificare l’opportunità di concordare con i parrocchiani o rimandare le celebrazioni di suffragio per quanti sono morti senza poter ricevere una degna cerimonia funebre, con la possibilità di celebrare le esequie, pur in assenza della salma o alla presenza delle sole ceneri. Nel caso dell’arcidiocesi di Torino, specificamente per i parroci della città di Torino, su indicazione dell’Assessore comunale, il Vescovo ha disposto, ad integrazione delle disposizioni nazionali, che si accetti la programmazione oraria dei funerali che l’agenzia cimiteriale del Comune indicherà nella fascia oraria 8.00-16.00, al fine di evitare assembramenti troppo numerosi soprattutto al Cimitero Monumentale, così che per tutto il periodo in cui resteranno in vigore queste norme, si rinunci al diritto del parroco di stabilire l’ora della celebrazione funebre. L’arcidiocesi di Agrigento, invece, ha precisato che laddove sorgessero problemi sulla individuazione dei 15 partecipanti alla funzione, il celebrante “dovrà chiudere la chiesa e celebrare il solo rito delle esequie senza messa al cimitero” considerato che spetta alla famiglia individuare le 15 persone ammesse al rito funebre e consegnare la lista all’agenzia funebre, che si farà garante per l’ingresso. Infine, un ristretto numero di Vescovi ha fornito indicazioni pratiche, che dovrebbero certamente essere oggetto di maggiore riflessione e verifica, estensive, sebbene non in modo sempre opportunamente motivato, dei limiti previsti dalle indicazioni ministeriali e dalla C.E.I.. Il Vescovo di Acqui Terme, ad esempio, ha stabilito con proprio decreto un specifica procedura per la distribuzione della comunione ai fedeli durante la messa esequiale: “[…] con una pinzetta deporrà le particole su un piattino ben distanziate, dopo di che si porterà davanti all’altare e porgerà il piatto ai fedeli dicendo la formula: “Il Corpo di Cristo”. I fedeli verranno verso l’altare e saranno essi stessi, anche con i guanti, a prendere la particola e a comunicarsi”. Il vescovo di Vittorio Veneto è intervenuto con una comunicazione ai parroci della sua diocesi dando informazioni che, in alcuni passaggi, sono in aperto contrasto con le indicazioni nazionali. Il vescovo scrive: “[…] potrebbe nascere la domanda se […] una celebrazione esequiale svolta all’aperto, sia necessaria la misurazione della temperatura. Ritengo proprio di no. Se finora la misurazione della temperatura non è stata necessaria, sono convinto che non sia necessario farla neppure ora. Il luogo cimiteriale è infatti territorio comunale per il quale valgono le indicazioni del Governo, il quale finora non ha mai richiesto tale prassi, limitandosi ad esigere un numero limitato di persone, la protezione della mascherina e il debito distanziamento tra le persone”. Molto articolato, poi, il decreto del vescovo di Cefalù che, tra le altre cose, permette, dall’ingresso del cimitero alla Chiesa dello stesso, la processione dei partecipanti con il feretro e, relativamente al tema della rilevazione della temperatura stabilisce che “Nel caso in cui non fosse ancora disponibile il termometro digitale o il termo-scanner, il fedele invitato al Rito esibirà all’ingresso del Cimitero un’autocertificazionee fornisce specimen –  comprovante la propria temperatura corporea (non superiore ai 37,5°C), misurata prima dell’allontanamento dall’abitazione”. Ancora più creativa la già ricordata nota operativa della diocesi di Mantova che, sul tema della temperatura corporea, ha stabilito che: “[…] si dovranno cercare gli strumenti di misurazione della temperatura sul territorio presso farmacie o rivenditori abilitati. Il recupero di tali strumenti potrà richiedere del tempo. In attesa dell’acquisizione dei dispositivi per la misurazione della temperatura, la celebrazione funebre dovrà essere limitata ai soli stretti congiunti (coniuge, figli, madre, padre, sorelle e fratelli) evitando di raggiungere il numero di 15 persone. In tal caso, per la rilevazione della temperatura, i parenti partecipanti alla cerimonia potranno dotarsi di proprio termometro, misurare la temperatura prima di fare ingresso in chiesa e mostrarla alla persona addetta al controllo. Su questa possibilità i parenti dovranno essere avvisati con congruo anticipo ed esprimere al riguardo il proprio consenso”. Una nota a parte, per concludere, merita la regione ecclesiastica sarda che si è trovata ad affrontare anche le questioni connesse alla più recente ordinanza del Governatore regionale che consentirebbe sull’isola, a partire dal 4 maggio “lo svolgimento delle funzioni eucaristiche ordinarie con obbligo di distanziamento tra le persone, divieto di assembramento e l’obbligo di indossare idonei dispositivi di protezione”. Pur avendo annunciato di avere chiesto ai vescovi di ciascuna diocesi dell’isola “la garanzia del rispetto delle prescrizioni e l’adozione appropriate linee guida sul contingentamento degli accessi e lo scaglionamento delle funzioni nell’arco della giornata”, in realtà la Conferenza episcopale sarda, per bocca del suo Presidente, ha dichiarato: “Queste decisioni competono all’autorità ecclesiastica. Ringraziamo la Regione per l’attenzione ma ci riserviamo di leggere e valutare i contenuti dell’ordinanza”.

4. Rilievi conclusivi

La panoramica sulle disposizioni assunte da singole Chiese particolari per una prima gestione dell’avvio della “Fase 2”, relativamente alla ripresa della celebrazione delle esequie, non può non condurre ad alcune riflessioni conclusive. Una prima riflessione può riguardare le procedure che si stanno seguendo per la gestione della ripresa delle funzioni liturgiche. La varietà della casistica che è possibile rinvenire nei decreti/orientamenti descritti dovrebbe indurre ad auspicare, per il futuro, linee guida e protocolli che, pur permettendo i necessari ed opportuni adattamenti dettati dalle consuetudini locali, siano il più possibile precisi e puntuali, puntando già a prevedere le soluzioni da offrire a quelle problematiche che il semplice tenore del testo rende già evidenti e, perciò, bisognose di “risposte” che, per la loro rilevanza, non possono essere affidate a soluzioni particolari. In realtà lo stesso Protocollo per la ripresa delle celebrazioni con il popolo non appare rispondere a questo auspicio asciando diverse “zone d’ombra”. Nello stesso tempo, potrebbe ritenersi utile, almeno durante la prima fase di ripresa delle attività liturgiche, sottoporre a verifica preventiva, da parte dei competenti uffici della C.E.I., i decreti e gli orientamenti particolari (preferibilmente adottati sulla base di decisioni condivise a livello metropolitano, prima, e di conferenza episcopale regionale, poi) che vengono pubblicati dai vescovi e dalle diocesi affinché non si verifichino situazioni, alcune delle quali descritte, in cui vi sia palese contrasto con le disposizioni superiori, con ricadute negative non solo in termini di “confusione” nel Popolo di Dio ma anche per la salute e per altri diritti/garanzie fondamentali dei fedeli/cittadini. In questo senso, il valzer delle ordinanze regionali e il conseguente caos che ha ingenerato nei cittadini dovrebbero operare da monito. Una considerazione andrebbe fatta soprattutto in tema di responsabilità del parroco. Significativamente l’ultimo aggiornamento della C.E.I., pur ritenendo superato il problema della rilevazione della temperatura corporea, all’ingresso degli edifici di culto, con i termometri digitali o termoscanner, segnala come il Comitato tecnico-scientifico si sia raccomandato di sollecitare i parroci e, per mezzo di loro, i fedeli a gestire lo svolgimento delle funzioni religiose con la “massima responsabilità”. Infatti, al di là della questione termoscanner si/termoscanner no, il parroco (legale rappresentante) resta comunque il responsabile del corretto svolgimento – in sicurezza – delle funzioni religiose, nel rispetto delle disposizioni nazionali e diocesane. In caso di gravi inadempienze, essendo numerosi gli adempimenti da assicurarsi, potranno a carico del parroco certamente individuarsi profili di responsabilità civile (art. 2043 c.c. e art. 2 Cost.) da violazione delle norme anticontagio[22] – con pericolose ricadute anche in tema di  responsabilità oggettiva della parrocchia/ente ecclesiastico[23] – fino ai casi più gravi in cui possa dimostrarsi una responsabilità penale del parroco per i reati di lesioni personali gravi/gravissime (art. 590 c.p.) o di omicidio colposo (art. 589 c.p.), aggravati dalla violazione delle norme di prevenzione, qualora non fossero state adottate le misure necessarie a prevenire il rischio di contagio, cagionando la malattia o la morte. Pur con i necessari distinguo, infatti, colpisce la stretta corrispondenza tra gli adempimenti che il parroco deve assolvere in vista della celebrazione del rito funebre e  le disposizioni del d. lgs. 81/08 e, in particolare, dell’art. 18 che, pongono a carico del datore di lavoro l’obbligo di far osservare e controllare le disposizioni di sicurezza. Nel caso specifico, poi, per un verso sarà necessario verificare che “che la condotta illecita possa essere posta in diretta relazione con la sfera ristretta delle funzioni specificamente ministeriali esercitate dal soggetto” e per altro verso, individuare il “limite oltre il quale la libertà ministeriale travalica in comportamento vietato dall’ordinamento o, comunque sia, lesivo di posizioni giuridiche tutelate dall’ordinamento”[24]. Non si escludono, poi, in caso di conseguenze determinate da negligenza o di violazione delle disposizioni di sicurezza, anche conseguenze in ambito canonico. Il can. 532 dispone che “il parroco rappresenta la parrocchia […]”. Il parroco, quindi, come ‘pastore proprio’ (cann. 515, § 1; 519) di una determinata comunità di fedeli  ne è responsabile non solo sotto il profilo sacramentale, liturgico, catechetico, caritativo, ecc., ma anche sotto i ricordati profili civile, penale (ed anche amministrativo). E’ il legale rappresentante della parrocchia e ne è l’amministratore unico anche nell’ordinamento giuridico statale (can. 1279, par. 1). L’Ordinario può, infatti, ammonire o riprendere, a norma del can. 1339, colui che si trovi nell’occasione prossima di delinquere o con il proprio comportamento faccia sorgere scandalo o turbi gravemente l’ordine[25]. Non appare, inoltre, impossibile il ricorso alla procedura per la rimozione[26] laddove il ministero del parroco, proprio in ragione della sua condotta non conforme alle disposizioni impartite, con un’interpretazione certamente più ampia ma adatta al tema che interessa, possa essere risultata nocivo (can. 1470). Non in modo opportuno, “freddo” o impersonale molti decreti/orientamenti citati ricordano, infatti, che: “Il parroco si assume la responsabilità pastorale e civile di quanto attua”. A rifletterci bene, il dietrofront del Comitato tecnico-scientifico sull’utilizzo del termoscanner non è forse una vera vittoria perché determina un aggravio di responsabilità per il parroco. Non sarebbe, quindi, inopportuno che, dove possibile, ed a maggiore tutela dei fedeli e sua personale, e considerato che soprattutto in occasione dei funerali è sempre più limitata la conoscenza diretta che si ha dei partecipanti alla funzione religiosa, il parroco proceda comunque con detto controllo della temperatura corporea. In questa direzione già si muovono alcune diocesi[27] e parrocchie e da ultimo i Rettori delle Basiliche Papali, in vista della ripresa delle messe con il popolo, hanno condiviso l’opportunità di utilizzare il temoscanner almeno nei giorni festivi[28].  Questa verifica andrebbe fatta direttamente dal parroco o, come pure alcuni vescovi hanno suggerito, dagli operatori delle onoranze funebri ovvero da altri incaricati esterni (es. forze dell’ordine) ma per i quali emerga senza dubbio alcuno l’assunzione della responsabilità allo svolgimento di questo delicato compito. Non si dimentichi infatti che, anche al netto del controllo con il termoscanner, sono diversi altri gli adempimenti che il parroco è tenuto far a rispettare e sui quali svolgere attività di controllo per lo svolgimento in sicurezza della funzione religiosa. Per i rischi connessi all’emergenza sanitaria in corso, andrebbe evitato di gravare di eccessive responsabilità i collaboratori parrocchiali o i volontari, richiamati anche nel Protocollo per le messe con il popolo, considerato che, comunque, come ha recentemente rilevato la Corte di Cassazione[29], il parroco, avendo la direzione delle attività della parrocchia, assume una posizione di garanzia nei confronti di chi presti, anche occasionalmente e su base volontaria, il proprio servizio al suo interno, rispondendo pertanto delle eventuali lesioni personali cagionate dall’omessa adozione delle misure necessarie a prevenire rischi. Numerose diocesi, lo si è specificato, hanno ormai già provveduto ad acquistare termometri digitali e termoscanner che sarebbe un inutile spreco lasciare inutilizzati! La nostra fede attende di passare la prova del termoscanner, anche se, in questo caso, solo l’essere “fedeli tiepidi” permetterà di vedersi consentito l’ingresso in Chiesa.

Paolo Palumbo

Straordinario di Diritto ecclesiastico e canonico – Università Giustino Fortunato

 

 

 

 


[1] Pubblicato in G.U. n.108 del 27-4-2020.
[2] Comunicato della C.E.I., Il disaccordo dei Vescovi italiani, che non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto, reperibile sul web.
[3] La Nota della Presidenza del Consiglio è reperibile sul sito www.governo.it.
[4] Cfr. Comunicato della C.E.I., Il disaccordo dei Vescovi italiani, che non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto, cit.
[5] Ibidem.
[6] L’omelia completa del Pontefice è reperibile sul sito www.vaticannews.va.
[7] La dichiarazione completa è reperibile sul sito www.chiesacattolica.it.
[8] Il Comunicato Messe con il popolo: condivise le linee di un accordo è reperibile sul sito www.chiesacattolica.it.
[9] Il testo del Protocollo sottoscritto dal Presidente della C.E.I., dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’Interno, è reperibile sul sito www.chiesacattolica.it. E’ seguita la raccomandazione del Comitato Tecnico Scientifico che ha indicato il numero massimo di partecipanti alle funzioni: fino a 200 per le celebrazioni al chiuso e fino a 1000 per quelle all’aperto.
[10] Cfr. i numerosi contributi pubblicati, in particolare,  su www.olir.it (Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose), www.diresom.net (Diritto e Religione nelle Società Multiculturali) e sulla rivista online www.statoechiese.it. I contributi ad oggi apparsi su www.diresom.net sono stati raccolti nell’ebook gratuito, P. Consorti (a cura di), Law, Religion and Covid-19 emergency, DiReSoM Papers 1, Pisa, 2020, pp. 1-282. Cfr. anche A. Licastro, Il lockdown della libertà di culto pubblico al tempo della pandemia, in Consulta online, n. 1 (2020), pp. 228-241.
[11] L’espressione è di Angelo Licastro ed è stata pronunciata in occasione del webinar “La libertà religiosa in Italia ai tempi del COVID-19” tenutosi il 30 aprile 2020 e promosso dall’Università di Messina, dall’Università della Campania ”Luigi Vanvitelli” e dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.
[12] A. Fuccillo, La religione “contagiata” dal virus? La libertà religiosa nella collaborazione Stato-Chiesa nell’emergenza covid-19, in www.olir.it, 21 aprile 2020. Cfr. A. Fuccillo – M. Abu Salem – L. Decimo, Fede interdetta? L’esercizio della libertà religiosa collettiva durante l’emergenza COVID-19: attualità e prospettive, in Calumet – International law and humanities rewiew, n. 10 (2020), pp. 87-117.
[13]  Idibem.
[14] La Circolare, datata 30 aprile 2020 e a firma del Prefetto Michele di Bari, Capo del Dipartimento, è reperibile sul sito www.interno.gov.it.
[15] Ibidem.
[16] Il documento Esequie, nota complementare al testo del Ministero dell’Interno, datato 30 aprile e a firma del Segretario Generale della C.E.I., è reperibile sul sito www.chiesacattolica.it.
[17] Cfr. la ricerca-indagine “Libertà religiosa e fede al tempo del COVID-19” promossa dall’Università Giustino Fortunato di Benevento, dall’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e dal Dipartimento di diritto canonico della PFTIM di Napoli – Sez. San Tommaso da cui emerge che delle conseguenze dei provvedimenti governativi sul tema, quella meno condivisa è stato proprio il divieto dei funerali (49% degli intervistati). I risultati dell’indagine sono reperibile al seguente link: https://bit.ly/2A9pmqT.
[18] Tutti i testi sono consultabili sui siti web ufficiali diocesani.
[19] Il testo dell’aggiornamento, datato 2 maggio 2020 a firma del Segretario Generale della C.E.I., è reperibile sul sito www.chiesacattolica.it.
[20] Ibidem.
[21] Si legge nelle FAQ della “Fase 2” disponibili sul sito www.governo.it: L’ambito cui può riferirsi la dizione “congiunti” può indirettamente ricavarsi, sistematicamente, dalle norme sulla parentela e affinità, nonché dalla giurisprudenza in tema di responsabilità civile. Alla luce di questi riferimenti, deve ritenersi che i “congiunti” cui fa riferimento il DPCM ricomprendano: i coniugi, i partner conviventi, i partner delle unioni civili, le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, nonché i parenti fino al sesto grado (come, per esempio, i figli dei cugini tra loro) e gli affini fino al quarto grado (come, per esempio, i cugini del coniuge).
[22] Un danno non patrimoniale potrebbe, invece, essere collegato solo con l’intrinseco significato religioso dell’atto. Cfr. A. Fuccillo, Ite Misa est! Danno morale, danno esistenziale, danno patrimoniale, per errata celebrazione di Messa, in Diritto & Religioni, n. 1 (2008), p. 719 ss.
[23] Cfr. P. Cavana, Gli enti ecclesiastici nel sistema pattizio, Giappichelli, Torino, 2011.
[24] A. Licastro, Danno e responsabilità da esercizio del ministero pastorale, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale (www.statoechiese.it), maggio 2010, p. 9.
[25] Cfr. G. Montini, Rimedi penali e penitenze, in G. Suchecki (a cura di), Il processo penale canonico, Lateran University Press, Città del Vaticano, 2003,  pp. 77-96.
[26] Cfr. G. Montini, La rimozione del parroco tra legislazione, prassi e giurisprudenza, in Quaderni di diritto ecclesiale, 1 (2011), pp. 109-125.
[27] Cfr. Nota della Diocesi di Reggio Emilia, reperibile sul sito www.diocesi.re.it.
[28] Il comunicato stampa della Segreteria di Stato e dei Rettori delle Basiliche papali è reperibile sul sito www.vaticannews.va.
[29] Cfr. Corte Cass., sent. n. 6408 dell’11 febbraio 2019.

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