La forza maggiore nel reato di omesso versamento IVA

La forza maggiore nel reato di omesso versamento IVA

L’art. 10 ter del D. Lgs. n. 74/2000 punisce, con la pena della reclusione da sei mesi a due anni[1], chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila[2] per ciascun periodo d’imposta.

Trattasi una fattispecie omissiva propria, a consumazione istantanea, ma di natura bifasica. Sebbene, infatti, il tempus commissi delicti sia identificato dalla norma nel termine per il versamento dell’acconto dell’anno di imposta successivo a quello di dichiarazione, il reato si perfeziona ben prima. Presupposto del reato in esame, ovviamente, è la presentazione di una valida dichiarazione annuale. Le fasi in cui si articola il reato di omesso versamento IVA sono:

– Fase di accantonamento: ossia la fase in cui il debitore di imposta accantona le somme percepite dal cliente, mediante il meccanismo della rivalsa, in previsione del versamento. Si fa presente che la rivalsa, insieme alla detrazione, sono i due meccanismi attraverso i quali si ottiene la c.d. neutralità d’imposta, principio sul quale è imperniata l’IVA;

– Fase del versamento: ossia la fase in cui il debitore, dopo aver accantonato le somme ricevute a titolo di rivalsa, le versa nei termini stabiliti dalle disposizioni tributarie.

Tali fasi del reato sono inscindibilmente collegate al principio dell’autonomia del periodo di imposta, in base al quale ogni periodo di imposta è autonomo sia da quello precedente sia da quello successivo.

Ne consegue che alla data del versamento dell’acconto del periodo di imposta successivo, ossia il tempus comissi delicti, le somme che l’agente è tenuto a versare sono unicamente quelle accantonate per l’anno d’imposta di riferimento e non quelle ricevute per il periodo di imposta successivo.

Ciò assume rilievo nel caso di contribuenti che, non avendo optato per il regime di cassa, risultano debitori di imposta sulla base del principio di competenza. In altri termini, il debito di imposta sorge al momento di emissione della fattura indipendentemente dall’incasso della somma ivi indicata, con la conseguenza che il debito sussiste anche laddove il cliente contesti o non saldi l’importo fatturato.

Tale ultima circostanza è di fondamentale importanza nel reato di cui si discute, in quanto per aversi reato deve essere rimproverabile all’agente l’omissione di entrambe le fasi del reato, sia quella di accantonamento sia quella di versamento. Ne consegue che, laddove l’omissione della fase di accantonamento dell’IVA non sia dipesa da una condotta dolosa o anche solo colposa dell’agente, questi non sia punibile di omesso versamento, venendo meno il requisito della colpevolezza ex art. 43 c.p.[3].

Analizzando la fattispecie, alla luce delle teorie dottrinali e giurisprudenziali in materia di reati omissivi, non può dimenticarsi che corollario della teoria del reato omissivo è quello della rimproverabilità della condotta omessa.

Indipendentemente dall’individuazione di una fattispecie omissiva propria o impropria, elemento comune è la non rimproverabilità di una condotta omissiva in presenza di fattori che rendano oggettivamente impossibile pretendere dal soggetto agente la condotta dovuta. In altre parole, non può essere condannato un agente che si sia trovato in circostanze tali da non poter tenere la condotta pretesa dal legislatore, per cause a lui non imputabili.

Tra le circostanze che escludono la colpevolezza in materia di reati omissivi si annovera la forza maggiore di cui all’art 45 c.p.[4].

Nonostante la forza maggiore, così come definita dalla dottrina, in mancanza di espressa previsione normativa, abbia una connotazione naturalistica, è stata utilizzata dalla più recente giurisprudenza per giustificare l’esclusione della punibilità in materia di reati tributari.

Ne consegue che la forza maggiore, in materia di reati tributari, debba essere intesa dal punto di vista di una assoluta, oggettiva ed imprevedibile impossibilità di far fronte al debito IVA.

Una crisi di liquidità è astrattamente sufficiente per aversi un’impossibilità oggettiva ed imprevedibile. Tuttavia, la giurisprudenza in commento[5], dopo una analisi a più riprese, ha svolto un’enunciazione precisa e completa dei criteri richiesti per ricondurre la crisi di liquidità all’istituto della forza maggiore. Per la precisione, sono stati fissati i criteri in cui la forza maggiore debba essere esclusa nei reati come quello in esame.

In sintesi, per aversi forza maggiore nel reato di omesso versamento IVA occorre che:

– Il mancato versamento IVA non sia frutto di una scelta imprenditoriale dell’agente;

– Il mancato versamento IVA non sia dipeso da una malversazione delle somme accantonate;

– Il mancato versamento IVA non sia dipeso da una situazione di illegittimità volontaria del soggetto agente, come ad esempio il mancato versamento delle liquidazioni periodiche;

– Il mancato versamento IVA sia dipeso da circostanze che sfuggono dal controllo dell’agente.

Pertanto, per aversi forza maggiore, ossia un’impossibilità assoluta, oggettiva ed imprevedibile, occorre il verificarsi di una situazione che sfugge dal controllo dell’agente, ad esempio l’inadempimento da parte dei clienti nei confronti dei quali sia stata emessa fattura. La giurisprudenza[6], tuttavia, fa una distinzione in relazione ai casi in cui la fattura debba essere emessa ex lege a seguito del pagamento del corrispettivo, come nei casi delle prestazioni di servizi[7]. In particolare, viene richiesto all’agente di giustificare il motivo per il quale abbia provveduto all’emissione della fattura prima del tempo previsto dalla norma tributaria.

A ciò si aggiunga che, stante la natura bifasica del reato, l’impossibilità di far fronte al debito tributario non deve dipendere da una scelta imprenditoriale, ad esempio l’utilizzo delle somme accantonate per il versamento dell’IVA per fini diversi. Il contribuente non può utilizzare tali somme nemmeno per pagare debiti che vantino un maggiore privilegio, posto che l’ordine di preferenza in base ai privilegi, secondo la giurisprudenza[8], vige solo nell’ambito delle procedure esecutive e concorsuali.

La posizione debitoria che costituisce il reato di cui all’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000 non deve, inoltre, dipendere da illeciti tributari quali omissione dei versamenti delle liquidazioni periodiche.

Da ultimo, per concludere l’analisi dei requisiti richiesti per invocare la forza maggiore, occorre precisare che per “sfuggire dal controllo dell’agente”, viene richiesto al contribuente agente di reperire risorse anche attingendo dal proprio patrimonio personale, anche attraverso il ricorso personale al credito bancario[9].

In conclusione, la sentenza in commento, se da un lato ha fissato i capisaldi per poter invocare la forza maggiore nel reato di omesso versamento IVA previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000, dall’altro ha tracciato una strada in salita per chiunque voglia sostenere di aver commesso detto reato per motivi legati ad una crisi di liquidità imprevedibile e a lui non imputabile.

 

 

 

 

 


[1] Il sistema dei reati tributari previsto dal D. Lgs. n. 74/2000 è stato recentemente oggetto di riforma ad opera del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157. La Riforma ha generalmente inasprito le pene in relazione ad alcuni reato nonché ampliato il compendio dei reati presupposto con riferimento al D. Lgs. 231/2001, tuttavia non ha apportato alcuna modifica al reato in esame.
[2] Il D. Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ha modificato l’art. 10-ter del D. Lgs. 74/2000 innalzando la soglia di rilevanza penale da € 150.000,00 a € 250.000,00, con la conseguente abolitio criminis di tutte le condotte in cui l’omissione rimane sotto la nuova soglia. La Riforma, in relazione alla fattispecie in esame, è ispirata dalla necessità di aumentare il margine di discrimine di una condotta che fino ad una certa soglia costituisce semplice illecito amministrativo-tributario e che oltre ad una certa soglia costituisce reato.
[3] Il sistema sanzionatorio penale è imperniato sul principio di colpevolezza, ossia quel principio in forza del quale una condotta, per avere rilevanza penale, deve essere imputabile al soggetto agente in forza di un elemento soggettivo annoverato nell’art. 43 c.p., ossia dolo, colpa o preterintenzione. Tale principio esclude l’imputabilità di una condotta al soggetto agente per c.d. responsabilità oggettiva.
[4] L’art. 45 c.p. esclude la colpevolezza, e conseguentemente la punibilità, del soggetto che abbia agito per caso fortuito o per forza maggiore.
[5] Cass. Pen. Sez. 3, n. 23619/2020 “il fatto che nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso […]. Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento alla singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico
[6] Cass. Pen. Sez. 3, n. 23796/2019 “il reato di omesso versamento di Iva di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 è punito a titolo di dolo generico ed ai fini dell’esclusione della colpevolezza è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo nonché, nel caso in cui l’omesso versamento dipenda dal mancato incasso dell’IVA per altrui inadempimento, dei motivi che hanno determinato l’emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo
[7] Art. 6, c. 3, D.P.R. n. 633/1972
[8] Cass. Pen. Sez. 3, n. 52971/2018 “In tema di reati tributari, l’omesso versamento dell’Iva cui all’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non può essere giustificato, ai sensi dell’art. 51 cod. pen., dal pagamento degli stipendi dei lavoratori dipendenti, posto che l’ordine di preferenza in tema di crediti prededucibili, che impone l’adempimento prioritario dei crediti da lavoro dipendente (art. 2777 cod. civ.) rispetto ai crediti erariali (art. 2778 cod civ.), vige nel solo ambito delle procedure esecutive e fallimentari e non può essere richiamato in contesti diversi, ove non opera il principio della par condicio creditorum, al fine di escludere l’elemento soggettivo del reato
[9] Cass. Pen. Sez. 4, n. 18834/2017 “ l’indagato deve allegare la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili

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Avv. Damiano Cosma

Laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Università di Bologna, Avvocato iscritto all'Ordine degli Avvocati di Ravenna

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