La funzione compensativa dell’assegno divorzile e la sua resistenza alla modifica

La funzione compensativa dell’assegno divorzile e la sua resistenza alla modifica

La questione della modificabilità dell’assegno divorzile, anche dopo una sentenza definitiva di divorzio è complessa. L’art. 9 della legge 898 del 1970 prevede tale possibilità solo qualora sopraggiungano “giustificati motivi“. Secondo la giurisprudenza rientrano tra i giustificati motivi, la perdita definitiva del posto di lavoro da parte dell’obbligato o l’ottenimento di un contratto stabile di lavoro da parte del coniuge beneficiario. (cfr. Cass. Civ. Sez. VI 13/03/2020 n. 7230).

Prima di arrivare al cuore della questione, occorre preliminarmente chiarire che la possibilità della modifica dell’assegno divorzile è intrinsecamente legata al tipo di funzione che esso svolge, ovvero al motivo per il quale è stato previsto in sede di divorzio.

Giurisprudenza e dottrina riconoscono all’assegno divorzile le seguenti funzioni: la funzione assistenziale che mira a garantire al coniuge economicamente più debole un tenore di vita dignitoso; la funzione compensativa, che riconosce i sacrifici personali fatti dal coniuge nell’interesse della famiglia in costanza di matrimonio, della prole e del contributo allo sviluppo lavorativo dell’altro coniuge; la funzione perequativa mira a mantenere un certo equilibrio nelle condizioni economiche degli ex coniugi ( v.d Cass. Civ. Sez. Unite, 11/07/2018, n. 18287).

L’ assegno di divorzio in passato rinveniva il suo an dapprima nella funzione assistenziale e poi nel mantenimento del tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio; nell’ultimo ventennio la giurisprudenza ha chiarito che l’assegno divorzile ha una natura composita, che mira a raggiungere una funzione equilibratrice, riconoscendo il ruolo e il contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio familiare e personale. La natura composita derivante dal principio costituzionale di solidarietà è data dalla funzione perequativa e compensativa, con l’obiettivo di consentire al coniuge richiedente di raggiungere un livello reddituale adeguato al contributo fornito durante il matrimonio, tenendo conto anche delle aspettative professionali sacrificate (v.d.Cass. Civ, Sez. I, 27/02/2024, n. 5148; Corte d’Appello di Bari, Sez. I, 1/06/2023, n. 870; Tribunale di Trieste, 6/05/2019, n. 279).

La Corte di Cassazione ha chiarito che l’assegno divorzile riconosciuto con sentenza definitiva non è facilmente modificabile, e che le condizioni economiche che giustificano la modifica dell’assegno devono essere valutate rigorosamente, soprattutto se l’ assegno è stato emanato allo scopo compensativo. (cfr.Cass.Civ. Sez. VI 7/12/2021 n.3892).

Più volte gli Ermellini hanno sottolineato che “il profilo compensativo, integrato dall’apporto personale dato dall’ex coniuge alla conduzione del nucleo familiare ed alla formazione del patrimonio comune, destinato ad integrare le ragioni dell’assegno divorzile nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, esclude l’automatismo estintivo dell’assegno divorzile (ovvero l’an). Valido per i profili perequativi finalizzati al mantenimento del pregresso tenore di vita, l’indicato automatismo deve essere nel resto escluso, restando la materia affidata, ad una lettura costituzionalmente orientata, in applicazione dei principi di cui agli artt. 2,3,29 e 30 Cost.,(..) Dopo una vita matrimoniale che si è protratta per un apprezzabile arco temporale, l’ex coniuge economicamente più debole, che abbia contribuito al tenore di vita della famiglia con personali sacrifici anche rispetto alle proprie aspettative professionali ed abbia in tal modo concorso occupandosi dei figli e della casa pure all’affermazione lavorativo-professionale dell’altro coniuge, acquista il diritto all’assegno divorzile.(…) Il principio di autoresponsabilità destinato a valere in materia per il nuovo orientamento di questa Corte di legittimità, compendiato nelle ragioni di cui alla sentenza delle Sezioni unite n. 18287 cit., non può escludere e per intero, il diritto all’assegno divorzile (…). Il principio merita una differente declinazione più vicina alle ragioni della concreta fattispecie ed in cui si combinano la creazione di nuovi modelli di vita con la conservazione di pregresse posizioni, in quanto, entrambi, esito di consapevoli ed autonome scelte della persona. Sulla indicata esigenza, ben può ritenersi che permanga il diritto all’assegno di divorzio nella sua natura compensativa (dunque l’ an) restando al giudice di merito, al più, da accertare l’esistenza di ragioni per un’ eventuale modulazione (il quantum). La questione per cui si sollecita l’intervento delle Sezioni Unite è allora quella di stabilire se, instaurata la convivenza di fatto, definita all’esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell’ex coniuge, sperequato nella posizione economica, all’assegno divorzile si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui prescinde di vagliare le finalità proprie dell’assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, sostengano dell’assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi, nel diverso contesto sociale di riferimento. (Cass. Civ. Sez. I 17/12/2020, n. 28995).

Con la decisione n. 32198 del 5 novembre 2021 la Corte di Cassazione a Sezioni unite ha composto il contrasto sollevato con l’ ordinanza n. 28995 del 2020, appena richiamata. La Corte ha sancito che nel caso di modifica dell’ an dell’assegno divorzio “di questa componente, (compensativa) che costituisce la stima del contributo dato alla formazione del patrimonio familiare e dell’altro coniuge nell’arco di tempo definito del matrimonio, rimarrebbe irrimediabilmente perduta per l’ex coniuge, che pure ha contribuito alla formazione del patrimonio personale dell’altro coniuge, accettando di rinunciare ad occasioni di lavoro o dedicandosi alla famiglia per facilitare la progressione in carriera dell’altro coniuge e la formazione di un patrimonio negli intenti destinato ad essere comune ma rimasto, a cagione dello scioglimento del progetto di vita comune, appannaggio dell’altro coniuge. (..) Così come segnalato da autorevole dottrina la perdita integrale del diritto all’assegno, nella sua componente compensativa (..) non e’ coerente con la diversa affermazione della funzione composita e non esclusivamente assistenziale dell’assegno, fatta propria da S.U. n. 18287 del 2018, che ha ribadito l’esistenza di una, seppur aggiornata, solidarietà’ post-coniugale. – Se può’ quindi ritenersi che dell’assegno di divorzio possa venir meno, (in alcuni casi) non altrettanto può’ ritenersi quanto alla componente compensativo -perequativa. (..) il riconoscimento della funzione composita dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, non solo assistenziale, ma anche perequativo-compensativa, discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà’ (e, prima ancora, dal principio di pari dignità’ dei coniugi), e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì’ il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate per la realizzazione di un progetto comune. (Cass. Sez. Unite 5/11/2021 n. 32198).

La natura compensativa dell’assegno divorzile sarebbe completamente esautorata ove si ritenesse che l’instaurazione di una convivenza determinasse automaticamente l’estinzione dell’assegno divorzile con la paradossale conseguenza che “nessun assegno potrebbe infatti garantirsi a chi si trovi in uno stato di parità economica, anche se vi sono stati innegabili sacrifici e rinunce.(Mirzia Bianca, Conseguenze personali e patrimoniali, cit., 57 in Diritto civile 2. La famiglia. Le successioni, Milano, nota 53, edizione del 1989).

Anche la dottrina più autorevole lega la non modificabilità dell’assegno divorzile alla sua funzione compensativa: “la funzione compensativa dell’assegno divorzile, riconosciuta in numerosi orientamenti giurisprudenziali, giustifica la sua tendenziale immodificabilità. Questo principio si fonda sull’idea che l’assegno non abbia solo una funzione assistenziale ma anche compensativa del contributo fornito dal coniuge richiedente alla vita familiare e professionale dell’ex coniuge. (G. Cian, in Il Diritto di Famiglia Torino: Giappichelli, 2020). Ed ancora “la funzione compensativa dell’assegno divorzile si manifesta nell’esigenza di non rendere troppo facilmente modificabili le condizioni economiche fissate con il divorzio. Questo approccio risponde alla necessità di riconoscere il contributo economico e non economico fornito dal coniuge richiedente durante il matrimonio, assicurandone una stabilità che non venga minata da circostanze successive meno rilevanti” (A. Finocchiaro, in La Riforma del Diritto Famiglia Milano: Utet, 2018).

L’assegno divorzile, in quanto avente anche una funzione compensativa, deve essere considerato con una certa stabilità rispetto alle mutate circostanze economiche. Questo principio risponde all’esigenza di riconoscere il sacrificio economico e personale del coniuge più debole, evitando che la funzione compensativa dell’assegno venga annullata da modifiche continue.


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