La giurisdizione nella costituzione di parte civile per risarcimento del danno all’immagine della P.A.
Accade sempre più di frequente di assistere, nei procedimenti penali aventi come persona offesa la P.A. in persona dei propri legali rappresentanti pro tempore, alla costituzione di parte civile delle PP. AA. stesse, che pretendono il ristoro del danno all’immagine cagionato dall’imputato – dipendente di un’amministrazione o di un ente pubblico ovvero di un ente a prevalente partecipazione pubblica – con il suo comportamento delittuoso.
Danno all’immagine che può essere definito, adottando le parole della Sentenza del 23 aprile 2003 n.10/2003/QM della Corte dei conti a Sezioni Riunite in sede giurisdizionale, come violazione del “diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica” e che in quanto tale “è economicamente valutabile”.
La violazione dell’immagine della P.A. “infatti si risolve in un onere finanziario che si ripercuote sull’intera collettività, dando luogo ad una carente utilizzazione delle risorse pubbliche ed a costi aggiuntivi per correggere gli effetti distorsivi che sull’organizzazione della pubblica amministrazione si riflettono in termini di minor credibilità e prestigio e di diminuzione di potenzialità operativa”.
Da tale fondamentale statuizione si può assumere che il danno all’immagine arrecato alla P.A. è da ricondurre alla disciplina dell’art. 2043 c.c., e non già a quella ex art. 2059 c.c..
Ciò non solo a causa del fatto che il danno all’immagine non può ricadere nell’alveo del danno morale, giacché esso, proprio perché inteso come insieme delle sofferenze psichiche arrecate ad un individuo a seguito di un determinato evento dannoso – la c.d. sofferenza transeunte – non può essere riconosciuto ad una persona giuridica che non è, logicamente, in grado di provarle (cfr. Cass. civ., 3 marzo 2000, n. 2367; Trib. Genova, 29 giugno 1994; Cass. civ., 5 dicembre 1992, n. 12951, Corte dei Conti nn. 501 e 628/1998, in tema di danno all’immagine della P.A.); ma anche perché con la sentenza n. 10/2003/QM del 23 aprile 2003 le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, confermando la natura patrimoniale di tale tipo di danno, hanno “chiarito che il danno all’immagine di una pubblica amministrazione, come sopra configurato, non rientra nell’ambito di applicabilità dell’art. 2059 del codice civile ma è una delle fattispecie del danno esistenziale”, previa distinzione tra danno-evento, da collocarsi nell’alveo dell’art. 2043 c.c., e danno-conseguenza, riconducibile all’art. 2059 c.c..
A conferma di tale qualificazione del danno all’immagine della P.A. si pone anche recentissima giurisprudenza di legittimità. Cass. Sez. 3, n. 38932 del 6/6/2017, difatti, pur giungendo alla conclusione che il danno in parola assume le caratteristiche di danno-conseguenza e non di danno-evento, afferma che “il danno all’immagine della Pubblica Amministrazione, sia esso perseguito dinanzi alla Corte dei Conti o davanti ad altra Autorità Giudiziaria, si configura come danno patrimoniale da “perdita di immagine”, avente natura di danno-conseguenza, la cui prova, secondo il costante orientamento di questa Corte in sede civile, può essere fornita anche per presunzioni e mediante il ricorso a nozioni di comune esperienza; trattasi, in particolare, di danno conseguente alla grave perdita di prestigio ed al grave detrimento dell’immagine e della personalità pubblica che, anche se non comporta una diminuzione patrimoniale diretta, è tuttavia suscettibile di valutazione sotto il profilo della spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso”.
Tanto premesso, sono emersi in giurisprudenza dei seri dubbi circa la proponibilità in sede penale della richiesta di tale posta risarcitoria, con riguardo alla giurisdizione.
Merita riproporre un breve excursus delle statuizioni giurisprudenziali, prima di addivenire alla conclusione da ultimo sancita dalla VI Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sent. n. 35205 del 16/3/2017.
In passato, infatti, plurime pronunce di Corti superiori hanno sancito la non risarcibilità da parte del giudice penale del danno all’immagine nei confronti di una Pubblica Amministrazione.
Stante la disposizione di cui all’art. 17 c. 30 ter d.l. 78/2009 convertito in l. n. 102/2009 (“Le procure della Corte dei Conti possono iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Le procure della Corte dei Conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97”), la sent. n. 355/2010 della Corte Costituzionale aveva “escluso che per il danno all’immagine a un Ente pubblico possa esservi un giudice diverso dalla Corte dei Conti adita in sede di giudizio di responsabilità”.
Tale arresto giurisprudenziale è stato ripreso dalla più recente sent. 9937/2014 Cass. Civ. SS.UU., che ha affermato: “per costante giurisprudenza di queste sezioni unite, difatti (Cass. 20728/2012; 9188/2012; 14831/2012), la questione dell’applicazione della legge 102/2009 (peraltro, oggetto di corretta applicazione nel merito da parte del giudicante) introduce una questione meramente interna alla giurisdizione della Corte dei conti, come tale istituzionalmente sottratta alla cognizione di queste sezioni unite sotto l’aspetto del (preteso quanto insussistente) difetto di potere giurisdizionale del giudice contabile.”
Ma non solo. Più di recente, anche la sent. n. 8/2015 emessa dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti aveva fatto propria la tesi cui era pervenuta la Corte Costituzionale. In essa infatti si può leggere che “conclusivamente, il principio di diritto che si enuncia in risposta al primo dei quesiti proposti è il seguente: l’art. 17, comma 30 ter, va inteso nel senso che le Procure della Corte dei conti possono esercitare l’azione per il risarcimento del danno all’immagine solo per i delitti di cui al Capo I del Titolo II del Libro Secondo del codice penale”.
Dunque si era pervenuti a una doppia statuizione: l’affermazione della giurisdizione esclusiva in capo alla Procura della Corte dei Conti in materia di risarcimento del danno all’immagine e la tassativa delimitazione della risarcibilità per i soli delitti previsti dal Capo I del Titolo II del Libro II del Codice Penale (artt. 314 – 355).
Ciò posto, e chiarito che “al di fuori delle ipotesi tassativamente previste di responsabilità per danni all’immagine […] non è configurabile siffatto tipo di tutela risarcitoria”, rimaneva in piedi un interrogativo, al quale oggi – grazie alla pronuncia della Cass. Sez. 6, n. 35205 del 16/3/2017, sopra richiamata – è possibile dare una risposta certa: è legittima la costituzione di parte civile per il risarcimento del danno all’immagine della P.A. di fronte a un giudice penale, o si verte in un caso di carenza di giurisdizione?
Stando alla lettura delle precedenti sentenze, il Giudice penale adito avrebbe dovuto rigettare l’istanza di costituzione di parte civile avanzata dalla P.A., potendo la stessa ottenere ristoro nella più adeguata sede della Corte dei Conti.
Ciò anche in considerazione del fatto che, per aversi il risarcimento del danno all’immagine, non è necessario il previo accertamento della responsabilità penale dell’imputato, essendo le due cose svincolate. Sul punto tuttavia occorre specificare che non mancano, nella giurisprudenza contabile, anche orientamenti diversi, che rinvengono nel rinvio di cui all’art. 17, comma 30 ter citato la reintroduzione della pregiudiziale penale, o la previsione di un presupposto dell’azione contabile o di una condizione dell’azione, con esiti conseguentemente differenti sulle sorti dell’istruttoria e del giudizio.
Oggi, con la sopra citata pronuncia n. 35205 del 16/3/2017, la Corte di legittimità ha enunciato il principio di autonomia della giurisdizione penale e di quella contabile.
Difatti, nella massima della sopracitata sentenza, che ribadisce un principio già espresso dalla medesima sezione (cfr. Sez. 6, n. 3907 del 13/11/2015) si legge che “la giurisdizione penale e la giurisdizione contabile sono reciprocamente autonome anche in caso di azione di responsabilità derivante da un medesimo fatto di reato commesso da un pubblico dipendente e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi giudizi incide solo sulla proponibilità dell’azione di responsabilità e sulla eventuale preclusione derivante dal giudicato, ma non sulla giurisdizione, nel senso che l’azione di danno può essere esercitata in sede civile o penale, ovvero davanti alla Corte dei Conti, solo a condizione che l’ente danneggiato non abbia già ottenuto un precedente titolo definitivo per il risarcimento integrale di tutti i danni”.
Pertanto se ne ricavano due corollari, ossia che la domanda di risarcimento del danno all’immagine della P.A. è legittimamente proponibile in sede penale, non sussistendo una giurisdizione esclusiva del giudice contabile; e che, ove il giudice contabile abbia già riconosciuto la sussistenza del suddetto danno e la responsabilità del medesimo agente (con sentenza non passata in giudicato), non può considerarsi violato il divieto di doppio giudizio.
Inoltre, il divieto di bis in idem non risulterebbe leso anche in considerazione delle diverse finalità che sorreggono i due giudizi, atteso che “l’azione di risarcimento esercitata dalla P.A. in sede penale – al pari di quella in sede civile – è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della singola amministrazione attrice, mentre il giudizio promosso per i medesimi fatti innanzi alla Corte dei conti dal Procuratore contabile, nell’esercizio dell’azione obbligatoria che gli compete, è volto alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria” (cfr. La risarcibilità del danno all’immagine nel processo penale. I rapporti con il giudizio di reponsabilità amministrativo-contabile, Andrea Nocera, in Rassegna Penale di Legittimità 2017).
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Avv. Ilaria Romano
Avvocato del Foro di Lecce. Specializzata con menzione in diritto penale. Docente a contratto di Diritto Processuale Penale presso la SSPL "V. Aymone" di Lecce.
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